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Il partito dei senza partito



Tavola rotonda - Paolo Flores d’Arcais, Andrea Camilleri, Antonio Di Pietro
(da MicroMega, n.1/2009)

Le prossime elezioni europee sono un importante banco di prova. Il Partito democratico rischia la catastrofe e un'alta incidenza dell'astensionismo è più che probabile. Sempre più numeroso è il 'partito' dei cittadini senza partito, che condividono un preciso orizzonte di valori, ma non trovano la propria collocazione. Una lista civica potrebbe essere la soluzione? O è più realistico un 'affiancamento' all'Italia dei valori? Un confronto sulle proposte concrete.

Paolo Flores d'Arcais: Le prossime elezioni europee rischiano di essere una catastrofe, anche se siamo di fronte a fenomeni contraddittori. Questo governo si dimostra pessimo anche rispetto alle attese del suo elettorato, e non appena nasce un movimento su qualche tema cruciale (l'ultimo, quello sulla scuola, che ha coinvolto e coinvolge studenti universitari e medi, ricer­catori, insegnanti, e mamme delle elementari) i sondaggi rilevano un imme­diato peggioramento per il governo, ma nessun vantaggio per l'opposizione, in particolare per il Partito democratico, la cui popolarità continua anzi a calare. Movimenti e manifestazioni ottengono invece altissimi gradimenti, spesso imprevisti (quella di piazza Navona, benché demonizzata dai mass media, secondo i rilevamenti di Mannheimer, che certo non simpatizzava con la manifestazione, superò in consenso le cifre elettorali del Partito de­mocratico alle politiche, incidendo addirittura nell'elettorato leghista e perfino in quello della destra, cosa che al Pd non riesce assolutamente).
Insomma, l'opposizione nel paese esiste, è larga, probabilmente maggiorita­ria, ma l'esito delle europee rischia di essere catastrofico perché, una volta di più, non sarà Berlusconi a vincere ma sarà il centro-sinistra a perdere. Si dimostra sempre più vero ciò che disse Nanni Moretti ormai molti anni fa. «con questi dirigenti non vinceremo più». La prima domanda è allora ineludibile: il Partito democratico, con questi dirigenti, è riformabile? La mia impressione è che ormai, come viene confermato da ciò che emerge in troppe regioni e città, sia in fase avanzata e irreversibile una craxizzazione del partito, per cui un possibile rinnovamento di quel partito potrà avvenire solo attraverso una sua catastrofe elettorale. Che però non sia tale per l'intera opposizione democratica, ma anzi intercetti le forze antiberlusconiane in crescita nel paese.
Da qui la proposta, avanzata su MicroMega dello scorso settembre, di una lista della società civile alle prossime europee.
Ipotizzavo allora tre possibili modalità concrete: una lista assolutamente autonoma, di cittadini senza partito; un accordo tra una lista di cittadini senza partito e una lista esistente (l'unica ovviamente sarebbe l'Italia dei valori), con due simboli appaiati e la metà dei candidati scelta da ciascuna delle due formazioni; e infine, ipotesi che mi sembrava e continua a sembrarmi però francamente riduttiva, e non in grado di intercettare l'enorme potenzialità esistente nella società civile, quello che credo l'Italia dei valori abbia già in mente di fare, e del resto in parte ha già fatto alle passate elezioni politiche: aprire ampiamente le sue liste a candidati indipendenti.
