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Sicilia

Guida ai sapori e ai piaceri della regione



Autore VARI
Prezzo € 9,90 (in allegato a La Repubblica)
Data di pubblicazione 14 luglio 2017
Editore GEDI Gruppo Editoriale
Collana Le guide di Repubblica ai sapori e ai piaceri d'Italia


905 Ristoranti di Palermo - Agrigento - Caltanissetta - Catania - Enna - Messina - Ragusa - Siracusa - Trapani e di tutte le province - 107 Dimore di charme - 600 Botteghe del gusto - 77 Produttori di vino - Itinerari letterari - I dolci della Sicilia - Piatti della memoria - Le ricette del mare.


Sicilia, terra di letterati
di sapori e profumi

Giuseppe Cerasa

“Io sono uno scrittore siciliano nato in Italia”, in questa frase che Andrea Camilleri quasi per gioco ama ripetere c’è una traccia del suo anticonformismo, del suo essere siciliano fino in fondo, c’è uno scrittore che non ha mai tagliato i ponti con la sua terra, con la sua gente, con la sua storia, con la sua memoria. Che ricorda volentieri cosa faceva alle elementari, alle medie; che quasi si commuove pensando alle sfide culinarie tra la nonna la madre e la zia, tutte e tre impegnate in una gara infinita a chi sapeva preparare meglio gli arancini. E sullo sfondo, quando parla e racconta, si intravvedono in controluce tutti i movimenti, i tic, le passioni, la determinazione, la pulizia di Montalbano, il commissario che continua a trionfare in Tv grazie a Luca Zingaretti ma per merito dei racconti e della fantasia di Camilleri.
Noi in questa edizione della Guida di Repubblica dedicata alla Sicilia abbiamo voluto cambiare ulteriormente il modo di declinare i nostri prodotti editoriali e abbiamo chiesto ad un testimonial di eccezionale valore, Andrea Camilleri per l’appunto, di raccontarci gli aspetti inediti del suo essere siciliano, del suo rapporto con una terra che lo rapisce ancora e sempre più, fonte del suo pensiero e delle sue storie, una terra madre di una cultura sulle cui origini e modalità di espressione si sofferma volentieri lo stesso maestro in questa lunga chiacchierata con Francesco De Filippo.
E per non lasciare Camilleri da solo abbiamo pensato di esagerare e di raccontare e far rivivere in chiave contemporanea i luoghi amati e vissuti dai grandi nomi della letteratura siciliana tra ottocento e novecento. Abbiamo messo così in sequenza Sciascia, Pirandello, Verga, De Roberto, Bufalino, Quasimodo, Piccolo, Tomasi di Lampedusa, Vittorini, immaginandoli nel loro mondo, ricordando i caffè, i ristoranti, gli alberghi, i luoghi del loro paradiso in terra. E aggiornando una geografia di esperienze e di sapori che fanno della Sicilia un luogo unico da visitare e da amare.


La Sicilia di Camilleri
Io, la Sicilia e Montalbano
di Francesco De Filippo

Dall'immaginaria Vigàta al reale e inspiegabile sentimento di insularità. Andrea Camilleri racconta la sua Sicilia tra sapori, ricordi, aneddoti di un'isola che forse non c'è più, ma che non smette di vivere e far vivere attraverso i suoi libri. Un catalogo infinito di storie. Così il paese di Montalbano trae ispirazione dalla piazza dove, da studente, si incontrava con gli amici e raccontava i fatti accaduti nei rispettivi paesi. Siamo andati a casa sua per incontrarlo, ne è uscita fuori un'intervista informale e appassionata, ironica e profondamente umana.
Maestro, lei è venuto via dalla Sicilia molto presto. Da allora ci è tornato con frequenza regolare oppure soltanto per caso?
"Io me ne venni via nel '49, avevo 24 anni. I primi anni ci sono tornato solo durante le vacanze, diciamo scolastiche, perché ero impegnato all'Accademia di Arte drammatica e quindi potevo andarci durante l'estate o durante le vacanze natalizie. Poi, chiù passava il tempo e chiù mi era difficoltoso il viaggio in Sicilia per fatti di lavoro o di ricerca di lavoro. Quando, in un certo senso, mi sono stabilizzato a Roma, allora cercavo tutti i più bassi pretesti per tornare in Sicilia, come la morte di un cugino di quattordicesimo grado o altre facenne di questo tipo. Perché, in verità, diciamo che più passava il tempo e più aumentava lo spinno di andarci. Però, dal momento in cui principiai a scrivere romanzi, la Sicilia è tornata prepotentemente se non altro a vivere dentro di me. In un certo senso, la vivo più intimamente e meno geograficamente ".
Quando pensa alla Sicilia, la prima immagine che le viene in mente, qual è?
"Familiare! Cioè la Sicilia per me è mia nonna, mio nonno, mio patre, capisci? Poi l'allargo, ai compagni di scuola, ma non ai compagni di scuola dell'università, sono assai più importanti quelli che vanno dalla scuola elementare al ginnasio. I miei compagni, ai quali sono sempre rimasto affezionato, erano figghi di carrettieri, di operai portuali, e tutti avevano già, che so, alla terza, quarta elementare, una esperienza di vita rispetto a me che ero figghio di un burgisi; una cosa che tu non hai idea...".
Il ricordo si perpetua anche attraverso l'olfatto...
"Se è per questo, tra i ricordi ci sono anche il sapore degli asparagi selvatici, della cicoria, quello del cardo, che aveva un gusto pungente".
Stiamo parlando di quei sapori ormai introvabili...
"Ma sì, persi ormai per sempre. Ogni tanto tento di ricostruirmeli ma non ce la faccio. Il pesce era così fresco che friggerlo era un problema, perché si arrotola su se stesso, sai, e quindi bisognava con la forchetta tenerlo dritto. Era bellissimo... una facenna meravigliosa... ".
Visto che abbiamo affrontato l'aspetto gastronomico, oltre il pesce, ovviamente c'è l'arancino.
"Eravamo una famiglia numerosa, non meno di dieci, dodici persone a tavola e quando arrivavano, piombava il silenzio. A me capitò una volta che nonna fece arancini di una bontà che se morivi un attimo dopo eri soddisfatto, morivi bene. E stavo per dire alla nonna Elvira "nonna, stavolta..." quando sotto il tavolo mi raggiunse un calcio di suo figlio, mio zio Massimo. Allora chiesi: "Perché? Stavo dicendo che sono una meraviglia". "Questo è l'errore - mi rispose zio Massimo - non le devi dire niente, anzi devi trovare qualcosa che non va perché accussì lei migliora, vasannò riposa sugli allori".
Quando è stato l'ultima volta in Sicilia?
"Due anni fa. Andare ora in Sicilia per me ha solo il senso di andare a respirare un odore, perché, a 91 anni, io sono un superstite. E quelli con i quali parlo hanno 40 anni, 50 anni, ma non hanno con me quella confidenza che poteva avere un mio coetaneo".
Vuol dire che quando ci è stato le ultime volte, ha avuto una sensazione amara, di solitudine?
"No. No, questo no. È una sensazione curiosa, sentivo la gente accanto a me quindi la solitudine non l'ho mai provata giù. Non so, che ti posso dire, per esempio, vado a mangiare al ristorante, no? Ora io non vedendoci, è difficile pulire la triglia, beh, accanto a me si siede il proprietario, me la pulisce, tutta accuratamente e poi mi dice "se la può mangiare a occhi chiusi". Allora non hai il senso di solitudine, hai il senso di un affetto. L'affetto di cui io mi sento circondato mi salva dall'idea di solitudine; sento proprio questa sorta di calore accanto a me".

