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Posacenere



Immagine da Il Sole 24 Ore


Su Domenica del Sole 24 Ore, con un racconto inedito, inizia la collaborazione di Andrea Camilleri
Il Sole 24 Ore, 5/11/2011

Con un racconto inedito della visita nel suo vecchio liceo, che diventa l'occasione per un tuffo nella memoria e nei ricordi di gioventù, inizia la collaborazione di Andrea Camilleri con «Domenica» del Sole 24 Ore dove, a partire dalla settimana prossima, lo scrittore siciliano inaugurerà una rubrica chiamata «Posacenere».
Il titolo della rubrica allude al suo rapporto molto particolare con le sigarette. Chiunque abbia visto il posacenere di Camilleri si renderà conto che non è quello di un vero fumatore incallito, come il personaggio che gli ha ritagliato adosso Fiorello in una serie di famosi spot televisivi. Lo scrittore siciliano ama assai di più, rispetto al fumo vero e proprio, il rito dell'accendersi la sigaretta, che viene spenta quasi subito, ancora intera, dopo poche boccate, e riposta nel posacenere. Questo, nella rubrica della "Domenica" del Sole 24 Ore, diventerà il simbolo di una altrettanto rituale, breve e profonda, riflessione settimanale che Camilleri regalerà ai suoi lettori.
Nel testo inedito, scritto appositamente per l'inserto culturale del Sole 24 Ore, il grande scrittore racconta i suoi ricordi scolastici in occasione di una visita effettuata nel 2010 nel suo vecchio liceo "Empedocle". Un tuffo nella memoria e nei ricordi di gioventù. Dalle scorribande con i compagni alla rimandatura in educazione fisica fino alle pagelle che lo scrittore sperava fossero andate perse nei bombardamenti del 1943.

Immagine da Il Sole 24 Ore


6/11/2011
Lo sputo di Empedocle


13/11/2011
La Prima guerra globale del 2000

Forse, senza saperlo, stiamo combattendo la prima guerra globale del Duemila. Una guerra che non usa più armi, che non bombarda né fa esplodere atomiche, che non provoca morti ma produce fame, disoccupazione, scontro sociale, impoverimento.
Insomma, riduce sul lastrico i perdenti. Le direttive che pervengono dall'UE o dalla Bce assomigliano ai piani strategici di uno Stato Maggiore: far resistere la Grecia ad ogni costo, apprestare immediate difese per le prime linee direttamente sotto attacco che si chiamano Italia e Spagna. E i quotidiani listini delle Borse europee ed extraeuropee li si attendono con la stessa ansia, con la stessa trepidazione dei Bollettini di guerra d'una volta.


20/11/2011

Qualche anno fa, in un liceo siciliano, venne deciso di far studiare il mio Birraio di Preston al posto dei Promessi sposi.
Venutone a conoscenza, m’affrettai a pubblicare su un quotidiano una lettera a don Lisander nella quale mi dissociavo dall’iniziativa e mi proclamavo suo ammirato e fedele lettore. Quello che allora mi colpì fu l’esclusione di uno per far posto a un altro. In quel liceo, se proprio volevano, avrebbero potuto studiare Manzoni e poi leggere anche qualche pagina del Birraio.
A Mantova, di recente, si è discusso se celebrare Virgilio o Folengo. Ma perché non levare di mezzo quella «o» e sostituirla con una «e»? La cultura è sempre ragionata inclusione, mai partigiana esclusione.


27/11/2011

Spesso mi chiedono di dire la mia su un delitto che ha interessato l’opinione pubblica, giustificandosi col fatto che io scriva romanzi gialli. Come se fantasia e realtà fossero la stessa cosa. Ogni volta rifiuto. Credo che non sarei in grado di dare un parere nemmeno se avessi letto le migliaia e migliaia di pagine delle carte processuali. Eppure, con quanta facilità, e felicità, gli italiani son pronti a dividersi tra innocentisti e colpevolisti e ad accapigliarsi tra di loro basandosi solo su quello che viene riferito dai giornali o dalla tv. Ho sentito una signora affermare che il colpevole era certo il marito. E alla domanda su cosa si basasse, ecco la risposta: «Ma non lo vede come si veste? E quant’è antipatico?».


4/12/2011

Ai tempi che la nostra tv consisteva in un solo canale, tutta l’Italia seguiva le previsioni del tempo del colonnello Bernacca e di esse ciecamente si fidava. Un mio amico invece, se il colonnello prediceva per l’indomani gran sole per tutta la giornata, mormorava: «io, però, mi porto il paracqua». Ecco, ho sempre trovato ammirevole il suo atteggiamento, in aperto contrasto con la stragrande maggioranza per la quale ogni cosa detta dalla tv diventava ipso facto verità assoluta.
Bisogna guardare la tv portandosi appresso un paracqua ideale che permetta al nostro cervello di restare asciutto e lucido, di non inzupparsi di tutte le informazioni distorte, contraffatte, alterate, finalizzate che ci vengono propinate.


11/12/2011

Ogni tanto qualcuno se ne viene fuori con un libro dove si afferma che il teatro è in crisi e sta per tirare le cuoia. Silvio D’Amico constatò che di libri simili in Francia, nella sola seconda metà dell’800, ne vennero editi una quarantina. E dai tempi di Molière già si piangeva sulla prossima morte del teatro. Da noi il grande Achille Campanile non solo scrisse sulla crisi,ma si propose di risolverla con geniali espedienti, come quello di far pagare lo spettatore non per entrare in sala, ma per uscirne. Ma allora com’è che il teatro non muore mai? Forse perché lo stato perenne di crisi è la sua linfa vitale. Son certo infatti che in qualche parte della Grecia sia sepolto un trattato di Eschilo sulla crisi del teatro e la sua imminente fine.


