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IL CAMISUTRA
(Le pagine rosse di Camilleri)

"Ma naturalmente, per me, il sesso e' molto importante, credo sia importante per tutti. Perr la mia maniera di raccontarlo e' sempre ironica o divertita. Siccome viviamo in un periodo nel quale il sesso e' accompagnato, piu' di prima, da tutta una serie di discorsi (se non soddisfi la patner, se la patner non ti soddisfa), insomma, ti danno una tale quantita` di obblighi, che il povero maschio francamente non si capisce come ce la faccia ancora, e' un miracolo direi, allora io ho voluto per reazione descrivere il sesso dei miei libri in modo sorridente e insieme istintivo, insomma una cosa naturale. Per dire: lasciate perdere tutti questi problemi, se vi riesce. Fate l'amore in santa pace."

La testa ci fa dire, pag. 88

Il birraio di Preston Donna Sofia

pag. 28 e sgg.

(La signora Concetta Riguccio vedova Lo Russo e Gaspàno Inclima si lasciano andare ad un amplesso con tutti i sentimenti)

"Rasserenata, si era spogliata e curcata. Poi, mentre stava per appinnicarsi, aveva sentito una piccola rumorata sul tetto, quindi i passi lenti e quatelosi di lui sulle canala, e in seguito il tonfo soffocato quando dal tetto lui era saltato sul finestrone, lasciato semichiuso come da intesa. Ora, quando sentì che lui era stato di parola e che fra pochi minuti sarebbe trasùto nella sua cammara, venne pigliata di vrigogna, non aveva saputo restare stinnichiata mezza nuda sul letto come una buttanazza, in cammisa e senza nenti sotto. Si era susuta di corsa, ed era andata ad ammucciarsi darrè la grossa pezza di tarlantana. Da lì, lo sentì trasiri nello scuro fitto, chiudere il finestrone. Capì che si stava dirigendo verso il letto e intuì la sua sorpresa nel non trovarla dopo avere più volte tastiato con la mano. Ora lui si era messo ad armiggiare allato al comodino e difatti percepì la strusciata di un acciarino, ne intravide la luce splapita attraverso la fitta tarlantana e poi la cammara tutta s'illuminò: lui aveva addrumato il candeliere doppio. Fu allora, per effetto del controluce, che Concetta Riguccio vedova Lo Russo si addunò che lui era completamente nudo - ma quando si era spogliato? appena trasuto o aveva camminato così sulle canala? - e che tra le gambe gli pendevano una trentina di centimetri di cavo d'ormeggio, di quello grosso, non di barca ma di papore di stazza, cavo che poggiava su una bitta d'attracco curiosamente a due teste. A quella vista un'ondata più forte la travolse, la fece piegare sulle ginocchia. Malgrado la nebbia che di colpo si era parata davanti ai suoi occhi, vide la sagoma di lui dirigersi con precisione, fare rotta sicura verso il posto dove lei si teneva ammucciata, fermarsi davanti la zanzariera, calarsi a posare a terra il candeliere, afferrare la muschittera e isarla di colpo. Non sapeva, la vedova, che bussola per lui era stata non la vista, ma l'udito, il lamentoso tubare di palumma che lei si era mesa a fare senza manco rendersene conto. Lui se la vide davanti inginocchiata, che rapriva e serrava la bocca come una triglia pigliata nella rete. Ma l'apparente mancanza d'aria non impedì alla vedova di notare che il cavo d'ormeggio cangiava forma, principiava a diventare una specie di rigido bompresso. Poi lui si chinò, la pigliò sena dire parola per di sotto le asciddre sudate, la isò alta sopra la propria testa. Lei sapeva di essere diventata un carrico pesante per le sue sartìe, ma lui non perse l'equilibrio, la calò solamente di tanticchia, perché lei con le sue gambe potesse ancorarglisi darrè la schiena. Intanto il bompresso aveva ancora cangiato di forma: ora era diventato un maestoso albero di maestra, solidamente attaccata al quale la vedova Lo Russo pigliò a oscillare, a battere, a palpitare, vela piena di vento. (…) La strambata violenta che ad un certo momento lui decise di fare la pigliò di sorpresa, ma non fece discussione, lesta obbedì. E Concetta, diventata questa volta barca, paranza di vela latina, si trovò con la prua sopra il cuscino e la poppa tutta alzata a cogliere il vento che proprio da poppa, facendola balzare da cavallone a cavallone, irresistibilmente la sospingeva verso il mare aperto, senza più bussola e sestante. (…) Ora filavano di bolina, la navigazione era tranquilla, il mare si muoveva lento, l'annacava come una culla, non c'era onda che l'agitasse. Erano una speronara, lui vele lei carena. (…) "Fra le parti che fanno lo scafo" le aveva una volta spiegato la bonarma "c'era magari la sintìna, un loco nero e puzzolente dove vanno a finire tutte le lurdìe della nave". Ma allora, se era un posto fituso e làido, perché lui voleva trasiricci a forza, come stava facendo? (….) Lui non era più né barca né mare, ma solo un omo tanticchia stanco, col respiro pesante. Concetta gli leccò il pelo senza manco un pilo, che pareva di un picciliddro: sapeva di sale, come quello della bonarma. Lui serrò gli occhi, la strinse tanticchia più forte. "Ma tu lo sai come mi chiamo io?" gli spiò Concetta che magari lei aveva le palpebre pesanti, a pampineddra, la navigazione era stata assai lunga e stanchevole. Non ebbe risposta, Gaspàno si era già addrumisciuto."

COMMENTO: semplicemente strepitosa la parafrasi marinara.

pag. 34 e sgg.

(aspettando e desiderando Gaspàno Inclima, la signora Concetta applica pratiche autoerotiche)

"Tutt'insemmula, mentre meno se l'aspettava, da un posto preciso del suo corpo cominciò a nascere una tromba marina. Prima furono piccola increspature dell'acqua generate da un vento caldo, cchiù dello scirocco, poi le ventate si fecero più forti, pigliarono a vorticare come un trapano. E la punta di quel trapano se ne stava sempre incollata allo stesso loco e girava girava mentre la parte alta della tromba s'allargava, invadeva tutto il corpo di Concetta che se ne stava sul letto a braccia e gambe larghe, lo squassava. Una volta la bonarma le aveva contato che la tromba marina si poteva tagliare e fare ammosciare come un pallone bucato. Bastava avere il coraggio di avvicinarsi con un caicco a dove la tromba faceva base, trapassarla con un remo e dire alcune parole mammalucchigne che però la bonarma non le aveva rivelate. Allora il caicco che era la sua mano destra coraggiosamente pigliò mare e principiò a dirigersi verso sud, accostò alla fossetta nel mezzo della panza, la costeggiò torno torno, seguitò a calare seguendo una rotta precisa, arrivò nel centro del golfo che facevano le sue gambe aperte e gettò l'ancora sul punto preciso da cui la tromba marina si partiva. Dal caicco che ballava scosso dal mare agitato, isò un remo, l'indice, lo diresse fino a toccare con cautela il piccolo loco che dava nascita a tutto quello sconquasso e, individuatolo bene, pigliò a batterlo con remo, sempre più forte. Non sapeva le parole mammalucchigne, alle labbra gliene vennero altre e forse più appropriate: "Ah, Gaspàno, ah Gaspàno, ah Gaspàno mio …" E a un tratto la tromba marina s'afflosciò, ricadde nel golfo diventata spuma densa, impiccicaticcia."

COMMENTO: come sopra

pag. 57 - 58

(dal delirio etilico del Preside Carnazza del ginnasio di Fela)

"Con Ludmilla e Francesca Luigi Ricci cominciò a inzupparci il pane. Magari con Teresa pare ce lo abbia inzuppato, ma solo quando non trovava le altre due tazze a portata di mano. Ah, ah. Tra Ludmilla e Francesca Luigino non sapeva quale scegliere e il dubbio se lo mangiava vivo quando la notte stava in mezzo alle due fìmmine e per non fare scortesia equamente all'una e all'altra si prestava. Finì che si maritò con Ludmilla e fece un figlio con Francesca. Succede. Non ci credete? Vi giuro che una cosa intifica è capitata para para, una stampa e una figura, a un mio amico che vedo assittato in sala allato alla sua degna signora. Aveva due fìmmini, mi confidò: con una parlava e con l'altra faceva la cosa. Fece una figlia con quella con la quale se ne stava a parlare. Ora io mi domando e dico: con che cosa parlava il mio amico?"

COMMENTO: si nota qui un utilizzo dell'ironia anche - o soprattutto - nell'ebbrezza etilica per mettere a segno colpi mortali, che si ritrova spesso in Camilleri e, credo, nei siciliani in genere (ma non mi azzardo a darlo per scontato)

pag. 93

(il primo, sensuale contatto fra il delegato Puglisi e Agatina Riguccio Pennica)

"(…) e gli pigliò la mano per salutarlo. Non s'aspettava il modo in cui lei gliela strinse: fu come se gli avesse arravugliato attorno alle dita non la sola mano ma il suo corpo intero e come la mano dell'uomo, diventata un'altra cosa, fosse entrata nel dentro più dentro di lei, fino alla sua noce di fìmmina".

pag. 125

(il secondo contatto, che non lascia più molti dubbi ..)

