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Jana Vizmuller-Zocco (York University)

I test della (im)popolarità: il fenomeno Camilleri

(articolo pubblicato su QUADERNI d’italianistica, Official Journal of the Canadian Society for Italian Studies – Revue officielle de la société canadienne pour les études italiennes, Volume XXII, No. 1, 2001)

 

Osservare l'Italia dal di fuori, a distanza di migliaia di chilometri (semprecché non si incappa in quella che è stata chiamata "la distorsione prospettica" [Telmon 1993:100]), significa notare una tendenza ossessiva a creare opinioni contrastanti e polemiche. Questa tendenza ha, nell'Italia di oggi, non solo il suo campo privilegiato, quello della letteratura cosiddetta d'intrattenimento, ma anche il suo bersaglio vivente: Andrea Camilleri, definito, nel sito Mondadori, "il fenomeno".
Andrea Camilleri (nato a Porto Empedocle, Agrigento, nel 1925), una lunga carriera di sceneggiatore e regista di teatro, nonché autore teatrale e televisivo, nel 1978 esordisce con il primo romanzo, Il corso delle cose (scritto nel lontano 1967); è nel 1980 che la Garzanti e poi la Sellerio pubblicano Un filo di fumo. Ma è dal 1994, dall'uscita del romanzo La forma dell'acqua, che Camilleri riscuote il successo editoriale. Due sono i filoni della sua produzione narrativa: i romanzi polizieschi (che hanno come protagonista il commissario Salvo Montalbano) e i romanzi storici (ambientati in Sicilia intorno all'unificazione e oltre), ma la trama degli uni e degli altri coinvolge sempre in qualche maniera la ricerca della soluzione, o della spiegazione di uno o più omicidi, sparizioni, stragi, insomma morti. Camilleri si è anche cimentato con una biografia "inventata" di Luigi Pirandello, Il figlio cambiato (Rizzoli, 2000). L'ultimo romanzo poliziesco, L'odore della notte, è del 2001 (Sellerio). Di Camilleri è stato pubblicato anche un CD-ROM basato sul giallo Il cane di terracotta (Sellerio, 2000). Inoltre, sono stati trasmessi vari sceneggiati televisivi basati sui lavori di Camilleri che hanno riscosso un grande successo del pubblico televisivo.
Che Camilleri possa servire come l'esempio per eccellenza di uno scrittore che suscita opinioni contrastanti va visto nell'ottica della cultura italiana che da secoli è stata appannaggio di una elite intellettuale molto lontana dalle masse. Sembra che questa situazione continui anche oggi, osservando ciò che viene detto, scritto e pensato intorno a Andrea Camilleri. Sicuramente Camilleri non è l'unico autore che gode di questo privilegio di bersaglio, ma ne costituisce forse il migliore esempio perchè la sua produzione coinvolge quelli che si potrebbero chiamare i sei test della (im)popolarità.

Il primo test: le vendite

Dal punto di vista superficiale, il test delle vendite fa nascere due reazioni a caldo: da un lato, ci sono i detrattori e, dall'altro, ci sono i lodatori. La reazione dei lodatori è predicibile: secondo loro, le vendite rispecchiano la popolarità dello scrittore e danno appoggio alla sua opera. Le reazioni dei detrattori sono altrettanto prevedibili: appena il numero delle copie vendute aveva oltrepassato un milione, hanno dichiarato che "Comprare non significa leggere". Ma la stessa reazione non viene applicata a tutti gli scrittori che vendono bene, e, in particolare, se sono scrittori stranieri.
Non sono disponibili le statistiche precise, ma sembra che più di cinque milioni di copie dei libri di Andrea Camilleri (http://www.angelfire.com/pa3/camilleri6/gen01.html, p. 17) siano state vendute dal 1997 al 2001 in Italia (senza contare le vendite delle traduzioni francesi, spagnole, tedesche, giapponesi, ecc.). Questo di per sé non suscita perplessità oltre al fatto che per uno scrittore italiano sono numeri molto elevati.
L'evidenza più lampante della popolarità dello scrittore (i.e. della voglia di ottenere un suo libro e di leggerlo) viene data dal fatto che a Palermo e a Napoli sono state trovate copie contraffatte del romanzo La gita a Tindari appena questo è stato messo in vendita. Il guadagno del mercato nero che sfrutta le opere di Camilleri è indubbio (Arena 2001:2).
Dunque, l'alto numero delle vendite non assicura immediatamente la popolarità e può, in certi casi, nuocere alla reputazione dello scrittore. D'altronde, è stato già evidenziato che bisogna evitare che "il valore di uno scrittore finisca col coincidere col suo valore di mercato" (Giovanardi 1998). Purtroppo, le forze del mercato incanalano lo sfruttamento della persona (inviti ai dibattiti radio e TV, richieste di opinioni su svariatissimi argomenti, richieste di presenza nei comizi politici, nelle manifestazioni dei partiti, ecc.) senza che questo aggiunga al valore delle opere.

