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CINQUE FAVOLE POLITICAMENTE SCORRETTE

MicroMega n.2/2001



Faust 2001

Un giorno un signore quarantenne, agile, elegante, ben vestito, capelli curatissimi, faccia tirata a lucido, costosissima valigetta griffata in mano, riuscì a farsi ricevere dal Cavaliere. A questi il visitatore fece subito buona impressione: a prima vista, pareva il tipico dirigente-manager del partito che aveva fondato, poteva essere un buon acquisto in vista della prossima campagna elettorale.
"Desidera?", domandò il Cavaliere.
"Io? Io niente", fece il visitatore. "E’ lei che desidera qualcosa da me".
Il Cavaliere s'irritò. Lui non aveva niente da desiderare, avendo tutto.
"Ci dev'essere un equivoco", disse brusco.
"Nessun equivoco, mi creda. Lei, ieri sera, alle diciannove e tredici esatte, solo nel suo bagno, guardandosi allo specchio ha pensato: Darei qualsiasi cosa per riavere i miei capelli. Ed eccomi qua a servirla".
Senza dargli tempo di reagire, il visitatore aprì la valigetta, ne trasse fuori una dozzina di disegni e li posò sulla scrivania: in ognuno d'essi, la testa del Cavaliere era incoronata da una diversa, ma sempre foltissima, capigliatura: ora riccioluta, ora liscia, ora a onde...
"Scelga quella che le piace di più. Il contratto ce l'ho qua già pronto. Appena l'avrà firmato, si ritroverà in testa il modello che desidera. E le garantisco anche che, fino alla morte, non perderà più nemmeno un capello".
"Lei quale ditta rappresenta?", domando il Cavaliere.
"Non rappresento altro che me stesso. Non ha ancora capito chi sono?".
Lo disse in modo tale che il Cavaliere capì. Il visitatore era il Diavolo in persona. Dunque tutto quello che aveva detto era vero. Bastava concludere il patto e avrebbe riavuto i suoi capelli.
"Quindi, secondo la tradizione, lei vorrebbe in cambio la mia anima", disse lentamente il Cavaliere.
Il visitatore lo guardò, leggermente stupito, ma non aprì bocca.
Il Cavaliere sospirò, ci pensò ancora un momento, poi allungò la mano.
"E va bene, firmiamo questo contratto", fece.
A quel punto il visitatore si mise a sghignazzare.
"La sua anima? Lei vorrebbe darmi in contropartita la sua anima? Ma non lo sa che da tempo non accettiamo più anime? Era un commercio che piaceva a mio nonno, che andava sempre in perdita, poveraccio, e piaceva ancora di più ai poeti che ci ricamavano sopra".
"E allora lei che cosa vuole in cambio?".
"L’ottantacinque per cento di tutto quello che possiede, televisioni, aziende, giornali, società, ville, tutto. Non è per niente esosa, la nostra richiesta. Pensi alla figura che farà sui manifesti elettorali, sicuramente vincerà la campagna".
"In questo caso, preferisco farmi ritoccare le fotografie, disse il Cavaliere.
E lo congedò.
 
 

L'incorreggibile

In sogno, Dio apparve al Cavaliere. Questi lo riconobbe subito, perché il Signore era esattamente come lo raffiguravano, col tunicone e la gran barba bianca.
"Sono venuto a trovarti", fece Dio, "per farti capire come la tua smodata ambizione, la tua inesauribile sete di potere siano assolutamente ridicole. Anche se tu conquistassi l'universo intero, resteresti sempre un nulla. L’universo, figlio mio, è finito".
"In che senso?", domandò il Cavaliere.
"Ora te lo spiego", rispose Dio. "Immagina che io possegga una collezione di migliaia e migliaia di bottiglie di champagne. Ne ho stappata una, e quello che chiamate big bang non era altro che il rumore del tappo che saltava, ho riempito un bicchiere, e ora sto per berlo. Le stelle che i vostri astronomi vedono nascere e morire sono semplicemente le bollicine che si formano e scoppiano. E tu sei dentro quel bicchiere e quel bicchiere è il tuo universo. Ma appena avrò bevuto il mio champagne, il vostro universo scomparirà. Hai capito? ".
"Perfettamente", rispose il Cavaliere. "E quanto mi verrebbe a costare questa vostra collezione? ".
 
 

