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Ho fatto un Giro

Diario di una corsa fuori stagione



Autore Gino Cervi
Prezzo € 14,00
Pagine 144
Data di pubblicazione 13 maggio 2021
Editore Touring Club Italiano
Collana Geografie


Ottobre, Giro d'Italia 2020. La pandemia ha cambiato il calendario della corsa: strade diverse, meno assolate, poco pubblico. Non è l'edizione della Rinascita, come quella del 1946 quanto quella dell'incertezza e dell'inquietudine, ma il Giro è sempre il Giro: da Monreale allo Stelvio pieno di neve, a una plumbea piazza del Duomo si snoda il racconto di un'Italia che continua ad aspettare il Giro che parte, che passa e che arriva.


Il Giro del Touring 2020, tappa 2. Ad Agrigento, il "settimo cielo" di Ulissi e la bici del giovane Camilleri
IL RACCONTO DI CAMILLERI
Sabato a Palermo abbiamo rivissuto, nelle parole di Davide Enia, i bombardamenti del maggio 1943. Ieri ad Agrigento, anzi a Porto Empedocle, idealmente ha corso al fianco dei ciclisti in gara, Andrea, un ragazzo di di non ancora 18 anni nell’estate del 1943. Nel luglio di quell’anno gli Alleati dalle coste del Nordafrica approdavano in Sicilia per dare inizio alla campagna di liberazione della penisola dal regime fascista e dall’esercito tedesco. Quando i primi bombardamenti aerei colpirono le città della costa sud dell’isola, furono molti a fuggire verso l’interno. In una di queste famiglie, sfollata a Serradifalco, nell’entroterra verso Caltanissetta, da settimane non si avevano più notizie del padre, rimasto a Porto Empedocle. Un giorno, il figlio decise che avrebbe preso a prestito una bicicletta e, accompagnato da un coetaneo anche lui ciclista, avrebbe provato con quella ad andare incontro al padre. Il viaggio fu un’Odissea: a stento riuscivano a farsi largo nella fitta schiera dell’esercito alleato che procedeva in direzione opposta alla loro, dal mare all’interno. Ma a differenza dell’amico, continuamente rallentato da forature e altri incidenti meccanici, Andrea pedalava su un mezzo praticamente perfetto, quella bicicletta pareva miracolosa e sopravviveva indenne allo scenario infernale di distruzione cui andava incontro. Andrea, per il gran caldo, intanto, poco per volta si era spogliato di quasi tutti gli indumenti e quasi nudo pedalava alla volta di Agrigento.
Le cose andarono così: «Lo facevo per il caldo, certo, ma sentivo di farlo anche per un'altra ragione che sul momento mi sfuggiva. Era dentro di me, quella ragione, e non riuscivo a tirarla fuori. E sentivo che, più che l'ansia per la sorte di mio padre, era quell'oscuro motivo che mi dava la forza di continuare a pedalare, malgrado la stanchezza più psicologica che fisica, malgrado la sete. Già, perché la borraccia era vuota da un pezzo e aveva seguito la sorte dei miei indumenti. Mi ero fermato solo una volta a domandare da bere a un contadino e poi non avevo voluto più perdere tempo. Fu quasi alle porte di Agrigento che vidi scritto sul muro di una casupola, a caratteri cubitali, con della vernice verde: “W la libertà”. E allora di colpo capii la vera ragione per la quale mi ero spogliato strada facendo. Oggi può sembrare retorica ma allora non lo era per niente. Sentivo di dovermi presentare nudo davanti a una realtà nuova, e tanto attesa, come per una seconda nascita. Se avessi potuto, avrei gettato via anche la vecchia pelle».
Il giovane ciclista in sella alla bicicletta Montante che andava, pieno di ansia e di paura, in cerca di notizie di suo padre, era Andrea Camilleri, che sulle pagine de “La Repubblica” del 4 maggio del 2008 raccontò questa esperienza di vita vissuta di quando era ragazzo. Ad Agrigento gli dissero di andare a cercare il genitore alla marina di Porto Empedocle: molti l’avevano visto lì per l’ultima volta. Tremante di paura e d’incertezza per la sorte del genitore, il ragazzo Camilleri imboccò la lunga discesa che da Agrigento conduce a Porto Empedocle, forse la strada all’incontrario che ieri ha fatto la corsa del Giro. Giunto al porto, Andrea vide una scena che nessuno meglio di lui avrebbe potuto descrivere: «Proseguii a piedi fino alla Passeggiata, dalla quale si vedeva il mare. Solo che il mare non c'era più. Era stato sostituito da un ammasso di acciaio e ferro, da centinaia di navi affiancate fino a perdersi all´orizzonte, erano in attesa del loro turno per scaricare i rifornimenti bellici per l'esercito alleato. Restai esterrefatto. Un tale, che mi stava in silenzio accanto, a un tratto commentò: “Si potrebbe arrivare a piedi in Tunisia”».
L’avventura ciclistica del giovane Camilleri nel mezzo della Sicilia in guerra, nell’estate del 1943, ha fortunatamente un lieto fine. Alla Capitaneria di Porto Empedocle ritrovò e riabbracciò suo padre, nominato Master Harbor, comandante civile del porto. Stremato dalla fatica, il ragazzo si diresse verso casa. La trovò occupata dai soldati americani che approfittavano del fatto che quella fosse una delle poche case in cui ci si poteva fare un bagno in una vasca. Diligentemente erano tutti in fila per il loro turno di abluzioni. Diedero però con rispetto e deferenza la precedenza al giovane padrone di casa che, su un letto di fortuna, nella casa completamente svuotata dagli sciacalli che avevano approfittato dell’assenza dei proprietari, una volta lavato per la stanchezza e le emozioni di quella giornata fece uno dei sonni più profondi della sua vita.
Oggi il giro arriva sull’Etna. Dopo la gloria ciclistica di Ulissi e l’“Odissea” a pedali di Camilleri, andremo anche noi incontro alla grotta di Polifemo.
Touring Club Italiano, 5 ottobre 2020



Last modified Thursday, May, 27, 2021