Il secondo test: giudizi dei critici letterari

Finora solo Carlo Bo e Angelo Guglielmi si sono schierati dalla parte di Camilleri (Malatesta 1999); comunque, oltre a una brevissima menzione nella Storia della letteratura contemporanea di Giuliano Manacorda, il nome di Andrea Camilleri stenta a apparire nei libri che consacrano alla posterità la grandezza degli scrittori. Manacorda elenca alcuni scrittori siciliani, tra cui anche Camilleri, premettendo alla lista la constatazione che questi autori citati hanno continuato a lasciare "un segno particolarissimo"; ma l'autore non entra nei particolari e non li descrive tutti (quelli trattati includono Bufalino, Bonaviri e Consolo; Manacorda 1996: 930). Secondo Massimo Onofri, l'autore di due manuali del Novecento letterario italiano usciti di recente, Camilleri ha realizzato "un'abilissima operazione di mercato" ; inoltre, Susanna Tamarro e Andrea Camilleri vengono definiti "atletisti delle classifiche letterarie" (Spirito 2001).
Che Camilleri venga snobbato (o quasi) dall'egemonia imperante dei critici letterari di grido non sarà una sorpresa. Le ragioni per questo atteggiamento vanno ricercate nell'elitismo culturale italiano. La visione elitista dei cattedratici italiani regna suprema, prima di tutto, nel considerare chiunque venda molte copie dei propri lavori un autore solo popolare, di poca profondità contenutistica e di poca innovatività dell'espressione. Un altro fattore che predispone i critici a non dare giudizi di valore si spiega facilmente perché molti (un esempio lampante: Maria Corti) vogliono a ogni costo distanziarsi da chiunque si ostini a rimanere nell'ambito di un solo genere letterario, consacrato dal tempo (i.e. il giallo), senza voler fare del proprio romanzo un miscuglio di generi (Giovanardi 1998). Per di più, i critici preferiscono occuparsi di quello che secondo loro è la letteratura "alta", tralasciando la letteratura "bassa", anche se questa tratta problemi sociali scottanti. È stato chiesto al cattedratico Giulio Ferroni se Camilleri è bravo abbastanza da poter entrare tra i grandi narratori del ventesimo secolo; la risposta è stata: "Per nulla" (Serri 2001:82).