Andrea Camilleri: A quanto pare, oggi ci troviamo di fronte a una certa flessione di consenso nei confronti della maggioranza senza che ciò si traduca in un aumento di consenso nei confronti della minoranza. Ora, da che cosa nasce questa flessione, sempre che ci sia davvero? Io credo che sia frutto, più che di una disillusione per ciò che ha fatto il governo Berlusconi, di fatti esterni che, tuttavia, non hanno minato la fiducia riposta nelle azioni del leader di centro-destra. Ci troviamo di fronte a un ,fenomeno unico di un partito che gira attorno a una sola persona, perché quelli che hanno votato Berlusconi, hanno scelto proprio lui e non la sua maggioranza. Per la mag­gioranza degli italiani, Berlusconi non è un uomo politico ma un mito: un falso mito, siamo d'accordo, ma pur sempre un mito. Ed è impresa davvero ardua abbattere i miti in assenza di fattori contingenti - economici e sociali - che possano scalfirne la tenuta. L'opposizione, oggi, si trova in una situazione favorevole, nel senso che- come dice il vecchio adagio - non tutto il male viene per nuocere, infatti, dal male, che oggi è rappresentato dalla cri­si economico-finanziaria, potrebbe nascere un gran bene. Si tratta però di sapersi organizzare. Sono perfettamente convinto che oggi come oggi il centro-sinistra, così come è organizzato, non sia minimamente in grado di fare una seria opposizione. In parlamento, viene sopraffatto, puntualmente, dalla gran quantità di voti che conta il centro-destra. Non solo, ma quest'ulti­mo ricorre con una certa frequenza al voto di fiducia, dunque, anche coloro che nella stessa maggioranza non hanno fiducia su un dato provvedimento, si trovano costretti a votare la fiducia! L'opposizione dal canto suo non può fare altro che astenersi dal votare, ma i numeri sono sempre quelli.
Da tutti questi discorsi sull'opposizione, io ho sempre escluso Di Pietro, perché ai miei occhi rappresenta la vera e unica possibile opposizione oggi in Italia. Quando ci fu il governo Prodi, noi ci trovammo di fronte ad un parti­to che sosteneva di essere un partito di governo e di opposizione, cosa che non è possibile. Mentre è possibile essere un partito sia di opposizione parlamentare sia di opposizione extraparlamentare, vale a dire un partito che sia a stretto contatto con la piazza. Oggi mi pare che l'Italia dei valori interpreti l'unica forma possibile di opposizione. Chi pensa di poter fare una seria opposizione al governo Berlusconi solo all'interno del parlamento, senza avere dietro di sé la forza di una protesta di piazza, oggi come oggi, secondo me è un illuso. Trovo giusto che, come dici tu, caro Paolo, le elezioni europee possano risolversi, per l'opposizione, in un disastro, soprattutto se il loro metodo rimane lo stesso.
Oggi Di Pietro rappresenta l'unica vera opposizione. Su questo, non credo di poter essere smentito, dal momento che Berlusconi e il suo governo sono pronti a trattare col Pd a un'unica condizione: che si faccia a meno dell'uomo nero, Di Pietro per l'appunto! Questa è la controprova che la sua opposizione è l'unica che possa in qualche modo incidere. E arriviamo al punto: cosa bisogna fare per evitare un disastro? Secondo me una possibilità, se non altro per tamponare la frana, oggi, potrebbe essere quella di stringere un'alleanza tra persone che non hanno «le carte macchiate», come si diceva un tempo al mio paese, e cioè che siano oneste, con la fedina penale pulita.
Flores d’Arcais: Berlinguer diceva, il partito degli onesti ...
Camilleri: Sì, che non abbiano mai fatto politica e si decidano a farla in questa situazione d'emergenza: perché ogni governo Berlusconi rappresenta una situazione di emergenza ed è pazzesco fingere di non vederla.
Flores d’Arcais: Dunque tu proponi un'alleanza che veda da una parte i cittadini che non fanno politica in modo professionale, e che però nell'emergenza che vive il paese decidono di impegnarsi nelle elezioni per il parlamento europeo, e dall'altra il partito di Di Pietro, che ti sembra l'unica opposizione oggi esistente. E questa l'idea?
Camilleri: Esatto, è questa.
