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Lettere dal futuro

(ovvero dall'Italia berlusconiana)



da la primavera di MicroMega, n. -5, 12/04/2001

Caro amico ti scrivo dall'ottobre 2001


Roma, 28 ottobre 2001

Caro amico,

a Roma piove ininterrottamente da un mese, le strade sono perennemente allagate e il cielo è sempre grigio. E tu mi scrivi che in Finlandia, dove ti tratterrai a lungo, sembra estate! Come desideri, brevemente ti ragguaglio sui principali avvenimenti italiani dopo la strepitosa vittoria del Polo delle libertà alle elezioni del 13 maggio. Oggi 28 ottobre, malgrado il cattivo tempo, dall'alba le vie della capitale sono state invase da circa cinquantamila manifestanti che indossavano camicie azzurre, verdi e nere (una minoranza di nostalgici, dato che nel deprecato ventennio questa data veniva solennemente celebrata). Sono qui confluiti per festeggiare l'apertura del TSSM (Tribunale Superiore Speciale Magistrati, più semplicemente SS), alla cui presidenza è stato acclamato S.E. Filippo Destruso, il quale sarà coadiuvato nel suo alto magistero dal Giudice ad honorem Marcello Mela, cioè da colui che, pur essendo un esimio docente di Storia delle scienze, si è sempre appassionato ai problemi della Giustizia, e questo Tribunale Speciale ha fortissimamente voluto. S.E. Destruso, con la generosa ed elegante facondia che lo contraddistingue, ha pronunziato un alato discorso, degno di comparire in una ideale antologia dell'eloquenza accanto a Cicerone e a Demostene. Eccotene il solenne incipit: «Dicendo che questo è un giorno irremeabile, non intendo esser né parenetico né ecpirosico, ma solo affermare che una giustizia malescia e conbugliosa oggi finalmente trova il suo demulcente che saprà agire senza desidia, ferreamente volto a spazzare ogni sterquilinio, ogni razzamaglia!». Alla presenza del Presidente del Consiglio e delle più alte cariche dello Stato, S.E. Destruso ha cominciato a parlare alle 10 del mattino e ha terminato, tra applausi scroscianti, alle 18. Ha anche letto, come è suo costume, alcune pagine bianche. Molti tra i presenti, emotivamente travolti da quell'inarrestabile fiume d'eloquenza, hanno dovuto far ricorso ai medici del pronto soccorso. Anche il Capo del Governo verso le 15 è sbiancato, ma il malore è durato appena qualche minuto, poi la sua volontà superna ha avuto il sopravvento sulla fragilità del corpo. Fondamentalmente, nel discorso di S.E. Destruso, è stato l'annunzio della legge (che avrà valore retroattivo) contro l'accanimento giudiziario. «Che rappresenta un reo nel corpo sano della società?», si è chiesto il Presidente Destruso. Premesso che quello che non è sano è malato, S.E. ha spiegato che la medicina s'impegna di solito nella eliminazione della malattia entro definiti limiti, oltre i quali, come nel caso di malati terminali, la cura perde la sua connotazione, la sua finalità e si tramuta in pura ostinazione, ricerca della sfida, cecità testarda. In due parole, si muta in «accanimento terapeutico». Se è vera dunque l'equivalenza corpo sano-società sana, ne consegue che il reo è un malato e che la Giustizia giusta di deve porre gli stessi limiti morali che si pone la medicina. E qui ha fatto un esempio lampante: infliggere tre ergastoli a un uomo, non è l'espressione di una particolare volontà di accanimento? Un solo ergastolo basta e avanza. E a questo punto S.E. è passato alla pars costruens del suo discorso proponendo la non pluralità delle indagini tanto individuali quanto societarie. Vale a dire che in futuro un'azienda non potrà più essere indagata contemporaneamente per falso in bilancio, false fatturazioni e corruzione: in questa situazione è dovere del P.M. scegliere il reato che più gli aggrada e solo su quello procedere. Operata questa scelta, tutti gli altri reati connessi s'intendono automaticamente estinti. Sua Eccellenza ha anche anticipato la prossima istituzione di un Giudice dell'Intento che agirà nell'ambito del TSSM. Questo Giudice, che potrebbe intervenire solo in situazioni particolari e sempre su richiesta dell'indagato, avrebbe il compito d'accertare, ad esempio, se il Presidente (o l'amministratore Delegato) di una grande società, violando o aggirando la legge e ricavandone vantaggi economici personali, abbia però operato col segreto intento di aiutare il generale progresso socioeconomico dell'intero Paese. Se il giudice dell'Intento accerta la volontà positiva che sta dietro alla violazione, concede all'indagato - dato che rimane basilare il principio che nessuno può sottrarsi alla Legge - la facoltà di scelta del Giudice e del relativo Collegio Giudicante, senza alcuna limitazione territoriale e senza ostacoli di competenze.
La modifica del Codice Penale con l'innovativa introduzione delle AGE (Attenuanti Generali Estensibili) è a buon punto, ha rivelato Sua Eccellenza, e sarà presto varata malgrado l'opposizione di comunisti, criptocomunisti e cattocomunisti che fanno vana demagogia e sciocco populismo. Se non lo sai, l'AGE è la logica conseguenza di una convinzione del Capo del Governo consistente nel credere che il ricco non ha bisogno di rubare, mentre il povero è naturaliter portato al latrocinio. A rigor di logica ne consegue che il ricco che infrange la Legge per maggiormente arricchirsi commette un gesto gratuito che rientra nella sfera più dell'errore di gusto che del reato. In questo caso si applicano le Attenuanti Generali Estensibili che possono anche superare il massimo della pena prevista per quel reato. Mi spiego meglio: nel caso che a un tale condannato a tre anni vengono applicate le AGE, egli non solo è mandato assolto, ma se le AGE hanno raggiunto la somma di anni quattro, gli resta accreditato un buono sconto di un anno valido nel caso di una futura condanna.
In chiusura, riferendosi all'attività pratica dell'SS (Supremo Speciale), Sua Eccellenza ha chiarito che esso può agire solo dietro denunzia precisa e circostanziata di cittadini che si sono sentiti vittime dell'accanimento giudiziario. Le denunzie possono essere inoltrate anche via fax o e-mail. S.E. Destruso ha reso noto che già nel corso della stessa prima giornata alla segreteria dell'SS sono arrivate oltre tremila denunzie contro magistrati. E non è un caso, ha voluto sottolineare S.E. che il maggior numero di denunzie sia a carico di quelle che furono definite «toghe rosse».
Ti lascio, amico mio. Si è fatta notte.
Un abbraccio dal tuo