"Allora Agatina fece una cosa stramma. Si raddrizzò, pigliò con la sua la mano che aveva sulla testa, la taliò, la vide nìvura di fumo, lorda, se la portò alle labbra, la baciò, la taliò nuovamente, se l'avvicinò alle labbra, la pigliò a leccare, a lungo, con coscienza, come un cane. Quando l'ebbe tutta puliziata, se la mise sulla faccia, la tenne premuta con le mani. Stettero in silenzio, poi Puglisi s'arrisorbì".

pag. 128

(alla fine, il delegato Puglisi cede)

"Agatina voltò la testa di scatto e gli morsicò a sangue le labbra. Istintivamente Puglisi la lasciò, sorpreso. E allora fu lei ad afferrarlo per le braccia, a spingerlo all'indietro verso la cucina. "Veni ccà! Veni ccà" Tremava, ma di dentro, come fanno a volte di gatti. Nella cucineddra, si stinnicchiò sopra il tavolino e tirò verso di sé Puglisi tenendolo per i risvolti della giacchetta. "Pi favuri! Pi favuri!" implorò col fiato grosso. "No" disse Puglisi e tentò di farle aprire le mani. Ci riuscì ma fu peggio, perché Agatina, lasciata la presa, gli serrò le braccia darrè la nuca, ansimando. "Lasciami stare" fece Puglisi che si sentiva tremare le gambe e non solo per la posizione in cui si trovava. Lei principiò a vasarlo fitto sulla faccia e sul collo, come un augello quando mangia: una botta di becco, la testa narrè, un'altra botta di becco, la testa di nuovo narrè. "Pi favuri" disse Puglisi. "No" arrispunnì lei. "No". (…) Agatina, dopo la vicenna fra loro due, che si erano muzzicati e strisciata la pelle di graffiuna e che erano caduti dal tavolino per terra continuando a ficcare, pareva tanticchia calmata."

COMMENTO :passata l'ironia, qui c'è sensualità autentica. Agatina Riguccio è, a mio parere, una figura femminile difficile da dimenticare. Puglisi è il nonno di Montalbano, solo un po' meno incorruttibile.

pag. 136 - 137

(botta e risposta fra un uomo di Dio e un suo devoto parrocchiano)

"La fimmina tistarda taliò lo spettacolo, ma quando niscì non era più la stissa. Biastimava, diciva parulazzi, vuliva che ogni mascolo che incontrava la cavarcasse sulla strada stissa. (…) Il triatro è la casa del diavolo! E quel loco merita il foco che Dio scagliò contro Sodoma e Gomorra!" (..) "Ero in chiesa ieri a sentire la sua predica contro il triatro. E mi scappa una dimanna: la fìmmina che vossia si è tenuta in parrocchia e dintra al letto per vent'anni e dalla quale ha avuto magari un figlio mascolo di nome Giugiuzzo di anni quindici, a quale categoria di buttane appartiene? Fìmmina di triatro, fìmmina di Sodoma, fìmmina di Gomorra o troia semplice?"

pag. 141 - 142

(il tentativo a vuoto del Dott. Everardo Colombo, questore di Montelusa, con la sua signora Pina)

"Taliò verso il letto dove dormiva la signora Pina, assaporò con occhio disidiroso le colline e le vallette che il corpo di so moglieri faceva sotto la coperta. Decise di provarci: se per un miracolo il tentativo arrinisciva, una mezz'ora di tempo ce l'aveva a disposizione prima di scìnniri al piano di sotto, dove c'era il suo ufficio. Si acculò allato del letto, all'altezza della faccia di so moglieri, le fece una carezza leggera leggera sulla guancia come se il dito fosse una piuma, un àlito di vento. "Pina! Stellassa!" La signora, che stava a taliarselo da sotto le palpebre da un quarto d'ora, fece finta d'arrisbigliarsi con studiata lentezza, raprì un occhio, fissò un momento il marito, imbronciò quelle labbra che l'avrebbero fatto indurire ad un morto, si voltò dalla parte opposta senza dire parola. A causa di quel movimento, di quel sollevarsi e riabbassarsi della coperta, arrivò al naso del questore un odore di fìmmina tanto forte da farlo sudare. "Descedett, porscella!" fece Everardo con apposita voce da letto. "Lendenatt!". Il questore non raccolse. "Avanti cara, tira su el coo! Te sèntet no la pendola? Hin i noev or che sona e tu sei ancora in lett!". "Cagon!" Ancora una volta il questore fece finta di niente, si chinò a sfiorarle una grecchia con le labbra. Questa volta la signora voltò tanticchia la testa verso di lui. "Coppet, stupid d'on menarell!". Malgrado la netta opposizione della signora, Everardo decise di fare un ultimo tentativo. Pigliò a carezzare l'ampio deretano della moglieri che tutto gli si offriva, prima con mano leggia poi sempre più aderente, lenta lenta come il cammino di un babbalùcio. "Anima, anima mia!" "Quest l'è il cuu, minga l'alma" fece freddamente la signora Pina scrollandosi con un colpo di fianchi la mano dalla groppa." (…) La questione con so moglieri durava oramai da una decina di giorni. (…) La signora, che se stava assittata a lucidarsi le unghie, si era susuta lenta lenta. Con l'indice della mano dritta aveva indicato quel posto del suo corpo dove Everardo Colombo trovava, due volte la simana, l'oro, la mirra e l'incenso. "Quest l'è me" aveva detto donna Pina alta ferma e terribile come un oracolo. "E io non te la doo mai più. Per me, da oggi, puoi restare con le ball per ari". Ed era stata di parola".

COMMENTO: Tutte le donne, prima o poi, si sono comportate come la signora Pina. Funziona, se non avete a che fare con uno psicopatico che si spazientisce e usa la violenza … ma bisogna avere nervi saldi e una certa predisposizione al tramutarsi in statue di legno.

pag. 147 - 148

(il segreto della signora Pina, moglie del questore: Tano Barreca)

"L'incontro quindicinale si svolgeva sempre alla stessa manera. Barreca, senza manco tuppiare alla porta, trasìva nella cammara della signora Pina che, preparata, l'aspettava a cosce aperte, nuda sul letto. Barreca ittava alla sanfasò sulla toletta i profumi e le creme che s'era portato appresso, si levava scarpe, cazuna, giacchetta, cammisa, maglia e mutanna e d'un balzo affunnava nella carne dura e tisa della fimmina. in silenzio si faceva la prima di minuti due, che il picciotto dedicava mentalmente a so patre Barreca Santo, arrestato una ventina di volte da gente come il marito della signora Pina che lui in quel momento si stava fottendo, poi si stinniva allato a lei respirando forte e tenendole la mano sulla fissa, mano che non stava ferma ma mutuperiava senza pace, contava fino a duecento e s'assistimava di bel nuovo nuovamente fra le cosce della signora e si faceva la seconda di minuti tre dedicandola questa volta a suo fratello Barreca Sarino che era stato ammazzato mentre se ne stava scappando dal càrzaro della Vicarìa per colpa di gente come il marito della signora Pina che lui in quel momento si stava fottendo, poi si stinniva allato a lei respirando forte e tenendole la mano sulla fissa, mano che non stava ferma ma mutuperiava senza pace, contava fino a trecento e s'assistimava di bel nuovo nuovamente fra le cosce della signora, dedicando la terza ficcata a se stesso che un giorno o l'altro sarebbe andato a finire in galera per colpa di gente come il marito della signora Pina che lui in quel momento si stava fottendo. Era, la terza, lunga, insistente, assufficante. Poi, arrivava il momento che Tano cominciava rispettosamente a spiare: "Signora sta vinendo? Sta vinendo, signora?" E mai la signora aveva voluto arrispunnìri. Ma quella mattina, stremata dall'astinenza coniugale, al soffocato e ripetuto addimannari che ritmava il tràsiri e nèsciri: "Sì … Sì … Vegni! .. Ve …gni … Ghe sont!" la svinturata arrispose."