Antonio Di Pietro: Andiamo con ordine. Prima di tutto devo dire che sono onorato di parlare con voi, quindi vi ringrazio della possibilità di questo dialogo. Quanto al merito delle questioni da voi poste, mi pare che sia stata fatta, sia da Flores d'Arcais che da Camilleri, una fotografia di un paese illuso da Silvio Berlusconi che, grazie alle sue televisioni, ai suoi mezzi di informazione, al suo conflitto di interessi perenne, riesce a far passare per vero ciò che è falso, a far credere, spostando continuamente l'attenzione dei cittadini, di aver risolto i problemi che invece restano irrisolti. Anche rispetto a quel che sta avvenendo in Medio Oriente, nella striscia di Gaza, il governo italiano non c'è, ma di questo in Italia non si parla né si sa che posizione prenda. Sulla crisi economica, il governo aveva promesso, proprio come in uno spot televisivo, che gli italiani avrebbero migliorato le proprie condizioni di vita votando per il centro-destra e, invece, il risultato è che a stare meglio sono lui e qualche suo amico. Insomma, io credo che il problema di questo paese sia proprio Berlusconi: una persona che ha scelto la politica per farsi gli affari suoi, che sono innanzi tutto giudiziari, poi imprenditoriali e infine personali. Credo che non ci sia mai fine al peggio e per questo c'è bisogno di un'opposizione netta e chiara, c'è bisogno di chiarezza nel linguaggio e determinazione dell'azione.
Per chiarezza del linguaggio non intendo dire saper parlare bene l'italiano, cosa che a me rimproverano molto spesso, ma saper dire le cose come stanno senza giri di parole: il presidente del Consiglio è un corruttore politico. perché ha corrotto la politica, trasformandola in una sua azienda, per fini prettamente personali. Le ragioni che ci animano sono numerose e non riguardano soltanto il Lodo Alfano (contro il quale lo scorso 7 gennaio abbiamo depositato in Cassazione quasi un milione di firme per il referendum): ma anche su questioni di rilevanza economica. Il presidente del Consiglio non fa l'interesse generale, ma solo di qualche speculatore finanziario a lui vicino. A ciò si aggiunge una concezione piuttosto «tollerante» dell'etica oltre che un blando, per non dire inesistente, senso della legalità.
Di questa situazione non do la colpa agli italiani, che sono come quei pazienti che quando vanno dal medico prendono le decisioni sulla base delle informazioni che ricevono dal medico e se questi dice che hanno un tumore se lo fanno operare. Il problema vero è che è l'informazione italiana ad avere 1m tumore perché segnata da un tale conflitto di interessi da riuscire a far credere agli italiani il contrario della verità. E allora bisogna fare squadra. mettersi insieme, anche con chi è distante da un punto di vista ideologico e programmatico. C'è un momento di vera e propria emergenza nazionale che impone a tutti, come lo ha imposto sessant'anni fa, di mettersi insieme per fermare un piccolo despota che oggi interpreta alla perfezione un modello autoritario, «argentino», di governo del paese: ha annichilito le funzioni parlamentari, riducendole esclusivamente ad una mera alzata di mano sul voto di fiducia o sui decreti legge, ha svuotato di dignità il parlamento tanto da permettere che una legge elettorale dia mandato a un pugno di perso­ne di scegliere chi deve andare in parlamento e chi non deve andarci (e tutti costretti ad alzare la mano, come delle marionette, sotto il «ricatto» politico di non essere riconfermati!), ha azzerato le funzioni di legalità e di controllo che non possono più essere attuate con indipendenza. Berlusconi è un corruttore politico perché crede di poter comprare tutti con incarichi e prebende, come fa con la propria maggioranza, conducendo il paese verso una vera deriva antidemocratica. La giustizia ne è la prova: la sistematica denigrazione della magistratura tanto da far credere che ci sia in corso una guerra tra bande, come quella tra guardie e ladri, la volontà di ostacolare il percorso della giustizia con leggi ad hoc oppure di esautorarne il ruolo, l'arroganza di voler scegliere, da solo, chi deve governare - come nel caso della vigilanza Rai - svuota, di fatto, il controllo di legalità.
