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La Repubblica
26-08-06 ALMANACCO DEI LIBRI


INTERVISTA. Una nuova indagine condotta dallo scalcagnato avvocato Guerrieri, protagonista del primo 'legal thriller' italiano. Un romanzo che racconta una Bari insolita e le violenze e i soprusi sull' infanzia 


Gianrico Carofiglio 

Il karate ha cambiato la mia vita. Come il mio personaggio mi alleno in casa con il sacco 

Di Concita De Gregorio 

Gianrico Carofiglio ha cominciato a scrivere un momento prima di compiere 40 anni. «Lo desideravo da tutta la vita». Prima, per quindici, ha fatto solo il magistrato. Pretore a Prato, poi procuratore antimafia a Foggia negli anni delle grandi inchieste, infine a Bari, la sua città. Dice che sentirsi chiamare scrittore gli fa ancora uno strano effetto, «Fellini diceva che ci si può dire registi solo dopo il terzo film e dunque se la regola vale anche per il libri sarebbe il momento, eppure...». Ragionevoli dubbi" è il suo quarto romanzo: il primo, Testimone inconsapevole, è arrivato alla ventiseiesima edizione; il terzo, Il passato è una terra straniera, ha vinto l' anno scorso il premio Bancarella. Eppure, però. «Eppure mi sento come se in quel meraviglioso negozio di giocattoli dove entravo quando andavo a trovare gli zii di Firenze, un posto dove si poteva solo guardare senza comprare niente, mi venisse ora incontro il proprietario dicendomi: benvenuto, la aspettavamo, vorremmo che lei provasse per noi i dieci giochi più belli, naturalmente la pagheremmo per il disturbo. Ecco, è così: è una fortuna, questa di potere anche scrivere, che non cessa di lasciarmi incredulo». Anche scrivere, perché Carofiglio continua a istruire processi nel suo ufficio antimafia sebbene con qualche incertezza e qualche stanchezza in più rispetto ai decenni trascorsi: «è' molto cambiato il panorama in questi anni: il mio, e quello intorno». C' è sempre una vena di fiera malinconia in quello che dice e in quello che scrive. Il protagonista dei suoi legal thriller, l' avvocato Guido Guerrieri, è uno così: «Uno che aveva difficoltà a togliere le rotelle alla bici da bambino, ma che poi di fronte alle minacce risponde "Provaci". Mi ha dato molta soddisfazione scriverlo: una citazione che covavo da anni», ride. Guerrieri è malinconico ma anche ironico. L' ironia è però sempre confinata alla sfera del dialogo interiore. Se il buttafuori del locale gli domanda "è solo?" lui pensa "no, sono con la donna invisibile", ma non lo dice. è come se l' allegria restasse sempre un passo indietro. «Credo di sì, l' ironia cova da qualche parte ma non ha mai la sfacciataggine di saltare sul proscenio. D' altra parte, mi sembra, è la luce soffusa che illumina e non acceca. La vita ce ne da esempi di continuo». Lei ha avuto problemi con le rotelle della bici? «Con varie rotelle, se devo essere onesto. Ero un bambino molto timido e pieno di paure. A scuola ricordo che disegnavo grandi scene di battaglia con personaggi minuscoli. In quarto ginnasio ebbi 26 note nel primo quadrimestre: non stavo attento. Non ho mai dato dispiaceri ai miei genitori, però: portavo alla fine buoni voti. è stato il karate a cambiare la mia vita. Ancora adesso penso che il terzo posto in Coppa Italia, quella gara quel giorno a Vicenza, sia stato un nodo della mia esistenza oltre che una delle emozioni più grandi. Non per il podio, per tutto il resto». Combatte ancora? «Mi alleno, ho un sacco a casa. Come l' avvocato Guerrieri, sì. Però il karate non è la boxe: io do anche calci». E la mafia? «Le mafie pugliesi - la Sacra corona unita del Salento, la Società di Foggia, la Rosa di Bari - sono nate come consorteria di autodifesa, prevalentemente in carcere, ed erano fin dall' origine mafie imitative. Nascevano dall' esempio delle mafie vicine. C' è stato un momento in cui erano pronte e vicinissime a fare il salto di qualità: in quel momento sono state colpite in modo molto duro. Non che non resistano delle sacche, certo che ci sono. Ma gli anni in cui a Cerignola li vedevi girare per strada col kalashnikov sono finiti». C' è un piccolo gruppo di magistrati divenuti scrittori di qualità, in Italia. De Cataldo, Cacopardo. Li sente affini? «Li conosco e li stimo. Scriviamo cose molto diverse in modi assai distinti. Certo è che il noir oggi è molto adatto a definire la modernità metropolitana. Sicuramente un legal thriller è uno strumento capace di tenere il lettore attaccato alla storia. Tuttavia non sono un appassionato della divisione della letteratura in generi e sottospecie. Per paradosso, se si rileggesse così la storia letteraria sarebbe un noir anche l' Edipo re. La griglia, nel mio caso almeno, è soprattutto un mezzo per dire le cose che sento. In generale l' unica distinzione lecita mi pare quella fra buoni e cattivi romanzi». Quali sono i romanzi ben scritti di genere giallo, o nero, o legale? «Mi piacciono molto Lawrence Block, Friederich Durrenmatt, Andrew Vachs. Anche Michel Connelly, ma i primi libri. La serialità è spesso imposta dal mercato e può fare danni seri». Eppure Guerrieri è alla sua terza prova investigativa, ed è già diventato il protagonista di un film. «Dopo Testimone inconsapevole mi chiamò Elvira Sellerio. Mi disse: dottor Carofiglio, quando ci dà il prossimo caso del suo avvocato? Io le risposi con una certa sciocca presunzione che non l' avevo pensato come una serie e che avevo in mente altre storie. "Fa molto male", mi rispose lei. Aveva ragione, come deve capitarle spesso. L' avvocato Guerrieri non aveva finito di raccontare. Bisogna solo lasciare spazio al tempo». In Ragionevoli dubbi tornano i bambini, che sono sempre presenti nei suoi romanzi. Come protagonisti di un altro sguardo sulla realtà e come vittime di soprusi, spesso. «Ho molto presente cosa sia l' essere bambino. Sono un po' ossessionato, anche, dalle loro sofferenze. Vorrei molto scrivere una storia per l' infanzia che sia però anche un racconto per adulti, a doppia lettura. è una delle sei trame che ho in mente». Sei? «è così. Quando le dicevo della fortuna: ora che posso scrivere mi sembra di essere nel paese dei balocchi, mi affiora in mente tutto quello che era rimasto lì per così tanto tempo... Sto scrivendo un racconto su Bari. Poi credo che lavorerò al libro per ragazzi». Questo suo romanzo è pieno di musica, dev' essere la musica che lei ama, e di citazioni segrete. Quelle tipo: "L' avevo salvata. Ero il prenditore nella segale" per poi passare ad altro. «E' un grande piacere dispiegare nel racconto frammenti di cose d' altri. La letteratura si nutre di furti. Ricordo che Pasquali, il latinista, parlava dell' arte allusiva: il piacere duplice di leggere una citazione apprezzando il ricordo della sua provenienza. Certo le citazioni devono essere lievi, inserirsi nel racconto come sua parte fondante, non essere tanto esplicite da appesantirlo. Quando funziona è proprio un incanto. Trovare e ricordare insieme. Anche la musica è allusione. Un' altra lingua, la sola che non abbia bisogno di essere tradotta. Evocare una strofa, una melodia basta da solo, in certi casi, a dire quel che non si può dire». Guerrieri è molto un uomo del Sud. Lei è nato a Bari, ci è cresciuto e lì vive coi suoi figli. Non ha mai desiderato fuggire? «Certo che sì, e l' ho fatto. Sono tornato, poi. Prima a Foggia, che in quegli anni era proprio il luogo più pesante dove vivere facendo il mio mestiere. Sono stati anni sotto scorta, duri. Poi a casa, a Bari, e solo qualche anno fa ho cominciato a vedere la città sotto una diversa luce: deve essere stato quando, senza ancora saperlo, ho iniziato a immaginarla come lo scenario di certe segrete storie. Quelle che scrivevo senza scriverle perché sa: lo desideravo tanto, ma non pensavo proprio di diventare uno scrittore. è successo così tardi, ancora fatico a dirlo: ho una specie di pudore».


