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Se vince lui, ma forse no

Una conversazione con lo scrittore più amato dagli italiani



- Al commissario Montalbano, se vince Berlusconi, che succederebbe?
- Oh, niente. Un trasferimento d'ufficio. Gli dicono: senta, lei è arrivato in età di pensione, in polizia a 50 sono già vecchi.
- E lui che fa?
- Se ne va in pensione, che deve fare?
- Scrive un libro?
- No, non ne può scrivere libri Montalbano, perché scriverebbe dei gialli e i gialli non sono un genere molto apprezzato dagli studiosi. Se ne va a Genova, tranquillo... E domani, se rubano dei soldi al macellaio, lui può vedere chi ha rubato i soldi al macellaio... Ma perché non deve avere una serena fine di pensionato, come ce l'ha il 99 per cento degli italiani?
- Si candiderebbe alle elezioni?
- Non sa parlare in pubblico, quindi... Però a Vigata gli farebbero una cerimonia d'addio molto bella. Gli regalerebbero un orologio d'oro, cose così.

Salvo Montalbano, commissario di polizia nell'immaginaria cittadina di Vigata, a due passi dal capoluogo di provincia Montelusa, è oggi il detective più famoso d'Italia. Lo leggono in milioni nei libretti blu della "Memoria" di Elvira Sellerio, lo guardano in milioni sulla Rai. Suo padre è Andrea Camilleri, 75 anni. L'ha costruito impastando il suo luogo di nascita (Vigata è Porto Empedocle, Montelusa è Agrigento) e immergendolo in fatti quotidiani tanto moderni quanto antichi. Montalbano vive da solo in una casa sul mare, ha un'eterna fidanzata a Genova, una donna del posto (cui ha arrestato il figlio) gli lascia in frigorifero polipetti, caponate, cannoli. Intorno a lui delitti: per soldi, per mafia vecchia e nuova; depistaggi e ipocrisie, piccole viltà di funzionari, una Questura scassata. E un linguaggio nuovo nella narrativa: Camilleri scrive mischiando dialetto e italiano, l'idioma di un ceto medio e di un popolo che con le parole, i costrutti delle frasi, i silenzi riflette sottomissioni, diffidenze, arguzie con le quali i lettori si identificano, a tutte le latitudini. Il suo prossimo libro (450 pagine in uscita da Sellerio ad aprile) è quello a cui tiene di più: Il re di Girgenti, un romanzo ambientato nella Sicilia tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento. E il linguaggio, questa volta, sarà quello dei contadini di allora. Andrea Camilleri vive da cinquant'anni a Roma, dove ha lavorato curando per la Rai prosa e teatro. Ha sempre scritto e ancora si diverte a scrivere. L'essere diventato il best seller italiano non gli ha cambiato la vita o il carattere: un alto gentiluomo del Sud, con una sigaretta sempre accesa, che sorseggia birra, ma i manicaretti li lascia, con rimpianto, a Montalbano. L'Ulivo gli ha chiesto di candidarsi ad Agrigento e Camilleri ha rinunciato, "ma solo per l'età". Quando Diario gli ha chiesto di parlare di elezioni e di Berlusconi ha risposto: "Sì, questa cosa la voglio proprio fare". Ne è venuto fuori questo lungo "ragionamento", a voce piana, in cui i vari temi sono preceduti da un "Allora..." seguito da una pausa. Dove "allora" significa "dunque", "perciò", "dove eravamo rimasti". In breve, il gusto della conversazione. E, se pensate che un autore di best seller debba, per logiche di mercato accontentare tutti, con Camilleri scoprirete che non sempre è così.

Allora... Ma sai che una domanda simile me l'hanno fatta davvero. Una linea internet, di quelle che ti fanno le domande. Ho ricevuto 200 domande, ne hanno isolate dieci e le hanno fatte votare. A un certo punto un cornuto mi ha chiesto: se ci fossero le elezioni a Vigata, il commissario Montalbano voterebbe Rotarelli, il bello dei belli, o Paperon Sbruffoni? Io risposi: voterebbe Rotarelli, è questo il voto di Montalbano, è bene che lo sappiate tutti. Chiaro e tranquillo. Io so di avere molti lettori, ma so che non sono lettori di sinistra. Per esempio, quando ho vinto il premio Flaiano, a Pescara, e la votazione era pubblica sui cinque finalisti, era uscita l'intervista sull'Espresso in cui avevo detto come la pensavo, una signora mi fece: "Io voto per lei stasera ma che dispiacere che mi ha dato ...". Sanno che Montalbano è di sinistra, ma per loro è un gioco, quindi possono anche leggerlo.....Veramente, se non riesci a penetrare in loro attraverso una letteratura che è (o che viene accusata da altri ) di disimpegno, e quindi più accessibile, se io non riesco nemmeno così, allora figurati gli scrittori impegnati... Veramente, è l'ultima delusione: non riuscire, credo, a spostare di un voto uno solo dei miei lettori. Cinque milioni ne ho, e non ne sposto uno, ne sono convinto. Ci fu la mia cara e amata scrittrice, Susanna Tamaro, che disse, una volta: "Io sposto un milione di voti". Non sposti niente, neanche quelli di casa tua. La televisione, invece li sposta perché lo vedi. Leggere è sempre un diaframma, ascoltare e vedere non ha diaframma. Dicono che la presenza non conta, balle. La mia presenza al Maurizio Costanzo Show ha fatto alzare le vendite, e si vedeva, era un fatto di mercato. Poi quando glielo ho detto in trasmissione a Costanzo, lui ha detto quando una cosa vale, vale... Eh, no.