I Vangeli dei due apostoli

Tra i moltissimi apostoli che diffusero, con opere e azioni, il Verbo del Cavaliere, due, Marcello e Cesare, furono anche gli autori dei Vangeli che ancor oggi ci permettono di conoscerne e ammirarne la sovrannaturale grandezza. Tra i due sacri testi esistono, è vero, delle discrepanze che non inficiano però la sostanziale verità del racconto. I due concordano sull'episodio del dodicenne Cavaliere che, assalito da alcuni facinorosi senza Fede detti comunisti, li sgominò, novello Davide, lanciando loro dei sassi e tutti colpendoli alla fronte perché la sua mano era guidata dal Signore. Dissentono invece, ma solo per un dettaglio, sul fatto che il Cavaliere avesse camminato sulle acque, come Egli stesso confidò a un ristretto gruppo di apostoli. Mentre Marcello afferma che il Cavaliere disse: "Ho camminato sulle acque", Cesare racconta che la frase esatta fu: "Ho attraversato cattive acque". I due evangelisti invece concordano, in tutto e per tutto, sul miracolo del risveglio del giovinetto che, caduto in coma, tornò alla coscienza udendo la voce del Cavaliere durante una delle sue predicazioni. Marcello e Cesare perfettamente concordano anche sul miracolo detto della "conversione del Sinedrio". Portato dai nemici davanti al Sinedrio per essere giudicato, il Cavaliere fu accusato di colpe che mai aveva commesso e dovette subire pesanti condanne. Ma, qualche tempo, dopo il Cavaliere, aiutato dall'apostolo Cesare, riuscì a incontrare a quattr'occhi i componenti del Sinedrio e con loro lungamente parlò facendoli illuminare dallo Spirito Santo. Alla fine non solo venne proclamato mondo da ogni peccato, perfino da quello originale, ma alcuni degli antichi persecutori presero a seguirlo e diventarono suoi apostoli. I pochi reprobi del Sinedrio che continuarono satanicamente ad accusarlo ebbero vita breve e infelice. Particolare curioso: i due evangelisti stranamente non fanno parola del miracolo più clamoroso e conosciuto, quello della moltiplicazione dei miliardi.
 
 

Gli scheletri

Un palermitano cedette alle insistenza di un suo amico e andò a trovarlo nel ridente paese del Nord Iliata dove questi viveva. Un giorno stavano passeggiando in campagna quando l'amico, indicandogli una villa lontana, disse: "Lì abita il Cavaliere".
E proprio in quel momento il terreno si aprì e i due sprofondarono in una profondissima buca. Non si fecero niente, ma capirono che sarebbe stato impossibile risalire. Cominciarono a chiamare aiuto, però nessuno accorreva. A un tratto il terreno si smosse ancora e davanti a loro comparve un'apertura che pareva l'entrata di una galleria. Non avevano scelta, la varcarono. Era una galleria infatti, lunghissima, e quel che videro li atterrì. Lungo le pareti c'erano centinaia e centinaia di scheletri, ognuno illuminato da una piccola lampada. Principiarono a percorrerla, tremanti, nel tanfo insopportabile perché ancora da qualche osso pendevano lembi di carne marcia. Camminarono e camminarono sotto lo sguardo delle occhiaie vuote e il ghigno dei teschi.
"Madonna santa, ma qua è peggio che nella cripta dei Cappuccini", balbettò il palermitano.
Allo stremo delle forze, dopo aver percorso chilometri, videro una porta. Ansanti, l'aprirono. E si trovarono in una lussuosissima camera da letto. Sbalorditi, si voltarono a guardare da dove erano venuti. Non avevano aperto una porta, ma le ante dell'armadio del Cavaliere.
 
 

Favola vera

Eletto a furor di popolo Presidente di tutto (della Repubblica, del Senato, della Camera, del Consiglio) il Cavaliere riunì i suoi ministri e disse: "Da tempo avevo preparato la riforma della Costituzione. Prendete appunti. Il testo l'ho già inviato alla Gazzetta Ufficiale".
Diligentemente, i ministri si munirono di carta e penna.
"Articolo 1", dettò il Presidente, "Iliata è una Repubblica fondata sui lavori del Cavaliere".
I ministri annuirono.
"Articolo 2", proseguì il Presidente. "Il colore rosso, simbolo dell'odiato comunismo, è dichiarato anticostituzionale e pertanto viene abolito".
"Come la mettiamo con le Ferrari? ", domandò il ministro dell'Industria.
"Non c'è problema. Diventano azzurre", ribattè il Cavaliere.
"E con il Tricolore? ", domandò a sua volta il ministro della Difesa.
"Rimane tricolore, ma al rosso si sostituisce l'azzurro", fece seccamente il Cavaliere.
E via di questo passo. Furono stabilite multe salatissime per chi, coinvolto in un qualsiasi incidente, mostrava pubblicamente il rosso del suo sangue, con i diserbanti si fecero sparire rose e fiori rossi, la carne rossa non venne più messa in vendita mentre il pesce azzurro fu portato alle stelle, l'unico vino in commercio rimase quello bianco.
Sommersi da tutto quell'azzurro, gli Iliatani cominciarono ben presto a soffrire di nostalgia del rosso, una nostalgia che diventava di giorno in giorno sempre più acuta. Si ebbero i primi attentati rivendicati dai Grar (Gruppi rivoluzionari adoratori rosso). I contrabbandieri facevano affari d'oro non con le sigarette o i clandestini, ma con le scatole di sugo di pomodoro, assolutamente proibite in Iliata.
Finché un mattino, dopo un violentissimo acquazzone, apparve in cielo un gigantesco arcobaleno che coprì l'intero paese. Il rosso di quell'arcobaleno non era solamente un colore, ma un altissimo grido di rivolta, deciso e terso. Quell'arcobaleno segnò, sempre a furor di popolo, la fine del Cavaliere.

Andrea Camilleri



Last modified Wednesday, July, 13, 2011