Il Sole24 Ore. Domenicale 10 Settembre 2006


NarrItalia

L'eskimo strappato dell' avvocato Guerrieri

di Giovanni Pacchiano


I romanzi-thriller di Gianrico Carofiglio? Coinvolgenti al massimo. Ma non basta per giustificare la febbrile impazienza con cui divoriamo le sue pagine: Carofiglio, certo, sa costruire con sapienza e passione le sue storie; ma sa anche dare, senza cadere nel moralismo, uno spessore etico alle stesse (e Dio sa se ce ne è bisogno oggi). È di noi e della vita che sta anche parlando: i suoi episodi si assimilano ai nostri, ed è il senso dell'esistere ciò che i suoi protagonisti vanno, senza alcuna prosopopea, invano cercando. Tanto, dunque, da toccare corde profonde del nostro cuore. È, insomma, una specie di romanticismo attenuato, se non occultato (e però quante citazioni-spia di libri, musiche e fIlm del passato - ma non solo - nei suoi romanzi), da una scrittura fluente che ci trasporta. E però il livello ulteriore è chiaramente percepibile: nella trama ci sei anche tu, lettore, con i tuoi sentimenti,le paure, le speranze, i desideri mai realizzati. Miglior prova di questo, il fatto che il successo (considerevole)

dei primi due romanzi di Carofiglio, due legal-thriller, entrambi pubblicati da Sellerio, Testimone inconsapevole (2002) e Ad occhi chiusi (2003), che hanno per protagonista l'avvocato barese Guido Guerrieri, si è formato sulla base del passaparola emotivo dei lettori (niente pubblicità, niente grancasse giornalistiche da parte degli specialisti nel lanciare un capolavoro al mese).

Oggi Carofiglio, dopo un eccellente romanzo pubblicato da Rizzoli, Il passato è una terra straniera (2004), ritorna alla serie dell'avvocato Guerrieri con Ragionevoli dubbi. Proponendoci ancora l'aura esistenziale, a noi carissima, che ha caratterizzato le vicende precedenti del suo personaggio. Che rimane sdoppiato, e dolorosamente, fra l'abilità e la grinta - adulte - del professionista di valore, e il residuo, mai interamente liquidato, dell'adolescenza, che ritorna di continuo in superficie, restituen- di dogli un'immagine-crisi. Guerrieri, 42 anni ben portati, è il migIiore, dicono i clienti. Ed è uno, aggiungono, che non ha paura. L'uomo perfetto per essere nominato difensore, in Ragionevoli dubbi, da tal Fabio Paolicelli. Uno cui è piombata addosso, in primo grado, una condanna a 16 anni per aver trasportato  40 chili di cocaina, dietro la scocca dell’auto, dal Montenegro alla Puglia.Lui si dichiara innocente: della droga nascosta non sapeva nulla. Tuttavia non gli è stato certo d'aiuto, al processo, il suo difensore, l'avvocato Macrì. Un omone borioso e fumoso (e mafioso, sapremo dopo) arrivato apposta da Roma: inviato  da imprecisati "amici" che non vogliono apparire, per soccorrere Fabio. Bel soccorso: 16 anni, appunto. E una moglie - la stupenda giapponese-napoletana Nat