Andrea Camilleri
 

da la primavera di MicroMega, n. -4, 19/04/2001

Gli amici del Cavaliere riscrivono la storia


Roma, 2 novembre 2001

Caro amico,
la novità rilevante di questa settimana si è verificata stamattina con l'insediamento ufficiale della CRIS (Commissione Revisione Insegnamento Storia). Hanno scelto questo giorno, 2 novembre, perché è la ricorrenza dei Defunti e quindi, poiché «la storia non è altro che una faccenda di morti», come ha detto nel suo discorso in modo forse un po' troppo sbrigativo ma certamente efficace, il Presidente on. Sturace, migliore occasione non poteva essere data. Contrariamente alle aspettative e alle segrete speranze degli avversari, l'onorevole Presidente nel delineare i compiti della Commissione, ha avuto accenti sereni e parole assai equilibrate.
Il Presidente ha voluto, prima di tutto, rassicurare coloro che hanno creduto ai polemici, maliziosi e interessati stravolgimenti del suo pensiero. La Commissione non intende operare censure di sorta - il concetto di censura, ha precisato l'onorevole Sturace, è completamente estraneo ai principi democratici e liberali nei quali egli si è formato - ma il più discretamente possibile intervenire solo nel malaugurato caso che, in un libro di testo, si riscontrino opinioni di parte e chiare faziosità che mal s'attagliano alla deontologia dello storico e oltretutto nuocciono gravemente alla corretta formazione de' giovinetti. Il principio-guida della commissione è anzitutto la verifica dei documenti storici basandosi su una idea assolutamente innovativa, vale a dire quella del pensiero probabile. E qui l'onorevole Sturace ha portato due vistosi e incontrovertibili esempi, il primo riguardante un democristiano e il secondo un comunista. «Notate la mia equidistanza», ha sottolineato. Ha quindi ricordato che un giornale, intorno agli anni Cinquanta, pubblicò una lettera dell'on. De Gasperi con la quale il futuro Presidente del Consiglio chiedeva agli americani di bombardare Roma. La lettera risultò falsa e il giornalista venne condannato.
Il secondo caso, assai più recente, riguarda uno storico che, ritrovata negli archivi moscoviti del KGB una lettera di Togliatti, nella quale questi dichiarava di non voler entrare in merito alla terribile sorte dei suoi compagni italiani in URSS, la riprodusse all'interno di un severo studio storico attirandosi violente accuse di falso. E' questa nozione arretrata di vero e di falso che va cancellata, ha sostenuto con forza il Presidente, in quanto, nel formulare un giudizio di attendibilità o di falsità storica, non si è finora tenuto conto del pensiero probabile. La corretta domanda da porsi, in presenza di siffatti documenti, è solo questa: non è ipotizzabile che De Gasperi abbia, sia pure per un solo momento, probabilmente pensato all'opportunità di un bombardamento alleato su Roma? Non è ipotizzabile che Togliatti, sia pure per un momento, abbia probabilmente pensato di sottrarsi alla spinosa questione dei compagni italiani vittime delle purghe staliniane? Alla luce del pensiero probabile i due documenti discussi appaiono dunque perfettamente veritieri e tali da essere considerati assolutamente originali. Una particolare attenzione, ha proseguito il Presidente, verrà riservata ai testi degli storici d'acclamata notorietà. Si parta dal presupposto che un bravo storico è, nella maggior parte dei casi, un narratore espressivo ed efficace e quindi in grado di coinvolgere, anche emotivamente, i suoi lettori. Se questo capita con un lettore adulto, transeat, l'adulto è in grado, con l'esperienza che possiede, di sviluppare un'istintiva immunizzazione. Cosa avviene quando il lettore è ancora un giovinetto? Se il cervello dei bambini è cera molle, ne consegue che quello de' giovinetti è cera semi-molle, non completamente indurita, e quindi si rischia d'incidervi convinzioni assolutamente squilibrate che possono in modo determinante condizionare a senso unico il loro pensiero. E' qui che deve entrare in ballo la riequilibrazione psicologica. Questo principio è stato illustrato dal Presidente con due lampanti esempi. Se uno storico racconta, con ampiezza di particolari suggestivi, la vicenda dei desaparecidos in Argentina, alla fine ci sarà un asterisco che rimanda a una brevissia nota a piè di pagina: Ma si ricordino comunque, per onestà storica, gli eccidi di Stalin perpetrati ai danni dei contadini russi. Se un altro storico affronterà le vicende dei regime del generale Pinochet in Cile, sarà introdotta a piè di pagina una nota di questo tipo: Ma non vanno dimenticati gli atroci massacri compiuti dai khmer rossi.
Particolarissima vigilanza sarà messa in atto su quei testi che si soffermano sull'Olocausto. In linea di massima, il fervido consiglio che la Commissione rivolge agli storici compilatori di libri di testo è quello di sorvolare sull'argomento. Esso può aveve effetti addirittura devastanti sulla psiche ancora in formazione de' giovinetti e quindi sarebbe opportuno che ne venissero a conoscenza solo in età matura. Se purtuttavia in un libro di testo si ritiene di dover accennare all'Olocausto, è bene che siano presi opportuni accorgimenti, il primo dei quali è che mai, in nessun momento e per nessuna ragione, nel corso della trattazione, possono essere usate fotografie e fotogrammi tratti da documentari. Questo sia per evitare inutili choc emotivi sia perchè è assai difficile, se non impossibile, distinguere delle vere fotografie da abili fotomontaggi (spesso sfruttati, a questo proposito, da parte di storici privi di scrupoli). Ad ogni modo, le righe da dedicare all'argomento non potranno superare la diecina, all'interno di esse deve però trovare posto anche un sia pur brevissimo cenno alle tesi del più serio e accreditato revisionismo («Non temo d'adoperare questa parola!», ha dichiarato con fierezza il Presidente) che, pur ammettendo con serenità l'esistenza di quei campi di sterminio, opportunamente ne controbilancia, dati di fatto alla mano, la realtà e la portata.
Il Presidente Sturace ha annunziato che sarà pronto, al più presto, un elenco di libri di storia consigliati per l'adozione nelle scuole. Questo non significa che automaticamente gli altri libri sono da considerare sconsigliati e quindi non adottabili - ha tenuto a precisare il Presidente - noi ci stiamo limitando ad esprimere una nostra preferenza, dopodichè ognuno può scegliere in piena libertà democratica.
A conclusione del suo discorso, tra applausi scroscianti, l'on. Sturace ha annunziato che Il libro nero del comunismo sarà adottato quale testo-base di storia nelle scuole di ogni ordine e grado.
Oggi, contrariamente al solito, non sono andato al Cimitero. Ho preferito restare in casa a pensare ai morti miei e ai loro.
Un abbraccio. Tuo