Io Berlusconi l'ho preso come oggetto di alcune favole, altre cinque ora spuntano su Micromega. Però per raccontarlo ci vuole un grandissimo scrittore. Un grande romanzo... Ascesa e caduta, lo farei molto volentieri. Come me lo immagino? Non realistico, no... E' un po' come il Re di Girgenti, che leggerai. C'è questa sorta di ventata di fiamma.... E' terribile che un uomo ovvio, perché è un uomo ovvio, riesca dannatamente bene a spacciare questa ovvietà per acutezza, novità, originalità... Bisognerebbe lavorare su una teoria, una teoria in cui credo: che il saper fare affari, saper essere grandi bancheri è inversamente proporzionale al livello dell'intelligenza. Calvi era uno stupido, Sindona non ne parliamo, era un traffichino.. Quindi, non bisogna ammirarli, sono individui dotati di una certa rabdomantica capacità di vedere dove fare i soldi, quindi sono uomini da niente. Lui potrà dire: io ho fatto Milano 2, ho fatto le televisioni, ma questo non significa niente: è comprare delle cose, o fabbricarle. Piuttosto mi viene in mente una bella poesia dell'abate Meli, in dialetto siciliano. C'è una lumaca con i suoi occhi a canocchiale, c'è un'altra lumaca vicino e vedono un bacello vuoto, che preso dal vento sale sale sale. Lo sai perché sale così, spiega? Perché è "vacante", è vuoto, e ha il vento a favore... E non mi ispira neppure Marcello Dell'Utri . E' un grandissimo bibliofilo, stimato, ha aperto la sua biblioteca ai milanesi, non ha il vizio dei collezionisti che conservano per sé, è un uomo generoso... Parlava con Sciascia anche di libri antichi e rari. Non ho nulla da dire su Marcello Dell'Utri, non ho letto le pagine dei processi che lo riguardano, che non è una letteratura che mi affascini... E basta. Su di lui si parla e si sussurra molto, ma è sempre un eurodeputato, no? Nel pieno esercizio dei suoi poteri, non vedo perché io debba dire qualche cosa su di lui. Neanche, se è per questo, su Cesare Previsti, persona che non ho il bene di conoscere. Sì, lui ogni tanto fa dichiarazioni avventate, perché non è siciliano. "Non faremo prigionieri", cose così. Marcello Dell'Utri non lo direbbe mai, perché è siciliano.

Guarda, in generale io penso che su queste votazioni non ci sia nessun mistero, nessun giallo. C'è casomai un'incertezza sull'esito delle votazioni, perché quando si grida troppo alla facilità della discesa, magari poi c'è qualche pietra di inciampo. E uno se lo può anche augurare. Io credo di avere espresso chiarissimamente come la penso. Allora ho fatto, per esempio, un piccolo spot per Rutelli, che lui ha messo sul suo treno, soprattutto quand'era in Sicilia. Io ho detto questo agli agrigentini: cercate di salire su questo treno di Rutelli, vediamo se ci porta fuori da questo tunnel di illegalità, di abusivismo. Il sindaco Sodano si è arrabbiato e ha fatto un comunicato Ansa: "Camilleri da troppo tempo non vive in Sicilia, tutti vedono che la valle dei Templi è una bellezza, non c'è niente di abusivo, due o tre casette..." Intanto, per abuso, hanno messo i sigilli alla casa di sua suocera, che poi è sua. Conclusione, si sono arrestati i lavori di demolizione. Le ruspe non ci sono più, si sono ritirate in buon ordine. Questo è un bellissimo segno di come vanno le cose da noi, in Italia. E questo è un segno che porta di nuovo ad avere la maggioranza assoluta di Forza Italia giù, perché dicono: ce lo vedete, non ce la fanno... Poi ho avuto l'onore, lo dico sinceramente, di avere richiesta la firma a questo manifesto di Bobbio e Galante Garrone. L'ho firmato sentendomi onorato, non solo condividendo tutto quello che c'è dentro, ma perchè sono convinto di quanto ebbe a scrivere Bobbio qualche tempo fa, quando venne accusato in qualche modo di essere politicamente scorretto. Ora, probabilmente è una applicazione americana di quello che è il "politicamente corretto", ma dal momento che noi si è sempre stati politicamente scorretti, dai tempi di Giolitti e Crispi a chi si vuole, - credo che il nostro modo di fare politica abbia questa assoluta originalità della scorrettezza totale - questo appunto mi sembra inapplicabile. Io l'appello l'ho trovato correttissimo come avviso ai naviganti per il pericolo Berlusconi.

Parliamo di esperienza. Allora, se c'è un fosso, tu cerchi di evitarlo, questo non fa parte della storia o della cronaca, fa parte del normale modo di procedere di un individuo. Ora, noi non l'abbiamo già passata questa esperienza? O mi sbaglio? L'abbiamo già passata, con tutte le conseguenze che si sono avute. Oggi possono venirmi a dire: sì, ma dove te la vedi? Mussolini ci ha portato alla guerra, dove te la vedi, una guerra? Loro pensano che la guerra sia una guerra che si combatte solo con le armi. In realtà le guerre non si combattono più con le armi, le guerre sono guerre economiche, e si esce con le ossa rotte come dopo un bombardamento, se si vuole, bisogna ricostruire. Ecco, questo è possibile. Quando ci dicono: "Noi siamo fuori dall'Europa se c'è un governo Berlusconi" non è un fatto propagandistico, a mio avviso. Perché i casi sono due: o Berlusconi fa quello che ha promesso e allora siamo automaticamente fuori dall'Europa, su questo non c'è dubbio. Non è possibile. Oppure lui non mantiene le promesse che ha fatto ai suoi elettori. In questo caso restiamo in Europa: ma lui, resta al potere? Perché chi fa delle promesse di questo tipo: abbassare le tasse, aumentare le pensioni - e la metà degli italiani ci crede - siamo in una situazione grave. ..Io non auguro a nessun uomo di governo di andare incontro alla disillusione degli italiani. La disillusione degli italiani è un fuoco a presa rapida. E' una miccia corta, si accende, esplode ed è finita. Ne usciamo tutti un po' bruciacchiati. Penso che abbia buone probabilità di vittoria. Il problema nostro oggi come oggi è che si deve ridurre la forbice, di chiuderla in qualche modo. Se questa forbice si richiude e lui non ha questi 130 deputati in più che deve avere, dovrà fare delle concessioni alle sue frange estreme, che saranno molto dure. Che cosa darà a Bossi? Tanto per parlare di politica vera. E quindi è un altro rischio, non so. Io a un certo punto mi auguro che lui possa governare tranquillamente e vedere dove va a finire la faccenda. Non lo diceva Mao - se si può ancora citare senza... - vediamo questo gran bel casino, inevitabile di sicuro - ci rimetteremo tutti qualche cosa - però finalmente questo finto mito forse sparirà.

