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Presentazione del Calendario 2005 dell’Arma dei Carabinieri

Scuola Ufficiali Carabinieri – Roma, 9 Novembre 2004.

Massimo Giletti: Questo è un calendario storico. Quest’anno, però, c’è stata la bella idea di inserire nel calendario una storia di un grande scrittore italiano vivente: Camilleri. Purtroppo come potete vedere, oggi, non è con noi. Camilleri ha la febbre. Ha oltre 38 di febbre. Ha telefonato ieri sera: “Forse non ce la faccio a essere lì domani, provo a vedere domani mattina come sto.” Purtroppo questa mattina ci ha avvertito che non ce la faceva. Lucio Villari che, invece è qui con noi, è costipato anche lui, sarà questo freddo che è arrivato all’improvviso. Volevamo festeggiare oggi la grande conversione, questo passaggio dalla Polizia all’Arma, del grande Camilleri che, purtroppo, non è qui con noi ed è molto dispiaciuto. Comunque, festeggiamo volentieri con il generale Gottardo. La festa che noi celebriamo oggi è questa: il calendario. Avete avuto questa grande idea di portare un racconto straordinario sulla figura centrale dell’Arma dei Carabinieri… Qui vedo grandi ufficiali, dei giovani che saranno ufficiali tra poco… Ecco, però, la figura del maresciallo incarna più di ogni altro l’aspettativa che noi cittadini abbiamo nei confronti dei carabinieri. Vi presento gli ospiti: il padrone di casa, comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Luciano Gottardo. Benvenuto! Il professor Lucio Villari, forse il più grande studioso di storia contemporanea che abbiamo. Benvenuto! Il Generale Ferrara ha realizzato una storia documentale, di cui parleremo tra poco, sull’Arma dei Carabinieri, volume che abbiamo qui davanti a noi. Ferrara: grande uomo dell’Arma. Alla mia destra il caro Musso che, devo dire, farà le veci di Camilleri perché lui ha seguito passo per passo il rapporto tra l’Arma dei Carabinieri e l’idea di inserire una storia nel calendario… e quindi da lui ci aspettiamo il racconto del dietro le quinte di questo calendario. Saluto il maestro Ceccotti che ha avuto anche lui un grande rapporto con Camilleri per disegnare, per rappresentare, come è giusto che sia, al massimo questo calendario.