(Estratto pubblicato su La Repubblica, 14.7.2017)


Meraviglie a colazione
Il piatto più succulento? "Arancini-arancine". Andrea Camilleri non entra nell'annosa diatriba che divide i siciliani, sulla parola al maschile o al femminile. Ma preferisce soffermarsi sui ricordi domestici legati alla sfera di riso impanata e fritta. «Ci volevano la nonna, la mamma, la zia e altre due donne di servizio per prepararli come si conveniva, e due giorni di travaglio, dopodiché uscivano queste meraviglie di Dio», racconta lo scrittore di Porto Empedocle, nell'intervista firmata da Francesco De Filippo per la Guida ai sapori e ai piaceri della Sicilia 2018 (Giuseppe Cerasa direttore delle guide di Repubblica), ora in edicola (552 pagine, 9,90 euro), insieme ai volumi dedicati alle altre regioni: periplo intorno alla gastronomia dell'isola, tra ristoranti, dimore di charme, botteghe del gusto, dolci, produttori di vino, piatti della memoria, itinerari letterari attraverso i locali, i caffè, gli alberghi del cuore di Sciascia, Pirandello, Tornasi di Lampedusa, Verga e altri grandi della letteratura. È ghiotto Camilleri, come quel commissario Montalbano che non può rinunciare a sedersi a pranzo anche se alle prese con il caso più spinoso, e assaporare le sarde a beccafico con un buon bicchiere di bianco. Il pesce era cosi fresco che friggerlo era un problema, dice lo scrittore frugando tra i ricordi, «perché si arrotola su se stesso, sai, e quindi bisognava con la forchetta tenerlo dritto. Era bellissimo... una facenna meravigliosa...». Affiorano frammenti di vita familiare, odori e sapori estinti o sopravvissuti per ostinazione come la "munnizza": delizia dal nome poco invitante, servita per la prima volta da nonna Elvira nel 1942, quando la famiglia si trasferì in campagna per i bombardamenti. «Non capii cosa fosse, sicuramente verdura, ma non la solita verdura: cavolfiore, radicchio, indivia cruda ma anche cotta, e poi scarola, olive nere, uova sode tagliate», dice lo scrittore. Sotto, gallette imbevute di verdure. Sopra questo sontuoso ziggurat «nonna Elvira aveva sistemato fette di patate, di uova sode, di barbabietole mentre alla base aveva sbucciato alcune arance e sistemato le fette rotone come se fosse stata una corona».
Emanuele Coen (L’Espresso, 23.7.2017)


Andrea Camilleri ci conduce in un itinerario intimo e personale attraverso i suoi ricordi legati alla Sicilia: la scuola elementare di Porto Empedocle, dove le chiacchierate con i compagni di classe diventeranno materiale fertile per le vicende dell'immaginaria Vigata dei suoi romanzi, i pranzi in famiglia tra prelibatezze e gli odori mai dimenticati, il rapporto speciale con San Calogero, le mille contraddizioni della "sicilianità", le nottate di pesca con il padre alla luce della lampara o il profumo della campagna che si risveglia, all'alba di una battuta di caccia.
Maria Antonietta Pioppo (La Repubblica (ed. di Palermo), 9.7.2017)



Last modified Tuesday, July, 25, 2017