Sai perché la gente non vuole credere all'origine della sua ricchezza e a tutte le storie di corruzione? Perché se l'è cavata. Se lui fosse andato a finire veramente dentro, allora la gente avrebbe detto: allora, vedi che era uno che..., insomma, va'. Ma se l'è cavata. E quindi è doppiamente ammirato. L'italiano, per sua natura, è quello che mette la macchina in quarta fila e s'incazza se il vigile gli dà la multa. L'italiano è un anarchico, fondamentalmente, e quindi vuole fare i comodi suoi. Come sta facendo Berlusconi, magari con l'appoggio di qualche politico di parte avversa che per fini suoi politici gli spiana la strada o non lo combatte: perché, tirare in ballo oggi il conflitto di interessi è una cosa oscena, perché si sa benissimo che lui potrà dire domani in televisione: io cedo tutto, tanto poi la cosa non passa. Lui ha fatto il bel gesto, e noi della sinistra gli abbiamo offerto la possibilità di farlo. Avevamo cinque anni, invece per giochetti politici più o meno chiari, questo problema non è stato sollevato... Il fatto è ,ora, che esiste gente che non va più a votare. Va bene che noi eravamo partiti con la politica "arrapati", cioè se non raggiungevamo l'ottanta per cento entravamo in crisi, mentre tante democrazie ci spiegano che non c'è bisogno di arrivare a questi alti livelli di partecipazione al voto. Ma da noi la non partecipazione al voto assume un significato diverso da altri Paesi: è il distacco tra questa specie di polmone artificiale che sono il Parlamento e il Senato, polmone artificiale dove loro vivono e hanno contatto con i loro elettori settoriali, corporativi, chiamali come vuoi, che non rispecchiano più la realtà italiana, e su questo non c'è il minimo dubbio. Per questo da noi c'è questo grosso partito dell' astensionismo; e se io fossi politico dovrei mettermi il problema davanti. Se io pubblico un romanzo, in genere ne tiro 250 mila copie, e di uno ne vendo 50 mila, io mi pongo il problema: che m'è successo? Poi, posso continuare a vendere 50mila copie, oppure posso tentare di riguadagnare le copie perdute. Però il problema me lo pongo, loro non se lo pongono. Non se lo pongono perché gli va bene così. Vedi, il manifesto Bobbio è rivolto proprio a questa gente che non voterà, invogliandoli a votare. Questo è. E a me fa molto divertire, perché una volta eravamo noi - il Pci - che andavamo a votare inquadrati per tre e gli altri non votavano. Ora (ride) sono loro che vanno a votare e siamo noi che dobbiamo pregare di andare a votare. Questo accade perché la gente non ne vuole più sentire parlare di una politica così...

Guarda, adesso come si parla del problema del Nord. Ma il Nord, non è sempre stato un problema? Io non vorrei sembrare eccessivo, ma dal Nord c'è sempre arrivato tutto, anche Benito. E' sempre arrivato tutto da lì. Arriva il pro e il contro, sempre dal Nord arriva. E' il Nord il grande motore italiano. Ed è un motore che in questo momento ha preso la strada a destra, un motore che si basa su una benziana locale, industria locale... C'è un sistema fiscale che scoraggia, irrita soprattutto i cittadini italiani. Quando Bassanini mi viene a contare che è riusciuto a eliminare mille leggi, senza che nessuno l'avesse rilevato in Italia, vuol dire che c'erano, è spaventoso tutto questo. Allora, un fisco che ha aggiunto alla camurria di dover pagare le tasse l'allegria delle cartelle pazze, ho visto anch'io che pesa: sai, fin quando io ero un anziano pensionato, dicevo mannaggia quante tasse. Adesso che sono passato ad essere un signore con dei soldi, a guadagnare coi diritti di autore, mi rendo conto di cosa vuol dire aver lo Stato come socio al 50 per cento, eh. E quindi si può anche capire un certo disagio di chi produce e dice chi me lo fa fare, io me ne vado all'estero... Davanti ai politici che non prendono queste riforme, a questo punto forse è meglio quelli con i quali puoi trattare, capisci? Con questi tratti, perché il loro capo supremo ha dimostrato che si può trattare.

Io ora parlo fuori dai denti: Se io fossi un credente vero - non di quelli che solo vanno a messa - di quei credenti che sono perfettamente convinti della loro fede, io di Berlusconi direi che è il male, con la emme maiuscola (anche se lui non lo sa). Cercherò di spiegare questa affermazione per evitare di passare per una sorta di fra Gerolamo Savonarola. Non parlo del male dal punto di vista della sua ricchezza perché al concetto cattolico preferisco il concetto weberiano del protestantesimo, che, insomma, non è un disonore guadagnarsi il pane e farsi i soldi. Su questo siamo perfettamente d'accordo. E non è neanche che mi indigni il come li abbia fatti questi soldi e che ci sono dei momenti oscuri. E' come li ha impiegati che mi dà fastidio. Allora, io non ho niente da dire all'avvocato Agnelli. Non gli dicevo niente neanche quando ero comunista fervente, perché faceva il suo mestiere e a differenza di altri lo faceva con la signorilità che lo ha sempre contraddistinto. Su questo non ci piove. Era un tipo di padrone che si poteva combattere, rispettandolo, e ce lo insegnava, questo, quei meravigliosi tempi in cui c'erano Angelo Costa da una parte e Giuseppe Di Vittorio dall'altra. Guarda io sono sicuro che anche oggi Agnelli, metti caso che dovesse decidere il suo voto, lui non appoggia Berlusconi, io mi gioco tutto quello che vuoi. Credo che l'avvocato, per la sua storia, non possa avere molta considerazione per Berlusconi. Voglio vedere: uno c'ha la Fiat, l'altro c'ha le televisioni e Milano 2. La Fiat rappresenta qualcosa, nel bene e nel male. Canale 5 non credo che abbia rappresentato qualcosa di così fondamentale per l'Italia.

Ma ora: in che modo Berlusconi ha impiegato questi soldi? Lui ha impiegato questi soldi nella televisione nel modo peggiore. A lui non l'ha mai sfiorato il pensiero che la televisione potesse essere un'altra cosa da quella che lui fa. Lui ha ripreso un heri dicebamus. Cioè a dire: quando la televisione è venuta fuori, tutti gli intellettuali, quelli di sinistra o no, la rinnegavano. L'altro giorno leggevo una pagina di Masolino D'Amico che parlava di suo padre Lele, da me ben conosciuto, che diceva: la televisione, per favore, no. Ma non era solo Lele, era la poisizione in genere degli intellettuali nei confronti della televisione. Ma poco a poco la televisione ha dimostrato che anche poteva essere un'altra cosa, e l'ha dimostrato con le inchieste, con le tribune politiche, con le discussioni, con la prosa, per esempio. Quando io curavo la prosa e arrivavo a due milioni di ascolti, toccavo il cielo col dito. Ed era vero, perché in un anno, quante persone vanno a teatro in iItalia, mentre io in una sera beccavo questa enorme quantità? Il tutto fatto senza il programma della "elevazione culturale", che già subito ti rompe le palle. Ma nel momento in cui fai Ibsen, e un milione e mezzo di persone lo guarda, qualche cosa gli resta dentro, percché non è né un giallo, né una commedia di avventura quindi vuol dire che stavi ragionando.. Nel momento nel quale la televisione aveva finalmente un volto, una voce, un segno di identificazione -certo che faceva delle riviste di varietà - tra l'altro bellissime, perché il Giardino d'inverno, le gemelle Kessler, Antonello Falqui, erano spettacoli di gran classe - è arrivato Berlusconi. Berlusconi ha ripreso il discorso al momento peggiore, come dire, allontanando gli intellettuali. Non mi venire a dire che si possa guardare il Grande Fratello e discuterne. Perché allora sono degli snob quelli che lo fanno, gli intellettuali nostri che si riuniscono e discutono sul Grande Fratello. Ha abbassato il livello culturale della televisione e quindi dell'Italia. E qui è successa la cosa che non doveva succedere. Che la Rai, Radio Televisione Italiana, lo ha seguito su questo terreno. A chi lo devo addebitare questo? A Berlsuconi, o a chi?