su, ex modella, ora cuoca per clienti di lusso-, assieme alla figlioletta Anna Midori, nella disperazione. Sembra un caso di quelli impossibili, ma non anomalo. Se non fosse che l'incontro col Paolicelli sbalza traumaticamente Guerrieri indietro negli anni Perché l'uomo (che non lo ha riconosciuto) è quel «Fabio Raybàn», picchiatore fascista, poco più grande dell'allora quattordicenne Guido, che, una sera, lo ha malmenato brutalmente, assieme ad altri camerati cercando di strappargli il simbolico eskimo verde di cui il ragazzo andava fiero. Non bastasse - oggi Guerrieri ricorda - correva voce che Raybàn (cosiddetto pervia degli occhiali da sole che portava sempre, anche di notte) avesse fattoparte della squadraccia che aveva ucciso a coltellate un ragazzo di 18 anni, comunista e poliomielitico. Sicche, ora, Guerrieri, in vista dell'appello, vive una crisi di coscienza: rischiando, travolto dal passato, invece di difendere il suo cliente (che

oggi pare molto diverso dal tipaccio diun tempo), di diventarne il giudice nonché il boia. Anche perche (prevedevamo) lui e Natsu si sono innamorati... Il lettore apprenderà da se il cospicuo resto. Si dovrà invece aggiungere che l'autore è molto bravo nel conciliare due (apparenti) opposti: lo sfiorare con brevi tratti leggeri le sfumature degli animi e il condurre con robustezza alla conclusione l'intrigo. Talento che è di pochi.










Stilos, 12 Settembre 2006

IL TERZO CASO DI GUERRIERI. INDAGINE E MENO ARRINGHE

Di Maddalena Bonaccorso


Il libro

Un uomo è in carcere per traffico internazionale di droga. E’ già stato giudicato in primo grado, egli stesso ha confessato e ha avuto una condanna enorme, sedici anni di reclusione. Ma si proclama innocente, sostiene di essere rimasto vittima di una trappola e di aver confessato per disperazione. E disperato lo è sul serio; fuori dal carcere ci sono sua moglie e sua figlia, una bambina meravigliosa di soli 6 anni sempre in preda a spaventosi incubi.

L’avvocato Guerrieri ha un ottimo motivo per non accettare l’incarico: un motivo legato al passato remoto, al periodo oscuro dell’adolescenza, a un desiderio di vendetta che è tuttavia sospeso in un limbo di incertezza, di nebbia irreale che ne sfuma i contorni.

Ma la vita è sfida, è esorcizzare. E’, per Guido Guerrieri, accettare col cuore anche se la mente respinge.


Intervista

Diversamente dai primi due libri con protagonista l’avvocato Guerrieri, “Testimone inconsapevole” del 2002 e “Ad occhi chiusi” del 2003, in questo terzo romanzo, “Raginevoli dubbi”, un’ampia parte della narrazione è dedicata all’indagine vera e propria: estremamente non convenzionale, dato che l’avvocato Guerrieri non ha certo i mezzi, proprio in quanto avvocato, per accedere alle informazioni facilmente utilizzabili dalla polizia. I database ministeriali sono per lui off-limits, per non parlare di tabulati telefonici.

E a questo punto, ad aiutare l’avvocato in difficoltà, appare uno di quei personaggi da noi più amati tra i “minori” creati da Carofiglio: quel Carmelo Tancredi, commissario “con la presa da pitbull” che, volutamente sottotono nei precedenti romanzi, esce alla ribalta in “Ragionevoli dubbi” con tutto il fascino e il mistero di un siciliano dalle poche parole e dai molti fatti. 

Com ein passato anche qui sullo sfondo si pavesa la città di Bari, con un fascino che ricorda Tangeri, o Casablanca, e che sembra sempre sospesa tra il passato e il futuro. Indecisa e dubbiosa. “Fuggevole ed eterna”, per usare uno dei tanti ossimori che costellano la narrazione e che, assieme alle numerosissime citazioni musicali avvicinano –in questo romanzo più che mai- il magistrato barese Carofiglio al palermitano Santo Piazzese. Elemento costante è  l’autoironia del personaggio, mai urlata o ostentata e sempre un passo indietro. Un’autoironia che a volte è scudo per non soffrire troppo e a volte è invece ponte proteso verso gli altri. Altro elemento è l’ossessione per le sofferenze dell’infanzia e per il passato, che riaffiora sempre, del quale mai riusciamo a liberarci ma che forse –adesso- possiamo imparare ad affrontare. 

E ancora il desiderio di paternità di un uomo di quarantadue anni che ritiene di non aver dato ancora un senso alla propria vita.

L’assenza di becero moralismo davanti alle scelte che lo scorrere degli eventi impone di fare. E ancora, ultima ma più importante componente di un libro riuscito: l’amicizia maschile. Che sempre rinveniamo, più o meno palesemente, nei libri di Carofiglio, e che diventa  in questo “Ragionevoli dubbi”  elemento essenziale, ragione di scrittura. Ragione di vita. Perché, quando c’è un amico che ti copre le spalle, il coraggio esce allo scoperto; e davanti a una minaccia evocativa e suggestiva –al lettore il piacere di individuarla- ma terribile e brutale, si trova anche la forza di rispondere “Provaci”.

Di tutte queste presenze nel romanzo Stilos ha parlato con Carofiglio.


Ritroviamo Guido Guerrieri a due anni di distanza da “Ad occhi chiusi”. Ha un grande desiderio di paternità e sembra avere in qualche modo metabolizzato il suo perenne stato di inadeguatezza.

Forse non ha più paura? O ha semplicemente imparato ad accettarsi?

Beh, è un personaggio che progredisce. E questo mi piace, sia per quanto riguarda Guido che per quanto riguarda gli altri personaggi diciamo “fissi”. Mi piace che cambino. Il rischio del personaggio seriale è che resti immobile, stereotipato, che sia sempre uguale a sè stesso e che quindi le storie si svolgano in maniera noiosa e prevedibile. In una specie di realtà senza tempo e di tipo –con tutto il rispetto- piuttosto fumettistico.

Sia chiaro: non attribuisco un significato negativo all’espressione ma certamente il tipo di narrazione del fumetto implica poco lo sviluppo del personaggio.

Per me invece lo sviluppo, l’evoluzione, è molto importante.

E’ quindi certamente giusta l’affermazione che attribuisce a questo personaggio un cambiamento, in ognuno dei tre libri.

