Questo è un libro da leggere ad alta voce per sentir risuonare le parole delle storie. Per vedere e accorgersi, stupirsi e sorridere. Questo è un libro da leggere ad alta voce a se stessi e a chi vorrà ascoltare. Siano essi bambini o adulti, in treno, seduti su una panchina, in una giornata di pioggia, sotto il sole, facendo sfogliare le pagine dal vento, a letto sotto le coperte. Questo libro profuma di crema (se vi piace la crema) o di cioccolata (se la preferite). È un dolce.
Mariastella
Novella di Andrea Camilleri
C'era una volta una famiglia composta dal padre, dalla
madre e dalla figlia Mariastella che aveva sei anni.
Vivevano in una capannuccia di paglia fuori dal paese, dove
iniziava la campagna, ed erano così poveri, ma così poveri
che nessun povero era povero quanto loro.
A mezzogiorno, a seconda della stagione, mangiavano una fava
fresca a testa o pisello o chicco di grano o un cecio. A sera una
foglia di lattuga o una patata da dividere in tre.
L'unica loro ricchezza era costituita da due galline, una bianca e
l'altra nera.
La gallina nera faceva un uovo solo quando pareva a lei.
L'annunziava all'alba tentando d'imitare la voce del gallo.
Allora tutta la famigliola le si metteva attorno aspettando che
facesse l'uovo. E quando finalmente l'uovo caldo caldo veniva
depositato sulla paglia, era festa grande. Lo cuocevano sodo.
Il padre era diventato bravissimo a dividere l'uovo col coltello in
tre parti perfettamente uguali.
La gallina bianca invece non aveva mai fatto un uovo in vita sua.
Tutta la famigliola sperava che un giorno o l'altro si sarebbe decisa
a fare come la gallina nera, almeno un uovo ogni tanto.
E perciò spesso la pregavano:
"Facci un uovo, uno solo, dai, che ti costa?"
Ma quella, niente. Un giorno il padre disse:
"Dato che la gallina bianca non vuole fare nemmeno un uovo, ora
la piglio e le tiro il collo. Servirà a sfamarci per qualche giorno".
E uscì fuori per prenderla. E subito Mariastella si mise a piangere e
a gridare, si aggrappò disperatamente ai pantaloni del padre per
fermarlo, non voleva che la gallina bianca morisse.
E tanto fece e tanto disse che il padre rinunziò al suo proposito.
Al tramonto, mentre Mariastella giocava con dei sassetti, sentì una
voce sussurrava:
"Mariastella, Mariastella!"
Si voltò e vide vicino a lei la gallina bianca.
"Ma tu sai parlare come noi?"
"Sì, tutti noi animali sappiamo parlare come voi umani, ma non ci
conviene farlo sapere in giro".
"Che vuoi, gallina bianca?"
"Tu mi hai salvato la vita, e io voglio dimostrarti la mia gratitudine.
Domani mattina, alle prime luci, vienimi a trovare. Ma è un segreto
tra noi due, bada. Acqua in bocca".
Mariastella non riuscì a chiudere occhio tutta la notte. Poi, appena
vide che il cielo schiariva, uscì di nascosto dalla capannuccia e
raggiunse la gallina bianca.
Che finalmente aveva fatto l'uovo.
Perfettamente quadrato.
Mariastella si stupì, un uovo così non l'aveva mai visto.
"Prendilo" - gli disse la gallina bianca - "e corri ora stesso in
paese".
E le disse quello che doveva fare. Mariastella andò e tornò in così
poco tempo che quando rientrò nella capannuccia i suoi genitori
dormivano ancora.
Nel pomeriggio passò un banditore a cavallo.
Faceva tre squilli di tromba e poi diceva:
"Cittadini! Il sindaco vuole conoscere chi gli ha messo un uovo
quadrato davanti alla porta! A chi dimostrerà d'aver portato
quell'uovo darà una ricompensa di un milione!"
"Sono stata io" - disse Mariastella tra lo stupore dei genitori.
"Tu?" - fece incredulo il banditore - "E come puoi dimostrarlo?"
"Perché ne ho un altro" - disse Mariastella.
Ma non era stata lei a parlare, era stata la gallina bianca che aveva
perfettamente imitato la sua voce.
Mariastella si scostò e dietro di lei, sull'erba, c'era un uovo
quadrato.
Da allora, la gallina bianca non fece più uova.
Ma con quel milione il papà di Mariastella comprò un podere e una
vera casa dove tutti vissero felici e contenti.
L'armalu trattalu cu gintilizza
ca ti porta rispettu e ricchizza.
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