18/12/2011

Mi ha sempre messo in sospetto la sentenza «mens sana in corpore sano». Che viene comunemente interpretata: la sanità del corpo produce la sanità della mente. Allora come si spiega che in corpi malaticci abbiano albergato menti sublimi, portatrici di conoscenza e verità? Per converso, ne deriverebbe l’inquietante e un po’ razzista conclusione che tutti coloro che, per natura o per palestra, godano di corpi perfetti siano in possesso di una mente altrettanto perfetta. Vado a controllare. E scopro che si tratta di un emistichio della Satira X di Giovenale. Mail verso intero recita esattamente: «bisogna pregare per avere una mente sana in un corpo sano». Mi rassicuro.
Quella baggianata non è mai stata né scritta né detta.


24/12/2011

C'era una volta uno specchio centenario nel salone di un palazzo. Un giorno lo specchio pensò di ribellarsi al dover sempre passivamente riflettere tutti coloro che in lui si specchiavano e decise che da quel momento avrebbe rimandato solo l'immagine delle persone che sapeva essere oneste. Non essendo però dotato di parola, non poté spiegare il suo proposito. Sicché, dopo poco, visto che non funzionava a dovere, lo specchio fu rimosso e portato in soffitta. C'è una doppia morale. La prima è che se lo specchio avesse espresso il suo proposito, non sarebbe finito in soffitta ma ridotto in mille pezzi dai disonesti e gettato nell'immondezzaio. La seconda è che non bisogna mai pensare prima di riflettere.


8/1/2012

Alcuni anni fa, passeggiando per Torino con Laura Betti, vediamo con stupore un grande portone sormontato da un lungo striscione sopra il quale c’è scritto a caratteri cubitali: «Non abusate dei luoghi comuni!». Gradevolmente sorpresi, ci avviciniamo al portinaio e gli chiediamo spiegazioni. Risponde che è stato costretto a mettere lo striscione perché alcuni inquilini, abbandonando in disordine motorini, biciclette, carrozzine all’entrata, ostacolavano il passaggio comune. Riprendiamo a camminare un po’ delusi. Ci sarebbe piaciuto immaginare una città dove sui portoni ci fossero scritte raccomandazioni come: «Cercate di essere sempre originali» oppure: «Prima di far vostra un’idea d’altri, pensateci due volte».


15/1/2012

«Diffamate, diffamate, qualcosa resterà». Si diceva che questa una volta fosse la tecnica gesuitica per togliere dimezzo gli avversari. Usavano il verbo al futuro, si affidavano a un effetto, come dire, differito. Gutta cavat lapidem. Ma ai tempi nostri, con l’informazione istantanea via tv o internet, tra la diffamazione e il suo effetto immediato non c’è più quel lasso di tempo che permetteva alla vittima di reagire preparando le sue smentite o le sue contromosse. La macchina del fango, come oggi viene detta, in Italia ha una solida tradizione secolare, si è sempre curata, lubrificata, si è aggiornata mettendola al passo con le nuove tecnologie. È una delle poche cose che funzioni alla perfezione nel nostro Paese.


22/1/2012

Durante lo sbarco alleato in Sicilia nel 1943, una mia zia, proprietaria di un enorme campo coltivato ad alberi di pistacchio, fece otturare le falle della recinzione, incatenò i due cancelli di ferro d’accesso e vi pose a guardia due campieri a cavallo armati di fucili. «Che la guerra non entri nella pistacchiera!» –ordinò, correndo a barricarsi nella cantina della sua villa.
Ovviamente, la guerra non solo entrò di prepotenza nella pistacchiera, ma la spazzò via per tre quarti. Ecco, quando sento qualche uomo politico sbraitare che è necessario erigere barriere per contrastare il flusso degli immigrati o che bisogna respingerli in mare, mi torna alla memoria la stupida, non miopia, ma assoluta cecità, dimia zia.


29/1/2012

Credere che la giovane età di un uomo politico sia già di per sé portatrice d’idee innovative a me pare, sinceramente, un’avventatezza. Tra l’altro, il fascismo privilegiava i giovani e si è visto il bel risultato. Le idee veramente nuove possono venire tanto dai giovani quanto dalle persone anziane. Le idee non sono un fatto anagrafico, e la politica, soprattutto, è anche maturità ed esperienza. Il vero problema è che l’uomo politico difficilmente si accorge di aver esaurito il suo corso e rimane attaccato al suo posto di potere come la patella allo scoglio. Ma allora bisogna che i giovani, per scrostarlo, usino la forza delle idee nuove, assolutamente originali. Agitare la carta d’identità con la data di nascita non serve.


5/2/2012

I genitori di più figli dovrebbero fare molta attenzione a non manifestare mai una qualsiasi preferenza nei riguardi dell’uno o dell’altro.
I bambini ci guardano era il titolo di un bel film di De Sica. E si guardano anche tra di loro. Sono convinto che certe liti violente che in età adulta scoppiano tra fratelli-coltelli trovino origine nei piccoli traumi subiti nell’infanzia a opera di genitori inconsapevoli. Due fratelli siciliani, una volta adulti, non si rivolsero più la parola. Uno dei due, ormai novantenne, in punto di morte chiamò l’altro, minore di due anni, e finalmente fecero la pace. Si chiesero allora le ragioni della loro rottura, ma non ne vennero a capo. Poi, il morente, disse: «Forsi pirchì la mamà dava cchiù caramelli a tia?».


