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I corsari del Terzo Reich e i segreti di Husky

Sicilia (1940-1943)



Autore Calogero Conigliaro
Prezzo € 19,00
Pagine 266
Data di pubblicazione Novembre 2017
Editore Libreria Editrice Goriziana
Collana Le guerre, n.87


Il libro racconta la storia della terza flottiglia motosiluranti germanica e delle sue operazioni nel Mediterraneo dopo l'arrivo in Sicilia per cooperare alla neutralizzazione dell'isola di Malta, minando le sue acque ed attaccando con i siluri i convogli di rifornimenti della Royal Navy. Intrinsecamente legata a questa leggendaria unità della Kriegsmarine è stata la base navale di Porto Empedocle, situata nella parte certromeridionale della Sicilia.
Una cittadina che pagò un prezzo assai salato per il proprio ruolo bellico nella guerra del Mediterraneo, subendo sanguinosi bombardamenti aerei dell'aviazione angloamericana. Proprio questa base con lo sbarco alleato in Sicilia del luglio 1943 avrebbe conosciuto, prima dell'arrivo delle truppe alleate, uno dei maggiori sabotaggi delle proprie difese, insieme a quello ben più famoso e concomitante di Augusta.
Fonti provenienti dall'Ufficio Storico della Marina, da quello dell'Esercito e documenti segreti degli archivi militari americani, con l'aggiunta di importanti testimonianze, hanno per la prima volta fatto luce su questo accadimento storico che contribuì alla decisione tedesca di invadere la Penisola Italiana.
Tra i testimoni di bombardamenti, adunate ed infine all'arrivo degli americani si trovava anche lo scrittore Andrea Camilleri che con un suo personale ricordo della città in guerra e di alcuni protagonisti contribuisce a impreziosire questo testo, una risorsa imperdibile per approfondire un momento chiave della Seconda guerra mondiale nel cuore del Mediterraneo.



La Schnellboot S32 in navigazione
(Foto Malgrado tutto)


Prefazione
La guerra a Porto Empedocle

Un ricordo di Andrea Camilleri
(25 maggio 2009 - Porto Empedocle)