Guido è uno che sta in un mare in tempesta, che percepisce in tante cose la sua inadeguatezza e certo, l’accetta, impara piano piano ad accettarla. Il che a volte implica anche dei gravi turbamenti, dei momenti di paura, fortissimi tentennamenti. Però a questo punto c’è un’altra caratteristica del personaggio che arriva in suo soccorso. Lui prima o poi si scoccia di tutto, e quindi anche di essere triste.


E questo lo dice ripetutamente, l’avvocato Guerrieri, in tutti e tre i romanzi.

Infatti, ed è proprio così,

Si scoccia di avere paura così come di essere triste. E quindi lì poi parte la battuta, spesso tutta interiore ma qualche volta anche palese, quando ha l’interlocutore giusto. Questo alleggerisce tutto, ed è forse la caratteristica che mi piace di più, di questo personaggio.

Nonché la caratteristica nella quale a me, proprio come persona, piacerebbe molto potermi riconoscere. 


Guerrieri dichiara anche, più volte, di sentirsi sempre “Un intruso ad una festa in cui tutti sanno come comportarsi”. In questo c’è lei?

C’è davvero molto di me. Questo senso di insicurezza e di inadeguatezza è una mia caratteristica, da sempre. Mi sono sempre sentito un abusivo.

Per esempio, ora ho l’impressione di essere un abusivo nel mondo degli scrittori.



In “Ragionevoli dubbi” una grande parte di narrazione è dedicata all’indagine, contrariamente a quanto succedeva nei primi due libri con protagonista Guido Guerrieri. Un’indagine peraltro molto accattivante e portata avanti con metodi poco convenzionali. Il libro ha quindi un taglio decisamente più “giallo” dei precedenti.

Come mai? 

Sì, è vero, in questo libro molto più che negli altri c’è indagine, è proprio una storia “gialla”. Mi è venuta così, non c’è stata una vera e propria scelta alle spalle; o meglio, probabilmente il taglio che ho dato è dipeso essenzialmente dal tipo di storia che volevo raccontare e dal sottofondo umano della vicenda. 


Nonostante il molto spazio dedicato alle indagini c’è comunque anche tanto tribunale; in particolare ho trovato molto bello e riuscito il dualismo tra pubblico ministero e avvocato della difesa.

La parte in tribunale è cospicua anche qui, sì, e desideravo proprio che fosse tale. E’ cospicua sia quantitativamente che qualitativamente, almeno credo. 

E’ importante anche dal punto di vista concettuale. Sono soddisfatto che questo dualismo pubblico ministero-avvocato venga apprezzato, perché la requisitoria del pubblico ministero, e il suo essere stavolta personaggio non negativo, anzi decisamente positivo, sono elementi fondamentali. E fondamentale è anche l’arringa finale di Guido; arringa che è un tentativo di riflessione, fatto senza tuttavia declinare la necessità del rigore, sia sui temi della verità processuale che sul garantismo.


Un personaggio nuovo, molto riuscito, è il giudice Russo.

Senza svelare troppo della trama, possiamo dire che la sua parabola è uno dei punti più “alti” del romanzo?

Sì, sono d’accordo. Piace anche a me questo personaggio, molto. Questo suo essere ameba, e questa trasformazione che si compie sotto i nostri occhi, di scrittore o di lettore. Mi piace molto l’idea della dignità, soprattutto in persone che sembrano averla persa, e che poi sono capaci di scatti meravigliosi. Dovuti a un incontro giusto, o magari a una lettura, o semplicemente alla fortuna.  

Sì, lo scatto di dignità è molto bello.


Un’altra caratteristica dell’avvocato Guerrieri è il suo essere meravigliosamente antimoralista…

 Io detesto il moralismo.

Mi spiego meglio: credo che si debba, con il dovuto distacco, cercare di avere comportamenti morali, nella vita. Ma questo riguarda i nostri comportamenti e solo i nostri. Non quelli degli altri. 

Né imporre, né giudicare.

Questo vale nella vita di tutti i giorni, quella vera e vissuta; e vale lo stesso nella scrittura, nella vita raccontata attraverso le parole. Tra l’altro la scrittura moralistica, quella in cui si cerca di proporre un modello di comportamento, è francamente insopportabile, priva le persone del piacere elementare della lettura. 

Quindi sì, un’altra cifra del personaggio è proprio il rifiuto del moralismo.


Rifiuto del moralismo al quale si affianca una grande tolleranza, possiamo dire così?

Tolleranza estrema verso gli sbagli degli esseri umani, verso le loro debolezze; intolleranza ironica nei confronti dei piccoli vizi e intolleranza totale nei confronti della stupidità. 

Ecco, se c’è una cosa che l’avvocato Guerrieri non sopporta è la stupidità; molto più che le presunte deviazioni morali, più o meno arbitrarie.


Leggiamo nel Suo libro: “Le librerie mi fanno da ansiolitico e da antidepressivo”. 

E’ vero?

Beh, ci stiamo proprio mettendo a nudo… sì, è vero, ci sono io in questa frase.

E tra l’altro c’è una storia molto bella, legata al romanzo, e che riguarda le librerie.

C’è in “Ragionevoli dubbi” questa libreria che sta aperta solo la notte, si chiama “La libreria del caffellatte”.

E’ una mia invenzione, o quantomeno: non so se ne esistano, se ci sono io non ne ero a conoscenza quando ho scritto il libro. Ma è successa una cosa bellissima: ha generato uno strano fenomeno. La prima presentazione di “Ragionevoli dubbi” si è svolta alla Feltrinelli di Bari nella notte tra il 6 e il 7 Settembre. Esattamente allo scoccare della mezzanotte hanno cominciato a mettere in vendita il libro; io ero lì, come colonna sonora c’erano tutte le musiche citate nel romanzo; insomma una cosa davvero bella. E non solo per me, perché era il mio libro il protagonista, ma perché l’idea di una libreria che sta aperta tutta la notte è meravigliosa. Per me è stato il realizzarsi di ciò che avevo scritto, una cosa impagabile. E poi, grazie al successo di questa iniziativa della Feltrinelli di Bari, ecco, nei prossimi mesi ci saranno tante altre presentazioni notturne, in altre librerie che resteranno aperte di notte.