12/2/2012

Gli scrittori convinti che con il loro libro cambieranno la natura dell’uomo, i politici che si ritengono capaci con le loro idee di dare un diverso assetto sociale al mondo, i filosofi che stimano i loro pensieri in grado di dare una risposta alle domande assolute è bene che tengano sempre in mente queste parole di Montaigne che non attenuo dalla loro crudezza originaria: «anche se sali sul più alto degli alberi, sempre il culo fai vedere». Voler volare alto è proposito assai rischioso, se non si squagliano le ali come accadde a Icaro facendolo precipitare al suolo, è molto probabile che si precipiti nel ridicolo. Meglio, molto meglio, stare sempre coi piedi per terra e tentare d’alzarsi facendo saltini di volta in volta sempre più elevati.


19/2/2012

Vivere in assoluto la contemporaneità lo possono i giovani che portano sulle loro spalle un fardello leggero d’anni e di passato. Un esempio terra terra: quando Mary Quant fece la bella pensata della minigonna, essa venne subito adottata dalle ventenni. Ci furono anche cinquantenni che l’indossarono, ma erano ridicole. Io ho sentito a me contemporanei la radio, il boogie-woogie, l’atomica e la ritrovata democrazia nel mio Paese. Tutte cose che oggi sono storia. Già la televisione mi sembrò appartenere alle generazioni successive. Questo non significa che non apprezzi la contemporaneità dei diciottenni d’oggi, ma entusiasmarmene come loro mi è impossibile, sarebbe come se indossassi la minigonna.


26/2/2012

Se mi chiedessero quale atto di gentilezza m’abbia più toccato, non avrei esitazioni a rispondere. Venticinque anni fa, al Cairo per lavoro, mi mettono a disposizione una macchina con un autista che capisce l’italiano ma non lo parla. Due giorni prima del mio rientro in Italia, l’amico Kardash, in auto con me, m’invita a restare ancora qualche giorno. Gli rispondo che non posso, ho troppa nostalgia della mia prima nipotina che ha cinque anni. L’indomani mattina, salendo in macchina, trovo una bella bambina seduta nel sedile posteriore. Guardo interrogativo l’autista. Che mi sorride e dice stentatamente: «Questa figlia mia. Cinque anni. Io porto lei così tu tieni mano lei e passa nostalghia e resti ancora con noi».


4/3/2012

Durante un dibattito televisivo, mandano un inserto registrato nel quale critico una proposta avanzata da un Ministro allora in carica presente in studio. Alla fine, l’ex Ministro storce la bocca e dichiara di sapere che lui non mi sta simpatico come del resto io non sto simpatico a lui. Non posso controbattere che, a parte il fatto che non ci conosciamo personalmente, la simpatia o l’antipatia non c’entrino nulla con una discussione politica. Personalizzare così la politica significa avere un’opinione assai bassa della politica stessa. Ed è uno dei segnali più evidenti della povertà, anche intellettuale, di molti politici. E in quanto alla simpatia, è comprovato che gli imbroglioni più grandi sono e più riescono simpatici a tutti.


11/3/2012

Dovendo spiegare a un liceale un passo aristotelico, mi viene da pensare con gratitudine all’arabo Ibn Rushd, noto come Averroè, che Dante pone tra gli "spiriti magni" per il suo "gran comento". Averroè è colui che con i suoi «Commentari» ha salvato e diffuso, e non solo, nella seconda metà del 1100 le opere di Aristotele, ha in altri termini fatto sì che la colonna portante del pensiero occidentale continuasse a svolgere la sua funzione. Pagando, oltretutto, un alto prezzo: il re Almansur, che prima l’aveva protetto, lo perseguitò e l’esiliò accusandolo di eterodossia. Sarebbe utile che ogni tanto qualcuno facesse un pensierino su questa vicenda: soprattutto gli occidentali antiarabi e gli arabi antioccidentali.


18/3/2012

Conversazioni colte per strada, a Roma, nei giorni in cui eravamo sull’orlo del baratro. Tra due uomini. «Me lo spieghi che è ’sto spread?» «È uguale come er colesterolo, no? Quanno che ce l’hai basso, vabbene, ma quanno che ce l’hai troppo arto va male. Puoi schiattà. Solo che ’sto tipo de colesterolo è ’nfettivo e fa venì ’n’epidemia». Tra due donne. «Mi marito vorrebbe ritirà li risparmi da la banca». «Quanto ci avete?» «Tremila euri». «E quanti siete in famiglia?» «Quattro». «Manco per disturbà er cassiere». Ancora due uomini. «Tu pensi che cià famo a sfangà da ’sta situazione?» «Con la bona volontà»... «Ah Nando, io puro quann’ero in seminario ci avevo la bona volontà de diventà Papa!».


25/3/2012

Che un despota si sbarazzi degli avversari uccidendoli o incarcerandoli è cosa da sempre praticata. Mussolini a Gobetti fece chiudere il suo giornale e lo costrinse all’esilio, a Gramsci lo mandò in carcere, a Matteotti lo fece ammazzare. Ora da noi è accaduto che un capo del governo, dotato di una grande fortuna economica e in grado di formare l’opinione pubblica attraverso le sue Tv e anche attraverso due canali televisivi di Stato, abbia un giorno decretato l’ostracismo per due giornalisti critici nei suoi confronti. Ostracismo attuato subito da coloro che usano praticare la servitù volontaria. La domanda è: chi è più colpevole di lesa democrazia? Il capo del governo? I suoi yesmen? O tutti noi, che l’abbiamo permesso?