Gen. Gottardo: Permettetemi, innanzitutto, di ringraziarvi per la vostra presenza che costituisce un’ulteriore testimonianza del forte legame esistente tra l’Arma dei Carabinieri e il mondo dell’informazione, entrambi accomunati dallo stesso obiettivo: servire la collettività. L’occasione è offerta dalla presentazione del Calendario 2005. Calendario che scandisce dagli anni ‘30 la storia dell’Arma e del nostro Paese secondo un piacevole rituale: un momento di incontro che, quest’anno, si caratterizza anche con la contemporanea presentazione del volume sulla storia documentale dell’Arma dei Carabinieri: Le origini, dalla fondazione alla carica di Pastrengo. Scritta dal generale di corpo d’armata Arnaldo Ferrara. Porgo un caloroso saluto agli autori del calendario. Allo scrittore Andrea Camilleri, gli facciamo gli auguri di pronta guarigione; al maestro Sergio Ceccotti; al generale di corpo d’armata – autore della significativa opera storica; al professor Lucio Villari che la presenterà; un particolare ringraziamento al dottor Giletti che curerà la successione degli interventi nella sua sempre cortese disponibilità. Sono personalità che non necessitano di presentazioni perché già note al grande pubblico per la loro elevatissima professionalità nel campo storico, artistico e letterario. Prima di dare la parola ai nostri ospiti permettetemi di introdurvi brevemente nelle opere, il calendario e il citato volume, che rappresentano due aspetti essenziali della nostra istituzione: il ruolo della stazione dei Carabinieri a tutela della popolazione e l’amore per la storia dell’Arma. Il calendario 2005 costituisce una piacevole innovazione nel rispetto della tradizione. È innovativo, in quanto per la prima volta nelle sue pagine e nelle sue tavole si snoda un racconto ripartito in dodici capitoli, uno per ogni mese. Nei contenuti è anche rispettoso della tradizione perché narra la vita di un maresciallo, della sua stazione, del suo paese e della sua gente, cioè dei quattro elementi su cui si basa la nostra ormai plurisecolare istituzione. Ed è proprio il concetto di prossimità, di vicinanza alle genti nell’assolvimento dei propri doveri, che sfida infatti il maresciallo Brancato - personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri e dal pennello di Sergio Ceccotti – che nella sua stazione vive in un immaginario paese dell’entroterra siciliano, si impone come carabiniere acuto e capace ma anche umano e sempre disponibile. È una figura vera che ci fornisce uno spaccato reale della vita dell’Arma resa affascinante dalla sapiente capacità artistica di uno degli scrittori più amati dei nostri giorni. Tra le bellissime tavole che accompagnano il lettore vorrei menzionare quella di chiusura in cui sono rappresentate tutte le componenti dell’Arma, giustamente disposte intorno alla figura centrale del comandante di stazione. È un’immagine intensa che vuole essere un omaggio all’impegno e alla dedizione di tutti i Carabinieri in Italia e all’estero. Esprimo per tanto ad Andrea Camilleri e a Sergio Ceccotti, bravissimi interpreti della “carabinierità”, la gratitudine, che ho sentito dell’Arma e mia personale, per aver saputo portare a termine un lavoro pregevole nella forma espressiva e nei contenuti. L’altra opera che oggi viene presentata è, come ho già detto, la storia documentale dell’Arma dei Carabinieri. Si tratta di un volume di pregevole fattura, frutto di lunghe ricerche e di studi approfonditi sui momenti più significativi della storia dell’Arma: dalla fondazione del 13 luglio 1814 alla carica di Pastrengo del 30 aprile 1848. credo di poter affermare che un’opera così vasta e puntuale non poteva che essere frutto del generale Arnaldo Ferrara, che costituisce da oltre sessant’anni un costante punto di riferimento per generazioni di Carabinieri. A beneficio dei più giovani desidero sottolineare che il generale Ferrara ha vissuto da protagonista con gli alamari e per gli alamari. Dai combattimenti sul Don alla guerra di liberazione; dalle diverse realtà operative del nostro Paese sino ai massimi incarichi istituzionali, tra cui mi piace ricordare quelli di Capo di Stato Maggiore; di vice comandante generale dell’Arma e di consigliere per l’ordine democratico alla sicurezza del Presidente della Repubblica. Le rivolgo pertanto, a nome di tutti i Carabinieri in servizio e in congedo, il più sincero ringraziamento per la sua totale dedizione all’Arma e per l’insostituibile funzione di custode delle nostre tradizioni che oggi trova in questo volume un’ulteriore conferma. È un’opera di assoluto interesse che ripercorre con profondo rigore scientifico i primi 34 anni di vita dell’Arma. Il testo è arricchito con la riproduzione di documenti e stampe d’epoca, in taluni casi, inediti, che svelano pagine importanti della storia d’Italia, come saprà più compiutamente illustrarvi il professor Lucio Villari, insigne storico che ha voluto onorarci con la sua presenza. Non volendo sottrarre altro tempo ai nostri autorevoli ospiti concludo il mio breve intervento rivolgendo a tutti i presenti a nome dell’Arma dei Carabinieri e mio personale, un saluto fervido e beneaugurate. Grazie dell’attenzione.

Giletti: Adesso cerchiamo di raccontarvi come è nata la scelta dell’Arma di avere un’idea nuova, cioè un calendario che non fosse solo un calendario ma che fosse anche un racconto. È qui deve entrare Musso nei panni di Camilleri. Come è nata questa idea?