Ecco perché mettersi insieme: per non rischiare che trionfi il principio del divide et impera su cui si regge la minoranza berlusconiana che diventa maggioranza per, diciamo così, la puzza sotto il naso che hanno tutti gli altri.
E arrivo alla riflessione fatta da Camilleri, quando invita il Partito democratico a non lasciarsi influenzare da Berlusconi e dai suoi, quando fingono di aprire alle riforme «a condizione di rompere con Di Pietro»! Perché c'è questo martellamento continuo? Non ha niente di meglio da fare, il gover­no, che preoccuparsi del fatto che all'opposizione ci sia una piccola forza politica come L'Italia dei valori? Perché, piuttosto, non provare a confron­tarsi con il Partito democratico senza pregiudiziali? Ma poi, che avrà mai fatto Di Pietro? Mente forse? Al contrario, semplicemente loro non vogliono che ci sia chi ricordi agli italiani quello che accade, perché gli italiani potrebbero accorgersi delle anomalie.
Allora, rivolgo il mio appello al Partito democratico perché non cada in questo tranello che ha il solo scopo di dividere l'opposizione. Ma, in particolare, è alla società civile che vorrei parlare: non è più il momento di stare a guardare, soprattutto, non è il momento per dire, «tanto sono tutti uguali». Non siamo tutti uguali: ognuno di noi può aver fatto mille errori, io pure ne ho fatti molti. E se dovessi tornare indietro è chiaro che tutte le volte che ho messo il piede storto lo metterei dritto! Il punto è che il cittadino italiano che sta dietro la finestra, che chiude le ante e non vuole guardare, che dice: «non vado a votare, tanto sono tutti uguali», per sfiducia, dà ragione pro­prio a chi teme che la politica possa cambiare, rinnovarsi, grazie alle energie nuove immesse dalla società civile.
Occorre, poi, fare un'altra riflessione. La nostra è una democrazia rappresentativa, dunque, alla fine contano i risultati elettorali, conta chi rappre­senta le istituzioni. Per questa ragione, i girotondi, la grande manifestazione di piazza Navona, tutti i movimenti di protesta organizzati dai cittadini restano un'importantissima attività di denuncia ma, se sono fine a se stessi, non riescono a incidere sulle regole del gioco né sono efficaci per quel ri­cambio della classe dirigente che, in una democrazia compiuta, passa solo attraverso il momento elettorale. lo sono contrario a questa legge elettorale per le europee, ma con questa dobbiamo fare i conti. Così come non condivido il finanziamento pubblico ai partiti: ma se questo è l'unico modo per raccogliere fondi per fare i referendum, allora non resta che stare a queste regole fino a quando non avremo la possibilità di cambiarle, da dentro le istituzioni! E allora, la legge elettorale per le europee stabilisce che quanti sono già rappresentati nelle istituzioni nazionali o europee, possono presentarsi senza raccogliere firme, quanti invece non lo sono devono impegnarsi in una complicatissima raccolta di firme. Questo vuol dire che se dietro hai un meccanismo organizzativo e finanziario che ti consente di entrare nel sistema, bene, altrimenti ne rimani fuori. Ecco, l'Italia dei valori vorrebbe utilizzare il proprio «carretto», la propria struttura, per permettere a qualcun altro che ne è sprovvisto, di esercitare una responsabilità politica pubblica: è, questo, un atto di umiltà «partecipativa», operosa, un mettersi a disposizione di quei cittadini di cui parlava prima Camilleri, perché c'è bisogno di loro. Lo abbiamo fatto alle scorse europee, e anche alle ultime politiche, quando abbiamo candidato diverse personalità - come Pancho Pardi e Giuseppe Giulietti - che non sono iscritte all'Italia dei valori e che oggi siedono in parlamento avendo mantenuto la loro completa indipendenza.