1/4/2012

Nei primi anni del ’900, in Italia, fiorì una drammaturgia imperniata sull’essere e l’apparire, trionfarono commedie come La maschera e il volto di Antonelli e Pirandello raccolse i suoi drammi sotto il titolo complessivo di Maschere nude. Poi, con l’avvento della chirurgia plastica, uomini e donne credettero finalmente di poter far diventare la loro maschera ideale un tutt’uno con la loro carne. Ma il genio Chaplin già li aveva messi in guardia: basta una risata a dissolvere la maschera.
E così oggi assistiamo con orrore alla doriangrayzzazione (mi si perdoni il verbo) di facce che vengono abbandonate di colpo dalla faccia posticcia e si mostrano nella loro crudele verità di vecchiaia e disfacimento.


8/4/2012

Poiché non ho mai guidato l’auto, è mia moglie a doversi assumere questo compito. Un giorno, fermi a un semaforo, scatta il verde. Mia moglie si allarga un po’ sulla sinistra, il signore dai capelli bianchi che guida l’auto a fianco scarta, le grida: «Asina!» e ci sorpassa. «Inseguilo e raggiungilo», dico a mia moglie. Lei mi guarda perplessa. «Ma perché? In fondo»... «Non discutere. Raggiungilo, sorpassalo e fermati davanti a lui». Mia moglie stavolta alza la voce. «Non mi va che tu ti metta a litigare». «Ma che litigare e litigare!», ribatto. «Io, a un signore che di questi tempi, invece di lanciare orrende offese a una donna al volante, si limita a darle dell’asina, voglio stringere la mano sperando di diventargli amico».


15/4/2012

La scarsa levatura di un uomo politico talvolta la si cerca di compensare con la frase: «però è una persona onesta». A me sembrano parole prive di senso. Mi suonano come se si dicesse che un tale è un mediocre, però in compenso ha due braccia e due gambe. L’onestà dovrebbe essere la conditio sine qua non dell’uomo politico. E per onestà intendo soprattutto la repulsione istintiva e ragionata a vendersi o a voltar gabbana per una mazzetta o per una carica di prestigio. Non dico d’arrivare a Cavour che si faceva scrupolo d’accettare in regalo una carpa pescata in acque demaniali. Gustatevi pure la carpa, buon prò vi faccia, ma fermatevi lì, non pretendete di mangiarvi da soli tutti i pesci pescati in acque dello Stato.


22/4/2012

Ho sentito dire a uno studioso russo di Shakespeare d’aver letto sul giornale di bordo di un veliero inglese in rotta verso New York nel primo ’700 che, durante una bonaccia, l’equipaggio allestì la messinscena dell’Amleto. Ora quale livello culturale potevano possedere dei marinai all’epoca? Eppure... Io l’ho visto recitare da una compagnia di guitti col titolo Il fantasma sugli spalti e anche da una compagnia degli Emirati Arabi dove, non potendo le donne comparire in palcoscenico, la parte di Ofelia era sostenuta da un uomo e per di più barbuto. Eppure, lo giuro, funzionò in tutti e due i casi. Un classico è come un dolce a più strati, ognuno si sceglie quello che il suo palato è in grado di gustare meglio.


29/4/2012

In Italia, per salvare il Paese dal baratro economico, i partiti hanno dovuto tirarsi indietro e far largo a dei tecnici. Molti vi hanno visto una sorta di messa in mora della politica. Ma, per l’Italia, oltre che di una grave crisi economico-finanziaria si è trattato anche di una gravissima crisi di credibilità politica internazionale. Fuori dai denti: i mercati, gli altri paesi europei, la Bce, le Borse, non hanno più avuto fiducia tanto nella maggioranza quanto nel sistema politico italiano. Si sono chiesti, all’americana: «Compreremmo macchine usate da gente così?». La risposta è stata no. La credibilità, in politica, si traduce in moneta sonante.


6/5/2012

Rainer Maria Rilke usava dire che ai veri poeti il primo verso viene regalato da Dio, mentre tutto il resto è dura fatica dell’uomo. Controprova: tutti i primi versi delle poesie di Leopardi sono scritti sulla carta senza una variante, una correzione, già in bella copia, come dettati, appunto, da Dio.
I pentimenti, i dubbi, i ripensamenti, le parole messe tra parentesi tonde o parentesi quadre, vengono dopo, in alcuni casi iniziano addirittura dal secondo verso. Perché il problema è mantenersi, nei versi successivi, alla stessa altezza poetica del primo. E se le cose stanno come dice Rilke, non è impresa da poco, perché tutto sommato scrivere altri versi dopo quel primo equivale a raccogliere una sfida divina sulla Parola.


13/5/2012

Se vado a leggere la voce "Economia" nel dizionario Devoto-Oli, trovo diverse definizioni, che vanno da «Impiego razionale del denaro» a «Il complesso delle risorse» a «La produzione e distribuzione delle ricchezze» a «Scienza che ha per oggetto l’attività umana dal punto di vista economico». Ma quando in una nazione il debito pubblico sale di anno in anno sino a raggiungere cifre astronomiche, tali da minacciare il fallimento per insolvenza, mi pare che tutte le belle definizioni precedenti, razionalità e scienza comprese, siano andate a carte quarantotto. Forse nessuno si è ricordato che, nell’accezione comune, "fare economia" significa essere parsimoniosi, risparmiare, stare dalla parte della formica e non della cicala.