Andrea Camilleri
 

da la primavera di MicroMega, n. -3, 26/04/2001

Il filosofo Lucio Polsini e la nuova lotta alla mafia


Roma, 30 novembre 2001

Caro amico,
prometto che non ti darò più notizie del tempo perché qui è pioggia continua, allagamenti, frane, inondazioni, smottamenti, tracimazioni. E' trapelato che i metereologi delle televisioni e dei giornali sono stati chiamati a rapporto dal Ministro dell'Informazione che prima li ha accusati di remare contro, di fare disfattismo e alla fine ha preteso e ottenuto che, al momento delle previsioni, ogni giorno venga detto che assai presto tornerà il sereno. Come sottofondo obbligatorio sarà riesumata una vecchia canzone fascista, «Adesso viene il bello». La costituzione del «Comitato Unico per la lotta alla mafia», più brevemente CU (ossia Comitato Unico), pare che sia destinata a slittare nel tempo.
Le ragioni sono molteplici e, a dimostrazione del travaglio (bada bene, sto usando la «t» minuscola) nel quale si dibattono i partiti oggi al potere a proposito della questione mafia, basterà che ti citi qualcuno degli innumerevoli saggi e articoli che sull'argomento sono stati pubblicati in questi giorni. Ma prima voglio informarti della precisa posizione assunta dalla già esistente Commissione parlamentare Antimafia, il cui Presidente ha dichiarato: «Noi non vogliamo essere presi per il CU», intendendo con ciò che regole ben precise devono differenziare la Commissione dal Comitato.
Altre vivaci polemiche sono state suscitate dalla proposta di assumere nel CU, quali consulenti tecnici, Riina, Bagarella e Brusca. Chi meglio di loro, in effetti, può intendersi di mafia? La cosa pareva conclusa positivamente quando alcuni deputati della maggioranza hanno fatto giustamente notare che i nomi dei designati erano tutti di mafiosi della Sicilia occidentale, mentre quelli della Sicilia orientale erano stati proditoriamente esclusi. Parzialità evidente, perché sono note a tutti la statura e la forza della mafia nelle province orientali. A questo punto, fatti i dovuti calcoli e dato lo spettante ad ogni personalità di rilievo, i consulenti tecnici risultavano essere 302. Troppi, francamente. La questione è ancora in alto mare.
Ad elevare il tono delle discussioni è stato un saggio del filosofo Lucio Polsini il quale, com'è noto, viene in genere pagato per non essere pubblicato. Il fatto che stavolta sia stato pubblicato e pagato indica l'eccezionalità e l'importanza dello scritto. Polsini parte da una lunga premessa, documenti alla mano. Egli scrive che nel Nuovo Dizionario siciliano-italiano del Mortillaro (Palermo 1860), alla voce MAFIA si legge testualmente: «Voce piemontese introdotta nel resto d'Italia ch'equivale a camorra» e che della voce MAFIUSU vien data questa sola definizione: «Divoramonti». Le cose si chiariscono maggiormente, continua il filosofo, se si va a consultare un altro vocabolario, quello del Traina (Palermo 1868), dove il mafioso viene detto sì «bravaccio», ma anche «sbarazzino», e soprattutto è definito con ben 7 termini elogiativi (buono, eccellente, ardito, valente, baldo, bello, esperto) contro solo 3 negativi (sbracione, tracotante, spocchioso).
Le argomentazioni che il filosofo ci propone conseguono tutte, con ferrea logica, da questa premessa. Anzitutto: se una parola nasce in un luogo vuol dire che il suo seme è stato piantato in quel luogo e quindi la mafia è nata in Piemonte e solo successivamente è stata esportata nell'Isola. Perciò bisogna usare molta prudenza nel dire che solo i siciliani sono mafiosi. L'altro punto del saggio verte sulla domanda: perché alla parola mafioso si è voluta usare la violenza d'adoperarla solo in senso negativo quando le definizioni positive erano in grandissima maggioranza?
E qui Polsini si lancia in un lungo excursus sociopolitico, che ti risparmio, concludendo che oggi come non mai è necessario un attento revisionismo sul fenomeno mafioso.
A questo punto sono scesi in campo (per usare un'espressione alla moda) due autorevoli personaggi, un politico e un giornalista. Il politico è il Senatur, il quale afferma in primo luogo che Polsini scopre l'acqua calda perché lui, il Senatur, quando in tempi passati chiamava il Cavaliere il «mafioso d'Arcore» già era a conoscenza del Dizionario del Traina e quindi intendeva appunto definire il Cavaliere «buono, eccellente, ardito, valente, baldo, bello ed esperto». In secondo luogo, sostiene nel suo articolo il Senatur, nulla al mondo gli farà cambiare idea sull'origine isolana della mafia e la sua constatata ereditarietà e contagiosità da siciliano a siciliano. E' proprio per questo, rivela alla fine dell'articolo, che in armonia d'intenti col Governatore Formiconi è stata avanzata la proposta di rimpatrio forzato di tutti i siciliani residenti e operanti in Lombardia.
Il giornalista si chiama Francesco Tordo, catanese, notista politico di uno fra i maggiori quotidiani italiani. Il Tordo sostiene che la Sicilia e i siciliani sono vittime di un pregiudizio creato dagli stessi scrittori siciliani e invoca «una sorta di guerra di liberazione contro l'imperante, dilagante, ossessivo cretinismo sicilianista». Perché, si domanda il Tordo con ardito colpo d'ala, «un cittadino che vuole farsi i fatti propri è omertoso, il vestito nero di una donna non è un segnale sexy come a Parigi ma è un sospetto di lutto?».
Il Tordo ha scritto parole sante, amico mio. I siciliani, che hanno cercato per anni di farsi i fatti propri, negli ultimi tempi avevano cominciato a dirazzare. Il richiamo del Tordo è quindi più che opportuno. E qui mi onoro ricordare che chi denunziò gli assassini del giudice Livatino era un continentale, noi siciliani non ci entriamo. In quanto alla faccenda del vestito nero, una mia conoscente ottantenne, vedova, con la pensione minima, alla quale è morto un figlio sul lavoro, ha provveduto a ordinare un abito nero a Dolce&Gabbana perché per lei il lutto non è un sospetto, ma una certezza.
E' intervenuto anche Dumonti, il Ministro delle Finanze, sottolineando il grosso rischio economico che si corre sequestrando i capitali della mafia e rendendoli improduttivi.
Infine, proprio oggi è apparso uno scritto del Cavaliere che racconta la sua personale esperienza con un mafioso, tale Mangano, da lui assunto come stalliere. Ebbene, Mangano, a contatto quotidiano con gente onesta e rispettabile, si stava avviando sulla strada della redenzione quando è intervenuta la Procura di Palermo a guastare tutto. Perché non estendere l'esperimento?, si domanda il Cavaliere. Se gli esponenti della maggioranza, che son tutti uomini di buona volontà mentre i comunisti alimentano solo l'odio, si mettessero in casa un mafioso, o due, quante vite potrebbero essere risparmiate, quante anime rimesse sulla retta via?
Come vedi la questione è molto dibattuta. Ti terrò informato.
Intanto ti abbraccia il tuo
 