Col. Musso: L’idea nasce perché quest’anno l’Arma voleva realizzare un qualcosa che fosse innovativo nel solco della tradizione. Il contenuto doveva essere tradizionale, come è tradizionale la figura centrale del maresciallo dei Carabinieri, rappresentante di questi comandanti di quasi cinquemila presidi sparsi sul territorio, ma innovativa doveva essere la forma letteraria. Innovativa perché veniva scelto per la prima volta un racconto. E a questo punto l’Arma ha avuto la voglia, ha avuto la tenacia di affidarsi al più grande scrittore italiano vivente…

Giletti: Come è andata? Lo avete chiamato, e poi?… Lui ha questa immagine di Montalbano. Scherzando si è detto: oggi facciamo la conversione all’Arma di questo grande personaggio, Camilleri, che è sicuramente il più grande scrittore contemporaneo. Quindi, lui come ha reagito alla telefonata?

Musso: La conversione è solo concettuale, perché invece il maestro Camilleri, quando io sono andato e gli ho accennato del progetto, mi ha subito detto: “È un’idea bellissima! Io non ho mai fatto un racconto per un calendario”. Il racconto, che doveva essere diviso in dodici capitoli di una pagina ciascuno, era molto accattivante per lui. Gli piaceva l’idea di questa realizzazione, diciamo così sotto un profilo letterario, di un racconto che avesse un linguaggio regionale…

Giletti: C’erano degli impedimenti?

Musso: Ci sono stati degli impedimenti perché lui è molto impegnato. Eravamo nel mese di ottobre, lui aveva delle difficoltà, stava finendo di scrivere il suo penultimo romanzo che poi uscì nel mese di aprile, mi disse: “Colonnello, è un’idea bellissima ma, lei deve comprendere, non ho la possibilità, non ho il tempo materiale”. Allora io, forzandomi un po’ la mano e giocando sulla sicilianità che ci unisce, ho cominciato a parlare in siciliano e gli ho spiegato…

Giletti: Come glielo ha detto, in siciliano? Si svesta dell’Arma e faccia l’uomo normale che doveva assolvere questa missione… come glielo ha detto? Perché lui usa un linguaggio - qualcuno lo ha definito il moderno Gadda – nel senso che, Camilleri, nei suoi libri scrive in un linguaggio che è sì siciliano ma è un po’ particolare e comunque comprensibile a tutti.

Musso: Guardandolo negli occhi gli ho detto: “Maestro, chissù l’amu a fari! Noi semu paesanuzzi. Chisto è ‘mportanti. Chista è cosa seria”. A questo punto mi dice: “Ma lei è siciliano? E di dove?” “Si sono siciliano però dell’altra parte, della parte nordica della Sicilia”. Qui abbiamo cominciato a disquisire su quale fosse la parte nobile della Sicilia se quella orientale o quella occidentale… insomma alla fine mi ha detto: “Va bene, colonnello, gli dedicherò quindici giorni. Fermo il romanzo che sto scrivendo per fare il vostro racconto. E così è nato. Nel frattempo, avevo visto un catalogo del maestro Ceccotti che mi sembrava la perfetta sintesi di come si poteva unire la parte letteraria con la parte pittorica. Questo iperrealismo mi sembrava proprio acconcio per il calendario, e così nasce l’idea e nasce questo racconto. Camilleri poi mi ha detto: “Sa colonnello, non è stato complicato farlo”. Gli ho fatto una banale osservazione: “Come mai? Lei scrive di poliziotti…”. Mi ha risposto: “Colonnello, per me la sacralità del maresciallo del mio paese è così sacra che non ci si può scrivere. Invece scrivendo questo calendario - ambientato nel 1992, in questo paese immaginario di Belcolle alle falde delle Madonie – mi sono ispirato perfettamente al comandante di stazione che ricordo dei miei dieci anni. Quindi, mi sono ispirato all’umanità, alla sensibilità, al buon senso, alla calma, all’operatività”.