E siccome per me questo abbassamento culturale è la causa di tante cose, io incolpo proprio lui di questo. Però, quando lo dico, mi rispondono: "Ci sa fare. E' un grande comunicatore!". A me viene da ridere, possibile che io sia l'unico mostro in Italia, che mi viene da ridere quando lo sento parlare? Ma non è possibile! Un grande comunicatore, ma stiamo scherzando? Non capisco, ma evidentemente c'è un accecamento voluto dagli dei, da Dio o da chi ne fa le veci. E poi, senti quell'altra cosa che dicono: "Con tutti i soldi che ha, perché deve andare a rubare?". E' un concetto spaventoso. Per converso, per contro: chi non ha soldi è un ladro potenziale, o mi sbaglio? Tranquillo che è così. Ma non si rendono conto che li sta offendendo? E' una cosa mostruosa, pensare una cosa del genere. Io non sono comprabile, nessuno mi può comprare. Ma Bill Gates a Berlusconi se lo compra, volendo. Se parliamo in questi termini strettamente di quanto vali e di quanto costi... Ma è quello che vogliono sentirsi dire. Lui è molto furbo e Giuliano Ferrara sbaglia nel frenarlo, non deve frenarlo se è amico di Berlusconi, deve lasciarlo in questa strada. Che questa è quella che gli dà consensi... Lui ha capito questo, sempre più dirà "sono il migliore di tutti," perché gli italiani questo vogliono: affidare i loro soldi e il loro pensiero a uno che glielo amministra e pensa per loro.

Allora, quel filosofo, Lucio Colletti - uno può avere anche una crisi e passare dal marxismo a Julius Evola, a me non interessa: perché no? - ma mi chiedo: è vero che ti chiedono una prefazione agli scritti e ai discorsi del Capo? E' vero che tu gliela fai, è vero che non te la pubblicano, la prefazione? Non puoi venirmi a dire "ma tanto me l'hanno pagata". Perché allora sì che sei berlusconiano, questo è un modo di ragionare berlusconiano. Quando io parlo così, se ne viene Giuliano Ferrara sul Foglio o qualche altro e mi dice: ma Camilleri, ma chi glielo fa fare? questo è un modo di ragionare berlusconiano: non me lo fa fare nessuno. Ti ho detto delle cinque favole su Berlusconi che ho pubblicato su Micromega. Mi hanno attirato insulti, gente sdegnata. Allora, c'è uno che naturalmente si allinea, è Vittorio Sgarbi, dicendo che a lui gli vengono i crampi di stomaco quando vede il mio nome di fronte ai sacri nomi di Verga, Pirandello, Bufalino, Sciascia; che non riesce a capire come uomini di Forza Italia e di An mi stimino, tipo La Russa che nella biblioteca della Casa delle Libertà ha portato Il birraio di Preston, cosa che io ho trovato divertentissima, un fatto inatteso... E va avanti, su Il Giornale, questa prosa melensa, etc. Allora, mi capita del tutto casualmente un libro di Sgarbi che si chiama A regola d'arte, dove in una pagina dice che Masaccio lo si può solo descrivere adoperando la mia prosa così forte e mi cita, dopodiché dice gli unici due scrittori che possono adoperare il dialetto in Italia, perché sono portati da un grosso disegno morale, sono Pasolini e Camilleri. Ma come, un mese dopo che hai pubblicato il libro, su Il Giornale, per allinearti, scrivi queste cose contro di me? Mi dà un fastidio, che non puoi averne idea. Di fronte a questi uomini, che hanno un seguito, perché c'è un sacco di persone che li seguono, a ma viene un vero e proprio spavento...

Sai, dieci anni, quindici anni di televisione in un certo modo ti riducono un Paese stupido. Sarò estremista, ma credo sia così. E poi io penso che non abbiamo mai avuto un tempo per poter ragionare sulla democrazia. Avanti, ragioniamo: noi abbiamo fatto l'unità nel 1860. Nel 1922 abbiamo avuto il fascismo, o mi sbaglio? Sono passati 82 anni, manco 100, e non mi si venga a dire che quella che c'era dopo l'Unità d'Italia era democrazia. Era quello che era, lasciamo perdere. Ne siamo usciti e abbiamo avuto 50 anni di Democrazia cristiana, dove c'è stato insegnato come sopravvivere, col posto sicuro... E parlo dell'Italia, non parlo della Sicilia, dove le cose si complicarono. Dopodiché noi abbiamo un Berlusconi. Tu mi devi spiegare dov'è che l'Italia ha avuto modo di esplicitare una libera democrazia. Da un regime fascista siamo passati a un regime democristiano. E non mi venga a dire Berlusconi che siamo passati ad un regime di sinistra, perché un regime di sinistra non c'è. Dal punto di vista formale, certo che è una democrazia, non c'è dubbio. Ma... Nel 1945, quando fecero scempio del corpo di Mussolini, - un caso di disillusione degli italiani, queste disillusioni violente - sulla rivista Mercurio, un grande giornalista inglese, Herbert Mattews, scrisse un articolo che mi è sempre rimasto in mente. Si intitolava Non l'avete ucciso. Diceva: il fascismo sotto forme diverse, magari di finta democrazia, ve lo porterete dietro per un centinaio d'anni. Invito a rileggerlo. E ti dico che siccome l'italiano ama il Mussolini prima maniera, come avrebbe amato Perón, così ama Berlusconi. È semplicistico, però purtroppo è così.