Flores d'Arcais: Provo a fare l'avvocato del diavolo, e vedere le difficoltà (en passant: quando Di Pietro ha parlato di modello argentino, penso si riferisse al carattere peronista del regime di Berlusconi). Ricordiamoci che Berlusconi non ha avuto la maggioranza dei consensi alle ultime elezioni, ha vinto per via di un meccanismo elettorale mostruoso, e se oggi stravince nei sondaggi è solo perché il cittadino interpellato non vede un'alternativa credibile (questo centro-sinistra non lo è più).
Ora, credo siamo tutti d'accordo che i movimenti di opposizione che si esprimono nella società civile, o parteciperanno in qualche forma al momento elettorale e istituzionale, oppure sono destinati a esaurirsi, o comun­que a «inabissarsi» in una lunghissima fase carsica sotterranea (e nel lungo periodo, come diceva Keynes, saremo tutti morti).
Affrontiamo allora le difficoltà: la prima è che moltissime persone non fan­no distinzioni, la delusione è tanta che sempre più spesso dicono: «i partiti sono tutti eguali». E non dobbiamo nasconderci che una serie di vicende che stanno agitando anche l'Italia dei valori (deputati del Sud che si lanciano l'uno contro l'altro l'accusa di essere conniventi con la camorra) facilitano moltissimo l'idea qualunquista che «il più pulito ha la rogna», per dirlo brutalmente. Sono certo che l'Italia dei valori saprà fare pulizia al suo interno (e la risposta di Di Pietro, «non c'è figlio che tenga», seguita dall'invito ai magistrati ad andare avanti, anche con le intercettazioni, resta esemplare) ma dobbiamo aver ben chiaro quali umori circolino in una grande fetta di opinione pubblica che pure potrebbe essere seria opposizione a Berlusconi.
Ecco perché io credo che: o troveremo il modo nelle prossime europee di far vedere che c'è una presenza autonoma, autorganizzata (con modalità da definire), da parte dei cittadini senza partito, e allora questa presenza sarà in grado, di raccogliere consensi, oppure, se non ci sarà, molte persone non andranno a votare, o magari tappandosi il naso voteranno ancora una volta per il Partito democratico, che non farà una vera opposizione. Perciò, l'appello di Camilleri «Non rimanete a guardare!» è sacrosanto, ma deve offrire ai cittadini qualche cosa di effettivamente nuovo.
E non dimentichiamoci che le europee offrono la possibilità di candidare an­che cittadini di tutti gli altri paesi dell'Europa. La mia lista ideale sarebbe composta per metà da candidati di altri paesi, per sottolineare il carattere internazionale che ormai hanno tanti problemi, e per metà da candidate donne, anche se non sono mai stato favorevole alle quote e in linea di principio non lo sono neppure adesso, ma ci sono momenti in cui è necessario compiere gesti simbolici, di cui tutti parlano e che nessuno fa mai fino in fondo.
Tutto questo deve avvenire come espressione di un movimento che si organizzerà attraverso internet eccetera, ma che i candidati siano in modo visibile, anche graficamente, un gruppo di cittadini senza partito mi sembra essenziale Perché non vada perduta una parte cospicua del potenziale di opposizione. E inutile nascondersi che una parte di questi cittadini avrebbe difficoltà a votare semplicemente l'Italia dei valori, anche se accogliesse molti candidati indipendenti.
E allora: è tecnicamente possibile una lista che al suo interno abbia due simboli, che accanto a quello dell'Italia dei valori contenga un simbolo che rappresenti la società civile, che dia netta l'evidenza della novità radicale che viene offerto agli elettori?