Andrea Camilleri
 

da la primavera di MicroMega, n. -2, 03/05/2001

Un Te Deum per il nuovo Concordato


Roma, 6 dicembre 2001

Amico carissimo,
continua a piovere implacabilmente e se ne cominciano a vedere i disastrosi effetti. Corre voce che della villa di Adriano non esista più niente, che la Domus Aurea sia sepolta dal fango, che la torre di Pisa abbia raggiunto una posizione ormai quasi orizzontale e che nel teatro greco di Siracusa si svolgano corse clandestine di motoscafi (queste notizie non sono riportate né dalla tv né dai giornali perché così ha voluto il Ministero dell'Informazione). Un giornalista ha scritto che è come se i monumenti della civiltà italiana fossero stati colpiti da un oscuro desiderio di autodistruzione. E' stato condannato a sei mesi per turbamento dell'ordine pubblico. Il Colosseo invece è stato restaurato a tempo di record perché da sabato prossimo ospiterà il primo campionato nazionale gladiatorio a cura della benemerita Associazione Gladio. Il Presidente ad honorem dell'Associazione, il senatore sardo Lepre-Marzolina, ha illustrato il programma che contempla, tra l'altro, lo spettacolo (in verità molto atteso) di comunisti irriducibili dati in pasto ai leoni. Ma ti voglio mettere al corrente dell'avvenimento più importante di oggi. Le radio, le televisioni e i giornali l'altrieri e ieri avevano detto e ripetuto che oggi, alle dieci del mattino, il Papa e il Capo del Governo avrebbero fatto uno storico annunzio. Già alle otto del mattino, malgrado imperversasse un vero e proprio nubifragio (definito "un'ira di Dio" da un incauto cronista della Rai che è stato subito licenziato), piazza San Pietro era gremita. Poi, alle dieci spaccate, alla solita finestra si sono affacciati il Papa e il Cavaliere il quale, per l'occasione, aveva ritenuto di doversi vestire completamente di bianco, tanto che a distanza era assai difficile distinguere chi fosse l'uno e chi l'altro. Prima ha parlato in latino il Papa che, con la voce rotta dalla commozione, ha detto che, dopo rapidissime trattative, lo Stato Italiano e la Santa Madre Chiesa avevano sottoscritto un novello Concordato. La Chiesa, ha detto il Papa, ha avuto la grande fortuna, nel corso della sua recente storia, d'imbattersi in due Uomini della Provvidenza, ambedue Cavalieri, due Capi di Stato che hanno sempre saputo sottoporre le loro pratiche terrene all'afflato di una intensa, profonda spiritualità. Non per nulla - ha continuato il Papa indicando il Cavaliere - quest'Uomo seppe di potersi definire l'Unto del Signore sfidando, col coraggio di un Martire, lo scherno degli ottusi laici e gli osceni lazzi dei miscredenti senza Dio.
Quest'Uomo - ha ancora detto il Papa - mi ha confessato che considera il danaro "sterco del demonio" e che ha una sola aspirazione: vivere in francescana povertà quando si sarà finalmente liberato dal grave pondo delle sue responsabilità. A questo punto, tanti sono caduti in ginocchio, tutti erano in lacrime, osannanti. Quindi ha preso la parola il Cavaliere che si è rivolto alla "gente" in lumbard (pare sia stata un'esplicita richiesta del Senatur che altrimenti minacciava di aprire la crisi). Ha sobriamente ringraziato il Papa e ha dichiarato che quello era il secondo giorno più bello della sua vita, il primo essendo stato quando il Milan vinse la Coppa dei campioni.
Poi il Papa e il Cavaliere hanno benedetto la folla e si sono ritirati. Subito dopo i due portavoce, Tavarro per il Vaticano e Pajani (momentaneamente sospesosi da Sindaco) per il Governo, hanno ricevuto i giornalisti illustrando loro, per sommi capi, i punti essenziali del novello Concordato.
Lo Stato della Città del Vaticano considererà Stato confederato lo Stato Italiano, concedendo la totale autonomia per tutto ciò che riguarda le manifestazioni artistiche (mostre, concerti eccetera), i trasporti, la navigazione marittima e fluviale, le imposte comunali. Parimenti, lo Stato Italiano considererà Stato confederato il Vaticano concedendogli altrettante larghe autonomie. Il compito dell'esazione delle tasse rimane centralizzato e viene affidato allo Ior che si fonderà con la Fininvest. I confini del Vaticano saranno leggermente ritoccati (non è stato specificato altro in proposito, ma pare che davanti all'attuale Palazzaccio, che sarà abbattuto, sorgerà un aeroporto per consentire al Papa una maggiore rapidità nei suoi viaggi all'estero). Quelle che però vanno sottolineate, ha detto Tavarro, sono le iniziative concordatarie al fine dell'educazione cattolica de' giovinetti e l'elevazione spirituale del popolo italiano. In primo luogo, viene abolita la divisione assurda, addirittura colpevole, tra scuola pubblica e scuola privata. A capo del Ministero della Pubblica Istruzione andrà un Cardinale, mentre, a capo dell'analogo, istituendo Ministero vaticano, andrà un politico italiano ancora da designare.
Quindi ha preso la parola Pajani per dire che, essendosi dimostrata assolutamente infondata la pericolosità delle onde elettromagnetiche (voce messa in giro dai comunisti per scopi fin troppo chiari), il Vaticano e lo Stato Italiano hanno convenuto che ai trasmettitori e ai ripetitori della Radio Vaticana sarà decuplicato lo spazio già concesso, mentre i bambini che sono accidentalmente deceduti nelle vicinanze di detti tralicci saranno immediatamente proclamati angeli e beati. Non solo, ma lo Stato Vaticano avrà al più presto una sua televisione gestita da Mediaset.
Ha poi ripreso a parlare Tavarro dando tre autentiche notizie-bomba.
La prima è che, avendo il Cardinale Martini chiesto di potersene tornare ai suoi prediletti studi a Gerusalemme, è stato finalmente accontentato. Al suo posto andrà il noto filosofo del Liechtenstein, Rocco Putiglione, che era stato nominato già da tre anni Cardinale in pectore. La notizia è rimbalzata a Milano con grande fragore, il Governatore Formiconi ha avuto un leggero mancamento. Poi, ripresosi, ha chiesto e ottenuto la celebrazione di un Te Deum di ringraziamento nel Duomo.
La seconda notizia è che il Papa ha stabilito che è possibile la canonizzazione in vita di una persona che, distintasi sulle altre per profondità di fede e opere di carità, abbia almeno compiuto un miracolo (come, ad esempio, risvegliare un infermo dal coma col suono della sua voce - ha voluto chiarire Pajani).
La terza e ultima notizia è purtroppo di tutt'altro tono. In base al novello Concordato, chi commette atti o esprime opinioni contro lo Stato della Città del Vaticano sarà passibile d'immediato arresto anche in territorio italiano da dove sarà estradato immediatamente nello Stato offeso per esservi giudicato e condannato. Quindi Tavarro ha rivelato che, di conseguenza, è stata inoltrata la richiesta di estradizione dell'ex onorevole Willer Tordon, da tempo ristretto a Regina Coeli. La richiesta è stata subito accolta dal Governo italiano e ora pare che Tordon giaccia in una segreta di Castel Sant'Angelo.
E questo è quanto, amico mio.
Ti abbraccia il tuo
 