Il terzo test: Camilleri in rete

Chiunque mandi il nome di Andrea Camilleri a uno dei motori di ricerca, troverà almeno due centinaia di siti che trattano questo autore; cosi come è vero per moltissimi altri scrittori. Il numero dei siti non è tanto importante quanto la qualità dei contenuti e delle comunicazioni che vi si trovano. Oltre a dei siti ufficiali di case editrici (per es., Mondadori), che di per sé sono informativi ma troppo brevi per una consultazione fruttuosa, ce ne sono svariatissimi, gestiti da dilettanti ma non per questo meno importanti nel panorama della cultura contemporanea italiana. A febbraio del 1997 è stato creato il sito con il titolo moderno ma poco consone alla passione che lega i membri del "Camilleri Fans Club" (http:www.vigata.org). La nascita e l'eccezionale contenuto di questo sito meritano una trattazione approfondita (alcune informazioni sono reperibili sul sito http://www.angelfire.com/pa3/camilleri6/feb01.html). Il sito contiene notizie sulle pubblicazioni di Camilleri, su tutto quello che i membri riescono a trovare nella stampa italiana e fuori d'Italia, le ultime novità, le recensioni dei romanzi di Camilleri, le analisi linguistiche e contenutistiche di alcuni romanzi, alcune fotografie, ecc. Attraverso il sito è possibile iscriversi alla maling list dei soci del club. La mailing list è composta di un centinaio di membri, di cui una trentina vi partecipa assiduamente. I membri della mailing list non solo mandano notizie, commenti, analisi, alla lista di discussione ma hanno anche intrapreso varie attività, tra cui alcune sono di interesse particolare: la stesura di un dizionario dei termini siciliani usati da Camilleri; il sondaggio dei membri; vari incontri gastronomici in Sicilia; la raccolta dei titoli dei romanzi e dei pezzi di musica menzionati da Camilleri nelle sue opere. La stesura del dizionario è stata un'iniziativa del direttore del club, appoggiata dal presidente a dai soci. Vari soci si sono presi volontariamente l'incarico di leggere attentamente uno o due romanzi e mandare al direttore i termini siciliani o comunque sicilianizzati usati dall'autore nel romanzo scelto da loro. Il direttore, in consultazione con i membri e altri parlanti nativi di siciliano, ha completato il dizionario aggiungendo a ogni parola la traduzione più idonea. Il lavoro si è svolto in poco meno di tre mesi. C’è da sottolineare che non c'era bisogno di nessun accademico che dirigesse i lavori (anche se tra i membri ci sono tre professori universitari di cui due però non tengono lezioni di letteratura italiana). Quello che ha guidato costantemente il lavoro allora non è stata la promessa di qualche promozione, né di profitto economico, ma l'interesse di approfondire quanto più possibile la conoscenza dei lavori di Camilleri. Infatti, molti membri hanno commentato sul fatto che ora che hanno guardato con la lente di ingrandimento il linguaggio camilleriano, sono più consapevoli della complessità ma anche della bellezza dei romanzi. La collaborazione, le discussioni, gli incontri si svolgono in una atmosfera di cooperazione (spesso anche bellicosa). Il criterio migliore di misurare quanto interesse susciti l'opera di uno scrittore sono le discussioni nella mailing list del sito e dove l'amore per i romanzi di Camilleri permette non solo delle critiche anche spietate, ma soprattutto analisi di temi quali la mafia, il ‘68, i nuovi sceneggiati mostrati in TV, ecc.
È chiaro allora che se qualcuno cerca di trovare informazioni approfondite su uno scrittore contemporaneo, è probabile che le troverà sull'Internet molto più agevolmente che non nelle pubblicazioni tradizionali di critica letteraria, in altre parole, al di fuori delle sfere dell'accademia. Moltissimi siti non offrono la possibilità di un dialogo (certo, ci si può mandare un messaggio o una domanda, ma non sempre si riceve una risposta). Bisogna allora sottolineare il fatto che l'interattività, la occasione di dialogare, le attività più interessanti, le discussioni più accese e le analisi più complesse si trovano dietro la facciata di una home page: solo diventando membri di una mailing list si riesce a indagare e sviscerare le problematiche che riguardano i lavori di uno scrittore particolare. La lezione che ci viene impartita qui è questa: l'interesse che guida i lettori appassionati di Camilleri oltrepassa di gran lunga le considerazioni elitiste che stentano a apparire nelle pubblicazioni accademiche. Camilleri è veramente uno scrittore che piace e che viene letto, a dispetto delle rivelazioni dei detrattori che continuano a affermare che  "Tanto, questo interesse tra poco passa".