E’ un sogno.

Incontri, presentazioni, letture. Persone che passeranno per caso, incontri fortuiti…

E in qualche modo, come posso dire, sono felice di aver contribuito all’inizio di questo fenomeno.


Continuiamo a estrapolare frasi dal libro… “Passati i quaranta gli stupidi pensieri si moltiplicano”.

Ah, sì! Mi piace molto. Vede, passati i quaranta moltissima gente è in condizioni fisiche e mentali oggettivamente di gran lunga migliori di quelle degli anni precedenti. 

Per quanto mi riguarda, per esempio: mi sento molto meglio di come mi sentissi intorno ai trenta, sia come forma fisica che come mente, pensieri, etc. 

Questo capita un po’ a tutti.

Però siccome sei passato oltre i quaranta, sembra che tu proprio debba avere una serie di problemi, non puoi farne a meno. E’ un fenomeno inspiegabile, e lo trovo molto buffo. Così se ti dimentichei un nome, attribuisci il fatto all’età che avanza, quando magari lo stesso problema lo avevi anche a vent’anni, e quindi è parte di te…

Questa è una caratteristica che, appunto, in qualche misura abbiamo tutti quanti e che merita di essere combattuta, contrastata, con le armi dell’ironia.

Quindi mi ha divertito mettere in testa a Guido questa riflessione.


Un altro personaggio nuovo è il sostituto procuratore Andrea Colaianni. Anche lui quarantenne, fin da giovanissimo nell’antimafia. Ora in crisi esistenziale, stanco del proprio lavoro. Deluso. E’ un cedimento del Carofiglio sostituto procuratore?

Beh, lo scrittore mette delle inquietudini proprie un po’ in tutti i personaggi. 

Poi ognuno di loro ha la sua autonomia. Ma certo non c’è dubbio che molti di noi, che abbiamo cominciato anche molto giovani a fare questo lavoro con entusiamo, con la speranza veramente di “cambiare il mondo”, adesso siamo cambiati. L’entusiasmo, nonostante tutto, è rimasto, ma dopo qualche anno ci siamo resi conto che alcune –attenzione: dico alcune e non tutte- delle convinzioni che avevamo all’inizio erano frutto dell’inesperienza.

Con questo non voglio affatto dire di considerarmi professionalmente sconfitto né di rinnegare quel tipo di entusiasmo. Ma è ovvio che se hai venticinque anni e vai a fare il pretore o il pubblico ministero hai l’impressione di stare andando a cambiare il mondo. Il che è vero, in parte. In altra parte è doveroso acquisire senso di realtà. Una singola persona, una singola procura, non possono cambiare il mondo. Ed è bene che sia così, peraltro, perché se è vero che non lo si cambia nel senso di trasformarlo, di certo lo si cambia come parte di uno sforzo comune. 

Sforzo comune che non rinnego e del quale, anzi, mi sento partecipe. 


La città di Bari: è particolarmente decadente e mutlietnica, in questo libro: “ricorda Tangeri, Marsiglia o Casablanca”.

E in effetti Bari è così. E’ decadente, notturna. Mi piace questo suo aspetto e mi piaceva l’idea di descrivere soprattutto la mescolanza di mondi che la contraddistingue. C’è la città che va ai vernissage dell’artista giapponese, e quindi c’è una dimensione metropolitana più o meno raffinata, più o meno colta, più o meno ostentata. 

E poi c’è il mondo nascosto, “underworld”.

Sono sempre stato affascinato da queste commistioni. Nel cinema, nella letteratura, ma anche nella vita delle città.

Le città americane, per esempio: io le adoro, e sono così affascinanti, a mio parere, proprio perché i due mondi, quello scintillante della metropoli e quello di certi vicoli da dove immagini di non poter più uscire, sono vicinissimi. 

Mi piace molto questo concetto e mi è piaciuto caricarlo un po’, parlando della mia città, raccontando Bari in questo libro.




La Repubblica (ed. di Bari), 20.9.2006


Carofiglio, l´irresistibile ascesa dell´avvocato Guido Guerrieri

Augias: "Un personaggio grande quanto Holmes e Maigret"

Secondo il critico Giovanni Pacchiano "il successo dei legal thriller del pm è dovuto al passaparola dei lettori"

In pochi giorni l´ultimo romanzo del magistrato e scrittore barese è ai vertici delle classifiche nazionali

Il narratore Giancarlo De Cataldo: "Non è un caso editoriale, ma qualcosa di più"