COMMENTO: il sesso come vendetta per fatti presenti, passati, addirittura futuri. A riprova del commento precedente, la questoressa si dimostra essere una donna praticamente di legno, che non parla, non partecipa, di solito non gode, in effetti non c'è.

pag. 191

(Don Tanino Licalzi viola la prefettessa)

"In tutto questo iradiddio, don Tanino Licalzi, detto "manolesta" perché aveva il vizio di toccare il culo, con un'abilità quasi sovrumana, a tutte le fimmine che gli venivano a tiro, nell'ammuìno, nello scuro e folla aveva fatto una tale provvista di toccatine che la mano dritta gli doleva. Ma ora si fissò che alla sua collezione mancava il culo della signora moglieri del prefetto. Tanto fece e tanto disse, manovrando in mezzo alla folla tumultuante, che si venne a trovare proprio allato alla prefettessa. Con gli occhi chiusi per il piacere pregustato, allungò una mano, trovò una chiappa coperta di seta, strinse. "Mi stanno to'ando i' culo!" strillò sbalordita, indignata e leggermente felice la prefettessa. Don Tanino, raggiunto lo scopo, si piegò sulle ginocchia e si fingì sbinùtu."

COMMENTO: un quadretto irresistibile. Si noti la "leggera felicità" della prefettessa anche se mascherata dall'indignazione, nel sentirsi trattata come una donna, anzi come una fìmmina. Un punto di vista un po' maschilista ("in fondo alle donne piace essere molestate"), ma pazienza.



Un filo di fumo Chiara

Pagg. 50-51

(Totuzzo e Helke nel tettomorto)

"...essendo la finastra dalla quale aveva levato il cantone alquanto sottoposta al livello del tettomorto di palazzo Barbabianca, ogni volta che la giovane donna s'affacciava da lì a poco (Andrea) la vedeva cominciare a tremare tutta, e portare una mano alla gola, e aprire la bocca come se le mancasse l'aria, e diventare bianca di gesso e poi rossa di fuoco e affannarsi..." "... I progressi totuzzo li faceva soprattutto quando la signora, stanca del troppo parlare, si metteva a prendere aria coi gomiti appoggiati alla finestrina: un anno dopo che la giovane si era presa cura di lui, Totuzzo, nell'eccitazione della scoperta improvvisa di un universo confusamente immaginato e che ora gli veniva presentato in tutta la sua splendente realtà aveva quasi distintamente detto:"gioia mia". A distanza di due anni, adesso articolava con sicurezza: "dammelo", "dammela", "piglialo".

Commento: secondo me non è un episodio dei più espliciti, ma, nonostante questo piuttosto significativo

Pagg.113- 114-115

Stefanuzzo e Helke

"...era quasi sicura che Stefanuzzo non avesse visto niente di preciso, ma allora perchè non le levava gli occhi di sopra? Non poteva immaginare che... continuava invece a taliarla perchè gli stava capitando una cosa curiosa che gli faceva vergogna a persarla figuriamoci a dirla, forse era il sollievo per lo scampato pericolo, forse era a causa delle zottate che s'era dato, forse era l'esaltazione per il miracolo ricevuto. ... "Helke?" Lei non rispose aggelata. Era arrivata l'ora della spigazione. "Helke?" Questa volta la mano di lui si posò sulla coscia, scuotendola. Non poteva più fare finta. Impastandosi un poco la voce , sbattendo le palpebre come chi viene svegliato a sorpresa,si voltò a metà. "Che c'è?" ... Ma quello che le si presentò agli occhi la sbalordì. Stefanuzzo aveva gettato via il lenzuolo e si era messo pancia all'aria facendo vedere che proprio sotto a dove finiva la fasciatura si alzava un palo citrigno come mai lo era stato e lo stesso Stefanuzzo stava a taliarselo con una curiosità sicuramente superiore a quella della signora Helke. "Ma non ti farà male?" domandò la signora, trattenendosi dal prenderlo in mano, carezzarlo e baciarlo: quello era il segno che, comunque fossero andate le cose, la faccenda del tettomorto aveva imboccato una via senza pericolose consequenze. Si trattenne perchè ci aveva provato una sola volta, ancora in Svizzera, e stefano le aveva scostato bruscamente la testa e aveva detto inorridito: "Ma che fai? Sei pazza? Queste sono cose di buttane!" "Non ti farà male?" ripetè, visto che Stefanuzzo continuava a taliarselo affascinato. "No, se tu vieni di sopra" rispose suo marito. Helke obbedì. Mai stefanuzzo si era sognato di farlo in quel modo peccaminoso; una volta al mese, quando si decideva, non si levava manco la camicia da notte e voleva che magari Helke tenesse la sua. Questa volta invece mentre Helke lo cavalcava, arcuò il corpo lamentandosi e gliela sfilò dalla testa e non si sognò di scendere dal letto lasciando l'operazione a metà, come sempre aveva fatto le altre volte, per astutare tutti ilumini, mentre Helke che rimaneva in tredici ristabiliva l'equilibrio religioso sparando mentalmente, e in tedesco, tutte le bestemmie che conosceva. Solo al momento giusto Stefanuzzo si preoccupò di cautelarsi l'anima con una giaculatoria che Padre Cannata gli aveva insegnato: "Non lo fò per piacer mio/ ma per dare un figlio a Dio"...."

Commento: direi che stefanuzzo ha finalmente scoperto i piaceri della vita :-)



La mossa del cavallo FRANCO RAVAZZIN-RAVADUKA

pag.15

Patre Carnazza e Trisina Cicero (ovvero sesso e ...lesso)

...fino a quel momento la taliata di una minna nuda gli era costata cento grammi di cafè bono;la taliata di tutt'e due le minne nude,trecento grammi di zuccaro;una vasata senza lingua mezzo chilo di farina;una vasata con la lingua un chilo di pasta fina di Napoli........(omissis) ..una vasata per ogni capezzolo,un rotolo di tela matapollo .finissima per fare camicie......."....questa troja mi sta spogliando la casa -pensò amaramente il parrino-e mi permette di traffichiare solo nei suoi piani alti.....

pag.16

.....Obbedienti Trisina.serrò gli occhi e aprì la voccuzza .Patre Carnazza le introdusse delicatamente tra le labbra la punta della banana che la fimmina decapitò di netto ....

pag.44

Il Cavaleri Brucculeri e la cammarera Caterina (ovvero lodo l'amore delle cameriste)

....afferrò Caterina per i piedi,la tirò al mezzo del letto,e,mentre lei cadeva da tutte le parti come una pupa di pezza,le sfilò la cammisa di notte,la rimise stinicchiata,le allargò le gambe,trasì,sburrò....



La gita a Tindari Elvi Morchi - Emim

pag. 35

La vicina, la cinquantina signora Burgio Concetta vedova Lo Mascolo, (sesso uditivo?))

"[...] E principiava un'autra musica!Una sinfonia! Zùnchiti zùnchiti zùnchiti zù! Il letto che sbatteva contro il muro ca faciva battariìa! E doppo la buttana di turno ca faciva ah ah ah ah! E daccapo Zùnchiti zùnchiti zùnchiti zù io cominciavo a fari pinseri tinti.[...]"


pag. 45

Montalbano in pensiero per Mimì Augello

[...]Capace che si era incasinato con qualche marito geloso. Come quella volta che era stato sorpreso dal ragionier Perez mentre baciava le minne nude della di lui legittima.[...]



pag. 52

Catarella relaziona sui dischetti

"Cose vastase, dottori. Màscoli con fìmmine, màscoli con màscoli, fìmmine con fìmmine, fìmmine con armàali..."


pag. 66

Mimì Augello relaziona a Salvo sulle lettere

"Ora vengo e mi spiego. Metti conto che il lunedì s'incontravano a letto. Il martedì si scrivevano reciprocamente una lettera, dove commentavano, con dovizia di particolari, tutto quello che avevano combinato il giorno avanti. Visto da lei e visto da lui. Il mercoledì s'incontravano nuovamente e il giorno appresso si scrivevano. Sono littre assolutamente vastase e porche, certe volte mi veniva d'arrussicare".


pag. 67

Mimì Augello relaziona a Salvo sulle lettere

"[...] Descrivono minutamente, con particolari che a noi òmini non ci passano manco per l'anticamera del cervello, quello che prova una fìmmina mentre fa l'amore. Vedi lo fanno in tutti i modi, normale, orale, anale, in tutte le posizioni, in occasioni diverse e lei, ogni volta, dice qualche cosa di nuovo, di intimamente nuovo.[...]


pag. 66

Catarella riordina il commissariato dopo l'interrogatorio dei vecchietti andati in gita

"Cos'è?" Di colpo a Catarella la faccia gli addiventò una vampa di foco. "Un prisirfatifo, dottori!" "Usato?!" sbalordì il commissario. "Nonsi, dottori, ancora che 'ncartato sta".


pag. 151

Mimì Augello relaziona a Salvo sulle lettere

"Beh, lui si arrabbia molto, in un primo momento perché lei si è depilata". " Che aveva da arrabbiarsi? Tutte le donne si depilano le ascelle!" "Non parlava di ascelle".