Allora, ora ti parlo delle mie disillusioni. Cominciarono da ragazzino. Io nasco fascista, figlio di fascisti, credo nel fascismo e, devo dire - piuttosto in anticipo sulla mia età, e assolutamente isolato - mi incomincio a rendere conto che c'è qualcosa che non funziona. Perché ho la fortuna di essere figlio unico e malaticcio, il che mi consente di stare lunghe ore a casa, prendere i libri di mio padre e leggerli. E' così che nel 1941 mi capitò tra le mani, per esempio, La condizione umana di Malraux. Io venni nottetempo assalito dalla febbre. Innanzitutto mi si rivelarono delle cose straordinarie, per esempio che i comunisti erano delle persone normali e non dei lupi mannari come si era fatto credere e credevo, ne ero convinto. E poi leggevo molto, soprattutto, quello che erano i giornali giovanili fascisti, i giornali dei Guf, che avevano una loro utopica visione del fascismo, e infatti ci rimisero tutti la pelle, più per disillusione che per altro. Quindi, questa è stata la prima grossa disillusione, che non è nata con lo scempio della guerra, era già nata prima. Insomma, io sono nato e cresciuto in Sicilia. Posso dirlo con tranquilla certezza, che se mi fossi trovato alla stessa età a Firenze, o a Roma, o al Nord, io non avrei avuto dubbi da che parte stare. Non certo dalla Repubblica di Salò, e mi fa ancora una sorta di meraviglia come giovani della mia età, anche colti e preparati, siano passati da quella parte. È un enigma per me grosso.

Adesso si riparla dei "ragazzi di Salò". Ti voglio dire che effetto mi fa a 75 anni e che effetto mi avrebbe fatto a 50. A 50 non avrei ragionato sulle "ragioni degli altri". A 75 sì, cerco di ragionare. Fin quando le spiegazioni sono quelle di una difesa di una dignità, di un onore, io posso anche capirlo - non giustificarlo - capirlo. Ma se le ragioni sono ideologiche io non le capisco più, perché io trovo molto brutto che da qualche tempo a questa parte si parli di guerra civile. Guerra civile non è quella che è capitata da noi in Italia. La guerra civile è accaduta in Spagna, non è accaduta in Italia. La guerra civile avviene perché le componenti interne di questa guerra, da una parte o dall'altra, sono tutte della stessa nazione, possono ricevere aiuti esterni, ma noi combattevamo in prima contro i tedeschi. Combattevamo , hanno combattuto contro i tedeschi e i loro alleati. Non è una guerra civile, non è una guerra contro i fascisti, è un'altra cosa. E' una guerra anche contro quei fascisti che si schierarono con la Repubblica di Salò. Per me, un tentativo di capire, che posso fare solo in età matura, da vecchio. Il revisionismo invece è un'oscenità pura. Per esempio, Cefalonia, che è stato definito un soviet da un giornale di destra, che è stata un'offesa mortale per i poveri morti. Ed è stata una cosa straordinaria, perché quando un esercito,12 mila uomini, hanno votato su quale decisione prendere. Non è un soviet, perché rispondevano al loro generale Gandin, che aveva promosso questa sorta di referendum. Morirono con il generale Gandin. Non è un soviet, è un esercito meraviglioso che, per la prima volta, come lo spirito santo, veniva toccato dalla luce della democrazia. Che poi non ne abbiano parlato, il discorso è assai più complesso. Non credo che sia solo per dare una prevalenza alla resistenza interna .Credo che sia entrato un gioco di interessi internazionali, e non voglio fare il dietrologo, però a Cefalonia sarebbe stato molto difficile l'alibi delle SS. Le SS sono state uno splendido alibi, perché erano i cattivi. Ma qui erano Alpenjager, non erano i cattivi di turno, era l'esercito tedesco. Allora: conveniva sollevare una grana di questo tipo nel momento in cui la Germania si riprendeva ed era proprio la nostra estrema difesa contro il comuniusmo dell'est, etc.etc? Sorvoliamo... Ma hanno sorvolato sempre, non solo noi italiani. Le fosse di Katyn sono state attribuite ai tedeschi e poi si è scoperto che erano stati i sovietici. Allora, questo revisionismo. Prima di tutto vediamo da chi viene fatto. Viene fatto da storici schierati, cioè a dire, è inutile negare che questi storici vanno a votare schierandosi. Siamo d'accordo, su questo? La figura dello storico oggi in Italia è un po' come la ricerca dell'Araba Fenice o dell'editore puro, no? La stessa cosa. Il povero De Felice, uomo di sinistra, ha scritto su Mussolini delle verità sgradite e sgradevoleli - "il consenso di massa", spaventoso - e bisogna aggiungere che erano anche anni del consenso internazionale, perché i messaggi a Mussolini - non a Hitler, Hitler ne ha avuti di meno, l'hanno capito subito di che razza era - ma i consensi a Mussolini c'erano, eccome. Secondo me, il problema dei revisionisti è fare ritornare quegli anni, gli anni del consenso passivo, cioè a dire: allora il consenso era attivo, oggi sono gli anni del consenso passivo: cioè a dire, accettare sotto luce positiva quello che era un angolo buio e negativo della nostra storia. Questo premette tante cose. Permette, per esempio, di vivere in pace, permette di avere una sorta di tranquillità psicologica che tuo padre, tuo nonno, l'Italia... che il sentimento nazionale sia pulito. Sono stati risciacquati i panni. Possiamo indossare una biancheria, che possiede qua e là qualche macchia, ma che è pulita. Questo aiuta molto la destra. Levare di mezzo ogni problematica, levare di mezzo ogni dialettica, offre un terreno di tranquillità enorme. Si forma una palude dentro la quale, in fondo, nessuno corre.

