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Topiopì



Autore Andrea Camilleri
Illustrazioni Giulia Orecchia
Prezzo € 16,00
Pagine 96
Data di pubblicazione 6 settembre 2016
Editore Mondadori
Collana Contemporanea
e-book


Edizione illustrata in volume della novella omonima, pubblicata la prima volta nel 2006 all'interno della pubblicazione Burkina-Tanzania. Attraverso l'obiettivo, a cura di Paolo Panti.

Questa non è una favola, ma una storia vera...
Nenè frequenta la scuola elementare e trascorre l'estate in campagna, dai nonni. Gli piace alzarsi presto per accompagnare la contadina Rosalia a dare da mangiare agli animali: la mula, il cavallo, l'asino, e poi il gallo, le galline, i conigli e le capre. Un giorno Nenè trova ad attenderlo una sorpresa: in fondo al pollaio c'è una cesta con una dozzina di pulcini appena nati, una tenera massa di piume, zampette e minuscoli becchi che pigolano. In disparte c'è un pulcino solitario, più piccolo e spelacchiato degli altri, che comincia a seguire Nenè dappertutto. La nonna dà al nipotino il permesso di tenere il pulcino con sé e, da quel momento, lui e Piopì diventano inseparabili. Finché, un pomeriggio, arriva nel baglio l'asino, carico di quattro sacchi molto pesanti, e Nenè si avvicina per fargli una carezza…

Una storia dall'infanzia di Andrea Camilleri, in una Sicilia antica e meravigliosa.
Illustrata da Giulia Orecchia, che dipinge con mano felice un mondo lontano e sorprendente.


Giulia Orecchia vive a Milano e lavora in uno studio che fino a poco tempo fa era un colorificio. Ha illustrato storie, poesie e copertine per più di 150 libri (fra i quali Magarìa) e vinto numerosi riconoscimenti, tra cui il Premio Andersen - Il mondo dell'infanzia per ben tre volte.



La favola vera del piccolo Camilleri
La tenera amicizia tra un bambino e un pulcino. In un libro illustrato lo scrittore racconta le sue estati siciliane in campagna dai nonni: "Perché è da vecchi che la nostra infanzia ci precipita addosso"