Il quarto test: interventi degli intellettuali

Le polemiche che riguardano il successo di Camilleri e che si vedono schierati moltissimi italiani in due campi, quello dei detrattori e quello dei lodatori, coinvolgono tre argomenti principali: 1) la visione della Sicilia che ci offre Camilleri; 2) schemi narrativi e i personaggi 3) la forma linguistica. I giudizi negativi si basano sul fatto che Camilleri non è un letterato e non "fa letteratura". I detrattori ripetono che prima di tutto,  la Sicilia che ci offre Camilleri è quella che i lettori vogliono vedere, e dunque è piatta, superficiale, folcloristica, senza originalità; secondariamente, gli schemi narrativi sono predicibili e i personaggi hanno poco spessore; e, per ultimo, la lingua non offre novità formali. La stroncatura più forte è stata offerta da Francesco Merlo sul Corriere della sera nell'articolo intitolato "Camilleri, che noia", che "non è la stroncatura di un libro di Camilleri, ma di Camilleri nella sua interezza, e nella sua sicilianità" (Cotroneo 2000). Merlo scrive:
Camilleri inventa una Sicilia arcaica, un'insularità quasi biologica, come se la sicilianità fosse una qualità del liquido seminale, un Dna, una separatezza che ovviamente non esiste se non come stereotipo,come pregiudizio che raccoglie, in disordine, malanni personali e banalità di ogni genere [...] Il tutto descritto con la lascivia sentimentale di certe orrende cose di noi stessi che ci piacciono tanto, quasi fossero anacronistiche virtù, elisir da paradiso perduto.
Il giudizio di Merlo abbraccia tutta l'opera di Camilleri, ma lo fa con un distacco che predispone alla negatività perché fa uguagliare il mondo dei gialli camilleriani a una definizione della Sicilia. Ma a ben guardare, questa operazione stessa fatta da Merlo è banale, perché così come il mondo dei romanzi di Vincenzo Consolo non rispecchia la Sicilia reale, allo stesso modo non lo fanno i romanzi di Camilleri. Ciò che viene offerto dai due autori è una base che permette un ragionamento e una discussione sui problemi esemplificati nelle opere letterarie. Sembra che Camilleri sia riuscito a coinvolgere più lettori in questa discussione che non Consolo, ma ciò non toglie che tutt'e due gli autori, pur localizzando i loro lavori in Sicilia, non scrivono inchieste sociologiche o politiche o quello che sia.
Anche Roberto Cotroneo (1998) fa delle osservazioni laceranti prospettate da un membro dell'elite:
[...] i motivi  del successo di Camilleri non vanno ricercati nel suo valore letterario - spesso troppo altalenante e troppo di genere per dare una valutazione - ma nel suo "non essere" letterato, nel suo modo di rassicurare il pubblico: con libri brevi, che della letteratura prendono il meno possibile, e della vita il più possibile.

La parola "rassicurare" appare spesso nei giudizi negativi su Camilleri. Ma non è chiaro in effetti da che cosa il lettore viene rassicurato. Da un lato, il giallo ha delle regole particolari che non si possono cambiare, perché alla fine sappiamo che il mistero ci verrà svelato; dall'altro, non è per niente rassicurante scoprire che la rivelazione del colpevole non fa cessare l'operare criminale.
Basta un altro giudizio per illustrare la presunzione dei membri dell'elite culturale. Ferroni (Serri 2001) suggerisce che "I siciliani [di Camilleri] vivono in un mondo tutto fatto di reciproca ostilità, mancanza di sincerità, tradimenti, amore per il sotterfugio. Corrisponde esattamente al cliché del "siculo". Sono così veramente i siciliani? [...] Al pubblico viene dato quello che si aspetta". A parte il fatto che non tutti i personaggi camilleriani sono reciprocamente ostili, insinceri, tradimentosi, e maliziosi, Ferroni sbaglia quando crede che "il pubblico" abbia una visione miope dei siciliani e che questa sia rispecchiata nelle opere di Camilleri.
L'argomentazione del discorso culturale sui demeriti del lavoro camilleriano si risolve in un ragionamento circolare: il pubblico si aspetta dei cliché, al pubblico Camilleri piace, dunque Camilleri offre dei cliché. È lampante che da questa prospettiva non è possibile fare nessuna discussione pacata e fondata. Si arriva a situazioni chiaramente strane, come quella che risulta quando la popolarità di Camilleri dà origine a un termine usato per definire Domenico Cacopardo (un altro scrittore siciliano contemporaneo). Questi viene descritto come  “"l'anticamilleri", i.e. l'alternativa, anzi l'antidoto a Camilleri” (Panorama 09.02.2001), come se Camilleri fosse una malattia da curare.

