home page







ELLIS ISLAND



[…] Sollima ha scritto con Ellis Island la prima opera per il teatro. Gliela commissionava il Massimo di Palermo, che l’ha portata con successo in scena, chiamando co-autori e compartecipi del felice esito del debutto il librettista Roberto Alajmo, che ha firmato uno dei testi più belli del teatro contemporaneo, e la cantante pop Elisa, fanciullina grintosa e dolce, di voce e aspetto, ideale per lanciare un ponte tra opera e giovani.

Collante fondamentale per il giudizio positivo sull’opera (a occhi chiusi non faceva lo stesso effetto) le scene bellissime di Carlo Sala. Perfette nello spazio immenso del Massimo – non una crepa dal terremoto!, quelli sì sapevano fare i teatri – rivisitato prima come una stiva di una nave, opprimente prigione, e poi restituito coi tratti della body art, tra corpi ammucchiati, materassi e coperte. Di suo Sollima ci ha messo una scrittura semplice e pulita (uno sguardo alla partitura, pubblicata da Casa Sonzogno, e ti sembra di leggere Händel) erede della minimal music – meno serrata, meno spezzata armonicamente rispetto a Nyman – con in più il confronto tra voce impostata e non, tra italiano e inglese, e con l’aggiunta finale della nuova Babele di curdo e tamil dei nuovi migranti. Il tutto venato da un retrogusto un po’ mélo, dato dall’espressività, sempre scopertamente lacrimevole, e accentuata dalla regia di Marco Baliani. Efficace nei movimenti delle masse (con l’immancabile citazione di Pellizza da Volpedo) toccante in alcuni gesti dei bambini, molto in primo piano (indimenticabili quelle manine alzate fragili, sull’appello militaresco degli schedatori), ma talora un po’ stucchevole. Ad esempio in certi trascinamenti carezzevoli di sguardi, di passi, di pause. Il dolore è freddo. Scarnificato passa meglio. Come nei due prologhi parlati ai due atti, dove il vecchio contadino Tommaso Bordonaro (l’attore Giorgio Li Bassi) raccontava, carico di anni, la Sicilia dell’emigrante: coi dolcetti di mandorla messi in bagaglio che ammuffiscono e puzzano, le famiglie in aumento anche durante la traversata dell’Oceano, il travaglio per nascere e rinascere dove la memoria finisce per smarrirsi su date e nomi, e i silenzi sul cantilenante palermitano stemperano la rabbia della fatica in nostalgia […]



Carla Moreni, Disoccupazione all’Opera, Il Sole 24 Ore, 6 ottobre 2002



Last modified Wednesday, July, 13, 2011