20/5/2012

Anni 50, a Roma, convegno del partigiani della pace. Arrivano tutti, da Picasso a Neruda all’arcivescovo "rosso" di Canterbury. Tra gli altri, il pittore messicano Siqueiros, noto anche per aver tentato d’uccidere Trozkij sparandogli e mancandolo. Siqueiros tiene una conferenza sui murales nelle sede di «Vie nuove», rivista del Pci diretta da Luigi Longo. Tutta l’intellighenzia di sinistra si precipita ad ascoltarlo. Inizia alle quattro del pomeriggio e non la smette più. Passate tre ore, molti si abbandonano al sonno, altri si contorcono sulle sedie. Dopo un’altra mezzora, Longo, noto come uomo totalmente privo d’ironia, si china verso di me e mormora, senza fare nomi e riferimenti: «Se gli parlava, l’ammazzava di sicuro».


27/5/2012

L’intervista rilasciata da Berlinguer nel luglio 1981 a Scalfari (ora pubblicata dall’editore Aliberti) terminava così: «Quando si chiedono sacrifici alla gente che lavora ci vuole un grande consenso, una grande credibilità politica e la capacità di colpire esosi e intollerabili privilegi. Se questi elementi non ci sono, l’operazione non può riuscire». Dunque la ricetta per cominciare a uscire dalla crisi italiana "ammessa" nell’estate 2011 era stata già scritta trent’anni prima. Solo che al governo mancava tutto, dal consenso alla credibilità alla capacità di colpire i privilegi. Ma non se ne resero conto. «Il pover uom/ che non se n’era accorto/ andava combattendo/ ed era morto». E noi rischiammo di morire con loro.


3/6/2012

Una bella pagina dell’Unità d’Italia poco ricordata. Nel 1861 eravamo 24 milioni, ma solo 6 milioni erano "alfabetizzati". Malgrado le resistenze opposte da chi temeva che l’acculturamento potesse produrre rivoluzioni sociali e malgrado l’oggettiva difficoltà della mancanza di edifici scolastici, in circa quarant’anni si arrivò a un 50% d’italiani che sapevano leggere e scrivere. Ma, cosa curiosa, i governi d’allora privilegiarono in un primo tempo la creazione di nuovi istituti superiori, soprattutto licei, rispetto alle scuole elementari. Forse per accelerare il processo formativo della nuova classe dirigente. Altri tempi. E, fatto non trascurabile, i ministri d’allora si chiamavano Francesco de Sanctis e Guido Baccelli.


10/6/2012

Sento levarsi voci critiche sul fatto che, in un momento di terrificante crisi per il nostro Paese, sia stato costituito un governo di cosiddetti "tecnici". Vale a dire un ambasciatore agli Esteri, un prefetto all’Interno, un economista all’Economia e via di questo passo. Questa, dicono, è un’umiliazione alla politica. Ma non era già un’umiliazione alla politica il fatto che un ministro totalmente incompetente del settore affidatogli, occupasse quel dicastero solo per scelta politica e non per attitudine, esperienza, capacità? Rivolgo una domanda a questi critici: se vi trovaste a bordo di un aereo in grave difficoltà, preferireste che alla guida ci fosse un pilota provetto ed esperto, oppure un uomo ex dentista?


17/6/2012

La miseria dei fondi destinati in Italia alla ricerca scientifica è storia antica. Galileo, tanto per fare un esempio, doveva pagare di tasca propria il costoso materiale che gli era indispensabile per costruire i suoi strumenti e per di più la somma che riceveva come docente universitario gli permetteva appena una dignitosa sopravvivenza. Un giorno gli si mise alle costole un nobile veneziano che voleva a tutti i costi da lui un oroscopo. Galileo, che naturalmente non credeva agli oroscopi, in un primo momento lo mandò al diavolo. Poi ci ripensò e glielo compilò fantasiosamente, predicendogli oltre cento anni di vita. Se lo fece pagare una cifra spropositata. E col denaro di quel gonzo perfezionò il suo cannocchiale.


24/6/2012

A due anni, una mia figlia un giorno mi chiese un foglio di carta e una biro. Avutili, si stese per terra e si mise a disegnare. Dopo un po’ mi mostrò il foglio sopra il quale erano tracciate delle linee spezzate che tra loro s’incrociavano. «Cos’è?» – domandai. «Cavallo». «E dove sono gli occhi?». «Qua e qua» –rispose indicandomi due incroci di linee. Conservai il foglio. L’anno seguente, il foglio mi ricapitò tra le mani. Chiamai mia figlia. «Cos’è?». Mi guardò stupita. «Un cavallo». «E gli occhi dove sono?». «Qua e qua» – rispose indicandomi esattamente gli stessi incroci di linee. Allora la domanda è questa: quando, come e perché in noi l’innata libertà creativa si converte, o viene costretta, nella banalità del reale?


1/7/2012

Achille Campanile sosteneva che i refusi non andavano corretti perché, tra l’altro, avrebbero potuto paradossalmente fare la fortuna di un libro. E citava il caso di uno storico che intitolò un suo ponderoso volume specialistico «La caduta di un regno», e che invece, uscito col titolo sbagliato «La caduta di un ragno», divenne quasi un bestseller. A un giovane autore diciannovenne capitò d’aver pubblicato il suo primo racconto su uno dei due principali quotidiani siciliani. Terminava con queste parole: «Strinse la donna a sé e si allungò sul letto». Venne invece stampato così: «Strinse la donna a sé e si allungò sull’etto». Il primo impulso del giovane scrittore fu di suicidarsi, poi gli venne da ridere.