pag. 166-167

Montalbano visiona le videocassette Mimì Augello relaziona a Salvo sulle lettere

La scenografia consisteva in un letto a due piazze, quello stesso sul quale era steso Montalbano. La ripresa avveniva a inquadratura fissa: la camerastava ancora piazzata sul settimanale di fronte, pronta per un'altra ripresa erotica che non ci sarebbe più stata. Il alto, proprio sopra al settimanale c'erano due faretti che, opportunamente direzionati, venivano messi in funzione al momento giusto. La vocazione di Samantha, rossa di pelo, alta sì e no un metro e cinquantadue,era tendenzialmente acrobatica, si agitava tanto e assumeva posizioni così complesse che spesso andava a finire fuori campo. Nenè Sanfilippo, in quella sorta di ripasso generale del Kamasutra, pareva trovarsi perfettamente a suo agio. L'audio era pessimo, le scarse parole si sentivano appena, in compenso i lamenti, i grugniti, i sospiri e i gemiti scattavano a pieno volume come capita in televisione quando trasmettono la pubblicità. [...] appena vide Nenè che penetrava alla pecorina René e una botta di sonno irresistibile lo colpì alla nuca come una mazzata, gli fece chiudere gli occhi, l'obbligò senza remissione a sprofondare in un sonno piombigno: il suo ultimo pinsèro fu che non c'è miglior sonnifero della pornografia.


pag. 168

La vicina, la cinquantina signora Burgio Concetta vedova Lo Mascolo,

"[...] Appena appena appinnicata mi ero quando tutto 'zèmmula mi parse di sentiri la sinfonia di quando la bonarma era viva! La buttana ca faciva ah ah ah ah e iddru ca faciva come a un porco! Preciso intifico alle volte passate! Ma comu, un fantasma torna a la so' casa e si porta appresso una buttana? E si mette, rispetto parlando, a ficcare comu se fosse vivo? [...]


pag. 166-167

Salvo visiona la videocassetta portatagli da Mimì

[...]Questa volta sul letto c'era una picciotta trentina completamente nuda, superbamente abbronzata, ripresa a figura intera. La depilazione risaltava perché lì la pelle pareva d'avorio, evidentemente era stata difesa dai raggi del sole col tanga.[...] [...]la fimmina, le lunghissime gambe e il bacino sul letto, il resto del corpo sollevato sui cuscini, leggermente inclinata a sinistra, le mani incrociate darrè la testa, era una stampa e una figura con la Maya desnuda di Goya. [...]


pag. 184-185

Salvo e Mimì visionano la videocassetta

Possibile che le pupille della fìmmina fossero accese da una luce interiore tanto forte da rendere lo sguardo alonato come da una ipnotica fosforescenza? Cos'era quella fìmmina, un pericoloso armàlo notturno? [...]La telecamera si spostò sulla bocca. Le labbra, due vampe che occupavano tutto il video, si mossero, dischiusero, la punta gattesca della lingua fece capolino, contornò prima il labbro superiore poi quello inferiore. Nessuna volgarità, ma i due uomini che taliavano restarono alloccuti dalla violenza sensualità di quel gesto.


pag. 185

Salvo visiona la videocassetta portatagli da Mimì

Poi la telecamera scese sul collo, lo sfiorò come una mano amorosa da sinistra a destra e da destra a sinistra e ancora, ancora, una carezza da spasimo. E infatti si sentì un leggero gemito di lei


pag. 186

Mimì a Salvo mentre visionano la videocassetta

"Prosegue così. I seni, l'ombelico, il pancino, il monte di Venere, le cosce, le gambe, i piedi. Poi lei si volta e lui se la ripassa tutta da dietro. All'ultimo lei torna a pancia in su, si sdraia meglio, si mette un cuscino sotto il sederino e schiude le gambe quel tanto che basta perché la telecamera..."


pag. 251

Ingrid rimane a dormire da Salvo

Nel mezzo della nottata Montalbano capì d'avere un corpo di fìmmina corcato allato al suo. Non poteva essere che Livia. Allungò una mano e la posò su una natica soda e liscia. Poi, di colpo, una scarica elettrica lo folgorò. Gesù, non era Livia. Tirò narrè la mano di scatto. "Rimettila lì" fece, impastata, la voce di Ingrid.


pag. 252

Sotto la doccia

In bagno aiutò il commissario a levarsi le mutande. Lei si spogliò della camisia. Montalbano evitò accuratamente di taliarla. Ingrid invece era come se si fosse fatta una decina d'anni di matrimonio con lui. Sotto la doccia, lei l'insapò. Montalbano non reagiva, gli pareva, e la cosa gli faceva piacere, di essere tornato picciliddro quando mani amorose facevano sul suo corpo lo stesso travaglio. "Noto evidenti segni di risveglio" disse Ingrid ridendo. Montalbano taliò in basso e arrusicò violentemente. I segni erano assai più che evidenti.


pag. 252

La pomata

Si stava godendo la friscura sulla pelle che la pomata spalmatagli da Ingrid gli faceva provare. E gli piaceva- perché non ammetterlo?- che le mani della fìmmina praticamente gli carezzassero le spalle, le braccia, il petto. E a un tratto realizzò che se ne stava con gli occhi inserrati, sul punto di mettersi a fare ron ron come un gatto.




La forma dell'acqua Chiara

pag. 18

Il sogno di Montalbano

"Ancora" "No" disse Livia e continuò a fissarlo con occhi fatti più luminosi dalla tensione amorosa. "Ti prego". "No, ho detto di no". "Mi piace essere sempre un pochino forzata" si ricordò che lei una volta gli aveva sussurrato all'orecchio e allora, eccitato, tentò di infilare il ginocchio tra le cosce serrate, mentre le agguantava con violenza i polsi e le allargava le braccia fino a farla parere crocefissa. Si taliarono un attimo,ansanti, poi lei cedette di colpo "Sì" disse "Sì. Ora" E proprio in quel momento il telefono squillò...
Commento: chi lo avrebbe mai detto che la fidanzata di Montalbano avesse certe fantasie?


pag. 34-35

Montalbano e Anna

...Quando la macchina imboccò il primo dei tre viottoli che dalla provinciale portavano alla mànnara, solo allora parlò "Se vuoi scoparmi, portami a casa tua, qui non mi piace." .... Si avviarono verso la battigia. Montalbano la prese per la vita, la strinse e lei appoggiò la testa alla spalla di lui, con un sorriso..."

Commento: direi proprio che Anna non ha peli sulla lingua.


pag. 49

Montalbano e Gegè

"Prima che il cliente spegnesse i fari, Carmen vide che i due nella BMW già ficcavano". "Ti ha detto cosa esattamente ha visto?" "Sì questione di pochi secondi ma ha visto... Dunque la femmina che era al posto di guida- ...- si è rigirata, è salita sulle gambe dell'uomo che le stava allato, ha armeggiato tanticchia con le mani in basso, che non si vedevano, e poi ha pigliato ad andare su e giù. O te lo sei scordato come si fa a fottere?" " Non credo. Ma faciiamo la prova. Quando hai finito di contare quello che mi devi, ti cali i pantaloni, appoggi le belle menine al cofano, ti metti culo a ponte. Se mi sono scordato qualche cosa, me l'arricordi. ..."...

Commento: ve li vedete Montalbano e Gegè che...?


pag. 84

Racconto di Nicolò Zito

..."...Ma è vero che l'ingegnere femmine in macchina se ne faceva due a volta? Ma è vero che all'ingegnere piaceva fare il sandwich, e mentre lui scopava una buttana un negro se lo lavorava di dietro?..."

Commento: queste righe a me non piacciono molto, ma le ho riportate perchè sicuramente riguardano l'argomento della nostra ricerca.


pag. 100

Ingrid al telefono

..."Ciao, cazzuto, come stai?" La voce era bassa e roca, come si conveniva alla descrizione di Zito, le parole però non ebbero alcun effetto erotico sul commissario, anzi lo fecero sqiuetare: fra tutti i nomi dell'universo, era andato a scegliere proprio quello appartenente a un uomo di cui Ingrid conosceva perfino le misure anatomiche. "Ci sei ancora? Ti sei addormentato in piedi? Quanto hai scopato stanotte, porcone?"..

Commento: certo che una situazione del genere deve essere imbarazzante!!!! Però mi sorge un dubbio: siamo sicuri che i comportamenti di Ingrid siano dovuti solo alle sue origini svedesi? (Mi rendo cnto che questo commento fa schifa, ma non sapevo proprio cosa dire NDR)


pag. 130

Ingrid e il suocero

.."Un uomo che da due anni è voluto entrare a forza nella mia vita. Perchè io, dopo, non volevo più." "Dopo che?" "Dopo la prima volta. Mi faceva paura la situazione. Ma, lui era...è come accecato, ha per me, come si dice, un'ossessione. Solo fisica. Ogni giorno mi domanda di vederci. Poi, quando lo porto qui, mi si butta addosso, diventa violento, mi strappa i vestiti. ... Vedi, non è geloso, è solo che mi vuole, non si stancherebbe mai di starmi dentro, inh qualsiasi momento pronto a prendermi."..


pag. 139

Ingrid e il suocero

.."...Tutto andò bene, però proprio l'ultima notte lui entrò nella mia stanza. Mi sembrò pazzo, andai con lui per farlo stare tranquillo, gridava, mi minacciava. In aereo, durante il viaggio di ritorno, a momenti piangeva, disse che non sarebbe successo mai più. tu lo sai che abitiamo nello stesso palazzo? Bene, un pomeriggio che mio marito era fuori e io stavo a letto, si presentò, come quella notte, tremava tutto. ... Intanto mio suocero insisteva, mi baciava, mi toccava appena poteva, rischiando di farsi vedere da sua moglie, da Giacomo."...