Il ricordo di Porto Empedocle negli anni della guerra è quello di un paese sottoposto, soprattutto negli ultimi tempi del conflitto, a continui bombardamenti sia di giorno che di notte.
Una mattina mi svegliai e dal mio balcone vidi completamente stravolta e diversa la prospettiva che avevo sempre avuto della mia cittadina in quanto, durante la notte, avevano bombardato e raso al suolo diverse straduzze. Tutto fu distrutto tanto da poter vedere la marna bianca dell'altipiano Lanterna che ne costituiva il terreno.
Mio padre da sempre lavorava alla capitaneria di porto come ispettore del lavoro, per i porti della fascia meridionale della Sicilia. Quando scoppiò la guerra tutti i porti vennero militarizzati e così anche lui, Giuseppe Camilleri, divento "militarizzato".
Per evitare di essere colpiti dai bombardamenti, con la mia famiglia ci trasferimmo fuori paese, nella casa di campagna dei miei nonni in contrada San Giusippuzzu e spesso a cena, nostro ospite, veniva il comandante della regia marina Rosario Ziino in compagnia di diversi altri ufficiali. Il comandante era fratello di Ottavio Ziino famoso direttore d'orchestra.
Di altri personaggi ricordo il comandante della Milmart Pandolfo, erano le sue camicie nere che armavano i pezzi delle batterie contraeree situate sul costone dell'altipiano Lanterna.
La maggior parte di questo personale era composto da paesani arruolati nella milizia, generalmente perché troppo vecchi per il fronte.
Pandolfo me lo ricordo bene, andava in calesse, era però molto malvisto, perché animato da fanatico spirito fascista e verso la fine della guerra non erano più tempi di fanatismi.
Altro personaggio che ricordo molto bene, perché mio parente, era l'ultimo podestà di Porto Empedocle Riccardo Vadalà.
In paese venne un giorno in visita ufficiale il generale Chirieleison, comandante della divisione Livorno, la quale fu poi semidistrutta a Gela durante lo sbarco Alleato del luglio ' 43.
Tra gli episodi che mi sono rimasti impressi in maniera particolare c'è certamente una cena alla mensa dell'altipiano con gli ufficiali della Milmart.
La batteria Glena, principale mezzo di difesa antinave della base marittima, era comandata dal centurione Giuseppe Morello, cugino di primo grado di mio padre. Un giorno quest'ultimo autorizzò alla pesca, che allora era vietata una paranza, militarizzata come tutto il restante naviglio civile. La pesca fu ottima e servì per una grandissima tavolata comune allestita all'aperto. Io ebbi l'onore di fare parte di quella grande abbuffata.
Il piatto forte ricordo erano delle linguate gigantesche cucinate fritte e servite scottanti. Mentre stavamo mangiando quel pesce squisito arrivò, senza essere preceduto dall'allarme, un aereo nemico e si mise a mitragliare. Tutti gli ufficiali si alzarono e accorsero alle loro batterie, solo mio padre completamente assorto a mangiare la sua linguata rimase seduto al tavolo.
Tra i vari ricordi, c'e quello della visita del principe Umberto ad Agrigento. Mentre percorreva via Atenea in una decapottabile, un giovane, superato il cordone delle guardie, si avvicinò all'automobile e gridò all'erede al trono: "Cacci via Mussolini". Quel giovane si chiamava Luigi Giglia: immediatamente fu preso e portato al carcere di San Vito. Dopo la guerra Giglia ebbe una bellissima carriera politica e divenne deputato della Democrazia Cristiana e più volte segretario.
Ritenevamo tutti inevitabile lo sbarco alleato e devo dire che lo aspettavamo con un misto di timore e speranza. Non era ancora un sentimento antifascista, si trattava piuttosto di un diffuso senso di stanchezza.
Negli ultimi giorni della primavera '43, quando ormai lo sbarco era considerato imminente, io con la mia famiglia sfollai a Serradifalco da parenti.
In paese rimase solo mio padre.
Della caduta di Porto Empedocle resta memorabile la difesa della batteria Glena ad opera del capitano Morello il quale, dopo un'ultima disperata resistenza e dopo aver cannoneggiato le navi nemiche, si arrese a seguito di una violenta sparatoria con i rangers americani che il 16 luglio del '43 presero il paese.
Quando alzò bandiera bianca, il capitano Morello, da vero gentiluomo offrì un bicchiere di vino all'ufficiale americano che veniva a prenderlo prigioniero. L'americano non si fidò, gli disse: "Prima bevine un po' tu", e solo dopo si decise ad accettare il vino.
Il capitano Morello e il podestà Vadalà finirono in prigionia in Africa.
Per quando riguarda invece mio padre, dopo la presa del porto, venne nominato dagli americani "harbor master", cioè direttore del porto e tale rimase fino a quando arrivarono i badogliani.
Gli americani non volevano lasciare il porto agli italiani, e lui fece una grossa opera di mediazione per far sì che i suoi colleghi potessero riprendere il loro lavoro.



Calogero Conigliaro con Andrea Camilleri
(Foto Malgrado tutto)

Calogero Conigliaro è un giornalista e ricercatore storico, nato a Porto Empedocle (provincia di Agrigento) il 14 maggio del 1976. Dopo essersi laureato in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo con una tesi di storia contemporanea sulla strage di Cefalonia, pubblicata poi dalla casa editrice Navarra di Palermo in un volume dal titolo Dalla Sicilia a Cefalonia, ha svolto diversi incarichi giornalistici e ha collaborato con testate nazionali di cronaca e di storia militare.



Last modified Sunday, March, 25, 2018