Camilleri: Paolo, quando dici che bisogna portare alla luce l'opposizione latente, dici l'unica cosa praticabile, e cioè quella di raccogliere i delusi che si trovano tanto a destra quanto a sinistra. Tu parli di una lista dei senza partito che comporterebbe un frazionamento ulteriore degli oppositori dell'attuale governo, nel caso in cui questa lista non fosse collegata all'unica realtà politica possibile, ossia l'Italia dei valori. Perché dico questo? Non solo per quello che l'Italia dei valori propugna, ma anche per gli esempi di apertura alla società civile che ha dato ogni volta che ha formulato le pro­prie liste. Quindi, il problema a mio avviso, ove non si voglia frazionare ulteriormente l'opposizione, è quello di avere una lista che, pur rappresentando i senza partito, sia in qualche modo legata a un partito già esistente, il più vicino agli ideali, e non agli interessi, di coloro che compongono la «lista dei senza partito». Come questo si possa fare tecnicamente, io non lo so. Di tutto il resto; dal tentativo di definizione di che tipo di mostro sia Berlusconi ai criteri di composizione della lista dei senza partito (che ad esempio ci siano più donne che uomini, cosa che io auspico, o cittadini stranieri), di tutto questo ne potremo discutere in seguito. Mi pare però, che sia impor­tante, prima, saggiare se c'è la volontà di questo affiancamento fra due liste possibili, e individuarne le possibilità di realizzazione.
Flores d'Arcais: Questa di Camilleri è una proposta molto concreta, e insieme un interrogativo sulle modalità tecniche, che tu Antonio conosci benissimo e su cui quindi ci puoi dare delle risposte.
Di Pietro: Assolutamente sì. Innanzitutto una premessa: i partiti sono come cesti di mele: le mele sono le persone e in ogni cesto può capitare la mela marcia. Nei partiti onesti, quando ci si accorge che nel cesto è capitata la mela marcia, deve scattare il dovere di togliere quella mela, perché non rovini tutta la frutta contenuta nèl cesto: ed è su questo terreno che si vede la differenza tra i partiti. Nel momento in cui l'Italia dei valori è passata da movimento a partito ed è entrata nelle pubbliche amministrazioni, si è data un codice etico così rigoroso che prescinde - come spesso ci ammonisce Marco Travaglio - dalle risultanze giudiziarie e che, infatti, è stato applicato pure a mio figlio, che si è messo subito a disposizione della magistratura e si è allontanato dal partito. Il codice etico stabilisce infatti che fino a quando non si chiariscono i fatti su cui la magistratura indaga, si procede con la sospensione dal partito e scatta l'espulsione appena quei fatti sono accertati. E fino a quando persistono delle situazioni poco chiare, si deve uscire dalle amministrazioni coinvolte.
Per questo motivo, in Campania, il giorno stesso in cui abbiamo saputo che si era aperta un'inchiesta su un nostro iscritto, lui si è autosospeso e noi l'abbiamo messo fuori dal gruppo. Inoltre, abbiamo immediatamente deciso di uscire da tutti gli organi di governo comunali, provinciali e regionali della Campania. Anche a Gesù Cristo - che pure era un padreterno - è capitato che su dodici persone che aveva scelto, ce ne fosse uno, Giuda, che lo tradì. A maggior ragione capita a noi, poveri cristi, che siamo semplici uomini! La differenza tra noi dell'Italia dei valori e altri partiti è data proprio dal coraggio e dall'umiltà di riconoscere se c'è qualcosa che non va e di porvi immediatamente rin1edio. Rivendico questa differenza perché vorrei che fosse fatta propria da tutti i partiti: solo così avremmo un parlamento e un governo diversi.
Per quanto riguarda gli aspetti tecnici su cui avete ragionato, è vero: bisogna fare i conti con le regole del gioco, e le attuali regole del gioco dicono che i cittadini senza partito, per definizione, hanno scarse possibilità di presentarsi alle elezioni, perché per partecipare alle elezioni, comprese quelle europee, bisogna che un gruppo organizzato - che sia un partito, un movimento, un'associazione, un comitato - presenti una lista. Orbene, le liste che non fanno capo ad un partito già esistente devono essere presentate attraverso una raccolta di firme, che è complicatissimo effettuare perché ne occorrono almeno 30 mila per ciascuna circoscrizione e 3.000 per ogni regione, Valle d'Aosta compresa, altrimenti non si viene ammessi. È quindi difficilissimo, se non impossibile, che un gruppo non legato ad un partito riesca a darsi un'organizzazione territoriale tale da riuscire a raggiungere il numero di firme necessario in tutto il paese. Per cui è necessario che questo gruppo, queste persone si presentino all'interno di un partito già esistente.