Andrea Camilleri
 

da la primavera di MicroMega, n. -1, 10/05/2001

Perchè si è dimesso il commissario Montalbano


Roma, 21 dicembre 2001

Caro amico,
ti scrivo da Vigàta dove mi sono trasferito, sia perchè, come ogni anno, vengo a trascorrervi le vacanze di Natale, e sia perchè tutto il romano quartiere Prati, dove ho casa, è stato dichiarato inagibile e fatto sgombrare. Il Tevere ha straripato ed è arrivato ai primi piani, sommergendo negozi e portoni. Il problema non è tanto l'acqua, quanto piuttosto le cloache che sono scoppiate, tutto inondando di liquami. In parole povere e crude, rischiamo di annegare nella merda. Il nostro Presidente del Consiglio ha tenuto qualche giorno fa, dal balcone di Palazzo Venezia restituito ai suoi antichi splendori, un vibrante discorso nel quale ha accusato di complotto il giudoscalfarcomunismo europeo, tuttora vivo e operante ancorché tenti di spacciarsi per democratico e riformista. Un comunista rimane tale per sempre - ha dichiarato, rifacendosi a un dotto articolo di don Gadget-Bozzo a proposito di Giuliano Ferrara. Secondo il Cavaliere, sarebbero state scavate nelle Alpi dai nemici innumerevoli gallerie in modo da far confluire in Italia tutte le acque dei fiumi europei, piano accuratamente preparato dalle cellule eversive dell'Economist capeggiate dal tristo giudice spagnolo Garzòn.
Volevo dirti che, andando a pranzo nella trattoria «San Calogero», vi ho incontrato naturalmente il commissario Salvo Montalbano. L'ho trovato dimagrito e di umore nìvuro. «M'è passato il pititto», ha detto al trattore e si è fatto portare solo una piccola triglia di scoglio che ha mangiato svogliatamente. «Fa accussì da metà maggio», mi ha confidato il proprietario preoccupato. Ti sceneggio fedelmente il nostro dialogo avvenuto mentre ci pigliavamo il caffè perché, come certamente saprai, il commissario non ama parlare durante il pasto (anche se magro).
Io: Allora, come hai pigliato questa decisione di dimetterti?
Montalbano: Mi hanno rotto i cabasisi. E non avevo scelta.
Io: Non potresti essere più chiaro?
Montalbano: Più chiaro d'accussì? In primisi: mi hanno proposto di dirigere l'OVRA di Montelusa, in caso di rifiuto sarei stato trasferito. Non potevo accettare né una cosa né l'altra e quindi... Sono furbi assà.
Io: (asciugandomi il sudore freddo dalla fronte) Ma non era stata abolita con la caduta del fascismo?
Montalbano: L'hanno ripristinata. Ora significa Organizzazione Volontaria Repressione Antiberlusconismo. In secundis: non puoi più cataminarti.
Io: Perché?
Montalbano: Ora vengo e mi spiego. Ti ricordi quello che disse qualche tempo addietro il senatore sardo Lepre- Marzolina?
Io: Ne dice tante!
Montalbano: Disse accussì che era giusto arrestare chi doveva essere arrestato, ma che non bisognava farlo in periodo elettorale perché poteva far nascere il dubbio di una giustizia di parte. L'hanno pigliato in parola e hanno fatto la legge. In periodo elettorale non si può arrestare a nessuno.
Io: Ebbè? Tu aspetti che passino le elezioni e...
Montalbano: (interrompendo) E il Governo non si è inventato le elezioni permanenti? Al grido di «Democrazia! Democrazia!» ora si vota per eleggere il capo caseggiato, il capo rione, il capo quartiere, il capo comunità, il capo assemblea, il capo circoscrizione, il Sindaco, il Presidente della Provincia e il Presidente della Regione. Poi il capo condominio, il capo consiglio di classe, altri capi varii, una media di 200 referendum al mese. Si vota per 360 giorni all'anno e tu per 360 giorni non puoi arrestare nessuno. Non c'è chi ha detto di candidarsi per legittima difesa? E questi hanno inventato il voto per legittima difesa!
Io: Beh, cinque giorni a disposizione ti restano. Anche se mi rendo conto che arrestare a uno come Provenzano in cinque giorni non sia...
Montalbano: (interrompendo di nuovo) Chi tocca a Provenzano è un omo morto, finito, consumato.
Io: Capisco. La vendetta della mafia.
Montalbano: (interrompendo per la terza volta) Ma quale vendetta e vendetta! Che minchiate mi conti? A quello chi l'arresta si è fottuto la carriera. A Bernardo Provenzano lo tengono addirittura apposta, come i carretti, il marranzano, i pupi, i templi di Agrigento, la cassata e i cannoli. Fa folclore, la leggenda della lupara, richiama turisti. E poi è comodo.