Di Antonio Di Giacomo


Le premesse c´erano tutte. S´era capito un paio di settimane fa. Alla Feltrinelli di Bari, testimone di un´adunata oceanica in notturna per l´uscita di Ragionevoli dubbi (Sellerio), quarto e ultimo romanzo della penna togata Gianrico Carofiglio. Ma se anche la frettolosità di qualche maligno osservatore avesse voluto liquidare la notte in libreria come un happening mondano per presenzialisti insonni la smentita arriva dal boom di vendite della terza, ed evidentemente attesa, tappa delle avventure di Guido Guerrieri, l´eroe di carta disegnato da Carofiglio.
Qui parlano i numeri e non l´interpretazione dei singoli. Quelli del borsino editoriale di Tuttolibri della Stampa e dell´Almanacco di Repubblica di sabato scorso: in entrambi i casi Ragionevoli dubbi era al secondo posto nella classifica della narrativa italiana (al quarto della top ten assoluta, secondo le stime dell´osservatorio del quotidiano torinese). Ventiquattro ore dopo il verdetto di Demoskopea per Le Classifiche del Corriere della Sera: il romanzo di Carofiglio occupa un doppio primo posto, per la narrativa italiana e per la hit complessiva. Minime differenze di posizione in classifica a parte, è fin troppo chiaro che quella del pm barese ha tutta l´aria ormai di essere un´irresistibile ascesa. Non senza dei perché, tuttavia, come provano a spiegare tre lettori accorti.
«Gianrico Carofiglio è riuscito - osserva Corrado Augias - in un´alchimia rara: creare un personaggio di assoluta credibilità, sotto il profilo umano e professionale. È successo solo per i grandi investigatori della letteratura poliziesca. Parlo di una galleria che sarà abitata da una dozzina di personaggi, penso a Holmes, Marlowe e Maigret. Ebbene con Ragionevoli dubbi credo si possa dire che l´avvocato Guido Guerrieri di Carofiglio è entrato in questo esclusivo club letterario». Non solo. Secondo Augias le qualità dell´opera del pm barese sono anche altre. «Carofiglio sa raccontare - aggiunge il giornalista e scrittore - dandole un fascino narrativo, la procedura penale. In Italia, nessuno c´era mai riuscito prima. Una ragione in più che rende i romanzi di Carofiglio dei classici».
Quanto alle ragioni che hanno fatto la fortuna editoriale delle avventure dell´avvocato Guerrieri, una tesi ce l´ha il giudice e scrittore Giancarlo De Cataldo, autore dell´einaudiano Romanzo criminale. «Come per Camilleri, il suo successo - spiega - non è stato preparato a tavolino, ma si è andata costruendo con il passaparola spontaneo dei lettori. Non possiamo liquidare tutto questo parlando di un caso, perché il fenomeno Carofiglio non ha i caratteri dell´estemporaneità e dell´evanescenza che, invece, sono propri dei cosiddetti casi editoriali». Lo sa bene De Cataldo, fra i primi e più autorevoli recensori di Testimone inconsapevole, l´opera d´esordio di Carofiglio, «Sono un uomo di parte: non ho mai smesso di seguirlo da allora» riconosce.
Colpo di fulmine anche per Giovanni Pacchiano, che scrive di narrativa italiana sul Sole 24 Ore. «A me Carofiglio - racconta - è piaciuto da subito. Si capiva chiaramente che si trattava di uno scrittore di talento, capace di suscitare un effetto di trascinamento sul lettore, che si ritrova avvinghiato dalla prima all´ultima delle pagine dei suoi romanzi. C´è di più che ha una scrittura abbastanza veloce e molto pulita, senza ammiccamenti di sorta. In genere, i suoi personaggi partono sempre da un vuoto emotivo, al punto che tutta la storia diventa poi un contrappeso. S´immergono a capofitto nella realtà come fosse un argine, un tampone alle ferite della vita privata. In questo senso, il personaggio di Guerrieri è assolutamente umanissimo, un vecchio termine che oggi rischia di essere soffocato, se non irriso». Ecco una buona ragione in più del successo di Carofiglio, certo non un personaggio da talk show televisivo e quindi nient´affatto sostenuto dalla grancassa mediatica di una tivù sempre più cattiva maestra.
«Il segreto della fortuna dei suoi libri - chiarisce Pacchiano - sta nel fatto che i lettori avvertono come, dietro questi romanzi, ci sia una persona vera. È un aspetto che ha incuriosito anche me, un paio d´anni fa quando al festival della letteratura di Mantova sono rimasto sbigottito dalla folla sterminata accorsa per assistere alla presentazione del Passato è una terra straniera». Tanto che un lettore accorto come Pacchiano non ha esitazioni nel formulare giudizi su Carofiglio: «Quattro libri sono più che sufficienti per caratterizzare e individuare la fisionomia di un autore che, oggi, è fra i migliori a circolare nel panorama della nostra narrativa. I suoi romanzi si spingono ben oltre i canoni della cosiddetta scrittura di genere. Quanto a me li ho consigliati indistintamente a molti fra lettori e conoscenti, dunque non solo agli appassionati di gialli. Le reazioni ricevute sono state di assoluta riconoscenza, come quella di un amico che tempo m´ha inviato un sms che, testuale, di Testimone inconsapevole diceva "L´ho letto, l´ho divorato, alla fine sono tornato in libreria per comprare tutti i libri di Carofiglio"». Parola di lettore. Uno fra quelli che hanno aiutato l´avvocato Guido Guerrieri ad accomodarsi nel gotha della letteratura.


Vanity Fair 26 Settembre 2006

GUERRIERI SONO


GIANRICO CAROFIGLIO NELLA VITA FA IL SOSTITUTO PROCURATORE ANTIMAFIA. PIACE ALLE DONNE, AMA

LE CITAZIONI E VIVE NEI TRIBUNALI. COME IL PROTAGONISTA DEI SUOI LIBRI. SOLO CHE L'AWOCATO GUERRIERI

STA DALL'ALTRA PARTE DELLA BARRICATA: IN AULA DIFENDE I CRIMINALI. E ORA, IN TV, SFIDA ANCHE IL COMMISSARIO DI CAMILLERI-ZINGARETTI. A COLPI DI AUDIENCE


di Enrica Brocardo


Diceva John Le Carré: "Vedere il proprio romanzo trasformato in un film è come vedere il proprio bue ridotto in dadi da brodo". Detto questo, il brodo può essere molto buono». Gianrico Carofiglio, 45 anni, sostituto procuratore antimafia a Bari e ormai consolidato scrittore di gialli, se la cava con una citazione di fronte alla richiesta di un parere sulla fiction tratta dai suoi primi libri e in attesa di una collocazione nel palinsesto invernale.

Il suo personaggio, l'avvocato Guido Guerrieri, debutta in televisione con due film interpretati da Emilio Solfiizzi e diretti da Alberto Sironi, lo stesso regista di Montalhano, una serie che, dice, gli è piaciuta moltissimo, «almeno gli episodi che ho visto, perche la tv non la guardo quasi mai. Esco tutte le sere». Quella del 7 settembre, in particolare, era alla libreria Feltrinelli di Bari: il giorno dell'uscita del suo ultimo libro (Ragionevoli dubbi, Sellerio, pagg. 299, € 12) è rimasta aperta fino a mezzanotte. Un onore finora riservato a Harry Potter. Che effetto fa? «Mi sono divertito come un pazzo, anche se faceva un po' caldo: per l'occasione avevano rotto l'aria condizionata». E Carofiglio si è divertito ancora di più a inserire nel romanzo uno scambio di battute da Rocky: "Ti spezzo in due”, dice il cattivo (in questo caso un altro avvocato) e Guerrieri risponde: "Provaci". Perche Guerrieri ha tre passioni: il tribunale, le donne (anche se a volte pasticcia un po') e, appunto, le citazioni. Parlando con l'autore, partiamo dall'ultima.


