home page





I kerees tis epochis mas

(Le antenne del mio tempo)



Autore Anteos Chrysostomides
Prezzo  
Pagine  
Data di pubblicazione 2012
Editore Kastaniotis
Collana  



Chrysostomides e il ritratto di Claudio Magris

Fra le pagine del libro “I kerees tis epochis mas” (Le antenne del mio tempo), che esce oggi nelle librerie greche edito da Kastaniotis, c’è anche Claudio Magris fra i trentatré famosi scrittori intervistati dall’autore, Anteos Chrysostomides, venuto lo scorso maggio a Trieste con Rea Galanaki. Nato dalla trasmissione televisiva omonima che dal 2007 Chrysostomides conduce con Michela Chartoulari per la tv nazionale EPT, il volume vuol essere un viaggio fra le inquietudini del nostro tempo e i temi che riguardano la letteratura, il suo futuro, la sua influenza positiva e talvolta negativa sulla società. Fra le voci coinvolte figurano anche Antonio Tabucchi, Andrea Camilleri e Dario Fo, quest’ultimo Premio Nobel come Mario Vargas Llosa, Nadine Gordimer, Orhan Pamouk, Jose Saramago. Nato al Cairo il 15 Febbraio 1952, Chrysostomides è direttore del Dipartimento Letteratura Straniera delle Edizioni Kastaniotis dal 1998. Sul quotidiano greco “Avghi” cura ogni domenica un’intera pagina su temi d’attualità. Ad Antonio Tabucchi lo legava una lunga e intensa amicizia, sfociata nella consuetudine di ritrovarsi ogni anno, la prima settimana di giugno, all’hotel “To Doma” di Chania, a Creta. E confluita anche nel libro-intervista “Una camicia piena di macchie”. Dello scrittore ha tradotto 18 libri e sta per tradurre “L'angelo nero”. Ha tradotto anche Calvino, Sciascia, Buzzati, Pasolini, Levi, Ammaniti, e saggi di Eco, Ingrao, Kezich. Ultimamente sto traducendo una pièce teatrale di Stefano Pirandello e “Storia della mia gente” di Edoardo Nesi. «Tabucchi - racconta Chrysostomides - non aveva un carattere mite e confortevole. E la scrittura, per lui, non era una cosa facile: quando scriveva, quando doveva stendere sulla carta il libro che aveva pronto in testa, diventava nervoso, soffriva di cefalee, si sentiva solo e solo voleva rimanere. Nei suoi testi non era mai autobiografico, ma metteva tutto di sé, e questo lo faceva soffrire. Un ricordo che mi viene adesso in mente: Creta, spiaggia affollata, sole assassino, lui ha dei problemi con gli occhi. Sta finendo il libro “Si fa sempre più tardi”. Ha in mano quei piccoli quaderni con la copertina nera che gli piacevano tanto. Il mare sta qualche metro più in là, ma lui non mi lascia andare a bagnarmi nemmeno per un minuto. Il racconto è pronto, qualcuno lo deve scrivere. Lui detta, io scrivo. Intorno a noi migliaia di bambini e di madri che strillano. E noi che stiamo lì a scrivere una storia triste, la storia di uno che torna dal manicomio a casa sua e cerca sua moglie, senza sapere che la moglie non c’è più e che quello che credeva una assenza di poche ore, è durata molti anni...».

(Maria Cristina Vilardo, Il Piccolo, 11.6.2012)



Last modified Saturday, June, 23, 2012