Commento: questi ultimi due episodi non hanno molto di erotico, secondo me, ma mi sembrano adatti, comunque, parlando di sesso.



La stagione della caccia Beppe

pag. 25-26

La sig.ra Clelia va a farsi visitare (in pizzo nero di Fiandra) dal farmacista Fofò La Matina.

Si lavò tutta usando una giara intera d'acqua, si profumò di Cotì, si bardò con mutande e reggipetto di pizzo nero di Fiandra - strumento già sperimentato, capace di cangiare un curvo filo d'erba in durissimo legno di piscipàino - si incipriò, si alliffò e si presentò in farmacia. Desidera? domandò il farmacista. Lei avrebbe voluto sinceramente rispondere la signora Clelia che invece disse: Vorrei che lei mi visitasse. Non sono un medico, signora. Lo so ma mi dicono che lei è bravo. Ed io ne ho un bisogno che lei manca se l'immagina, di essere visitata. Senza responsabilità fece il farmacista. Poi si voltò verso un picciottello che aveva pigliato come garzone: Se viene qualcuno, digli che fra cinque minuti torno. "Pensa che cinque minuti basteranno? spiò la signora Clelia con le palpebre che le facevano sopra e sotto. Il farmacista la invitò a salire dalla scala di legno fino alla camera di stare e mangiare, la fece assettare, si informò di cosa soffriva. Mentre parlava, e senza che Fofò l'avesse detto, la signora Clelia stava già in nero di pizzo di Fiandra, tagliando di tanto in tanto verso la camera da letto. Il farmacista l'ascutò serio serio. Si rivesta, signora disse e scenda giù. Intanto io le preparo qualcosa.


pag. 29-30

Il Marchese Filippo Peluso è ossessionato dalla mancanza di un erede masculo.

Una notte la Marchesa, massacrata da tre perforazioni eterne avvenute a distanza di un'ora l'una dall'altra, si era appinnicata voltata di fianco, che sentì, al tocco della campana che chiamava la prima messa, le mani del marito che l'agguantavano di bel nuovo nuovamente. E in un vìdiri e svìdiri si trovò collocata a pancia sotto e con le gambe aperte. Era, per la marchesa, la posizione fra tutte la più comoda, quella che le permetteva di farsi una decina di minuti di dormitina mentre alle sue spalle il consorte travagliava e sudava. Ma questa volta la Marchesa rimase vigliante e anzi parlò. Il suono della sua voce ebbe l'effetto di paralizzare per la sorpresa il marito, dato che, seguendo l'insegnamento del defunto Padre Carnazza che li aveva uniti in matrimonio, i rapporti fra gli sposi dovevano avvenire nel silenzio più rigoroso: solo ammessa, da parte femminile, la recitazione di qualche giaculatoria intonata alla situazione, ma a bassa voce, quasi un sospiro. Perché? domandò semplicemente donna Matilde, sollevando un poco la faccia dal cuscino. Perché che? rimandò il marchese ansimando ma continuando saldamente ad impalarla. Perché fai quello che stai facendo?. Un toro, ad una domanda simile, si sarebbe confuso e avrebbe lasciato perdere. Ma il marchese era fatto di petra ferrigna. Perché tu mi devi dare il mascolo spiegò, e ripigliò a incarcarla.


pag. 31

Posizioni …

Quella che i tedeschi chiamano dell'orso ballerino. Quella che gli arabi chiamano alla serpentina.


pag. 32

Don Filippo amminchia con la storia del figlio mascolo. Ci prova col metodo Sciabarrà.

Dunque per avere sicuramente un figlio bisogna stare un giorno a digiuno assoluto, farsi a sera una ventina di chilometri a pedagna e subito dopo avere il rapporto.


pag. 36

Il Marchesino Rico (Federico) con Carmelina … ehm, la capretta del curatolo Bonocore (ma si capisce dopo che non e' una fimmina, ma una capretta).

Baciò ancora una volta Carmelina poi, sentendo che non poteva più reggere, chiamò il curatolo per vedere se era nei paraggi. Non ebbe risposta, il campo era libero. Allora quasi a forza la trascinò dentro il pagliaro, si tolse i vestiti e, nudo. Si stese per terra. Paziente e devota, Carmelina cominciò a leccarlo. Dopo un poco, capendo che lui stava per scoppiare come un cocomerello selvaggio e spandere torno torno il suo seme, Carmelina si voltò e aspettò il peso del suo maschio sul corpo.


pag. 42

Il campiere Pirrotta passa la prima notte di nozze con Trisìna

La prima notte che passo' insieme alla sposina nella casa delle Zubbie, Pirrotta toccò, diciamo così, con mano, come con Trisìna il dottore Smecca ci avesse inzuppato il pane.


pag. 43

Il Marchese con Trisìna alle Zubbie.

Dopo qualche tempo il marchese vide Trisìna andare al pozzo, togliersi il corpetto e cominciare a lavarsi. Allora si stese sul letto, chiuse gli occhi per un poco e poi li riaprì sentendo rumore. Trisìna, completamente nuda, le minne caparbie puntate verso di lui, stava sulla porta e gli arrideva.


pag. 44

Come Natale Pirrotta scoprendo Trisìna insieme con il marchese, completamente nudi, fa finta di niente, mantenendo un acconciato e perfetto decoro.

Colpa sua, del resto, che voleva mantenere il decoro magari davanti ad un grillo,come quella volta che, tornato in anticipo, trovò sua moglie ed il padrone, nudi come vermi. Come se fosse la cosa più naturale del mondo, Natale riferì quello che doveva riferire e poi spiò: Voscenza lo sa dove si trova mia moglie Trisìna?. Credo che sia andata all'orto rispose il marchese, stando alla regola. La vado a cercare fece Pirrotta, e uscì. Dato che per quello stronzo sono all'orto, fammi cogliere questo bel cetriolone disse Trisìna ridendo e afferrandoglielo con presa ferma sotto il lenzuolo.


pag. 47

Il sogno del barone Uccello con la nuora Luisina.

Ora le confido una cosa che m'affronto a dirla e perciò lei non mi talii mentre gliela dico. L'altra notte me la sono sognata Luisina, lei dormiva nel mio letto e avevamo finito di fare quello che fanno un mascolo e una femmina, mi spiegai? Dalla persiana trasìva la luce della luna e io me ne stavo a contemplarla, nuda e bianca. Questo per dirle, egregio .


pag. 60

Trisìna ed il marchese con la vecchia alloppiata e "iddu" immalinconito.

Così lo trovò Trisìna che gli si stinnicchiò allato e cominciò a baciarlo tra i peli dell'ascella. Abbiamo il tempo che vogliamo disse. Ho alloppiato la vecchia. Che hai fatto?. Gli ho messo una picca di decotto di papavero nella minestra. << Ma non gli farà male?. Nonsi, cillenza. L'ho provato mentre cillenza non c'era. La fa dormire fino a matina tarda. Si lamenta solo di avere canticchia di malo di testa. Poi principiò a tastarlo e si mise a ridere. E chi fu, eccellenza, magari iddu si fece alloppiare? Ora glielo arrisbiglio io come piace a voscenza . Scostò il lenzuolo, prese a scivolare lungo il corpo del marchese ma questi la fermò pigliandola per i capelli. Lascialo perdere disse. Stamattina è tanticchia immalinconito.


pag. 66

Santo La Matina nel giardino del Paradiso.

Ficcava con la terra e con le piante disse calmo Fofò che aveva ascoltato impassibile la descrizione. Stai babbiando?. Con lei non mi permetterei Don Filippo. Le sto dicendo una cosa che non ho mai detto a nessuno. L'ho visto con questi occhi, una volta che facevo finta di dormire. Praticava un pertuso per terra o nel tronco di un albero e cominciava a ficcare. Concimava con il suo spacchio. Non sempre però lo faceva, solo certe notti che gliele diceva una ciavùla con la quale parlava.


pag. 74-75

Il marchese e Trisìna al palmento: il marchese è stanco di pestare la racina e arriva, generosamente, Trisìna ad aiutarlo.

