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Il diavolo, certamente



Autore Andrea Camilleri
Prezzo E 10,00
Pagine 171
Data di pubblicazione 3 gennaio 2012
Editore Mondadori
Collana Libellule
e-book € 4,99 (formato epub, protezione Adobe DRM)


«Sto scrivendo delle “microstorie” di 3 pagine con il titolo Il diavolo, certamente, cioè dove uno cerca di fare una certa cosa e all’improvviso c’è il granello di sabbia che arresta il meccanismo gigantesco… ecco, tutto qua. Così è per la vita normale, per la vita di un santo, per l’aspirazione di una donna sposata, per quello che ti capita nei più vari campi di umanità. Ne ho scritte 25, voglio arrivare a 30 e basta, e lasciarle per me… Dice “ma con chi lo pubblichi?”: non lo so, non so neanche se lo pubblico, è un passatempo mio, con cui mi sto divertendo col Diavolo… o chi ne fa le veci».
(Andrea Camilleri, da un'intervista a RSI Rete Due - Laser, 16.2.2011)

Due filosofi in lotta per il Nobel, un partigiano tradito da un topolino, un ladro gentiluomo, un magistrato tratto in inganno dal giallo che sta leggendo, un monsignore alle prese col più impietoso dei lapsus, un bimbo che rischia di essere ucciso e un altro capace di sconvolgere un'intera comunità con le sue idee eretiche... E ancora: una ragazza che russa rumorosamente, un'altra alle prese con il tacco spezzato della sua scarpa, una segretaria troppo zelante, una moglie ricchissima e tante, tante donne che amano - tutte - con passione, a volte con perfidia, più spesso con generosità.
Ecco i personaggi che, insieme a molti altri, popolano le pagine di questo libro: un romanzo corale sui desideri e i vizi, gli slanci e le bassezze dell'umanità e insieme un perfetto marchingegno a orologeria. Più che perfetto: diabolico.
33 racconti di 3 pagine ciascuno: 333 e non 666, perché questo, come tutti sanno, è il numero della Bestia, e non si discute sul fatto che mezzo diavolo sia meglio di uno intero. Andrea Camilleri ha scritto racconti dal numero di battute incredibilmente congruente, che nel dattiloscritto consegnato alla casa editrice equivalevano esattamente a tre pagine l'uno. In ognuno di essi, il diavolo suggella la storia con il suo inequivocabile zampino: nel bene o nel male, a noi lettori l'ardua sentenza. Perché questi racconti, oltre a essere irresistibilmente divertenti, sono anche percorsi da una meditazione accanita e sottile sul senso delle umane sorti, del nostro affannarci per mentire o per apparire, della nostra idea di felicità; i due apologhi filosofici che aprono e chiudono la raccolta non sono che il disvelamento di una trama che sottende tutta la narrazione. E che fa di questo libro un assoluto gioiello: non solo una serie di variazioni musicali sull'eterno tema del male e del destino ma anche una 'commedia umana' concentrata in pagine di fulminante, contagiosa energia. Perché un dettaglio luciferino può cambiare segno a una vita intera, ma proprio per questo quella vita - sembra dirci sorridendo Camilleri - vale sempre la pena di viverla senza risparmio.