Come fa a ricordarle?

«Vado a memoria. Infatti alcune sono un po' sbagliate, altre inconsapevoli. Un giorno un'amica mi ha detto: "Mi è piaciuto moltissimo quel riferimento ad Amleto". lo ho sbarrato gli occhi: non avevo la minima idea di che cosa stesse parlando. L'ho scoperto un po' di tempo dopo: alla fine del primo libro, la battuta "mi hai restituito il tempo" è di Ofelia. E poi ci sono le citazioni finte».

Inventate da lei?

«Sì, per esempio il brano tratto dal saggio intitolato La manomissione delle parole. Che non esiste, perche non è mai esistito neppure il libro. Qualcuno mi ha detto: "Vorrei comprarlo, l'ho cercato su Internet ma non l'ho trovato"».

Con il suo personaggio, oltre alle citazioni, condivide il settore professionale: lei magistrato, lui avvocato.

«Dicono che non mi sono allontanato molto dal mio mondo. Invece io credo di essere andato lontanissimo: non c'è viaggio più lungo di quello che ti porta a guardare la tua realtà quotidiana dal punto di osservazione opposto al tuo».

Reazioni dei colleghi? 

«Quelli contenti.. .». 

Pensavo agli altri.

«C'è stato un collega che, parlando con un altro collega, ha detto: "Ovviamente mica li scrive lui i libri". E l'altro: "E chi, scusa?". "Sua madre, è ovvio". Solo perche mia madre, effettivamente, ha pubblicato racconti e romanzi».

In prigione leggono i suoi libri?

«Un avvocato mi ha raccontato che un suo cliente, arrestato da me per associazione mafiosa, ha ordinato cinque copie del libro, per lui e per altri detenuti. Ma la cosa più strana mi è successa qualche sera fa: un signore di cui avevo chiesto la cattura mi ha fatto i complimenti e si è fatto autografare il libro».

Immagino che alcune delle persone che lei ha mandato in carcere siano uscite con l'indulto. Che cosa ne pensa di quel provvedimento?

«Che non si risolve così l'affollamento nelle carceri. L'indulto è diseducativo. Ora le dico che cosa avrei fatto io: un provvedimento per cui quelli che hanno da scontare ancora tre anni vanno agli arresti domiciliari. Più altri benefici, che so: se per sei mesi ti comporti bene puoi cominciare a uscire, oppure stai ai domiciliari ma puoi anche lavorare. Bastava un minimo di fantasia giuridica per svuotare le carceri senza mettere in libertà una marea di persone, in alcuni casi pericolose. Per esempio, perche non provare la detenzione domiciliare del fine settimana?».

La pena sarebbe: niente discoteca? 

«Esiste davvero in altri Paesi. Sei un teppista, un balordo? Per un anno stai a casa il sabato e la domenica».

Parliamo di quelli che considera i suoipiù grandi successi professionali?

«Sono piuttosto bravo negli interrogatori. Pochi li sanno fare bene, ma se sei capace puoi fare delle autentiche magie».

Le sue, di magie?

«Parecchie confessioni di omicidi. Esclusi quelli che poi sono diventati collaboratori di giustizia, almeno una decina. Uno dei casi più recenti risolto così è stato quello di Luigi Fanelli, un militare scomparso nel 1997. Le indagini non portavano da nessuna parte e il caso era stato chiuso, fino a che, parecchi anni dopo, saltò fuori un tizio che ricordava di aver sentito dire che a uccidere quel ragazzo erano stati dei balordi ai quali la sua ex fidanzata aveva chiesto di dargli una lezione. Solo dopo la confessione della ragazza abbiamo potuto catturare i colpevoli».

Grandi errori commessi?

«È capitato che degli innocenti abbiano passato qualche settimana in carcere. Una volta i carabinieri hanno arrestato il titolare dell'officina a fianco di quella del meccanico che aiutava un'associazione mafiosa».

Proprio per le sue indagini sulla mafia lei è stato sotto scorta.

«Dal 1993 al 1998, finche ho chiesto che mi venisse tolta. Il procuratore generale era esterrefatto, mi disse: "Me lo metti per iscritto?"».

Era certo di non correre più rischi? 

«Non sono mica scemo. Per qualche mese ho continuato a girare armato, poi ho lasciato perdere anche la pistola. Ma l'avevo portata per così tanto tempo che i primi tempi mi sentivo nudo. D'istinto portavo la mano sul fianco, non la trovavo e avevo un sussulto. C'è voluto un bel po' prima che mi passasse, così come non è stato facile abituarmi a sedere in un ristorante con le spalle all'ingresso».

Come avevano pensato di eliminarla? 

«Bazooka, fucile di precisione da una torre vicino al Palazzo di giustizia di Foggia, un banale kalashnikov. Poi, visto che io ero troppo protetto, avevano pensato di sequestrare mia moglie».

Anche sua moglie è magistrato?

«Sì, pubblico ministero a Bari».

Ora che è uno scrittore di successo lascerà la magistratura?

«Non lo so. Certo, quando le cose da scrittore ti vanno bene, entrare in ufficio per fare il solito lavoro diventa difficile. Devo ammettere che quello che mi sta succedendo è elettrizzante».

Non è un mistero che lei abbia molte ammiratrici.

«In effetti. Ci sono persino quelle che mandano email con messaggi spinti. E foto allegata».

Nude?

«Qualcuna in costume da bagno. Alcune continuano a scrivere, io per un po' rispondo, poi smetto. Così mi arrivano messaggi del tipo: "Perche sei sparito? Non capisci quello che ti perdi"».