Giletti: Scusi se la interrompo. Leggendo questo racconto ho evidenziato un paio di passaggi che secondo me vale la pena vi legga, al di là che sono piemontese… Musso se vuole intervenire nei passaggi di siciliano stretto, così mi evita delle figuracce. Questi brani che mi sono segnato sono l’esatta sintesi di quello che è un carabiniere. Mi spiace proprio che non sia qui oggi… ma davvero, credo, Camilleri in due o tre passaggi ha detto chi è il carabiniere. Quello che dovrebbe essere il carabiniere. Lui, poi, al di là di Montalbano – lo dico perché qui vedo delle persone che non sono più giovanissime – aveva fatto, quando lavorava in televisione, la sceneggiatura del commissario Maigret, del tenente Sheridan, quindi è nel suo DNA scrivere di graduati, molti tutto questo lo dimenticano e lo focalizzano solo su Montalbano ma da domani sarà anche il padre di Antonio Brancato: il Maresciallo di questo calendario. Un passaggio che mi sono segnato si riferisce a gennaio. Vorrei sapere, poi, se concordate. Il maresciallo arriva in questo paese e ci fa capire in poche parole come era questo piccolo paese di montagna. Sentite cosa dice: “Fortuna che i paisani erano pirsone a posto, quiete, forse tanticchia troppo mutanghere tra di loro, ma si sa che la genti di montagna è di scarsa parola, non ama dare cunfidenza agli stranei. Curiosamente però con lui, che straneo lo era di certo, i belcollesi parlavano, e come! E quella confidenza, della quale giustamente tra sé si gloriava, se l’era guadagnata, come dire, sul campo. In cinco anni che si trovava lì era arrinisciuto a sapiri quasi tutto di tutti, intervenendo in questioni, liti, dispute che gli vinivano presentate in forma non ufficiale per aviri un parere, un giudizio, un orientamento…” E qua Musso deve intervenire lei, perché dice…

Musso: “Marescia’, venissi a mettire u bono”.

Giletti: “…Mettere il buono: ossia dire la parola giusta, pacificare, risolvere, appianare, fare in modo che la bilancia non penda troppo da una parte o dall’altra”. Questo è il carabiniere che non si occupa solo di un certo tipo di operazioni ma è il punto di riferimento della comunità.

Musso: Come giustamente hai sottolineato, è vero che è il punto di riferimento della comunità. Molto spesso si va dal maresciallo dei Carabinieri non per questioni inerenti alla sua funzione istituzionale. Camilleri ci da uno spaccato, nel mese di marzo, dove parla proprio di questa funzione anche educatrice che ha il maresciallo dei Carabinieri e al quale si rivolgono i genitori per avere sostegno nell’educazione dei figli.

Giletti: “Marescià, Marcuzzo, questo figlio mè, è uno sdilinquente tali e quali a sò patre!” … patdre… patdre l’ho detto bene?

Musso: Benissimo!

Giletti: “Ogni matina inveci di andari alla scola, sinni va a spasso campagne campagne e non sente né prighere né vastonate! Io non ce la fazzo più, Marescià! Mi facisse la carità, ci parlasse vossia”. E continua: “Parlò a Marcuzzo, sempre più atterrito e sudatizzo, per una decina di minuti. Alla fine il dodicino solennemente giurò di non fare più assenze e la signora Matranga s’addichiarò soddisfatta”.

Musso: Ecco, questa è l’anima del maresciallo dell’Arma al quale ci si rivolge per avere consigli, per avere orientamenti, per dirimere questioni private, questo, d’altronde, è previsto dal nostro regolamento quindi nulla è lasciato al caso, e all’autorevolezza per poter fare scuola anche in campo di educazione familiare. Questo è un esempio che Camilleri ci vuole dare e io credo che Camilleri abbia inquadrato perfettamente quello che oggi si chiama la pulizia di prossimità: i Carabinieri vicino alla gente. Questo fa parte della nostra cultura, fa parte del nostro sangue, noi lo facciamo da quasi duecento anni. Per noi è normale. Ci fa piacere che anche un grande scrittore come Camilleri se ne fosse accorto già dall’età di dieci anni.

