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La curiosità non invecchia

Elogio della quarta età



Autore Massimo Ammaniti
Prezzo € 17,00
Pagine 152
Data di pubblicazione 31 gennaio 2017
Editore Mondadori
Collana Saggi


«Forse si invecchia veramente solo quando non ci si stupisce più, quando si dà tutto per scontato e la vita sembra non riservare più sorprese. Ma si può essere vecchi e mantenere il gusto della conoscenza e sapersi ancora meravigliare degli insoliti colori di un tramonto, di un fiore che si schiude o di una bambina che ti sorride con aria divertita.» Il nuovo libro di Massimo Ammaniti è una riflessione sulla terza e quarta età, e più in generale sulla vecchiaia, stimolata anche dalle testimonianze di ottantenni e novantenni protagonisti della vita culturale e politica del nostro paese (come Andrea Camilleri, Raffaele La Capria, Aldo Masullo, Mario Pirani, Alfredo Reichlin, Luciana Castellina, Angela Levi Bianchini) che ora raccontano di come e quanto è cambiato il loro modo di vivere i sentimenti e le esperienze propri della vita di ogni essere umano: la famiglia, l'amore, l'amicizia, il senso del tempo, i sogni, il desiderio, i ricordi, i lutti. Ammaniti ci mostra che non lasciarsi sopraffare dalla rabbia e dal rancore, non ripiegarsi su se stessi, ma continuare a coltivare affetti, interessi e passioni, a rimanere agganciati al presente e a fare progetti per il futuro, magari condividendo in modo partecipe quelli di figli e nipoti, è il segreto per far sì che la vecchiaia non corrisponda al tetro stereotipo di periodo di inquietudine e sconforto, di abulia e rassegnazione, insomma di vuota attesa della morte. Come l'anziano professor Borg, l'indimenticabile protagonista del film Il posto delle fragole di Ingmar Bergman, anche le persone intervistate rivisitano la storia della propria vita per rintracciare il filo rosso che l'ha attraversata e, con esso, la direzione e il significato del percorso compiuto. Così la dimensione anagrafica ed esistenziale della vecchiaia ritrova la sua verità, quella di una stagione indubbiamente difficile, irta di insidie fisiche e psicologiche, di paure e di perdite, ma che, se affrontata accettando la propria condizione senza risentimento né eccessivi rimpianti, e con la lucidità dovuta a una maggiore consapevolezza di sé e a un minor coinvolgimento emotivo nelle vicende del mondo, può rivelarsi una fase di straordinario arricchimento interiore e affettivo. Come quando il giorno concede al tramonto la sua luce più intensa e più vera.


Sigmund Freud ha mostrato che i sogni aprono una finestra sul nostro inconscio, e quando al risveglio proviamo a ricordarli, spesso si dissolvono, lasciandoci solo qualche immagine fugace ed enigmatica, difficile da interpretare. Moltissimo è stato detto sul loro significato: per esempio, che sarebbero una sorta di "riscrittura" delle nostre esperienze diurne secondo codici logici diversi rispetto a quelli della veglia, e che, in quanto tali, provvedono ad alimentare e arricchire il nostro mondo interiore. Quando si invecchia, i sogni assumono ancor più valore, forse perché si pone maggior attenzione alla propria dimensione personale: ci si scruta, si ascolta il proprio corpo, si controlla ciò che si mangia e come si dorme.
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Nell'
Interpretazione dei sogni, pubblicato nel 1900, il padre della psicoanalisi parla diffusamente dei sogni ricorrenti, quelli che possono comparire durante l'infanzia e ripresentarsi periodicamente nel corso dell'intera esistenza,e che procurano la strana sensazione di vivere una situazione già vissuta, ma il cui significato non è mai stato chiarito. È precisamente ciò che racconta Andrea Camilleri: «Credo di avere due o tre zone oscure, diciamo nebulose. Devo aver fatto qualcosa che non ricordo, perché per anni ho avuto un sogno ricorrente, di cui ho cercato disperatamente quanto inutilmente di individuare le motivazioni. Un sogno di colpevolezza, addirittura un assassinio: ammazzavo un uomo che non sono mai riuscito a vedere in faccia. Dopodiché lo nascondevo sotto un divano, lo stesso dove sono seduto ora, e sapendo che di lì a pochi minuti sarebbe arrivato qualcuno, vivevo nell'angoscia che mi chiedesse: "Oddio, che c'è qua sotto?" e scoprisse il cadavere nascosto"».
Anche Camilleri, dunque, ha un sogno ricorrente, che gli provoca angoscia non solo per il fatto di aver ucciso un uomo, ma per aver cercato di nascondere le prove della propria colpevolezza, con il conseguente timore — e forse anche il desiderio — di essere scoperto, l'unico modo per sedare il proprio senso di colpa. Ciò che rende particolarmente perturbante questo sogno è il fatto che l'autore ignori chi sia la persona che ha ucciso e perché.
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(Stralcio pubblicato su La Repubblica, 30.1.2017)



Last modified Monday, April, 17, 2017