Abbordaggi alle presentazioni?

«Una volta firmavo autografi, e una signora molto carina mi si è seduta a fianco, vicinissima. "E dopo cosa fai?", mi ha detto. Io ho balbettato qualcosa su una certa cena con gli organizzatori, e lei: "Nel caso ci ripensassi, sono separata e vivo sola". Un'altra volta, in una scuola, una studentessa mi ha chiesto se poteva stringermi la mano. "Ma certo, cara", ho risposto. Poi, con tutti i professori lì intorno, ha aggiunto: "Sa che potrei uccidere per farmi arrestare da lei?"».

La sua reazione?

«Patetica. Credo di aver detto una frase tipo: "Magari qualcosa di meno grave, eh?"».


La mia Babele di CORRADO AUGIAS

La bella sorpresa del thriller made in Bari 


Gianrico Carofiglio torna a raccontare un'avventura del suo avvocato Guido Guerrieri e fa bene; la mia impressione è che con quel personaggio egli dia il meglio della sua narrativa fatta di ironia e di delicate sfumature psicologiche, di abilità nella costruzione dell'intrigo ma anche di improvvisi «fuori tema» che colorano e danno profondità al resto, Tale il felice intreccio di queste qualità che ho divorato questo suo romanzo come raramente mi era capitato negli ultimi mesi. Ragionevoli dubbi (Sellerio) si svolge ancora una volta a Bari. Guerrieri si trova coinvolto nella difesa di Fabio Paolicelli, ex picchiatore fascista, ora sposato con Natsu, nippo-napoletana molto carina (ex modella), genitori, i due, di un'adorabile bambina dai grandi occhi blu, Al Paolicelli, allo sbarco da una vacanza in Montenegro, la Finanza ha trovato la macchina imbottita con 40 chili di droga, In primo grado, malamente difeso dal losco avvocato Macri, Paolicelli s'è preso 16 anni. A Guerrieri l'arduo compito di vedere se in appello si può riuscire ad alleggerire la pena. 

Non starò a dire quale ingegnosa strategia difensiva Guerrieri riesca ad escogitare per non guastare la sorpresa ma anche perché le doti di questo incantevole racconto superano l'ingegnosità dell'intreccio. Intanto la leggerezza; Carofiglio dà l'impressione di raccontare con la facilità e la felicità dei narratori naturali. Riesce a faLsembrare appassionante perfino la procedura penale, incubo di ogni studente di Legge. Il vero mestiere di Carofiglio è quello di sostituto-procuratore anche se la sua passione (notturna, suppongo - e spero) è quella di scrivere, come lo stesso protagonista Guerrieri più volte confessa. La leggerezza della scrittura si unisce all' abilità dell'intrigo. Paolicelli è un ex picchiatore fascista e, da ragazzo, ha partecipato ad un' aggressione contro l'altro ragazzo, Guerrieri, che ora è il suo avvocato. Un'ulteriore complicazione è nel fatto che mentre Paolicelli è in galera in attesa dell'appello, sua moglie Natsu e il buon Guerrieri s'innamorano violando lei la fedeltà coniugale, lui la deontologia professionale. Infine c'è l'avvocato Macri, personaggio negativo intorno al quale ruota la parte più nera della storia. Dopo Testimone inconsapevole (2002) e Ad occhi chiusi (2003), Ragionevoli dubbi completa una trilogia che mi auguro non si esaurisca qui. Con l'avvocato Guerrieri, Carofiglio ha creato una figura degna di comparire con ogni onore nella galleria dei grandi investigatori. 



Il Venerdì, 29.9.2006


Chi adotta un metodo scientifico e si siede alla scrivania a orario fisso. Chi aspetta l’ispirazione. Chi si fa influenzare dalla superstizione. Indagine su come nasce un capolavoro

Dalla zampa di coniglio di Hemingway alla tuta di Márquez, i tic che aiutano a scrivere


Come nasce un romanzo? Che cosa c'è dietro lo sforzo creativo? Ispirazione o traspirazione? Impossibile generalizzare, ogni scrittore ha il suo metodo, i suoi riti, talvolta maniacali, spesso semplici superstizioni. Simenon quando lavorava indossava sempre la stessa camicia, Céline una palandrana tenuta su con una corda, e Garcia Márquez una tuta da meccanico. Hemingway, invece, teneva in tasca come portafortuna una castagna amara e una zampa di coniglio.

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Andrea Camilleri dice di non avere né tic né fissazioni. Comincia a scrivere quando ha in testa l'impianto del romanzo, che deve entrare tutto in capitoli di dieci pagine. Ha un foglio mentale e non prende appunti. Però ha bisogno del rumore, preferibilmente una nipote sotto la scrivania. Il suo studio è piccolo, tre computer, una stampante, un telefono a cui non risponde mai. L'unico rito che ha, è accendere appena entra nello studio il fuoco sotto un pentolino dove galleggiano erbe aromatiche che coprono l'odore delle sue ottanta sigarette. «Per la verità ho un altro rito, che riguarda il Camilleri cittadino, non lo scrittore. Bevo due bottiglie di birra a digiuno e poi per nessun motivo al mondo tocco più alcol per il resto della giornata. Ma se la birra manca in casa posso scrivere tranquillamente».

Per Gianrico Carofiglio un'enciclopedia di disturbi psichiatrici non basterebbe, per sua stessa ammissione. «Prima di scrivere non faccio assolutamente nulla, cercando in questo modo di sorprendere me stesso. Poi quando mi metto al computer la concentrazione non dura più di un quarto d'ora. Mi alzo e comincio a giocare come un giocoliere. Con tre palle sono in grado di eseguire numeri circensi, ma durante la stesura di “Ragionevoli dubbi”, ho cominciato ad allenarmi con quattro. Spesso faccio anche ginnastica. In genere mi metto a scrivere quando devo uscire con mia moglie, la quale non apprezza molto il mio metodo».

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Brunella Schisa




Last modified Wednesday, July, 13, 2011