Sotto gli occhi annebbiati del marchese, si spogliò nuda, gettando i vestiti fuori dalla porta, e gli si mise alle spalle ridendo, spingendolo per la schiena, incitandolo. A un tratto il marchese non ce la fece più e scivolò, dando una gran culata per terra. Trisìna principiò a ridere, prima adagio e poi sempre più forte, la testa gettata all'indietro e d'in mezzo alle sue cosce spalancate partì un lungo zampillo che fece scumazza sul succo della racina. Ma che fai?. Sto pisciando, cillenza. Tutti lo fanno quando pistìano. Pensano che il vino viene meglio. Lo disse sempre ridendo, articolava le parole con difficoltà. Cominciò a scivolare e, per non sbattere la faccia per terra, si addossò a una parete. Finì di colpo di ridere, taliando di sotto le palpebre abbassate il marchese, la bocca aperta a metà. Vinissi ccà, cillenza. Il marchese balzò su di lei, con il corpo leggermente piegato sulle gambe e principiò a ficcarla. Trisìna quando se lo sentì dentro fece un lamento e spiccò un salto, afferrandosi con i polpacci ai fianchi del marchese. Il quale, sentendosi rompere la schiena, si ricordò di colpo di un proverbio di suo padre: Fùttiri addritta e camminari na rina, portanu l'omu a la rovina. Sulla sabbia aveva camminato e sapeva quanto era faticoso, ora, ficcando all'impiedi, stava sperimentando l'intera verità del detto. Ma la cosa durò poco, perché Trisìna smontò, lasciando in tredici il marchese. Facemulu accussì, cillenza. Si voltò, si piegò, appoggiando la testa al muro e sostenendosi con le mani. Subito Don Filippo riattaccò, ancorandosi saldamente ai fianchi di lei data la scivolosità del pavimento. Trisìna principiò a fare voci che mai aveva fatto prima, pareva una cani vastoniata. Quelle voci e i colpi che lei dava con la testa contro il muro senza curarsi di farsi male, incaniarono il marchese. Sudato, morto di stanchezza, don Filippo s'abbattè su Trisìna la quale, non reggendo il peso, cadde facciabocconi con il marchese sempre sopra. Restarono così, a cercare di pigliare aria, mezzi annegati nel succo di racina.


pag. 76

Trisìna dice al marchese che è incinta.

Una notte, una delle ultime di ottobre, Trisìna trasì nel letto del marchese, e rideva più del solito. Ma che hai? Ridi come una babba Mi veni di fari accussì, cillenza. E cerca di non farlo. Lo sai che se ti metti a ridere io non ce la faccio, m'ammoscia. Trisìna cominciò a pensare a cose che l'avevano fatta chiangere, come quella volta che aveva otto anni e sua madre se l'era scordata chiusa dentro un cammarino o quell'altra volta che s'era strazzata un vestito novo novo per colpa di una troffa di spinasanta. Quando la vide seria, Don Filippo le montò sopra. No accussì no fece trisìna. Mi scantu ca mi fa male. E perché deve farti male? L'hai fatto cento volte, così. Ma ora è diverso, cillenza. U sapi? Voscenza mi mise prena, quel giorno al palmento. Don Filippo non disse niente. Scese dal letto tanticchia variando a dritta e mancina, arrivò alla finestra, aprì le persiane e svennè, cadendo a terra come un sacco di patate.


pag. 78-79

Come finalmente la sig.ra Clelia riesce a fare stimpagnare Fofò La Matina.

Dunque, la signora Clelia, sabato passato, sapendo dalla criata che il farmacista non avrebbe aperto perché doveva travagliare con certe erbe, si parò e andò a tuppiargli. Fofò raprì e se la trovò davanti. Cercò di non farla trasire ma non ci fu verso, la signora sosteneva che aveva urgente bisogno di visita. Per fargliela breve, una volta che si mise, diciamo così, in tenuta di lavoro, la signora Clelia non perse tempo, allungò una mano e agguantò. L'altro diventò di marmo, non si cataminava. Incoraggiata, la signora gli aprì pantaloni e brache e mise l'oggetto allo scoperto. Fu allora che il farmacista stimpagnò.


pag. 102-103

Nenè Impiduglia e 'Ntontò, nichi, che giocano al dottore.

E di colpo a 'Ntontò venne in mente una scena di tanti anni prima, quando lei con Nenè si era ammucchiata nel tetto morto ed il cuginetto le aveva insegnato un gioco novo, al dottore si chiamava, e l'aveva fatta mettere stisa su un vecchio divano, le aveva isato la gonnellina e l'aveva visitata a lungo nel pancino e dintorni. Risentì, vrigognandose, la stessa botta di calore.


pag. 106

Come Nenè impiduglia, prima di sposare 'Ntontò "alliquita" le sue due amanti. La prima …

Con la prima, Tuzza, figlia di uno che abbanniava verdura per le strade, la cosa fu semplice. Quanto vuoi per levarti di mezzo?. Tuzza sparò una cifra. Stettero tutto il pomeriggio a pattiare, mangiarono, la notte la passarono a ficcare e la matina presto trovarono l'accordo.


pag. 106-107

… e la seconda.

Con la seconda, Jeannette Lafleur, trentenne, primattrice di teatro, al secolo Gesualda Fichera, le cose andarono tanticchia meno semplici. Jeannette era portata al drammatico, come tutte le femmine di palcoscenico, e di Nenè si dichiarava innamorata. Qui non era questione di soldi. Mi sei mancato come l'aria che respiro diceva a Nenè quando lo rivedeva dopo qualche giorno di assenza. E allora erano cazzi amari, perché Impiduglia, prima di mettersi a ficcare con lei, doveva sorbirsi una quantità di storie, e come la seconda attrice fosse una buttana che corrompeva l'animo candido dell'attore giovane e come il capocomico non passasse giorno che non le faceva proposte vastase e come il suggeritore facesse finta di essere distratto durante la scena madre e la lasciava senza aiuto sul palcoscenico, con lei che si sentiva nell'africa pigliata dai turchi. Poi Jeannette, stancata dal lungo parlare, si volgeva verso il muro e gli offriva finalmente il perfetto disegno della schiena.


pag. 121

Nenè Impiduglia è stato "smascherato": lo zio Totò lo minaccia (con le buone e le cattive) di andarsene e di non farsi più vedere da 'Ntontò. Nenè è costretto a rimanere a casa.

L'unica a pigliar giovamento dallo starsene a casa di Nenè fu la signora Clelia. Ma è vero che ti condannarono?. Sì. Fammillo ancora, o Dio, che bello! Ancora! No, aspetta Nenè, ora facciamolo per d'accussì.


pag. 132

La confessione di 'Ntontò a Padre Macaluso

C'è un'altra cosa La dica. Quando vado a coricarmi, mi tocco fece la marchesina con tono stracangiato, parlava bassa e rauca. Che significa mi tocco?. Significa che mi tocco. Dove? Davanti e di dietro, sopra e sotto. E dopo mi faccio una bella dormita. Fino a mattina. E lo fa per questo, per pigliare sonno?. Pure. Ma Cristo di Dio, lei non può servirsi di un peccato come se fosse un calmante!. Che ci posso fare se mi fa bene? E ci piglio pure piacere. Si tocca una sola volta No, certe notti assai volte. Assai?. Assai E queste cose le fa solo per pigliare sonno o pensa a qualcuno di speciale?. Penso a uno. A chi?. M'affrunto a dirlo. Lei lo deve dire, altrimenti non posso darle l'assoluzione. Penso a Fofò La Matina.



Il gioco della mosca Anna

pag. 77

STICCHIU DI ZOPPA U CAVADDRU 'UN AZZOPPA

Commento: Sesso di donna zoppa non azzopperà il cavallo. Dove chiaramente il cavallo simboleggia il sesso maschile che non si stancherà mai di galoppare. Su questa credenza, che l'atto sessuale con una donna zoppa sia fonte di piacere imparagonabile rispetto a quello con una donna normale, è stato molto scritto e dibattuto. Serissimi studiosi ci si sono messi a tentare di spiegare la convinzione, dandola quindi per certa, dal punto di vista anatomico. Montaigne che aveva testa acuta e razionale, ne ha a lungo discettato: confessò di aver tratto da una zoppa un piacere sublime; ma non seppe spiegarsi se quella sensazione fosse autentica o solo l'effetto di un'idea ricevuta. Un mio amico, ora professore di storia del teatro a riposo, venne epurato come fascista negli anni '45: fra tutti i mestieri che intraprese per sopravvivere, gli capitò di fare l'amministratore di una prostituta alla quale era stata amputata una gamba. Credeva di dover menare vita grama, ebbe invece tra le mani milioni di lire d'allora. L'amputazione, evidentemente, vale più della zoppìa. Il barone Scammacca, noto per l'avarizia, stava dettando nel salone della sua villa il contratto dotale della figlia, che era carina ma zoppa. A un tratto lo folgorò la memoria di quello che si diceva circa le nascoste delizie di una donna claudicante. Fermata la cerimonia, salì di corsa una rampa di scale, si precipitò in cucina, agguantò una cuoca zoppa, la trascinò in un ripostiglio, sempre senza far parola la possedette, ridiscese la rampa, piombò in salone con un gran sorriso beato, ordinò al notaio di rifare il contratto: la dote della figlia doveva essere dimezzata. E tratto in un angolo appartato il futuro genero che protestava:"Dovresti pagarmi tu" gli disse. "Il letto di mia figlia vale assai più di mezza dote".


