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L'inizio della fine

La notizia dell’arresto di un nutritissimo gruppo di mafiosi tra Sicilia e Stati Uniti (un’ottantina di persone vicine ai clan Inzerillo-Gambino) colpisce per almeno due motivi.
Il primo è che viene così inequivocabilmente dimostrato come gli stretti legami tra la mafia siciliana e quella statunitense, che si sono a lungo creduti interrotti, in realtà non hanno mai smesso di esistere. Semmai erano entrati a far parte, per un certo periodo, di quella politica dell’immersione, della navigazione a quota periscopio, creata e voluta da Bernardo Provenzano. Ma va detto che un’azione congiunta di tale ampiezza da parte delle forze dell’ordine è una novità assoluta che fino a poco tempo fa non era nemmeno immaginabile. Il secondo motivo è costituito dal rilevante numero di arresti di mafiosi, a cominciare da quello del boss Lo Piccolo, eseguito nell’Isola in un arco di tempo di appena qualche mese. Sono certo che una buona spinta a questi arresti sia stata data da quella specie di rivolta civile promossa dalla Confindustria siciliana che ha messo all’ordine del giorno l’espulsione degli aderenti che soggiacciono al pagamento del pizzo.
Certo, prima della Confindustria c’erano state e continuano ad esserci coraggiose organizzazioni antiracket, ma la ferma presa di posizione degli imprenditori siciliani ha avuto indubbiamente un peso specifico di maggiore impatto. A ciò va aggiunta la quotidiana azione di alcuni sindaci (quello di Gela, Crocetta, in testa) per combattere a viso aperto la mafia nei rispettivi paesi.
Giovanni Falcone un giorno disse che la mafia, essendo costituita da uomini, era destinata a finire come tutte le cose dell’uomo. Forse, i fatti di questi ultimi mesi cominciano a segnare l’inizio della fine. Un’agonia che di certo sarà lunga e piena di rischi, ma mi auguro che il processo sia ormai irreversibile.

Andrea Camilleri

(Pubblicato su La Stampa, 8 febbraio 2008)


 
Last modified Wednesday, July, 13, 2011