Flores d'Arcais: Ti chiedo solo una precisazione. Secondo la legge attuale. se non c'è la raccolta di firme, a presentare le liste deve essere un partito, ma questo partito è costretto a presentare l'identico simbolo con cui si è presen­tato alle elezioni, o può in parte modificarlo?
Di Pietro: Il partito, come abbiamo già fatto noi in altre occasioni, deve presentare un simbolo che sia simile al proprio e a quello con cui si è presentato nei precedenti appuntamenti elettorali, ma che può contenere delle differenze: per esempio, si può presentare il partito Italia dei valori trattino Società Civile, per intenderci...
Flores d'Arcais: Quindi il simbolo può essere modificato, purché sia riconoscibile l'origine...
Di Pietro: Esatto. Il problema non è tanto nel contrassegno in sé, ma nella sua titolarità che è (e per quanto riguarda Idv resta e deve restare) del partito che lo presenta e che si assume la responsabilità di far rispettare ai candidati tutte le regole della campagna elettorale. Dunque, ricapitolando, le ipotesi sono tre. La prima è che questa parte della società civile a cui stiamo facendo riferimento si presenti da sola alle elezioni, facendosi carico di tutto quello che abbiamo già detto, peraltro contribuendo in tal modo anche a un ulteriore frazionamento del quadro politico esistente. La seconda ipotesi è che un partito ospiti nelle proprie liste degli indipendenti, come abbiamo fatto noi nelle recenti elezioni politiche. La terza ipotesi è quella che il partito, oltre ad aprire le proprie liste, modifichi parzialmente anche il proprio simbolo (ovviamente senza che questo implichi di cedere simbolo e partito a dei titolari nuovi e diversi, anche perché francamente è difficile chiedere a un partito nazionale di sciogliersi in una realtà che ancora non c'è). Bisogna tenere poi a mente, nella preparazione delle liste, che questa legge elettorale (ed anche quella di cui si sta discutendo, anche se in maniera attenuata) prevedono le preferenze. E di questo occorre tenere conto quando si pensa, per esempio, come giustamente suggeriva Camilleri, di inserire in lista stranieri, se non si vuole soltanto utilizzarli come specchietto per le allodole, senza speranza di venire eletti. Per quanto riguarda le donne, esistono già le così dette quote rosa, ma riguardano solo l'obbligo di candidarle e non danno alcuna garanzia di elezione. Il problema è che spesso è difficile che una donna, magari meno conosciuta, riesca ad avere più preferenze di un uomo, e allora occorrerebbe approvare una legge che non solo tuteli la presenza femminile in lista, ma che, per esempio, imponga l'alternarsi del genere fra gli eletti, secondo il numero di preferenze di ciascun genere e non del numero assoluto di preferenze.
Comunque, l'Italia dei valori è disposta a ricevere candidature esterne e in­dipendenti, come ha sempre fatto e come vuole continuare a fare. Ed è aperta anche a valutare la possibilità che il proprio simbolo venga modificato ma senza rinunciare alla titolarità del partito e del suo contrassegno, perché, essendo noi un partito, non possiamo presentarci senza partito. Infine, nel caso in cui - questo sì, mi sento di poterlo dire - si volesse invece costituire un raggruppamento autonomo, allora - valutate le personalità candidabili - saremmo anche disposti a mettere a disposizione l'organizza­zione dell'Italia dei valori per aiutare a raccogliere le firme.