Allora, il concetto di patria, dell'essere italiani. Io mi sono sempre sentito italiano. E non è una cosa dell'ultima ora. Mi sono anche vergognato di sentirmi italiano in questo modo, all'estero per esempio... Però non sapevo che farci. Una volta ho scritto un articolo, quando Bossi cominciò a fare i gazebo per le votazioni e che per me era veramente un tentativo di secessione, molto brutto. Anche perché venivo da un'esperienza molto brutta. Sapevo. Noi avevamo già pagato all'imbecillità con il separatismo siciliano ed era stata un'esperienza che ti raccomando, e lì i morti c'erano sul serio. Il mio articolo poteva apparire retorico: dissi che tra i caduti della guerra 15-18, ci sono il fratello di mio padre e il fratello di mia madre, messi lì, sotto il monumento. Però di uno si trovò il corpo e dell'altro, Peppino, medaglia d'argento, non si trovò mai il corpo. Ecco, io auguravo a mio zio, morto, di non trovarsi vicino ad uno di questi gazebo, sottoterra, perché, poveraccio, non era partito volontario, aveva 22 anni, faceva lo studente, si doveva laureare, era partito dalla Sicilia per difendere l'Italia. E non se lo merita di avere un gazebo antiitaliano. Sarà retorica, sarà tutto quello che volete, ma la situazione è questa. Anche perché non aveva voglia di andare a morire a difendere la patria, c'è andato, lo hanno chiamato, c'è rimasto. Io vorrei che si studiasse nelle scuole, per esempio - e questo va tutto a discapito di Galli della Loggia, che sostiene la "morte della patria" - un bellissimo articolo di Vittorio Gorresio di quando il povero De Gasperi andò a Parigi, nel 1947, ed eravamo una nazione vinta che cercava di spiegare le sue ragioni. Che cosa è stata la nottata prima che De Gasperi pronunciasse questo discorso, nel gelo generale, come documentano i giornali dell'epoca. Tutta la notte passarono Togliatti, Nenni, De Gasperi, Sforza, a limare questo discorso. Allora, quando Togliatti, il capo dei comunisti , diceva "la virgola la spostiamo da qui" tirando fuori il suo essere professore, lavorava per la patria, o a che cavolo stava lavorando? Quando De Gasperi dice: "Sento che tutto in quest'aula, tranne le vostra personale cortesia è contro di me e ciò che rappresento", cazzo!, dico: ma studiatevelo a scuola. E studiamoci che cosa c'è dietro questo discorso. Non lavoravano per la patria? Non ho manifestato per Trieste italiana pur essendo comunista? Questa è la patria per me. La patria vista da destra, non lo so. Anche perché non li vedo tornare a vecchie manifestazioni esteriori di patriottismo, ma probabilmente è un sentimento meno intimo di quanto lo abbia io. Io credo che sia più profondo il mio, perché ne parliamo quasi sottovoce, il che dimostra l'importanza che diamo a questa parola. C'è pudore, certo.

Allora, le pietruzze. Prima parlavamo di pietruzze che possono ostacolare la discesa. Queste pietruzze le possono solo mettere gli italiani col voto. Per esempio, io mi augurerei che per un seguito di circostanze, per esempio, la giustizia non facesse il suo corso. Adesso, in questi due mesi. Io non credo alla giustizia guidata. Ma quando mai! Sono istruttorie partite molto tempo fa. Ma io mi augurerei che non gli capitasse niente, perché gioca tutto a suo favore: "vedi cosa gli fanno pur di non farlo andare al potere". Quindi se si potesse in qualche modo ritardare, perché tanto la giustizia è lenta, che si dica dopo, magari quando lui è presidente del Consiglio,... Lui è già al potere, non l'abbiamo ostacolato con questi sistemi. E non vorrei che fosse ostacolato da quello che si comincia a dire da qualche parte, che sta "dando i numeri". Per me li sta dando, ma comunque sia... Se poi, dopo che ha vinto, gli devono mettere, nella sua progressiva mania di grandezza, una camica di forza, gliela mettano. Ma dopo, non prima. Io vorrei che fossero gli italiani a rendersi conto che devono per forza mettergli qualche pietruzza perché è così dilagante la cosa... Ma per far questo bisogna non più parlare in termini di politica, ma di uomini. Gli uomini politici del centro sinistra, devono parlare al cittadino, all'uomo, al cugino, all'amico, al fratello, fare i discorsi del caminetto che faceva Roosevelt. Questo può avere un senso. Ti dico, ragiona su questo, in termini chiari, semplici. Io ce l'ho uno che vota per il centro destra. L'altra sera mi ha detto: sai che mi hai quasi convinto? Sccome è una persona molto attaccata al denaro gli ho detto: vedi, lui dice che ti leva le tasse. Io ho sentito, accompagnando mia moglie al mercato una vecchietta che diceva che se sale Berlusconi mi aumenta la pensione di 300 mila lire al mese, questo è quello che credono. Tanto vale che non lo metta in atto. Gli ho detto: vedi, ti rendi conto di quello che comincia a dire Tremonti, che c'è un buco di 30 mila miliardi e che devono fare la manovra aggiuntiva? Ti rendi conto che è tutto falso? Questa cosa è fatta esclusivamente per fare la marcia indietro su ciò che ti avevano detto sui primi cento giorni. E' bastato questo, perché su quello stava il suo interesse. Allora, Rutelli dovrebbe dire: questa sera parlo a voi che pensate che pagherete meno tasse e vi dimostro che non ne potete pagare di meno. Tranquillamente, senza parlare di Berlusconi, parlare del nuovo governo, di che cosa intende fare. Perché poi noi abbbiamo una cosa: quanti sono gli operai che votano Forza Italia? La quasi totalità, nel Nord. Un giorno erano nostri e ora e non lo sono più, perché? Possibile che un partito grosso come i Ds non abbia una spiegazione? Io mi sono informato in questo senso - ha delle cose generiche, come posso averle io. Allora vediamo che parole si possono dire a questi, non parole di politica, ma di persone sulla stessa barca e dire quello che può significare il levare il tappo che c'è in ogni barca e fare entrare l'acqua dentro. È una cosa terribile, quando succede. Io non sono un politico, è solo quello che penserei di fare se lo fossi. Rutelli deve imparare ad entrare nella testa delle persone, se non nel cuore. Rinunciare alla laurea, rinunciare a tutto, alla lingua italiana. Rutelli, più dei consulenti americani, si deve trovare, che so, un contadino romano che forse gli sa dire le parole giuste. Non è parlare alla gente che è già orientata, perché tanto non riuscirai a portare via due voti a Berlusconi, il problema è parlare a quel 36 per cento che sono indecisi. Come si fanno le ricerche di mercato: a chi li devo vendere questi fazzoletti? Prima di tutto alla gente raffreddata, poi si vede gli altri...