Giletti: Grazie colonnello Musso di averci detto queste cose che credo sia quello che voleva Andrea. Ecco, con Andrea Camilleri vi siete visti molte volte, vi siete sentiti, ha parlato anche con il maestro Sergio Ceccotti che ha dato l’immagine a questo calendario. Vogliamo raccontare dove è stato ambientato? Perché c’è una attentissima perfezione, cioè avete guardato e curato in ogni dettaglio questo calendario, andando addirittura sul posto, fotografando per non fare errori… perché se lei mi attaccasse dietro alla scrivania la foto di un Presidente qualsiasi… questo calendario è ambientato nel ’92, quindi, bisogna andare a vedere nel ’92 chi era il Presidente della Repubblica, oppure chi era il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri… Sembrano delle fesserie ma – raccontavo, quando ci siamo incontrati, che l’altro giorno vedevo un film su Napoleone, a un certo punto si legge, di passaggio sotto un porticato: forza Inter, pensate un po’ – bisogna stare attenti ai dettagli. Per evitare questo sono addirittura andati sul posto.

Ceccotti: Dunque, la cosa è avvenuta così. Quando mi è stato proposto di fare questo calendario anch’io ebbi un attimo di esitazione, perché è vero che io nelle riviste specializzate sono considerato un pittore del noir e quindi tutto sommato andava bene per un racconto del tipo delle indagini poliziesche che scrive Camilleri, però c’è questo fatto: io ho della Sicilia una conoscenza superficiale, turistica. Primo non sono siciliano, come si dice: nessuno è perfetto, e poi ho questa conoscenza così superficiale della Sicilia. Allora, a differenza degli illustratori, i quali sono dei professionisti, rispetto ad altri che illustrano qualsiasi cosa - ad un illustratore gli dici di fare un racconto di fantascienza, che so, oppure i ghiacci dell’Antartide… le jungle del Borneo - il pittore non fa tutto questo. Il pittore per trattare un soggetto se ne deve immedesimare. Questa cosa della Sicilia per me è stata una preoccupazione. Io ho cominciato a immedesimarmi tramite la grande documentazione che mi ha fornito il colonnello Musso e, poi visto che si trattava di un paese dell’entroterra della Sicilia…

Giletti: Dove siete andati? Si può dire? Perché non è un paese frutto dell’immaginazione.

Ceccotti: No! Io ci sono andato dopo. Prima ho chiamato per telefono un mio collega pittore che vive in un piccolo paese della Sicilia, paese che corrisponde in tutto e per tutto a questo immaginario Belcolle, solo che invece di stare sulle Madonie sta sui Nebrodi, però…

Giletti: Si può dire il nome del paese vero?

Cecciotti: Si! Si chiama Cerami, in provincia di Enna. Questo pittore amico mio si chiama Cesare Di Marna. Lui mi ha fotografato tutti i dettagli, comprese le maniglie delle finestre, gli interni delle masserie, la barberia… tutte queste cose. Mi sono immerso tra la documentazione fornitami dall’Arma e quella fornitami dal mio amico e sono entrato nel mondo della Sicilia.

Gilietti: Non lo avevo guardato bene ma è pieno di dettagli, vero comandante generale Gottardo?!

Gottardo: Tutto quello che riguarda specificatamente gli argomenti legati alll’Arma, come ad esempio la divisa dell’epoca – perché la divisa dell’Arma è sempre la stessa ma cambia impercettibilmente – è veramente curato nei minimi particolari…

Giletti: Qual è stata la cosa più complicata? Avete dovuto cambiare qualcosa, che so, una tavola già preparata?

Ceccotti: Sì, c’è stata una cosa. Una cosa di cui abbiamo parlato con Camilleri, quando ci siamo visti a pranzo…

Giletti: Perché Camilleri è pillicuso?!

Musso: Si direbbe pillicchiuso però va bene.

Giletti: Vuol dire che è uno molto preciso. Ti avrà fatto delle richieste particolari?!