Quel bambino (non) andava ucciso

Homer, sicario rinomato per l’infallibilità della mira e per la scrupolosità nel lavoro, venne assoldato per uccidere un bambino di dieci anni. Aveva una lunga carriera alle spalle, e mai gli era capitata una richiesta simile. Come era suo costume, non ne domandò il perché, chiese soltanto una cifra più alta della tariffa usuale.
Gli diedero la metà del denaro pattuito, il nome e l’indirizzo della vittima designata e una sua foto. Precisamente di quando aveva sei anni, vestito con l’abito della Prima Comunione.
La prima cosa di cui Homer si rese conto fu che i genitori del bambino, che era figlio unico, non erano ricchi, come aveva immediatamente pensato. Il padre aveva un dignitoso impiego in una società di trasporti, la madre faceva la sarta e le sue clienti, in gran parte, erano vicine di casa. La famiglia viveva al quarto piano di un caseggiato popolare e tutte le finestre dell’appartamento davano sul grande cortile interno. Quando raccolse le notizie che gli erano necessarie, Homer, restituita la foto, prese contatto col portiere dello stabile spacciandosi per un rappresentante di commercio in cerca di casa. Ebbe un colpo di fortuna, il portiere gli disse che c’erano due appartamenti liberi e glieli fece visitare. Incredibilmente, uno dei due, che Homer scelse, si trovava al quarto piano, esattamente di fronte a quello dove abitava il bambino, ed era ammobiliato. I due appartamenti erano solo separati dal grande cortile.
Nel giro di tre giorni Homer firmò il contratto, ebbe la chiave e si trasferì nella nuova abitazione assieme a un vecchio baule che, oltre a qualche vestito smesso e alla biancheria di ricambio, conteneva una valigetta con una carabina ad alta precisione. Siccome si era qualificato col portiere come rappresentante di speciali pomate e pillole in grado d’aumentare la potenza virile, era più che naturale che di giorno se ne stesse a casa, dato che il suo lavoro si svolgeva di notte, in night e ritrovi particolari. Così ebbe modo di studiare le abitudini del bambino, il quale, reduce da una seria malattia, non frequentava la scuola, ma, grazie agli amorevoli sacrifici dei genitori, aveva due insegnanti privati che gli facevano lezione nella sua cameretta, il primo dalle nove alle dieci, il secondo dalle undici a mezzogiorno. Assai spesso, in quell’ora d’intervallo tra le due lezioni, il bambino usava starsene affacciato alla finestra per una diecina di minuti a prendere il sole.
Homer decise di sbrigare in fretta l’incarico, aveva ricevuto altre proposte interessanti. Il giorno stabilito per l’azione, prese la valigetta, montò la carabina, e aprì un poco la finestra. Avrebbe sparato seminascosto dalle ante. Il cielo era coperto, ma la visibilità, attraverso il cannocchiale, era perfetta. Poi il bambino comparve alla finestra e appoggiò i gomiti sul davanzale, probabilmente stava in piedi sopra uno sgabello. Homer prese la mira accuratamente ma, una frazione di secondo prima che premesse il grilletto, il sole, di colpo, inondò la facciata di fronte e un raggio, riflesso da un vetro, andò a infilarsi, dritto come un laser, dentro il cannocchiale della carabina. Accecato, Homer non poté far fuoco.
Quando riacquistò in pieno la vista, il bambino non era più alla finestra. Il giorno seguente aveva appena imbracciato la carabina mirando alla fronte del bambino, quando bussarono alla porta. Buttò l’arma sotto il letto e andò ad aprire. Era un tale che doveva controllare il contatore dell’acqua. Il terzo giorno stava per sparare quando un sipario bianco s’interpose tra lui e il bambino. La signora del piano di sopra aveva steso un lenzuolo appena lavato, ma una molletta non doveva aver fatto presa e il lenzuolo era quasi tutto scivolato a coprire la finestra di sotto. Homer era un uomo assai superstizioso, badava a certe sue regole scaramantiche, per nessuna somma al mondo avrebbe ucciso un uomo di venerdì. E dato che il giorno seguente era proprio un venerdì, Homer interpretò il tutto come un chiaro avvertimento: quel bambino non andava ucciso. E così rinunziò all’incarico.
Homer aveva un solo amico, François, che faceva il suo stesso mestiere. Nell’ambiente, François era quotato appena un gradino più sotto di Homer.
Una sera, in casa di François, fecero bisboccia con due donne che poi mandarono via alle cinque del mattino. Homer, mentre si rivestiva, notò che dalla tasca della giacca di François, che era rimasto a letto, era caduta una foto. La raccolse. Era quella del bambino col vestito della Prima Comunione.
I due sicari non avevano mai parlato del loro lavoro. Ma Homer decise di fare un’eccezione e mostrò la foto all’amico.
«Attento» disse.
«Perché?»
Gli raccontò tutto. François si mise a ridere, non era superstizioso.
«In tre giorni me la sbrigo, vedrai» disse.
La tecnica che François adoperava era opposta a quella di Homer. Lui lavorava di sveltezza. A bordo di un motorino truccato, seguiva la vittima, gli sparava col revolver a distanza ravvicinata e poi si dava alla fuga.
Il terzo giorno François vide uscire dal portone il bambino con la madre.
Li seguì fino a uno studio medico. Nell’attesa che ricomparissero, si studiò il luogo migliore per far fuoco e la più sicura via di fuga. Poi, dopo un’ora d’attesa, madre e figlio uscirono in strada. François montò sul motorino, ma il motorino non partì. Bestemmiando, François provò e riprovò inutilmente. Madre e figlio intanto erano spariti, tuttavia François non se ne preoccupò, sapeva la strada che avrebbero percorso per tornare a casa. Ma stava perdendo troppo tempo, tra poco i due avrebbero sorpassato il posto da lui scelto per portare a termine l’incarico. Si levò il casco, armeggiò con un cacciavite e finalmente il motorino partì. Si rimise il casco, non l’allacciò, partì a tutto gas. Nell’attimo in cui s’immise nell’altra strada, assorto com’era a tentare di scorgere i due sul marciapiedi, prese la curva troppo larga e non s’avvide dell’auto di grossa cilindrata che veniva in senso opposto leggermente fuori carreggiata. Per l’urto violento, il casco volò via, la testa di François andò a spaccarsi sul selciato.
Appresa la notizia della morte dell’amico, Homer ritenne suo dovere mettere discretamente in guardia i suoi colleghi su piazza e fuori piazza: il bambino era da quel momento in poi da considerarsi come un suo protetto, quindi ci pensassero bene prima d’accettare l’incarico d’eliminarlo.
Homer, che all’epoca era quarantacinquenne, morì a settant’anni. Nello stesso anno della sua morte, il bambino che avrebbe dovuto ammazzare si diede alla politica.
Così Homer non seppe mai d’avere risparmiato dalla morte il futuro, sanguinario dittatore che avrebbe mandato davanti al plotone d’esecuzione diecine e diecine d’avversari politici, riempito le carceri di migliaia di dissenzienti, e in ultimo, in seguito a una guerra rovinosa, provocato la distruzione di intere città e la morte di oltre tre milioni di esseri umani.

(Il racconto qui riportato è stato pubblicato su La Stampa del 30.12.2011)



Last modified Thursday, December, 27, 2012