home page





 

estratto da
Appunti sulla più recente letteratura poliziesca italiana

di Giuseppe Traina

[…]

2. Comicità, umorismo, humour nero, calembours: un equilibro difficile

Il precedente riferimento al "colore locale" non è affatto casuale: intendo infatti contrapporre la sobrietà affettuosa dell'ambientazione bolognese di Macchiavelli all'esibizione di banalissimi luoghi comuni che ha contribuito alla straordinaria fortuna dei romanzi polizieschi di ambientazione siciliana dovuti alla prolifica penna di Andrea Camilleri. Che pure è uno scrittore notevolmente capace di maneggiare i meccanismi del comico e sufficientemente in grado di costruire dei "gialli" dall'intreccio convincente, sia pure di taglio molto tradizionale, ma proprio non riesce a resistere alla tentazione della battuta facile, del folclorismo d'accatto, del più scontato pessimismo sulla natura umana (e dell'uomo siciliano, in particolare).
I suoi romanzi (e i suoi pessimi racconti) hanno un unico protagonista, il commissario gourmet Salvo Montalbano, un bel personaggio che forse non merita i romanzi che gli sono stati costruiti intorno: ha infatti un suo spessore robusto, una sua malinconia specifica, uno sguardo pieno di pietas per le proprie e le altrui debolezze, e nelle sue indagini rimane persuasivamente in bilico fra strazio solitario e godimento dei sensi. L'umanità che incontra è credibilmente normale e normalmente inquietante. I delitti su cui indaga non sono di matrice immediatamente mafiosa, ma - tragica verità! - alle mille intersezioni fra mafia e società civile siciliana, prima o poi, devono essere ricondotti. Volendo proprio trovare qualche difetto al profilo di Montalbano, si potrebbero notare delle stereotipie non sempre narrativamente giustificate e forse un po' ovvie, come la sua resistenza al matrimonio o il modo nevrotico con cui tratta colleghi e subordinati: ma dalle stereotipie, forse, deve essere caratterizzato ogni buon "eroe" del romanzo poliziesco che si rispetti.
Alla fluidità della narrazione di Camilleri gioverebbe se egli rinunciasse a ricapitolare spesso sentimenti ed emozioni dei personaggi, che risultano ben evidenti nei fatti già narrati: forse l'autore, che ha un passato di regista televisivo, conoscendo i meccanismi percettivi del telespettatore, strizza in tal modo l'occhio ad una fascia di pubblico poco abituata ai tempi narrativi della letteratura "alta" e più in confidenza coi ritmi, pieni di riassunti, dei teleromanzi.
Ma se la comicità, più ancora che l'umorismo, della scrittura di Camilleri, giocando con disinvoltura sulla commedia del sesso, della stupidità o dell'arroganza, si rivela efficace e solo raramente stucchevole, a destare invece forti perplessità è il linguaggio coniato dall'autore, adoperato sia nelle parti dialogate - dove sarebbe credibile - sia nella narrazione in terza persona: un miscuglio di dialetto agrigentino, italiano standard, moderno burocratese. La ricerca - troppo "studiata" - di effetti plurilinguistici produce sì risultati comici, ma sconfina anche nel macchiettismo. Non si può tacere, inoltre, la sensazione che Camilleri - premiato oltre misura dai lettori acquirenti - voglia recuperare un consenso positivo della critica letteraria che fìnora gli è in gran parte mancato: altrimenti perché costruire l'ultimo romanzo della serie di Montalbano, L'odore della notte, in modo da strizzare l'occhio al modello “alto” di William Faulkner? Era questo, d'altronde, un difetto riscontrabile già nei suoi libri non polizieschi, romanzi e inchieste a sfondo "storico", appesantiti da un impasto linguistico ancor più complicato (oltre che pieno di soluzioni ampiamente discutibili sul piano fonetico).
S'è detto che Camilleri maneggia con destrezza gli strumenti della comicità, ma anche in tal senso i suoi romanzi polizieschi risultano alquanto atipici. E' invece l'arma dell'ironia, dell'umorismo più sottile, che è diventata una delle caratteristiche più ricorrenti e più interessanti nell'ambito del "nuovo" romanzo poliziesco italiano. Un esempio fra i più convincenti è quello di un altro autore siciliano, il palermitano Santo Piazzese, parco autore di due romanzi - I delitti di via Medina Sidonia (Palermo: Sellerio, 1996) e La doppia vita di M. Laurent (ivi, 1998) - che hanno per protagonista un detective involontario, il biologo Lorenzo La Marca. Il quale, da quando scopre un collega penzolante dai rami di un ficus dei giardini botanici adiacenti al dipartimento dove lavora, inciampa continuamente in cadaveri e delitti; il che dipende meno dalla fraterna amicizia con un abile poliziotto di professione che dall'irresistibile vocazione di La Marca a rivestire il ruolo di Philip Marlowe palermitano di finesecolo: ironico, disincantato, tendenzialmente monogamo pur essendo single, inabile all'uso delle armi ma abile ad usare le armi della logica. Ma l'elemento di maggior fascino del personaggio di Piazzese è la sua sorridente capacità di giocare con le consapevolezze acquisite in una vita che ha varcato la linea d'ombra lasciando tutte le delusioni al posto giusto, non ultima quella politica dell'ex sessantottino, ben poco pentito del suo passato.
Nei romanzi di Piazzese c'è poi un altro protagonista, la città di Palermo, che mai prima d'ora era apparsa in un libro così libera dall'opprimente retorica del sicilianismo, dagli stereotipi della rappresentazione letteraria della mafia (tanto diversa dalla realtà atroce della mafia) e da quelli della sua marcescente e funeraria bellezza. La Palermo di Piazzese, viceversa, è una metropoli proiettata verso un mondo plurilingue e multiculturale, una città nella quale si parla un italiano colto o un inglese professionale o - tutt'al più, e assai realisticamente - un dialetto largamente italianizzato; una città che