Ceccotti: No, è il contrario. Sono stato io, anche tramite il colonnello Musso, che ho fatto una richiesta a Camilleri. C’erano due capitoli che avevano gli stessi personaggi e che si svolgevano nello stesso ambiente, allora che dovevo fare, due tavole uguali?! Erano i mesi di agosto e settembre. Chiedendo scusa ho detto che non potevo fare due tavole uguali… allora, gentilmente, Camilleri ha riscritto il capitolo ambientandolo al piano di sopra di questa masseria dove c’era la camera da letto. Il colonnello Musso mi ha fornito del materiale…

Giletti: Non mi dica che il colonnello Musso gli ha fornito dei dettagli di letto suoi?!

Ceccotti: Sì, effettivamente è così! Mi ha portato in casa sua e mi ha fatto fotografare oggetti, acquasantiere…

Giletti: Musso a casa sua ha le acquasantiere?

Musso: Sono oggetti tipici delle antiche case siciliane.

Giletti: Quindi ha dato un contributo davvero forte.

Ceccotti: Non parliamo poi delle uniformi e delle macchine che dovevano essere quelle del 1992.

Giletti: Un grande lavoro che vogliamo segnalare per evitare di cadere in qualche errore… o ne so qualcosa… Sbaglio spesso e vengo subito bersagliato… Allora caro Lucio Villari. Siamo arrivati a lei che è davvero considerato un grande studioso della storia italiana, il Generale Ferrara sarà felice di averla al suo fianco. Ecco, prima di parlare del volume documentale, volevo sapere da lei la sua impressione su questo calendario e sulla figura storica del maresciallo.

Villari: Io rispondo subito. Intanto, su un calendario di un anno che ancora non c’è si possono dire tante cose. Immaginate quante cose possono dire i calendari di centonovanta anni di storia dell’Arma dei Carabinieri. È un pozzo, diciamo, di idee, di ricordi, di glorie, di pensieri, di invenzioni della nostra storia, quindi ci coinvolgono anche personalmente. Voglio risponderle, intanto, con una citazione che riguarda un po’ la mia vita: ero piccolissimo l’8 settembre del ’43 e, come sappiamo ci fu lo sbandamento dell’esercito italiano, mio fratello più grande che si trovava in Emilia si ammalò, noi abitavamo a Reggio Calabria, non potevamo andarci, potete immaginare mio padre e mia madre che angoscia… Novembre, dicembre… non si avevano notizie. A gennaio, ero piccolo ma ho questo ricordo vivissimo, bussarono alla porta e comparve un maresciallo dei Carabinieri, entrò, si presentò… eravamo solo io e mia madre, e disse: “Signora, forse, le porto qualche notizia di suo figlio.” Immaginatevi la gioia di avere qualche informazione su questo fratello di diciotto anni che era perduto nel nulla. Questo maresciallo parlava con un certo affanno ed era anche un po’ pallido. Mia madre gli chiese: “Maresciallo posso prepararle un caffè?” “No, signora, la ringrazio, ma non posso prenderlo perché io per cause di servizio ho il cuore spostato”. Mi permetto di dire che questa metafora del cuore spostato del carabiniere io la assumerei come un emblema generale di quello che è il carabiniere. Il carabiniere ha il cuore spostato, spostato verso gli altri. Utilizzerei questa metafora perché, mi pare, corrisponda bene a quella domanda che lei faceva all’inizio: ma chi è il carabiniere? Come lo vediamo noi dall’esterno? Lo vediamo come una persona che ha il cuore spostato verso di noi, è pronto sempre ad essere accanto a noi in ogni circostanza, in ogni momento, con l’aiuto e la sensibilità che ben conosciamo. Questa è la risposta più semplice che io possa dare, intanto, a questa sua domanda.

[La discussione è proseguita con la presentazione del volume documentale dell’Arma dei Carabinieri, NdT]

Foto e Reportage by Linda - Roma 9 novembre 2004







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