Io: Comodo? A chi?
Montalbano: Ti faccio il primo esempio che mi passa per la testa. E' comodo a certi industriali del Nord che dicono, non mi sto inventando niente, che la Sicilia è un Far-West, che chi impianta nell'isola una fabbrica, che so io, di fischietti di canna, rischia la vita e deve camminare sempre col revorbaro a portata di mano. Non si può - dicono - perché quello è il regno di Provenzano, l'inafferrabile, l'uomo senza volto. E vanno a fare gli affarucci loro nei paesi dove c'è la schiavitù minorile legalizzata e il travaglio (con la «t» minuscola), la manodopera non costa niente. E' ragionato?
Io: Beh, sotto questo aspetto...
Montalbano: E poi l'onorevole Zini, il vicepresidente del Consiglio, ha parlato chiaro: capace che Provenzano, ha detto, come altri mafiosi una volta arrestato faccia delle rivelazioni destabilizzanti.
Io: E allora?
Montalbano: E allora è meglio non fargliele fare. Scommessa?
Io: Su che?
Montalbano: Scommessa che appena Provenzano è in carzaro gli offrono un cafè all'italiana, càvudo, càvudo, come a Pisciotta o a Sindona?
Io: Non mi piace perdere le scommesse. Quindi qua non arrestate più nessuno?
Montalbano: Ma che fai, vuoi babbiare? Decine e decine di arresti ci sono. Algerini, tunisini, curdi, albanesi, senegalesi.
Io: Perciò te ne vai perché non puoi più fare il tuo mestiere.
Montalbano: Non solo. Il fatto è che io appartengo a quelli che non vedono una minchia dentro la cornice.
Io: Stai parlando cifrato.
Montalbano: Allora ti conto una storia, accussì capisci meglio. Dunque, un giorno (siamo verso il '500) alcuni imbroglioni arrivano in un paìsi con un'enorme cornice coperta da un linzolo. Chiamano la gente a raccolta e spiegano che loro posseggono il quadro delle meraviglie dintra il quale tutti potranno assistere a eventi straordinari come il passaggio del mar Rosso, Davide che abbatte Golìa, la creazione del mondo. Insomma una specie di proiezione di film storici tipo Ben Hur.
Io: Ma questo è Cervantes! Te lo seguito io, il racconto. C'è però una condizione, dicono gli imbroglioni: chiunque potrà vedere, pagando si capisce, quella rappresentazione a patto che sia sicuro che suo padre sia veramente suo padre. Che non sia, diciamo così, il frutto di una colpa materna. In questo caso, il figlio di buona donna, dico così per semplificare, non vedrà niente. La gente accetta, paga, e gli imbroglioni tirano su il lenzuolo: la cornice è vuota, non c'è tela, non c'è dipinto, ma tutti dicono di vedere quello che non c'è e fingono di entusiasmarsi a uno spettacolo inesistente pur di non mettere in dubbio l'onorabilità della madre. Essere figlio illegittimo non piace a nessuno. Ma che c'entra?
Montalbano: Eccome se c'entra! Se sostituisci «figlio di buona donna», come hai detto tu, con «comunista», capisci tutto. Che fai, a questo punto? Ti metti a gridare? «Guardate che la cornice è vacante! Guardate che vi stanno imbrogliando! Vogliono convincervi a vedere cose che non ci sono!». Tu fallo, e gli imbroglioni gridano alla gente: «Non ve l'avevamo detto noi? Quest'uomo non vede niente, al contrario di voi che vedete e ve la godete, perché è uno sporco comunista!». E la gente, torno torno, comincia a murmuriare: «E' vero, è uno sporco comunista! Ci sta rovinando la festa! Cacciatelo via!». Bene, non so che farci, amico mio: quella, comunista o non comunista, è una cornice vacante. Lo griderò finché avrò voce.
Io: Cosa conti di fare dopo le dimissioni?
Montalbano: Che devo fare? Me ne vado in pensione e mi marito con Livia. (con un sospiro) Lo vedi, macari a questo m'hanno costretto! A maritarmi!
Io: Non temi ritorsioni per il tuo passato?
Montalbano: Io? E che sugnu, fissa? Io mi candido.
Io: (sbalordito) A che?
Montalbano: A capo caseggiato della mia casa di Marinella.
Io: Ma lì abiti tu solo!
Montalbano: Appunto. Non avrò oppositori.
Io: Ma a che ti serve?
Montalbano: (alzandosi e andandosene) Non lo sai che pure ai capi caseggiato è stata estesa l'immunità parlamentare?
Qui termino. Con molta tristezza ti abbraccia il tuo
 