pag. 90

U STICCHIU UNN'AVI NE' STORIA NE' MIMORIA

Commento: Il sesso della donna non ha nè storia nè memoria. La sentenza vuole significare la straordinaria capacità di dimenticare che la donna avrebbe. E a chi dalla tesi discorda, si usa raccontare il fatto di Pino il geometra. Nemmeno dieci giorni che si era sposato, Pino dovette partire per l'Abissinia a fare la guerra. Tornò quattro anni dopo e la moglie letteralmente svenne appena lo vide sulla porta di casa. Le manifestazioni d'amore della donna furono tante e tali e così profondamente sincere che il geometra girava per il paese perennemente imbambolato per la felicità. Che raggiunse il culmine quando seppe che sarebbe diventato padre. Ma una mattina, sul tavolo del suo ufficio, trovò una lettera anonima che l'avvertiva dell'infedeltà della moglie durante la sua assenza, per diverse volte e con uomini diversi. Pino strappò indignato la lettera senza dir niente alla moglie, però cominciò a fare allusioni e mezze domande in giro, lasciando credere che delle infedeltà coniugali qualcosa gli fosse arrivato all'orecchio mentre era in Africa. Qualcuno ci cascò, assentì. Un altro si chiuse nel mutismo, un terzo cambiò discorso. Gli parve di impazzire e non per il tradimento ma perchè sentiva, dal profondo, assolutamente autentico l'amore che la moglie ignara continuava a manifestargli. Ne parlò con il suo più caro amico, aggredendolo all'improvviso: "Magari tu ci sei stato con mia moglie?". "Io no. Perchè ti sono sempre stato amico. Ma certo non è mancato per lei". "Ma come fa allora a volermi tanto bene?". "Perché tu ora sei qua, con lei, e lo sticchio non ha nè storia nè memoria". Richiamato nuovamente alle armi, Pino prima di partire ebbe commercio carnale con una prostituta che si sapeva "impestata", contrasse la malattia venerea, provvide a contagiarne la moglie. E all'amico sbalordito che domandava spiegazioni: "Accussì iddru a mia ci pensa". Così lui (il sesso, e non lei, la moglie) sarà costretto a pensarmi.




Il ladro di merendine Franco Bava (Francuzzu)

pag. 16

Il bon ton della signora Lapecora

Il tridici di Giugno sempri dell'anno passato, macari questa data riaveva stampata in testa, le arrivò la prima lettera anonima. In tutto ne mandarano tre, fra Giugno e Settembre. " Me li può far veder" spiò Montalbano. " Le abbrusciai. Non conservo fitenzie" Le tre lettere anonime, composte con lettere ritagliate dai giornali secondo la migliore tradizione, dicevano tutte la stessa cosa : So' marito Aurelio, tre volte la simana, il lunedì, il mercoledì, il venerdì, riceveva una fimminazza tunisina di nome Karima, conosciuta come buttana. Questa femmina ci andava o la matina o il dopopranzo dei giorni spari. Qualche volta accattava le cose che le servivano per le pulizie in un negozio della stessa Strata, ma tutti sapevano che quella andava il signor Aurelio per fare le cose vastase. " Ha avuto modo di avere…. Riscontri?" spio' diplomaticamente il commissario. " Se m'appostai per vidimi quanno quella troia trasiva e nisciva dallo scagno di mè marito". " Anche." " Non mi abbasso a fare sti cosi" disse superbiosa la signora. " Ma ebbe lo stesso modo, un fazzoletto lordo". " Rossetto ". " No". Fece la vedova con un certo sforzo diventando leggermente rossa in faccia. " E macari un paio di mutande" aggiunse dopo una pausa, facendosi ancora più rossa.


pag. 75,76, 77

Il turbamento della signora Clementina Vasile Cozzo

L'anno passato - gli avevo contato la signora Clementina Vasile Cozzo - le era venuta una botta tirrìbili d'insonnia che non ci poteva verso, per fortuna era durata solo qualche mese. Passava la maggior parte della nottata a tàliare la televisione o a sentire la radio. Leggere no, non ce la faceva così a lumgo perché dopo un certo tempo gli occhi le pigliavano a fari pupi pupi. Una volta, potevano essere le quattro di matino, o forse prima, sentì vociate di due imbrachi che sciarriavano proprio sotto la sua finestra. Scostò la tendina, così, per curiosità, e vide che lo scagno del signor Lapecora c'era luce. A quell'ora di notte che ci faceva il signor Lapecora? E difatti La pecora non c'era, non c'era nisciuno, la càmmara dello scagno era vacante. La signora Vasile Cozzo si fece persuasa che s'erano scordati la luce accesa. Tutt'inzèmmula spuntò, niscendo dall'altra càmmara che lei sapeva che c'era ma che non arrinisciva a vedere, un giovane il quale ogni tanto veniva nello scagno, macari quando Lapecora non ci stava. Quel giovane. Completamente nudo, corse al telefono, sollevò la cornetta, cominciò a parlare. Evidentemente aveva squillato il telefono, ma la signora non l'aveva sentito. Poco dopo, sempre dall'altra càmmara, trasì Karima. Macari lei nuda e stette a sintiri il picciotto che animatamente discuteva. Poi la telefonata terminò, il giovane agguantò Karima e se ne tornarono nell'altra càmmara a finire quello che stavano facendo quando la telefonata li aveva interrotti. Doppo ricomparvero vestiti, astutarono la luce, se ne ripartirono col macchinone grigio metallizzato di lui. Quella fimmina, Karima, il lunedì, il mercoledì e venerdì puliziava lo scagno - ma che c'era da pulire, Dio santo? - e certe volte rispondeva al telefono, ma le telefonate mai le passava al signor La pecora, macari se lui era li, di prisenza, e se la stava a sentire che parlava tenendo la testa vascia, a tàliare il pavimento, come se la cosa non lo riguardasse o fosse offeso. A parer della signora Clementina Vasile Cozzo, la criata, la serva, la tunisina, era fìmmina tinta, cattiva. Non solo faceva quello che faceva col giovane bruno, ma qualche volta andava a smurritiare il povero Lapecora che inevitabilmente finiva pere cedere, laciandosi guidare nell'altra càmmara. Una volta, Lapecora stava assettato al tavolinetto della macchina da scrivere leggendo il giornale, lei si era inginocchiata davanti, gli aveva sbottonato i pantaloni e, sempre inginocchiata….. A questo punto la signora Vasile Cozzo aveva smesso di raccontare arrossendo.


pag. 98

Il profumo erotico di Salvo Montalbano

Livia si era messa a letto, tanticchia stanca del viaggio. Montalbano si spogliò e si coricò allato di lei. Si baciarono e a un tratto Livia si scostò, cominciò a annusarlo. " Odori di fritto". " Certamente. Figurati che sono stato a interrogare uno per un'ora dentro a una friggitoria". Fecero l'amore quietamente, sapendo che avevavo tutto il tempo che volevano.


pag. 106

La gelosia inconscia di Salvo Montalbano

Prima di nèsciri, andò a taliàre Livia e François che ancora dormivano. E chi li avrebbe sciolti da quell'abbaccio? S'infuscò, ebbe uno scuro presentimento.


pag. 126

Le gioie della famiglia di Salvo Montalbano

Andò nella cammàra da letto, sciolse François dall'abbraccio di Silvia, s'accollò il picciliddro, lo portò nella cammàra da mangiare, lo mise a dormire sul divano che Livia aveva già preparato. Si fece la doccia, entrò a letto. Livia pur dormendo, se lo sentì allato e gli s'accosto, di schiena, con tutto ilo corpo. Le era sempre piaciuto farlo così, nel dormiveglia, in quella gradevole terra di nessuno tra il paese del sonno e la città della coscienza. Ma questa volta, appena Montalbano principiò a carezzarla, si scostò rapida. " No. François potrebbe svegliarsi". Per un attimo Montalbano impietrì, quest'altro aspetto delle gioie della famiglia non l'aveva calcolato.


pag. 142

La vergogna del geometra Giuseppe Finocchiaro

" Io la fimmina la conosco, si chiama Karima. Il picciliddro non l'ho mai veduto, anzi non sapevo che avesse un figlio". " Perché la conosce? ". " Perché, una volta la simana, mi viene a puliziare casa". " Il martedì matina. Sta quattro ore". " Mi leva una curiosità. Quanto le dava?". " Cinquantamila ma…". " Ma?". " Arrivavo a duecentomila quando faceva un extra". " Un pompino?". La calcolata brutalità della domanda fece prima impallidire e poi arrossise il geometra".