15/7/2012

Anni fa, m’invitarono a una cena all’Ambasciata polacca in onore della poetessa Wislawa Szymborska. Accettai di slancio. Troppo forte l’amore che nutrivo per la sua poesia. Eravamo una dozzina attorno al tavolo. Fu un incontro indimenticabile. Dopo cena, qualcuno disse alla poetessa che mia moglie e io avevamo appena festeggiato le nozze d’oro. Ci guardò, ci sorrise, si alzò dal divano, annunziò che avrebbe detto per noi due una poesia composta per una coppia d’amici che aveva come noi raggiunto le nozze d’oro. Il suo traduttore la rese in italiano. Era una poesia affettuosa e ironica a un tempo. Poi la poetessa si voltò verso me e mia moglie e disse: «L’affetto prendetevelo tutto voi, l’ironia lasciatela all’altra coppia».


22/7/2012

Il tesoriere di un partito politico che da tempo non esiste più ma che, per una legge tanto assurda quanto sprecona, ha continuato a ricevere sovvenzionamenti statali mascherati da rimborsi per spese elettorali, viene accusato d’essersi appropriato di tredici milioni sui venti che c’erano in cassa. Confessa prontamente, ammettendo il reato e chiedendo il patteggiamento. Siccome è un senatore del Pd, viene espulso dal partito. Reagisce, asserendo che quell’espulsione costituisce "un’infamia". E così viene ancora una volta confermato che i politici usano un dizionario tutto loro, diverso dal nostro, dove infame non è il ladro dichiarato, ma chi, ingiustamente a parere del ladro, lo espelle dal partito.


29/7/2012

«Facciamo una corsa fino a quel palo?» - disse il bambino francese dagli occhi azzurri - «Scommetto che arrivo primo». «Non voglio correre». «Hai paura che ti vinca?». «E va bene» - dissi. Vinse lui. Pretese da me cento lire per la vittoria. Glieli diedi e rise, felice. Cavò fuori una matita copiativa e fece un disegnino osceno sul retro di uno dei tanti mezzi busti ai lati del vialetto. Atterrii, poco lontano c'era un vigile che ci guardava. Lui passò a un altro mezzobusto. La guardia si mosse verso di noi. «Scappa!» - mi gridò. Corremmo fino a quando ci mancò il fiato. Eravamo al Pincio, in una splendida mattina romana del marzo 1950. Io avevo venticinque anni. Il bambino francese, che si chiamava Jean Genet, ne aveva quaranta.


5/8/2012

Quando, da bambino, venivo colpito da febbri improvvise che raggiungevano temperature molto alte, mia nonna tranquillizzava mia madre dicendole che si trattava di «fevri di criscenza», febbre di crescita. E infatti, una volta guarito, risultavo più alto di qualche centimetro e, tutto sommato, più irrobustito. L’Unione europea e la sua moneta da qualche tempo sono soggette a una febbre così robusta e lunga che qualcuno ha temuto il peggio. Ma l’Europa si può dire che si trovi ancora allo stato infantile e quindi, secondo me, si tratta di febbre di crescita. Non credo di essere scioccamente ottimista se mi dico convinto che l’Europa, superata la tempesta, troverà nuove e solide ragioni per essere più unita di prima.


12/8/2012

Un giorno un entusiasta seguace gridò al generale De Gaulle, che stava parlando da un palco in piazza: «Generale, a morte tutti gli imbecilli!». De Gaulle lo guardò e disse: «Apprezzo il suo proposito, signore, ma mi sembra un po’ troppo ambizioso». Ora leggo che durante la sua visita negli stati Uniti, il nostro Presidente del Consiglio Mario Monti ha dichiarato in un’intervista la sua ferma intenzione di cambiare la mentalità degli italiani. Non vorrei per nulla al mondo mancargli di rispetto applicando a lui la frase di De Gaulle e invitandolo a mantenersi dentro propositi fattibili. Cosa che del resto sta facendo abbastanza bene. Oltretutto il suo mandato scade nel 2013. Se scadesse nel 2033 forse allora…


19/8/2012

C’è una frase di Van Gogh in una lettera al fratello che mi porto dentro da anni e anni. Dice suppergiù così: «Per tutto l’anno ho lavorato andando appresso alla natura e tuttavia ancora una volta m’accorgo di lasciarmi andare a fare delle stelle troppo grandi». Dunque, malgrado si sforzi di riprodurre fedelmente la natura, Van Gogh non riesce a trattenersi dal fare stelle sproporzionate. L’impulso al quale volentieri cede è più forte sia di ciò che vede sia di come saprebbe correttamente rifarlo su tela. È perfettamente cosciente dell’errore di prospettiva, ma non sa fermare il pennello, il prolungamento di tutto il suo essere, che, quasi per i fatti suoi, ingrandisce le stelle. Forse il segreto dell’arte è tutto qui.


26/8/2012

Il Procuratore generale della Cassazione, in una sua requisitoria, ha affermato che l’accusa in base alla quale il ricorrente era stato in precedenza per ben due volte condannato a pene pesanti, era un reato al quale, testualmente, «nessuno crede più». Con tutto il rispetto, mi sembra che il Procuratore generale abbia sbagliato verbo. Quel "credere" stona. Applicare il nostro Codice penale non è un atto di fede, ma un atto di razionale giustizia. Nessuno è obbligato a "credere" nel Codice come se fosse il Vangelo. E fintanto che un certo reato rimane tale per il Codice, esso come tale va giudicato. Se si ritiene invece che quel reato sia ormai sorpassato non si deve fare altro che chiedere al legislatore di cassarlo.