Il quinto test: il genere letterario

Il giallo, per definizione, è un genere che ha le regole ben precise; in particolare, il protagonista è l'investigatore; la trama principale si svolge intorno all'investigazione e alla soluzione; potranno esserci temi minori che trattano l'amore, i fantasmi, problematiche sociali, e altri, ma la scoperta del delitto prende la precedenza su tutti gli altri; il mistero non è un problema qualsiasi, ma è un segreto complesso che sembra impossibile risolvere (Dove 1997:10). Se il giallo viene visto solo e semplicemente come un puzzle, come un gioco, allora la situazione si risolve facilmente e il lettore non deve pensare a altro che alla soluzione e dimenticare poi il contenuto del libro. Ma i nuovi scrittori italiani del noir sarebbero i primi a dire che loro comunicano molto di più di un semplice racconto dell'investigazione di un crimine. Per esempio, Carlo Lucarelli sostiene che "[...]si è capito che lo scrittore, anche quello di noir, è uno che racconta la realtà e non può limitarsi a condurre un gioco con i lettori" (citato in Toscano 2001).
Lo stesso Lucarelli sottolinea però la differenza tra Camilleri e sé stesso:
Camilleri ha un'altra scuola ma è anche di un'altra generazione, per cui si rifà al giallo classico. Io ho altri maestri, tra cui lo stesso Camilleri. [...] è vero che io sono più vicino a un pubblico giovane. Penso ad Almost blue dove, per esempio, c'è la componente musicale molto importante. Alla fine non so se siano generi diversi, credo che abbiamo sfumature diverse che attengono alle nostre diverse generazioni.

Il sesto test: la lingua

La definizione che è stata data alla particolare espressione linguistica usata da Camilleri abbraccia termini quali "ibrido", "miscuglio", "pastiche", "italiano sporco" (Mauri 1998: 35), "miscela di italiano e dialetto" (Capecchi 2000:29), nonchè "una lingua mescidata, e sprofondata talvolta nel ventre del dialetto" (Onofri 1995: 239). È indiscutibile che la base linguistica di tutti i romanzi di Camilleri è l'italiano neostandard (per la definizione di "neostandard' si veda Berruto 1987). L'innesto del ramoscello siciliano su questo tronco italiano avviene come il risultato di un'operazione dall'alto, è un processo colto che coinvolge nella stragrande maggioranza dei casi una rielaborazione del lessico.
Le opinioni sulla lingua del Camilleri pubblicate finora hanno sottolineato tre funzioni che il miscuglio di italiano e di dialetto svolge in tutti i romanzi pubblicati. Queste tre funzioni si trovano ogniqualvolta uno scrittore italiano opta per l'uso del miscuglio dell'italiano con il dialetto: la prima funzione è quella ludica, l'altra, quella casuale, e la terza, quella definitoria. Per quanto riguarda Camilleri, l'uso delle parole siciliane italianizzate o meno nella maggioranza dei casi non contribuisce a far procedere la trama  né contribuisce alla soluzione del mistero; né può essere considerato come elemento che svia le indagini: in altre parole, la comicità espressa dalla forma linguistica è svincolata dal procedere tematico della trama.
La seconda funzione, quella casuale, porta al parere che la scrittura sia "un correttissimo italiano basico che il Camilleri, per certe sue insondabili ragioni, ritiene doveroso insaporire conficcandovi qui e là qualche vocabolo siciliano. Ignoto è il principio che governa lo sparpagliamento di questi termini sulla superficie della pagina" (Guarini 1999: 89). A prima vista, questo parere potrebbe sembrare vero; si veda , per es., l'incipit de L'odore della notte:

La persiana della finestra sbattì tanto forte contro il muro che parse una pistolettata e Montalbano, che in quel priciso momento si stava sognando d'essiri impegnato in un conflitto a fuoco, s'arrisbigliò di colpo sudatizzo e, nzemmula, agghiazzato dal friddo. Si susì santiando e corse a chiudere.
(p.9)