Allora, ragioniamo. Cosa succederà dopo che è passato Berlusconi? Sarà come l'Italia del 1946. Che è stata bellissima. Ci sarebbe meno disagio giovanile, ci sarebbe anche meno disagio senile. Perché, tu pensi che io non avverta il disagio senile di questa situazione? Ricostruiremo una bella Italia. Si deve ricostruire, dopo che è passato lui, o no? O sono pazzo? Economicamente dovremo ricostruire, se ne andranno via un po' di motorini e automobili, ci rivolteremo i vestiti... Non è pasolianiano, tutto questo, credo che sia una realtà che dobbiamo affrontare, se vogliamo restare dentro il mercato europeo, dentro situazioni di questo tipo. Io penso che l'incognita vera, grossa che stiamo vivendo oggi siano il Giappone e gli Stati Uniti, c'è un rischio di recessione che te lo stando dicendo in tutte le lettere, il Giappone è proprio sull'orlo. E se siamo nella globalizzazione, anche non volendo, non apprezzandola, appena quelli traballano, noi andiamo giù. E questo non me lo auguro. Se una vittoria di Berlusconi dovesse coincidere con una caduta generale dei mercati sarebbero tempi duri, e per noi. Proprio di brutto. Perché lui, scusa, che potrebbe fare? Niente. E poi ho sempre la paura della gente che va sopra il pentagramma, come sta andando lui in questi giorni. Guarda, questi che hanno molti soldi, sia che si chiamino Bokassa, sia che si chiamino in altri modi più civili, tagliano sempre la corda, "telano" come dicono i romani. Se l'Europa ci darà una mano? No, questa è una rogna che dovremmo grattarci da soli. L'Europa sarà ben felice che noi ci troviamo una rogna da grattare. Perché io non ci credo a questa Europa, io sono rimasto, mi dispiace, al manifesto di Ventotene. Molto arretrato, quindi. Dicono: un'Europa degli ideali non l'avremmo mai fatta, prendiamo i cittadini europei per le tasche. Va bene, fate bene, però non mi riguarda. Se voi pensate che dalle tasche si possa poi passare ai sentimenti, al cuore alla ragione, mi dispiace, è un processo, secondo me, sbagliato. No, ci faranno fuori dall'Europa.

Nel 1949, io ero qui a Roma e avevamo un capo mafioso molto forte nell'agrigentino, u zu' Cola Gentile. Era un uomo molto distinto, molto ironico, scrisse un libro Vita da gangster, bellissimo, e lo scrisse con Felice Chilanti. Gli americani lo paracadutarono in Sicilia per prepare lo sbarco. Arrivati gli alleati in sicilia, lui riprese il potere che aveva sempre avuto. Io mi trovai ad avere un lunghissimo colloquio con lui, con Zu' Cola, durato un pomeriggio. Ero giovanissimo. Zu' Cola era stato mandato al confino per una faccenda che riguardava il bandito Giuliano, del quale lui era acerrimo nemico. Mi disse: "Duttureddu, se io entro qua dentro, vossia insacchetta una pistola, me la punta, io sono disarmato, mi dice: cola gentile, inginocchiati. io che faccio, mi inginocchio. Questo non significa che vossia è un mafioso, perché ha fatto inginocchiare Cola Gentile. vossia è un cretino con una pistola in mano. Vengo io, Nicola Gentile, disarmato qui dentro. E lei è disarmato. Io le dico: Duttureddu, guardi, io mi trovo in una situazione. Devo chiederle di inginocchiarsi. Lei dice: ma perché? Duttureddu, glielo spiego. E glielo spiego e riesco a persuaderlo che vossia si deve inginocchiare. Vossia si è inginocchiato, io sono un mafioso. Se vossia si rifiuta di inginocchiarsi, io le devo sparare, ma non è che ho vinto: ho perso, duttureddu". Capito? Vuol dire che io non sono risucito a convincerla del bene comune che era l'inginocchiarsi: per me che glielo chiedo, per gli amici che mi hanno chiesto di farla inginocchiare... spaventoso concetto di prevaricazione che a me, fresco di studi, fece venire in mente Manzoni della Colonna infame, "ditemi che cosa volete che io dica". Questo per dire che per la mafia di allora il ricorso alle armi era sempre un fallimento. Oggi non ricorrono più alla armi, ricorrono alla convenienza. Cioè questo principio, se spostato, è diventato la convenienza astratta. Guarda che per il bene di tutti ti conviene fare questa cosa. Secondo me oggi la mafia ha altri volti, è una sorta di blob, sempre più difficile a definire in un volto, in una persona...È stato sconfitto l'ultimo retaggio della mafia contadina, i vari Totò Riina, i vari Bernardino Provenzano. Se è vero, come è vero, che la mafia è una grandissima multinazionale, come tutte le multinazionali ha i suoi laboratori di sviluppo e ricerca e ti dicono che questi qua con la coppola sono passati nel folklore, li mettiamo nel museo. Siamo noi che combattiamo battaglie di retroguardia, la giustizia interviene a fatti compiuti. Non ha un laboratorio di sviluppo che sia un passo più avanti della ricerca della mafia... Loro si modificano allo stesso modo, oggi la mafia è diventata pericolosissima come non mai, perché è diventata un sistema di pensiero economico politico e sociale. Mentre prima era in atto una pratica di vita, oggi è diventato un sistema di vita, un sistema di pensiero, un sistema di fare affari. Naturalmente ottundendo in qualche modo la violenza sanguinaria, quella che c'era di necesdsità prima, dato il territorio. Oggi questo territorio non esiste più, non c'è più un territorio. Nel momento in cui tu lavori su Internet, è come Rommel quando scoprì che la guerra di posizione nel deserto era una imbecillità e che il deserto andava trattato come se fosse il mare. Quindi i suoi carriarmati erano navi. E provocò il macello come rivolgimento di tattica e di strategia nella guerra nel deserto. Lo stesso è oggi. Quelli che dominavano il territorio oggi sono andati in galera, oggi sono dei piccoli camorristi che non hanno più nulla a che fare con la mafia, e che ancora si fanno chiamare mafiosi, ma sono camorristi. Vogliono il pizzo ma la mafia del pizzo non gliene fotte più nulla, se non come paghetta della gente che gli occorre sul territorio. La mafia non ha più territorio.