2/9/2012

Aumenta in modo impressionante il numero delle donne che vengono uccise in Italia da mariti, conviventi, fidanzati, amanti. In gran parte dei casi queste donne, prima d’essere assassinate, subiscono violenza dal loro carnefice. E questo è, a mio avviso, un segno rivelatore. Ti uccido perché tu non vuoi continuare a essere solo ed esclusivamente l’oggetto del mio piacere. È la reazione brutale e insensata del maschio latino di fronte al progressivo ampliarsi del ruolo della donna in ogni campo nella nostra società. È il timore che il maschio, più o meno consapevolmente, nutre del rischio sempre più forte della perdita della secolare preminenza. E quindi, fa come le bestie che reagiscono alla paura uccidendo.


9/9/2012

In un mosaico medievale la fine del mondo viene rappresentata da un angelo che comincia ad arrotolare con molta cura un lembo di cielo stellato come se fosse un telone dipinto che, una volta usato, sia da riporre in soffitta. Per tirarlo fuori una prossima volta, magari ridipingendolo ex novo. È un’idea ingenua, seppure efficacissima, che però fa nascere un’ipotesi che giro a chi, in materia, ne sa più di me. E cioè che in quel mosaico l’artista abbia raffigurato non la fine del nostro mondo, ma di tutto l’intero creato suggerendone nel contempo il certo riutilizzo nel futuro. Allora l’universo attuale non sarebbe che una prova d’autore, un work in progress con il quale il creatore ricerca la sua stessa perfezione?


16/9/2012

Il Governo Monti non ha avuto solo il merito di avere abbassato lo spread ma ha avuto anche quello di avere fatto abbassare i toni delle discussioni politiche in televisione. Negli ultimi tempi, anzi, non si trattava più di discussioni, ma di uno scontro continuato tra parti avverse, tutto un gran vociare, un voler sopraffare l’avversario più che con la lucidità delle argomentazioni con il fiato dei polmoni, con l’urlo più ferino. Uno spettacolo deprimente. Temo però che si tratti di un sollievo momentaneo. Non penso che i nostri politici abbiano sfruttato questo periodo di transizione come una pausa di profonda riflessione. Quando torneranno alla ribalta urleranno più di prima. Per rifarsi del sottovoce odierno.


23/9/2012

Premessa indispensabile. Sono del parere che Cesare Battisti debba essere estradato in Italia dal Brasile e qui essere giudicato per i suoi delitti. Fatta la premessa devo dire che ho trovato stupida l’idea di un assessore alla cultura di togliere dalla biblioteca comunale i romanzi di Battisti e degli autori, francesi e italiani, che sono di parere opposto al mio. Così come trovo strana la protesta della vedova di un grande autore italiano perché la casa editrice francese che pubblica questo autore stamperà anche l’ultimo romanzo di Battisti. Non vuole che il nome del marito sia, nel catalogo, affiancato a quello di un assassino. Ma allora mi sembra che debba essere la vedova a superare l’empasse cercandosi un’altra casa editrice.


30/9/2012

Un importante commediografo italiano del Novecento troppo presto dimenticato, Ugo Betti, scrisse attorno agli anni Cinquanta una commedia intitolata «Il Diluvio» nella quale si sosteneva che il prossimo diluvio universale non sarebbe stato provocato, come il precedente, dall’acqua caduta dal cielo bensì dal riaffiorare inarrestabile dalle fogne, dai water, dagli scarichi di tutto il liquame da secoli prodotto da noi stessi. Lentamente ma inesorabilmente quel liquame avrebbe coperto persino i grattacieli. La commedia mi è tornata in mente vedendo in tv le immagini di Napoli sommersa dai rifiuti e mi ha provocato una domanda inquietante: e se fossero queste le prove generali del diluvio prossimo venturo?


7/10/2012

Gli sms, le e-mail finiranno con l’uccidere la corrispondenza tradizionale? Oggi la comunicazione della perdita del lavoro o della fine di un amore o della scomparsa di una persona cara avviene attraverso la brutale concisione alla quale questi mezzi quasi ci costringono. Gli innamorati non perdono tempo a scrivere "ti voglio bene", mandano una sigla, tvb. E se si vuole far partecipi gli amici di un dolore o di una gioia, basta inviare loro il disegnino che mostra un faccino triste o sorridente. L’omologazione assoluta. Spero che i poeti, gli scrittori, gli artisti, gli scienziati continuino a scrivere lunghe lettere agli amici, ai colleghi, alle loro donne. Altrimenti i nostri posteri non capiranno nulla dei nostri sentimenti, di com’eravamo.


14/10/2012

Non capisco perché nel linguaggio dei politici e dei governanti con "grandi opere pubbliche" si intendano solo ed esclusivamente la costruzione di ponti, gallerie, autostrade. Che spesso e volentieri, sia detto tra parentesi, si rivelano essere né impellenti né necessarie, ma sicura fonte d’illeciti guadagni. Mi chiedo: mettere mano a Pompei, che se ne cade letteralmente a pezzi non sarebbe una grande opera pubblica? E non lo sarebbe anche una vera riforma universitaria che adeguasse i nostri atenei alle richieste di lavoro del mondo d’oggi dotandole di attrezzati laboratori di ricerca? E come definire altrimenti la ristrutturazione e l’attenta manutenzione dei nostri archivi storici che sempre più s’approssimano allo sfacelo?


