In questo libro, Andrea Vecchio racconta anni di minacce, attentati,
telefonate e lettere anonime. E lo fa intrecciando due sapori, quello amaro di
ciascuno di questi momenti, e quello amabile e casalingo dei piatti che ama
cucinare e gustare con le persone più care. Ne viene fuori un originalissimo
ricettario della legalità, dove la gioiosa preparazione di una pasta con le
sarde o di un falso magro si alterna all'angoscia della visita di due manigoldi
o allo sgomento per un attentato incendiario in uno dei cantieri della sua
ditta. Un racconto appassionante, che, come sottolinea Andrea Camilleri nella
lettera che pubblichiamo, richiede di essere gustato senza interruzioni
La mafia in padella
Caro Andrea Vecchio,
mi è capitata col suo libro una cosa che raramente mi succede e cioè quella di leggerlo da
cima a fondo senza fare una pausa, malgrado che le condizioni della mia vista m'impediscano
simili exploit.
Dal suo libro traspaiono con chiarezza due sue caratteristiche personali: l'amore per la
cucina siciliana e la sua grande dignità umana.
Perché sinceramente credo che abbassarsi a pagare il pizzo sia prima di tutto una sorta di
abdicazione dalla propria dignità, poi, ma molto più indietro, vengono il danno economico o il
rischio di subire la vendetta.
La lezione che si ricava dal suo scritto mi pare esemplare.
Lei non ha mai chinato la testa, ha avuto sempre fiducia nella legge, non si è mai
sottratto a questa sua regola di vita nemmeno dopo gli attentati e gli incendi che la sua
impresa ha subito e alla fine ha vinto, potendo così mangiare con una certa soddisfazione
le meravigliose pietanze che sa preparare.
Lei ha scritto un libro veramente originale e il contenuto risponde pienamente al titolo.
Lei non ha cucinato solo broccoli, funghi o alici, lei ha fatto friggere in padella anche la mafia.
Complimenti.
Andrea Camilleri
|