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Il soldato con la pistola ad acqua



Autore Vari
Prezzo E. 4.00
Pagine pp. 160
Data di pubblicazione 2003
Editore Nuova Iniziativa Editoriale spa
Collana Supplemento de l'Unita 01.06.2003


La pace salvata dai bambini

Un giorno in campagna, andavo a spasso con un mio nipotino di cinque anni armato di uno di quei fucili spaziali che si vedono nei brutti cartoni animati giapponesi. A un tratto venne assalito dalla frenesia, si mise a correre e a sparare girando su se stesso e urlando frasi senza senso. “Che c'è?” - domandai “Non lo vedi che questo posto è pieno di draghi?” - rispose, sempre più impegnato nel combattimento. Decisi di partecipare al gioco. “Ho paura! Ho paura! Salvami” – gridai nascondendomi dietro un albero. Smise di colpo e mi raggiunse preoccupato. “Davvero hai paura?” “Sì” “Ma non devi! Questi draghi non esistono, ma l'invento io per giocarci”. “Te l'inventi perché ti piace fargli la guerra?” Ci pensò un momento. “Non mi piace fare la guerra, ma se non gliela faccio vincono loro”. Questa frase, sia detto fra parentesi, mi tornò a mente quando sentii anni dopo George W. Bush esporre la dottrina della guerra preventiva. Ma allora mi fece capire che i bambini, quando giocano alla guerra, recitano le loro parti con quella recitazione straniata che voleva Brecht: i bambini raccontano di essere guerrieri, ma sanno benissimo di non esserlo. Però oscuramente intuiscono che la guerra fatta dai grandi, da coloro nei quali ripongono tutt'intera la loro fiducia, è un'altra cosa. Montaigne ha scritto che la guerra, il distruggerci e lo scannarci tra di noi, è la testimonianza della nostra debolezza e della nostra imperfezione. Ecco, io credo che i bambini, quando noi ci facciamo la guerra, hanno paura certo delle bombe e dei morti, ma hanno soprattutto paura perché vedono con la nitidezza del loro sguardo quello che i nostri occhi appannati non vogliono vedere: la nostra miserabile imperfezione. Ne ho avuto prova. Durante i giorni della guerra in Iraq, due anziani signori stavano a guardare il telegiornale seduti in poltrona. Alle loro spalle, quattro bambini giocano rumorosamente alla guerra. A un tratto, sullo schermo, cominciarono ad apparire immagini di ospedali di Baghdad, con corpicini devastati, offesi, dilaniati. I due signori avvertirono che lentamente alle loro spalle si era fatto silenzio. Si voltarono. I quattro bambini avevano smesso di giocare alla guerra, guardavano il televisore assorti, seri, preoccupati. Stavano tra loro stretti stretti, senza avvicinarsi, senza stringersi ai grandi come avrebbero fatto se invece di quelle immagini vere fosse stato trasmesso un film pauroso. Mettevano distanza tra i due adulti e loro. Poi qualcuno disse: “Non fate vedere queste cose ai bambini”. E lo schermo fu oscurato. Ma queste cose non le vogliamo far vedere ai bambini perché temiamo che ne rimangano scossi o perché non vogliamo farci vedere da loro come in realtà noi grandi siamo e di quali orrende atrocità siamo capaci?

Andrea Camilleri




Last modified Wednesday, July, 13, 2011