Si presuppone dunque che l'uso della lingua mista non solo sia casuale ma che non contribuisca in nessun modo allo svolgimento dell'inchiesta o alla soluzione dell'enigma.
La terza funzione dell'uso delle varietà linguistiche  può essere chiamato definitorio; tre sono gli elementi che vengono così determinati. Nel primo, il dialetto circoscrive le azioni dei personaggi in una realtà geograficamente individuabile. Nel secondo, ogni varietà linguistica definisce il personaggio; (per es., da L'odore della notte: Adelina, il siciliano stretto rielaborato: "La mogliere di me` figliu nicu la portaro allo spitali ch'avi malo di panza e io ci devu abbadari e figli ca sunu quattru e il chiù granni ch'avi deci anni è unu sdilinquenti peju di sò patre" [p. 57]; Catarella, la lingua maccheronica: "Tilifonò il signori e Quistori di pirsona pirsonalmenti e mi spiò di vossia. Io ci arrisposi che vossia era momintaniamente assente e che appena che fosse stato d'arritorno ci l'avrebbi detto a lei che lui ci voliva parlari a lei. Ma lui, cioeni il signori e Quistori, mi spiò se c'era un superiori ingrato." [p. 80-81], ecc.). La terza funzione è quella di dividere i concetti dai sentimenti, secondo un'infelice separazione che fa uguagliare l'italiano ai concetti e il dialetto agli affetti, la cui fonte sembra essere Pirandello (Capecchi 2000:86).

Queste funzioni della forma (la comica, la casuale, la definitoria) sono state sempre fatte senza tenere conto della sostanza. In altre parole, hanno fatto procedere l'inchiesta su cui si basa il giallo senza chiedersi se la lingua la rispecchia in qualche modo. La colpa di questo è in parte dovuta a alcune idee espresse da Camilleri stesso. Per esempio, in un'intervista concessa ai membri del Camilleri Fans Club, alla domanda "Perché usa l'italiano nei brani che riguardano i commenti sulla vita moderna?", lo scrittore ha risposto in questo modo: "Ci ho pensato a lungo, all'atto della scrittura, e sono pervenuto a questa scelta motivata: in questo modo, nessuno dei miei lettori si sarebbe dovuto sottoporre a un minimo sforzo per capire" (11). È come se l'autore sostenesse che le parti importanti, da capire, debbano essere in italiano, e che le altre, meno importanti, possano avere una forma qualsiasi.
Invece, l'arte di Andrea Camilleri è molto più complessa di questo. Che la forma linguistica sia inesorabilmente connessa alla trama risulta quasi inevitabile. Anche se secondo il protagonista dei gialli, il commissario Salvo Montalbano, la caratteristica più importante di un investigatore è l' occhio clinico, in altre parole, gli indizi visivi sono cruciali, il lettore ha a disposizione solo indizi linguistici. Dunque, è solo attraverso la forma verbale che al lettore viene data l'opportunità di misurarsi con il mistero. Due sono le ragioni per cui il miscuglio di italiano e di dialetto nei romanzi di Camilleri rapportano alla trama.
La prima ragione consiste nel fatto che a livello molto superficiale, i vocaboli dialettali italianizzati o le frasi in dialetto contribuiscono all'oscurità del caso, alla necessità da parte del lettore di vagliare ciò che risulta importante alla soluzione da ciò che non lo è. Se un autore affermato di gialli quanto Lucarelli voleva scrivere alla Sellerio per protestare perché non capiva niente leggendo un romanzo di Camilleri (citato in Toscano 2001), questo significa che la forma linguistica è funzionale alla trama. In altre parole, il primo passo per risolvere il caso è appunto il fatto che il lettore deve separare quelle espressioni siciliane che portano alla soluzione da quelle che non lo fanno, attraverso la loro comprensione. Appena il lettore impara a vagliare l'importanza delle parole  dialettali, la lettura diventa molto più chiara e piacevole. La comprensione viene aiutata spesso dall'autore, che usa vari meccanismi per mettere in chiaro il significato delle parole o delle espressioni dialettali (per es., traduzione, parafrasi, ripetizione dei concetti in italiano, ecc.). In questo, la lingua è funzionale all'andamento della trama: bisogna separare quegli indizi che portano alla soluzione da quelli che svolgono altre funzioni. In secondo luogo, alcune parole dialettali specifiche (italianizzate o meno) fanno da indizi precisi che hanno la funzione di aiutare a risolvere il caso. Ecco alcuni esempi tratti da L'odore della notte, dove a differenza dall'incipit, in cui le parole dialettali contribuiscono a mettere in chiaro i luoghi delle azioni e gli stati d'animo, in questi esempi le parole dialettali formano una catena di indizi che portano alla soluzione del mistero:

i. Ci viene presentata per la prima volta la signorina Mariastella Cosentino quando si parla del suo colloquio con il ragioniere Gargano: "Breve il colloquio, ma abbastevole pirchì la fimmina pirdutamente s'innamorasse del principale" (p. 16). Quel "pirdutamente" non è stato messo sulla pagina a casaccio, ma ha una funzione precisa: quella di fungere da un indizio lampante, tra i primi che dovrebbero portare alla soluzione del caso; i.e. "perdutamente" perché non è corrisposto il suo amore, ma soprattutto perché l'amore la porta al crimine, che però non é vissuto da lei come tale, ed è questo fatto che farebbe fare a Montalbano cose strane (v. p. 217);

ii. Quando Montalbano passa davanti all'agenzia del ragioniere Gargano, "[...] gli veniva uno stringimento di core che non lo lasciava più per il resto della giornata" (p.18). Quel "core" sicuramente non è stato messo lì senza calcolo perché ha la precisa funzione di essere un anello nella catena che porta alla soluzione: il caso da risolvere è un mistero che ha a che fare con il cuore.

Questi esempi (e molti altri) rendono evidente il fatto che l'uso di certe parole dialettali aiuta a risolvere il puzzle, che la lingua mista non viene usata solo per divertire il lettore, ma che il linguaggio particolare di Camilleri ha anche la funzione di rilevare degli indizi verbali che aiutano a chiarire il mistero del caso.
Sarebbe però una semplificazione troppo banale dire che le parole dialettali (italianizzate o meno) sono le uniche che aiutano a risolvere il caso. Non è solo il dialetto a sviare l'indagine o a portarla alla soluzione. È nell'intreccio tra il dialetto e la lingua che si scioglie l'enigma, perché anche le parole e le frasi italiane fungono da indizi al lettore. Per esempio, sempre da L'odore della notte,

i. quando la signorina Cosentino viene minacciata da un assalitore, e Montalbano vuole soccorrerla, lei interviene "con voce ferma": "Se qualcuno si deve sacrificare per il ragioniere Gargano, eccomi qua, sono pronta!" (p. 20). Il sacrificio, lo si scoprirà dopo, lei l' ha fatto.

ii. La signorina Cosentino viene descritta come "la vestale del tempio del ragionier Gargano" (p. 44): con il senno del poi, è lampante questa identificazione perché lei veglia l'amato ammazzato.

Risulta evidente, dunque, che gli intrecci delle lingue contribuiscono al puzzle da risolvere e hanno un ruolo essenziale nello sciogliere il caso. Il linguaggio camilleriano, oltre alle solite funzioni di divertire, di localizzare le azioni e di esprimere sentimenti, risulta essenziale per la soluzione del mistero. Dunque, da questa prospettiva vengono smentite tutte le parole tese a sminuire la complessità dello stile camilleriano.
Secondo Collura (1998), "per Camilleri il dialetto siciliano è di tipo folkloristico, e perciò di una ‘rassicurante’ Sicilia come la immaginiamo o la vorrebbero milanesi e trevigiani". Questa opinione non sussiste se vagliata con l'occhio attento al testo.