Prima di concludere questa nostra conversazione, vorrei ringraziare ancora entrambi perché mi sento onorato di aver avuto la possibilità di dialogare con voi su questi temi e spero che questo dialogo continui nelle prossime settimane: noi dell'Italia dei valori ribadiamo la necessità di fare squadra, perché il milione di firme che abbiamo depositato in Cassazione, nella mag­gior parte dei casi rappresenta il contributo spontaneo di persone che non votano solo per l'Italia dei valori e che si avvicinavano ai nostri banchetti per incoraggiarci. E la prova che esistono sensibilità, anche diverse tra loro, con cui è possibile lavorare.
L'Italia dei valori, ripeto, presenterà la propria lista (con un simbolo modi­ficato o meno, questo lo decideremo), e sarà disponibile a dare spazio a candidati indipendenti fino al 70-75 per cento delle proprie liste.
Non dimentichiamo, infine, le date. Si vota il 6 e il 7 giugno e questo signi­fica che - al di là dei formalismi delle date - la composizione dell'elenco dei candidati non può andare oltre il 15 aprile e l'inizio di una seria e proficua campagna elettorale non può essere fissato oltre il 30 marzo.
Flores d'Arcais: Mi sembra siano chiare le cose essenziali. Mi sembra di capire che una forza esclusivamente di società civile, di cittadini senza partito, avrebbe una difficoltà praticamente insormontabile a raccogliere le firme, malgrado l'offerta di Di Pietro di mettere a disposizione le sue strutture per far presentare questa lista «concorrente». Mi sembra che da parte di Di Pietro ci sia una grande apertura all'idea preferita da Camilleri, fare in modo che anche nel simbolo si evidenzi la novità della partecipazione di questi cittadini che non stanno a guardare. A Camilleri vorrei però chiedere: pensi che questa disponibilità, che tu hai manifestato in modo così netto, e anzi hai definito una necessità (non stare a guardare e impegnarsi direttamente per le elezioni europee) possa coinvolgere tante altre personalità della so­cietà civile? Pensi che attraverso ampie consultazioni su internet eccetera, si possa creare una circolazione e partecipazione per cui questa proposta assu­ma davvero il peso di un movimento di opinione? Non ti chiedo di dire se sei ottimista o pessimista, ma di valutare se le nostre sono espressioni di impegno individuale o se c'è, secondo te, la possibilità di coinvolgere tante altre persone e personalità in questa idea.
Camilleri: Non avremo la prova fin quando non avremo sottoposto questa idea al dibattito pubblico. Le cose avvengono per gradi e noi, oggi, con questa conversazione abbiamo fatto un primo passo. E farei un invito: non trinceriamoci dietro i nomi. Il fatto che persone indipendenti, senza partito, si costituiscono alla fine in un partito, è una contraddizione che si supera facilmente trovando un nome diverso, che so io... «gli indipendenti», tanto per fare un esempio. Oggi abbiamo stabilito un primo contatto. Il passo ulteriore è comunicare questo progetto, magari preparando un manifesto programmatico, anche attraverso MicroMega o via web, per iniziare a sondare il terreno, e avremmo fatto un passo ulteriore. D'altra parte, il milione di firme raccolto da Di Pietro e depositato in Cassazione, dimostra che un'opposizione diffusa e latente c'è già. E se noi non fossimo pronti per l'appuntamento delle europee, chi ti dice che dalla catastrofe non riesca a rinascere un nuovo centro-sinistra? Sono certo che Di Pietro, ad esempio, uscirà da queste elezioni ancora più forte, e il suo risultato positivo potrebbe fondare le basi per un consenso ancora più ampio al «partito-non partito» che affiancherebbe l'Italia dei valori. Per ora la cosa migliore da fare è quella di continuare a confrontarsi senza perdere di vista l'obiettivo.
Non si può essere pessimisti, altrimenti è meglio giocare alla roulette russa.

(a cura di Ilaria Donatio)

 



Last modified Wednesday, July, 13, 2011