21/10/2012

«Risalga a bordo, c….!». Le parole dell’ufficiale che da Livorno ordinava al comandante Schettino, il quale aveva abbandonato la sua nave mentre c’erano ancora passeggeri da salvare, di risalire a bordo e ottemperare ai suoi doveri, mi è sembrata suonare come se fosse stata rivolta a tutti gli italiani.
L’Italia infatti in quel momento stava correndo il rischio d’affondare come la nave «Concordia», anche se al timone c’era ora un nuovo e competente timoniere. È stato come un incitamento a non sottrarsi alle proprie responsabilità, ad adeguarsi, tutti, alle difficoltà, ai sacrifici, alle prove che ci erano imposte dalla situazione d’emergenza. Forse anche quelle parole hanno contribuito a farci giungere in porto.


28/10/2012

I bonobo sono degli scimpanzè che ignorano la violenza, praticano la parità assoluta tra maschio e femmina, si dividono equamente il cibo, si accoppiano più volte al giorno, conoscono il perdono e la riconoscenza. Sulla rete si possono leggere commenti più o meno intelligenti, molti si spingono a sostenere che i bonobo rappresentano il meglio dell’uomo. Ci andrei molto piano con simili dichiarazioni. Prima di farle, bisognerebbe che uno scimpanzè bonobo avesse almeno scritto la «Divina commedia» o dipinto il «Giudizio universale». Piuttosto penso che essi ci torneranno utili, in un possibile imbarbarimento futuro, per ricordarci il valore di alcune regole fondamentali della convivenza e dei buoni sentimenti.


4/11/2012

Anni fa mi trovai in mezzo a una sparatoria mafiosa che fece sei morti e altrettanti feriti. Capitò in un bar del mio paese, il marciapiede antistante era pieno di avventori seduti ai tavoli. Io ero appena entrato dentro quando fuori iniziò la sparatoria. Una raffica di mitra penetrò all’interno, spazzò via le bottiglie dallo scaffale dietro al barista. Rimasi per un po’ impietrito, poi venni scosso da rabbia e vergogna. Mentre gli spari continuavano, uscii fuori urlando. Alcuni proiettili mi passarono vicinissimi. L’istinto mi suggerì di buttarmi per terra. Ma non lo feci. E sapete perché? Per non sporcare il mio vestito di tutto quel sangue che scorreva sul marciapiedi. Malgrado la mia imbecillità, venni miracolosamente risparmiato.


11/11/2012

Raul Radice, critico teatrale e scrittore milanese, iniziò giovanissimo la sua carriera giornalistica come redattore de «L’Impero», autorevole rivista fascista che aveva due direttori. Amministratore ne era Arnaldo Mussolini, fratello di Benito. Un giorno Arnaldo invitò Radice ad accompagnarlo a palazzo Venezia per portare al Duce l’ultimo numero della rivista. Mussolini la sfogliò e poi disse: «Negli ultimi mesi è molto scaduta. Come mai?». Arnaldo, un po’ imbarazzato, rispose che i due direttori non si parlavano perché la moglie di uno andava a letto con l’altro. Mussolini guardò il fratello e ordinò: «Licenziate il cornuto!». Ecco, in questa storia raccontatami da Radice, ho sempre trovato la quintessenza del fascismo.


18/11/2012

Arriva la prima grande ondata di maltempo e in Italia è subito il caos. Paesi isolati, vaste zone prive d’energia elettrica , mercati presi d’assalto, strade interrotte, treni fermi in mezzo al gelo per ore e ore, automezzi e auto senza conducenti abbandonati in strada, servizi pubblici bloccati, taxi latitanti... Se ne annunzia una seconda. I giornali e le televisioni però tranquillizzano: stavolta sarà diverso, sono stati presi i provvedimenti degni di un paese avanzato come il nostro. Quali? Eccoli: scuole e uffici pubblici chiusi, treni locali sospesi, riduzione dei servizi urbani, sospensione del gas alle fabbriche, rifornimento di sale da spargere per terra in caso di neve e, soprattutto, il consiglio di restarsene tappati in casa.


25/11/2012

L’avvento della telematica nel disbrigo delle pratiche burocratiche farà scomparire le file alle poste o in altri uffici pubblici? Renderà tutto meno complicato? Nutro qualche dubbio, leggendo quello che ha dovuto fare una povera signora che, avendo una pensione di 1001 euro, per quell’euro in più ha dovuto sottostare alle nuove regole aprendo un conto corrente bancario. A ogni modo, qui, paradossalmente se volete, vorrei ricordare che spesso, durante quelle file, si socializzava, ci si lamentava dei propri malanni, ci si compativa a vicenda, ci si sfogava e si rientrava a casa più distesi. Fu nel fare una fila interminabile che i miei amici Mario e Giuliana si conobbero, si innamorarono, si sposarono ed ebbero una vita felice.


2/12/2012
L’ultimo posacenere

Nell’iniziare la collaborazione al Domenicale mi ero contemporaneamente assegnato un termine: non andare oltre un anno. È una cosa che faccio sempre, anche quando scrivo un romanzo mi propongo un limite di pagine, perché penso che sia la misura più giusta per quello che, nella specifica occasione, intendo raccontare. Ora l’anno si è compiuto e perciò non ci saranno più in giro posaceneri da svuotare. Ma voglio ringraziare di cuore i lettori, gli amici del Sole 24 Ore e il Direttore Roberto Napoletano che, oltre a avermi offerto la possibilità di essere ascoltato da una tribuna così autorevole, mi ha costretto all’esercizio della concisione. Esercizio che, dati i tempi che corrono, farebbe bene a molti, soprattutto ai nostri uomini politici.


Immagine da Il Sole 24 Ore



Last modified Tuesday, December, 04, 2012