Roma. Nelle foto da piccolo il capo è inclinato verso il basso, come di chi cerca riparo dall'obiettivo. Ma gli occhi mirano dritti verso il fotografo, due fessure che brillano di curiosità, perché Nenè era fatto così: timido, molto timido, arrivava a nascondersi sotto il letto per rendersi invisibile al mondo, però lui il mondo doveva coglierlo nei dettagli minimi, anche in quelli apparentemente più insignificanti. E molto di quel ragazzino minuto deve essere rimasto in Andrea Camilleri se finisce per tornare sempre lì, nei libri di ricordi e anche nei racconti per bambini, come il suo ultimo Topiopì, ambientato nella campagna di Porto Empedocle che ospitava la grande tenuta dei nonni materni. È una storia d'amore, Topiopì, la storia dell'incontro tra il piccolo Nenè e un pulcino spelacchiato che perde la sua zampetta sotto lo zoccolo di un cavallo. Ed è la storia di un apprendistato sentimentale, dal momento che Nenè impara quella cosa essenziale che è prendersi cura di un altro essere vivente. Un'amorosa intesa valorizzata dalle illustrazioni di Giulia Orecchia intorno al gioco ipnotico di sguardi. E a sfogliare l'album fotografico del vero Nenè Camilleri, venuto alla luce a Porto Empedocle il 6 settembre di novantuno anni fa in un'agiata famiglia di commercianti di zolfo, la favola coincide perfettamente con la realtà.
Camilleri, sembrerebbe una storia autobiografica.
"Sì, non c'è niente di inventato. È una storia che mi accadde da bambino e ho cercato di raccontarla nel modo più semplice possibile".
Si riconosce il retroterra contadino di Porto Empedocle, con la grande casa dei nonni dove lei andava in vacanza d'estate.
"Era una bella villa di campagna, con stalle, carrozzerie, ex sale da biliardo che raccontavano un tramontato splendore. C'erano anche grandissime cantine piene di botti enormi ma ormai vuote, luoghi tutti da esplorare. E mi ricordo poggiata su vecchie assi di legno una vecchia Scat, una delle prime automobili dentro la quale mi mettevo al volante e sognavo. Poi stavo appresso ai contadini che lavoravano la terra e mi raccontavano storie bellissime".
Nasce lì quel serbatoio di storie, sogni e fantasie che avrebbero alimentato la sua scrittura.
"Sì, tenga conto che poi dalla campagna da me vissuta soprattutto in estate tornavo al mare di Porto Empedocle, dove in autunno e in inverno passavo ore a guardare i pescatori che riparavano le reti o i pescherecci che tornavano dalla pesca. Anche questo fa parte del mio mondo".
Da bambino era abituato ad addormentarsi con il rumore del mare, abitudine che poi le è mancata. Un tratto che ha poi proiettato nel giovane Montalbano.
"Sì, è vero. La prima volta che andai con papà in un paese al centro della Sicilia non riuscii a prendere sonno. Solo dopo avrei capito che mi mancava il rumore del mare, che evidentemente mi serviva da ninna nanna".
Che tipo di bambino era Camilleri?
"Un bambino solitario e malinconico. Spesso cadevo in profonde crisi di noia che mi facevano nascondere sotto il letto per ore intere. Mi accorgo di aver perduto nel corso degli anni sia la noia che la malinconia - ed è una fortuna! - ma non la curiosità".
Che rapporto aveva con i suoi genitori? Di intimità anche fisica o prevaleva la distanza?
"No, nessuna distanza. Non avevo segreti con loro, né ricordo forme di ritegno da parte mia. Era una famiglia molto numerosa, composta di nonne, nonni, zie, zii e io mi trovavo perfettamente a mio agio con tutti".
Forse però lei soffriva per la sua condizione di figlio unico.
"Sì, desideravo ardentemente una sorella che mia madre non poteva più darmi. Allora quando avevo l'età di sei anni, per confortarmi, mi comprò una grandissima bambola, alta quasi quanto me, che immediatamente divenne un sostituto della sorella che non avevo. Non la portai mai fuori di casa per paura che i miei compagni mi sbeffeggiassero. La chiamai Lina, le confidavo un sacco di cose, e la facevo dormire con me".
Proprio come faceva con il pulcino. Che conseguenze ha avuto nella sua vita e nella sua immaginazione l'assenza di una sorella?
"Forse mi ha sollecitato una particolare attenzione verso le donne".
C'è una donna saggia e autorevole che compare nel suo racconto: la mitica nonna Elvira.
"Non solo era saggia e autorevole ma è stata anche la figura che ha aperto la mia fantasia. Parlava agli oggetti e agli animali come se fossero creature umane. E cambiava voce a seconda dell'oggetto, dicendomi: "Ma secondo te posso parlare al pianoforte come parlo alla saliera?". Aveva l'abitudine di inventarsi le parole. E quando ancora non ero in grado di leggere, mi raccontò tutt'intero Alice nel paese delle meraviglie, un romanzo completamente estraneo alla nostra cultura. Fu il mio primo libro".
Che rapporto aveva con la lettura?
"Ho cominciato a leggere prestissimo. A sei anni chiesi a papà il permesso di prendere i libri dalla sua biblioteca, permesso che mi fu subito accordato. Presi a caso La follia di Almayer di Conrad e lo divorai".
E che cosa ha capito?
"Ah non so cosa capii veramente, comunque leggere mi affascinò moltissimo. La scoperta più importante di quell'età è stata l'Orlando Furioso, un'edizione con magnifiche illustrazioni di Dorè che ho stampate nella memoria".
Torna spesso al Nenè bambino: credo sia naturale alla sua età.
"Sì, con la vecchiaia si ha la cosiddetta presbiopia della memoria per cui l'infanzia ti precipita addosso con un'intensità incredibile. E infatti a me capita di indugiare molto spesso in questi ricordi".
Quanto del suo essere bambino e dunque figlio l'ha aiutata nell'essere padre e oggi nonno?
"Il lavoro mi ha portato frequentemente via da Roma, dove sono cresciute le mie figlie, e questo non mi ha permesso di essere un buon padre. Credo invece di essere stato un ottimo nonno. Devo dire che ho cercato di dare alle mie figlie la stessa libertà e la stessa autonomia nelle decisioni che i miei genitori mi hanno sempre lasciato".
Tutti i grandi scrittori per ragazzi, da Lewis Carroll a Saint-Exupéry, hanno scritto le loro storie per bambini conosciuti, non per un pubblico generico. Lei per chi ha scritto "Topiopì"?
"Non l'ho scritto per nessun bambino in particolare, anche perché io non sono uno scrittore per ragazzi. Tutto è successo per caso. Cinque o sei anni fa ho incontrato una dottoressa specialista in Aids infantile che lavora in Africa, nelle zone più colpite da questa malattia. Fu lei a chiedermi un racconto per bambini che non possedevano giocattoli. Fu così che mi venne in mente la storia di Topiopì, che è poi è stata tradotta in swahili e addirittura figura in un sussidiario adottato nelle scuole elementari".
Una volta mi ha raccontato di sognare moltissimo, soprattutto nella siesta pomeridiana. E di sognare soprattutto bambini. Secondo lei c'è una relazione con il suo tornare di frequente all'infanzia?
"Non so rispondere. Posso dirle però che i bambini dei miei sogni sono sempre allegri. E i miei sogni pomeridiani sono coloratissimi, addirittura buffi. Pensi che ho sognato di viaggiare con un treno pieno di clown! Anche io naturalmente vestito da clown".
Simonetta Fiori (La Repubblica, 28.8.2016)


 
 
 
 
 
 



Last modified Friday, September, 16, 2016