Andrea Camilleri
 

da la primavera di MicroMega, n. 0, 17/05/2001

Mea culpa
(Lettera aperta a Paolo Flores d'Arcais)


Roma, 14 maggio 2001

Egregio Signore,
le scrivo questa lettera a botta calda, anzi meglio sul tamburo, perché da oggi in avanti mi atterrò a una scrittura adeguata al linguaggio guerriero e severo del nostro nuovo Presidente del Consiglio, al quale va, lo dico subito a scanso d'equivoci, tutta la mia sconfinata ammirazione e la mia più cieca devozione. Irretito da lei e da qualche altro della sua stessa risma, mi sono lasciato trasportare a dichiarare cose che non mi sarei mai azzardato non dico a scrivere, ma nemmeno lontanamente a pensare.
Dal nostro Codice Penale è stato abolito il reato di plagio: se ancora esistesse io non avrei difficoltà a denunziarla per questa gravissima colpa. I suoi sistemi sono stati degni del KGB; lei è arrivato a pretendere che io, ogni mattina, le recitassi a memoria cinque pagine di un ignobile libello a firma di tali Elio V. e Marco T. minacciando oscure vendette, tremende rappresaglie ove non mi fossi attenuto a questa sua imposizione. So per certo che lei per giorni si è appostato sotto il portone di casa mia in attesa del postino e che, quando questi è arrivato, lei l'ha raggirato, com'è suo costume, facendosi consegnare quell'aureo libro che è Una storia italiana a me indirizzato. Se l'avessi ricevuto, forse la luce della Verità mi avrebbe impedito di commettere il gravissimo errore che tra poco confesserò, pentendomene. Aggiungo che lei alle false parole ha fatto seguire anche fatti concreti per avermi completamente in suo potere. Mi spiego meglio, anche se mi vergogno profondamente, rivelando agli italiani un torbido retroscena sul quale è bene che la Magistratura, finalmente restituita alla sua dignità e scevra ormai da disgustosi intenti persecutori, indaghi fino in fondo. All'atto di pattuire il compenso per la mia collaborazione settimanale alla sua, diciamo così, rivista, lei mi disse che avrei ricevuto un miliardo (in cifre: 1.000.000.000) ad articolo, così suddiviso: 250.000 ufficiali, il rimanente accreditato sui conti di una società off-shore, cioè una di quelle società che come ha brillantemente chiarito il nostro Presidente del Consiglio, «servono a pagare meno tasse». In quell'occasione lei mi dichiarò, e non avrà certo il coraggio di negarlo, che in questa sua società c'erano «centinaia e centinaia di miliardi». Io avanzo un'ipotesi e cioè che siano usciti da lì i soldi per pagare i giornalisti dell'Economist e di altri importanti organi di stampa internazionale al fine di orchestrare un'indecorosa campagna internazionale contro l'Italia e il suo più prestigioso rappresentante nel mondo. E io pubblicamente le chiedo: è in grado di spiegare la provenienza di questi fondi con la stessa chiarezza usata nei giorni scorsi dal Cavaliere a proposito delle sue società? Lo sa, egregio signor Flores d'Arcais, quando ho cominciato a dubitare della sua buonafede? Quando ho saputo che lei, in alcune pubbliche manifestazioni della sinistra, aveva messo su una specie di trespolo per vendere la sua, diciamo così, rivista. Ma lei, la licenza di venditore ambulante l'aveva chiesta e ottenuta? Ma lei la tassa per l'occupazione di suolo pubblico l'aveva pagata? Certamente no. Allora come faceva lei ad erigersi quale strenuo difensore dell'osservanza delle leggi quando era il primo a trasgredirle? Confesso d'aver trascorso qualche notte insonne. «Ma guarda», mi dicevo, «questo signore non ha seguito nemmeno l'esempio di Leonardo Marino il quale la licenza per il suo chioschetto l'ha almeno regolarmente