sa sorprendere persino i nativi cinici e disincantati come il sottoscritto. Come la volta che ho scoperto l'esistenza di uno stravagante che invece di fabbricare Kalashnikov costruisce clavicembali. Ne fa un paio l'anno, personalmente, pezzo per pezzo, compreso il taglio delle piume d'oca che pizzicano le corde. E non li vende solo ai parvenu che li usano come basi d'appoggio per i gerani, ma persino al musicisti.
(La doppia vita di M. Laurent)

Gli intrecci polizieschi di Piazzese sono avvincenti e suggestivi, credibili e ben costruiti, senza eccessi di cerebralismo ma con la spiegazione finale dell'enigma a personaggi riuniti, come nella tradizione anglosassone. Si leggono d'un fiato ma affascinano anche per il loro sapore ironicamente "esistenziale". E sono il frutto di una scrittura che ha metabolizzato la scrittura blues di Chandler, le sprezzature di Simenon, il romanticismo estremo e disperato di Jean Claude lzzo; che fa incontrare i "classici" del poliziesco d'autore con lo stile di un Daniel Pennac, però senza le atroci cupezze di quest'ultimo (ben dissimulate, d'altronde, dietro la disincantata joie de vivre di Belleville). L'umorismo di Piazzese è invece di razza anglosassone, nordamericana anzi, tra Philip Roth e Woody Allen, ma senza complicazioni erotiche ossessive. Il ricorso frequentissimo alla citazione e all'ammiccamento colto si fa perdonare in virtù dell'affabilità stilistica conquistata per via d'autoironia: ne fa le spese innanzitutto il suo protagonista, come quando si sofferma sul

tratto maigrettiano che ho in comune con l'amico sbirro. Solo che per lui fa parte del mestiere. t un fatto che quando capito in una casa sconosciuta, sento il richiamo imperioso degli scaffali con i libri, con i dischi, con i video. E nove volte su dieci, mi basta un'occhiata per farmi un'idea sul legittimo titolare. Però non ci azzecco quasi mai. Sarebbe diverso se potessi ispezionare i frigoriferi e le dispense. Quelli non mentono mai.
(La doppia vita di M. Laurent)

Ma ce n'è pure per la sua affascinante fidanzata:

Michelle sfilò una sigaretta dal mio pacchetto, aspettò che gliela accendessi e assaggiò l'Armagnac. Poi prese il bicchiere e fece un'uscita alla Lauren Bacall dichiarando, Camel tra le labbra: - Io vado a mettere i piatti in lavastoviglie.
(La doppia vita di M. Laurent)

[…]

(pubblicato su Il giallo, a cura di Antonio Pagliaro; Spunti e Ricerche, volume 16, 2001)



Last modified Wednesday, July, 13, 2011