In conclusione, la popolarità o la impopolarità di uno scrittore come Andrea Camilleri, se misurate con i sei test descritti qui sopra, rafforza la sostanziale dualità della cultura italiana: da un lato, c'è un gruppo di personaggi che se la sentono di esprimere in pubblico giudizi basati su opinioni semplificate, ragionamenti circolari e concezioni prevedibili del valore della letteratura. Dall'altro lato ci sono i numerosi lettori che, a differenza dai pareri che di loro hanno gli intellettuali, non solo trovano piacere a leggere ma si cimentano anche con dei temi, dei personaggi e della lingua camilleriani. D'altronde, la popolarità e la impopolarità si potrebbero misurare con altri metri, per es., l'inclusione del nome dello scrittore nelle definizioni dei cruciverba della Settimana enigmistica; la trasmissione degli sceneggiati televisivi basati sui romanzi o sui racconti di Camilleri; ecc. Ma questi metri non suscitano polemiche, semmai rafforzano il fatto che ormai il nome di Camilleri fa parte dell'immaginario collettivo degli Italiani. I sei test dimostrano che lo stesso fatto, il "fenomeno Camilleri" crea i propri detrattori e lodatori. Ciascun campo, a modo suo, porta a un approfondimento dell'ambiguità e comprova la vivacità delle visioni contrastanti così cari alla cultura italiana. Rimane il fatto, però che tra questi due modi di  considerare la letteratura non c'è nessun ponte che possa veicolare uno scambio fruttuoso di idee.

 

OPERE CITATE

Arena, Riccardo. “Camilleri contraffatto”. Giornale di Sicilia, 26 gennaio 2001, p.2.

Berruto, Gaetano. Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo. Firenze:   La Nuova Italia Scientifica, 1987.

Camilleri, Andrea. Biografia del figlio cambiato. Milano: Rizzoli, 2000.

Camilleri, Andrea. Il cane di terracotta. Palermo: Sellerio, CDROM, 2000.

Camilleri, Andrea. L'odore della notte. Palermo: Sellerio, 2001.

Camilleri Fans Club. https://www.vigata.org

Capecchi, Giovanni. Andrea Camilleri. Fiesole, Cadmo, 2000.

Collura, Matteo. 1998. “Via col blues palermitano”. Corriere della sera, 01.11.1998.

Cotroneo, Roberto. 1998. “Caro Camilleri, stia attento al suo pubblico”. http://espressoedit.kataweb.it/online/link/link_271998.html

Cotroneo, Roberto. “Mi ha pizzicato un Merlo dispettoso”. L'Espresso, 18.12.2000.

Dove, George N. The Reader and the Detective Story. Bowling Green, OH, Bowling Green State University Popular Press, 1997.

Di Caro, Mario. “Ma il suo siciliano è una scelta colta”. La Repubblica, 22.11.1997.

Giovanardi, Stefano. “Camilleri? Se vi piace il genere...” Panorama N.48 –Anno XLIV - 3 Dicembre 1998. 131-132.

Guarini, Ruggero. “La scrittura di Camilleri? Sotto le spezie, solo italiano basico”. Panorama 20-05-1999.

Il Fenomeno Camilleri. http://www.mondadori.com/libri/cover/camileri/v01.html

Malatesta, Stefano. “Camilleri tra i cannibal”i. La Repubblica venerdì 17 settembre 1999.

Manacorda, Giuliano. Storia della letteratura contemporanea. Roma: Riuniti, 1996.

Mauri, Paolo. "Montalbano un commissario con la lingua molto sporca", La Repubblica, martedì 14 luglio 1998, p. 35.

Merlo, Francesco. “Camilleri, che noia”. Corriere della sera. 11.12. 2000.

Onofri, Massimo. Tutti a cena da Don Mariano. Milano: Bompiani, 1995.

Paccagnella, Ivano. “Uso letterario dei dialetti” in Storia della lingua italiana a cura di L. Serianni e Pietro Trifone, vol I. Torino: Einaudi, 1993: 495-539.

Serri, Mirella. “Ferroni stronca l'autore più letto dagli italiani”. L'Espresso 18.01.2001, p. 82.

Spirito, Pietro. “Promossi e bocciati del Novecento letterario italiano”. Il Piccolo. 12.07. 2001.

Telmon, Tullio. “Varietà regionali” in Introduzione all'italiano contemporaneo. La variazione  gli usi, curato da Alberto A. Sobrero. Bari: Laterza, 1993, 93-149.

Toscano, Salvo. “Lucarelli: Il noir? Ecco perché trionfa”, Giornale di Sicilia, 10.05.2001.

 


 
Last modified Wednesday, July, 13, 2011