Ah, Palermo. Non c'è dubbio che se tu hai come grande elettore un mafioso - o mettiamo in dubbio che Lima fosse legato alla mafia? - Lima era legato alla mafia, non so se attivo o contiguo coinquilino ... ci stava dentro. Se questo è un tuo grande elettore, in Sicilia, chiaramente tu dici non olet, il voto come il denaro. E lo disse pure La Malfa con Gunnella. Io non ho mai creduto alla faccenda del bacio, perché la cosa più giusta l'ha detta il comico Ingrassia, se si sono incontrati si sono baciati. Il problema era: se si sono incontrati. Le connivenze ci sono state, su questo non c'è il minimo dubbio. Perché non è che tu ottieni voti perché sei simpatico, bello o altro, ma perché fai certi favori, e altri non è stato possibile farli. Se questa non è contiguità... Attenzione, perché quando ci furono le Brigate Rosse, Calogero che era di sinistra tirò fuori la teoria della contiguità. Se è valida... Non so fino a che punto ci fossero le prove. Ripeto, non lo so. Anche se è stato detto che c'erano. Io posso dire una cosa, che nel giorno nel quale il pm chiese 15 anni per Andreotti, uscì un articolo di Emanuale Macaluso che disse: e perché non l'ergastolo, ed era un articolo sarcastico, che difendava Andreotti. La sera una piccola televisione di Catania - piccola - ero lì per le prove del Birraio di Preston, mi chiese, che cosa ne pensa di questa richiesta di 15 anni per Andreotti? Io dissi: non capisco il senso della domanda perché io non avevo nulla da pensare per i 15 anni, perché se il pm ipotizzava una serie di reati, non poteva poi dire tre giorni senza caramelle, se i reati erano quelli, la condanna che chiedeva erano 15 anni, quindi era tutto normalissimo. Poi c'erano gli avvocati difensori. Mi chiesero: ma lei non ha altro da dire? Sì , ho da dire una cosa. Io non ho mai votato per il partito dell'onorevole Andreotti, però devo dire che gli devo riconoscere una cosa, la serietà e la scrupolosità in qualità di imputato a essere tale, trasferendosi da Perugia a Palermo, al contrario di altri ex presidenti del Consiglio, i quali o si dicono esuli ad Hammamet, mentre in realtà sono dei latitanti, oppure ricusano per principio i giudici sostendendo che si tratta di una persecuzione politica. Io ad Andreotti questa situazione, con l'età che si ritrova e tutto quello che ha fatto - nel bene e nel male - faccio tanto di cappello. Passano venti giorni, ti ripeto era una televisione minima, e mi arriva una busta, Senato della Repubblica. Apro e c'è una lettera autografa di Giulio Andreotti. "Caro dottor Camilleri, non ho il piacere di conoscerla personalmente, però voglio ringraziarla per aver riconosciuto questo mio atteggiamento di cittadino nei confronti della legge, suo Giulio Andreotti". Il che mi ha impressionato molto, perché la rete informativa è tale da farti venire un po' di brividi.

Il problema di Berlusconi, quando lui dice: nessuno mi può comprare, perché parla di soldi naturalmente, non è che sta parlando di altro: ce ne ho tanti, che nessuno mi può comprare. Il rischio di Berlusconi non è che qualcuno lo compri, è che continui a comprare. Non ha limiti questo. Io mi sono inventato una favola, nella quale gli si presenta una notte il Padreterno con il triangolo sopra, cioè molti riconoscibile, e gli dice: guarda io sono venuto qui perché mi è arrivata voce della tua smania di grandezza, che mi dicono essere smisurata, allora io ti vorrei spiegare che non sei nessuno. Cioè, praticamente, anche se tu comprassi tutta intera la galassia, non saresti nessuno, ai miei occhi. Ti faccio un esempio. Fai conto che io abbia una meravigliosa collezione di bottiglie di champagne. Ogni tanto ne stappo una e voi uomini dite: big bang! Invece è solo il tappo della bottiglia che è saltato. Poi lo verso nel bicchiere. Hai presente le bollicine? Quelle sono le Nove, le stelle, tutto questo. Tu sei dentro questo bicchiere, quando sei venuto nella mia coppa di champagne. Hai ragione, dice lui. E quanto mi verrebbe a costare questa collezione di bottiglie?

L'anarchismo italiano, che non è sempre negativo, qualche volta può trovare delle bellissime soluzioni. Qualche volta ci capita, non sempre. Però esiste in noi, ed è latente. Ed è il momento dello scatto della fantasia. Delle soluzioni che in qualche momento possono sembrare del collegio di patafisica, al di fuori di... Eppure ce l'abbiamo fatta, tante volte. Nella storia ce l'abbiamo fatta, siamo usciti da situazioni che parevano impossibili. Avanti, vediamo. Nella guerra ultima che c'è stata, ne siamo usciti fuori. E con dignità, eppure l'avevamo persa tutta. Abbiamo recuperato qualche parte, ce l'abbiamo fatta. Mi piace molto l'inventività di certi italiani, anche del Nord Est. Per esempio lo scoprire che sono capaci di creare una piccola industria che dà lavoro a una quantità di gente, dove nessuno ci aveva mai pensato. Questo fa parte della fantasia, come l'intendo io la parola fantasia. Per esempio, che scopri che dietro a una grandissima cosa c'è un italiano che se l'è inventata, l'ha diretta e l'ha portata a termine. Allora, l'individualismo italiano è come l'anarchia, ovvero può essere un elemento, un propellente strepitoso, ma può essere anche una forza frenante, non indifferente. Mi piace, degli italiani, che quando vogliono sanno capirsi. Capirsi intimamente, capirsi intimamente, come ci stiamo guardando noi due. Gli italiani da Bolzano, dove parlano tedesco, fino all'estrema punta della Sicilia. Mi piace una certa predisposizione al bene, continuamente temperata razionalmente da una paura del bene stesso, che fa in modo di, non dico di voltarlo in male, perché è un'impresa terribile, ma di limitarlo... Italiani brava gente non è - abbiamo fatto delle cose spaventose in Jugoslavia, in Africa: che, c'è dubbio? - ma forse l'abbiamo fatto con rimorso. Io non credo ad un'innata cattiveria degli italiani. Credo ad un'innata bontà degli italiani. In fondo ... La vogliono temperare perché si vergognano, perché temono di passare per fessi... Delle regole civili, politiche, sono state subito accusate di buonismo, ed erano semplicemente delle regole civili. C'è paura,c'è l'avversario che è forte, cattivo e io sono buono, un buonista. Ma che cos'è il buonismo? E' il vedere un'altra persona e il cercare di giustificarne le ragioni, nient'altro che questo. Non è mettere subito una staccionata, una barriera, è una regola civile.

In conclusione, speriamo che gli italiani ce la facciano. E se non ce la facciamo, allora... pazienza. Facciamoglielo fare. Combattiamo fino all'ultimo e poi ...a un certo punto incrociamo le braccia e vediamo dove andiamo a parare...tutti. Adesso tu mi chiedi che cosa scriverei a un amico che sta all'estero dopo i risultati elettorali. Scriverei a Manolo Vasquez Montalban, che è una persona che pensa e ragiona in un certo modo e che è una persona in grado di dire: ma che cosa avete combinato in Italia? Perché altri non credo si sentirebbero autorizzati a farmi questa domanda... Allora... Io preparo due lettere per Manolo: "Contrariamente al tuo innato pessimismo, gli italiani ti stanno dimostrando che sono meglio di quello che tu pensavi. D'altra parte voi spagnoli, anche voi, ci avete indicato una certa strada del dopo Franco, etc..." Oppure: "Caro Manolo, sono venuto due o tre volte a Barcellona e ogni volta mi è piaciuta sempre di più. Potresti trovarmi un quartino? Una casuccia, di due stanze bagno e cucina? Per cinque anni, la durata di una legislatura, con la possibilità di rescindere il contratto moooolto prima".

Enrico Deaglio



Last modified Wednesday, July, 13, 2011