pagata». Ad ogni modo, ancora accecato e plagiato, dentro la cabina elettorale, confesso il mio errore, la mia colpa della quale farò ampia ammenda, ho votato per gli avversari del Cavaliere. Ma appena fuori, è scoppiata la mia personale crisi. Sono stato folgorato come san Paolo (lei dovrebbe vergognarsi di portarne il nome). C'era una sterminata folla di vecchi e vecchiette che attendevano il loro turno per votare. «Vogliamo aiutare il Cavaliere!», salmodiavano. O generosa anima della nostra gente! Fu allora che capii come fosse stato stravolto il senso della famosa battuta di Flaiano: «Gli italiani sono sempre pronti a correre in soccorso del vincitore». Non c'è ironia in quella battuta. Gli italiani sanno, intuiscono quale enorme pondo di responsabilità viene a cadere, schiacciante, sulle spalle del vincitore e quel peso vogliono in qualche modo pietosamente alleviargli, così come qualcuno volle aiutare Gesù a portare la Croce. Egli avrebbe potuto godersi bellamente la vita a bordo dello yacht comprato a Murdoch, abbandonarsi al dolce far niente in una delle decine di ville di sua proprietà sparse in tutto il mondo e invece no! A tutto ha rinunziato, pensai udendo quel generoso salmodiare, per scendere in campo allo scopo di poter far felice il Popolo (anzi, la gente, come usa dire Lui). Altre voci dicevano in coro: «Vieni tu, abolitore delle tasse nostre!». Altre intonavano: «Corri in nostro soccorso, raddoppiaci la pensione! ».
Quella era la voce del Popolo che io avevo malvagiamente appena finito di tradire votando a sinistra! Barcollai, sentendomi sprofondare in un abisso di disperazione, d'angoscia. Che avevo io fatto? Allora vagai ore e ore senza meta, ingenuamente genuflettendomi davanti a ogni Sua Immagine quasi a volerne impetrare la grazia del perdono! Naturalmente, data l'enorme quantità di manifesti col suo Volto, a un certo momento stramazzai esausto. Chiamarono un'ambulanza e mi riaccompagnarono a casa. Qui potei seguire in televisione il suo meritato trionfo. C'era, in studio, tra gli altri, il Direttore di un giornale della Famiglia. Quantum mutatus ab illo! Ex comunista, un tempo ama-va, nelle sue scorribande televisive, sortire da un bidone della spazzatura. Redento dal Cavaliere, eccolo lì, giacca e cravatta, composto, rimproverare il tono goliardico impresso dalla Sinistra nella campagna contro il futuro Capo del Governo. E io mi nascosi la faccia tra le mani. Perché non potevo non riconoscere d'aver fatto parte di quella malconsigliata brigata di spensierati goliardi, ottantenni o quasi, pronti alle peggiori carnevalate pur di demonizzare o di ridicolizzare il Cavaliere! Dio, che vergogna! E poco dopo ho sentito dire da un giornalista, provandone stupore e disagio, che la vittoria elettorale non cancellava il conflitto di interessi. Ancora?! Il Popolo ha seppellito sotto una valanga di voti quel falso problema montato dalle Sinistre, ha urlato dalle cabine elettorali che quella faccenda non lo interessa, non esisteva o se esisteva era di nessun conto. E se non esiste per il Popolo perché dovrebbe esistere per il Cavaliere? Ma via! Questo è giorno di gran festa, non si pensi ad altro. Alti si levino i calici! Sono più che certo che tanti, ingannati come me si ravvederanno e seguiranno il mio esempio. In quanto a lei, egregio Signore, cominci a tremare. Io, come ogni pentito che si rispetti, mi riscatterò dall'infamia facendo a chi di dovere nomi e cognomi dei suoi complici, sperando d'avere in cambio, oltre al perdono, anche un tangibile. segno di generosità.
 

Andrea Camilleri



Last modified Sunday, October, 21, 2012