pag. 144

Le abluzioni del professor Paolo Guido Mandarino

L'extra del professor Paolo Guido Mandarino, anni settanta, docente di storia e geografia in pensione, consisteva nel farsi un bagnetto. In uno dei quattro sabati mattina in cui veniva Karima, il professore si faceva trovare nudo sotto le lenzuola. All'intimazione di Karima di andare in bagno a lavarsi, Paolo Guido si fingeva decisamente riluttante. Karima allora, strappati i lenzuoli del letto, costringeva il professore a pancia in giù e lo sculacciava. Entrato finalmente nella vasca da bagno, veniva accuratamente insaponato da Karima e poi lavato. Tutto qui. Costo dell'extra, centocinquantamila; costo delle prestazioni di pulizia Cinquantamila.



pag. 145

Il fiuto del ragioniere Vittorio Pandolfo

Scostante, e non lo faceva per teatro: se il ragioniere veniva a parlargli di Karima, vuol dire che gli aveva detto una farfanterìa, negando di conoscerla. " Sono venuto perché è apparsa in televisione….". " La foto di Karima, quella di cui lei non sapeva niente. Perché non mi ha fatto cenno?". " Commissario, sono cose delicate e macari una s'affrunta, si virgogna. Vede alla mia età…". " Lei è il cliente del Giovedì mattina ?". " Si ". " Quanto paga per le pulizie di casa?". " Cinquantamila ". " E per l'extra?: " Centocinquanta ". A farsi fare il bagno questa volta era Karima. Poi il ragioniere la metteva nuda sul letto E se l'odorava a lungo. Ogni tanto, una leccatina.


pag. 146

I tre di Villaseta : il Plantegenato, Susanna e il Vecchio, il Normale

I tre clienti dei pomeriggi dei giorni pari abitavano a Villaseta. Tutti uomini di una certa età vedovi o scapoli. La tariffa, la stessa di quella praticata a Vigata. L'extra di Martino Zaccaria, negoziante di frutta e verdura, consisteva di farsi baciare la pianta dei piedi; con Luigi Pignataro, preside di scuola media a riposo, karima giocava a mosca cieca. Il preside la spogliava nuda e la bendava, poi si andava a nascondere. Karima doveva cercarlo e trovarlo, quindi Karima s'assittava su una seggia, pigliava il preside sulle ginocchia e l'allattava. Alla domanda di Montalbano in che cosa consisteva l'extra, Calogero pipitone, perito agronomo, lo taliò strammato : " In che cosa doveva consistere, commissario? Lei sutta e io supra". A Montalbano venne voglia di abbracciarlo.


pag. 154

Il compromesso

Sciolse delicatamente François dall'abbraccio di Livia, lo mise a dormire sul divano già preparato. Quando trasì nel letto, Livia d'impiccicò di schiena e non si ritrasse alle carezze anzi. " E se il picciliddro si sveglia?" le spiò Montalbano, che sempre carogna era sul più bello. " se si sveglia, lo consolo" fece Livia ansimate:



La concessione del telefono Chiara

pag. 30

Episodio: cambio di iniziale parascianno al posto di Marascianno.

"Nel gergo più triviale in uso presso la malavita napolitana con paracsianno (o paparascianno) si definisce un membro virile d'animalesche proporzioni. In conclusione questo laido individuo, con l'apparentemente innocente cambio di una consonante, finisce con l'appellarmi come "grandissima testa di c..."

Commento: avete visto cosa può succedere cambiando una consonante?


pag. 35

Episodio: Filippo Genurdi e la sua prima notte di nozze.

" Il Genuardi, nei primi tempi del suo matrimonio, non si è serto risparmiato in relazioni adulterine di variabile durata. E' risaputo tra l'altro che il Genuardi, la notte istessa delle nozze, trascorsa qualche ora con la sposa, si recò in carrozza presso l'Albergo Gellia di Montelusa e con una ballerina delle varietà in congresso carnale si convenne fino a mattino."

Commento: cominciamo bene!!!


pag. 50

Episodio: Filippo Genuardi ricatta la moglie per convincerla a parlare col padre.

"Ah dio ah dio dio dio dio che bello che bello ah dio dio ancora ancora ancora ah dio accussì accussì accussì sì sì sì sììì moro moro moro morta sugnu morta continua Pippù continua Pippù oh dio oh dio che fai che fai pirchì ti fermi?" "Mi stuffai, mi stancai". "Che fai tinni nesci? No no no pi carità trasi trasi Pippù accussì accussì tutta tutta ancora ancora oh dio dio..." "Ci parli a to' Patre, troia?" Sì sì sì sì ci parlo ci parlo dimmi ancora troia"

Commento: a volte la carne è debole


pag. 83-84 86-87

Episodio: Filippo Genuardi dopo la febbre ha continue erezioni e la moglie Taninè e felice di curarlo.

"Dottore, sentisse, ne approfitto che me mogliere non c'è. Da stamatina, da quando mi è venuta questa febbre, io non mi posso tenere. Sono le dieci del matino e l'ho già fatto tre volte". "Mi stai dicendo che hai frequenti erezioni?" "Proprio accussì" "Taninè, se ne andò papà?" "Sì, Pippo" "Dove sei, Taninè?" "In cucina sono, Pippo" "E che fai, Taninè?" "Il mangiare priparo, Pippo" "Veni ccà, Taninè" "Eccomi, Pippo. O Madonna biniditta, che fai tutto nudo? Mettiti sotto il linzolo che la febbre hai, Pippo" "Sì la febbre ho, Taninè. Stinnicchiati, che non mi tengo." "O Madonnuzza santa, Che ti pigliò? E' da stamatina all'alba che pistii nel mortaro... Sì... sì... sì...accussì... accussì..."

Commento: alle volte non tutto il male viene per nuocere.


pag. 95-96

Episodio: lettera di Lillina a Filippo Genuardi.

"...ci sono nottate che a lui ci piglia il firticchio che mi vuoli cercare vuole fare le cose con mia che sono mogliere sua ci viene il desidderio ma datosi che è tropo vecio non ce la fa e alora mi piglia e mi fa fare cose che mi vrigogno cose vastate che manco una buttana inzomma cose accussì che manco mi sento di dire che però ci arrinescio a fare pinzando che allo posto suo ci sei tu Pippuzzo adorrato alora tuto mi addiventa quasi facile e arrinescio a darrici tutta la soddisfazione che mi cerca..."


pag. 118-119-120

Episodio: la confessione di Taninè

"Tuo marito ti dice di non venire in chiesa?" "Nonsi, non mi dice nè ai nè bai. però una volta che stavo niscendo di casa per venire in chiesa, lui si mise a ridere e mi fece: "Vieni quache ti do i sacramenti che ti servono". E mi portò nella cammara da letto. Accussì mi passò il pinsero." ... "Fate quello che fanno marito e mogliere?" "Non ammanca" "Lo fate spesso?" "Tre...quattro volte" "A settimana?" "Babbìa? Al jorno, parrì" "Assatanato, pigliato dal diavolo è. Povira Taninè" "Pirchì povira? A mia mi piace" "Che dicisti?" "Che mi piace" "Taninè, ci vogliamo giocare l'anima? Non ti deve piacere!" "Ma se mi piace che ci posso fare?" "Devi fare in modo che non ti piace! Provare piaciri non è cosa di fimmina onesta! tu devi praticare con tuo marito solo con l'intenzione di fare figli. Ne avete picciliddri?" "Nonsi, non vengono, ma li vogliamo avere." "Senti, Taninè. Quando fai la casa con tuo marito arripeti mentalmente: "non lo fo per piacer mio ma per dare un figlio a Dio". Daccordo? la fimmina, la sposa non deve provare piaciri perchè altrimanti il rapporto col marito cangia di colpo e addiventa piccato mortale. La donna non deve godere, deve procreare." "Patre Pirrotta, io quella cosa che disse non la posso dire." "E pirchì, santa fimmina?" "Pirchì sarebbe una fanfantarìa, una buscia che direi al Signiruzzo santo. Macari quando Pippo mi si mette di darrè..." "Eh no! Questo è peccato! La Chiesa considera piccato farlo con l'omo ante retro stando, sebbene che i figli possono nascere lo stesso." "Parrì, ma che viene a contare? Ma quando mai! Indove che lo mette lui non nascono figli" "O Madre santa! Mi stai dicendo che lo fa nell'altro vaso?" "Ca quali vaso e vaso, parrì!" "Socialista è, quanto è vero Dio!" "Parrì, ma che ci accucchia il socialismo col vaso, come dice vossia?" "Ci accucchia! Eccome se ci accucchia! Farlo nell'altro vaso è contro natura! E contro natura è macari il socialismo!"

Commento: è un brano che mi piace molto per come emergono i caratteri dei due interlocutori: il parrino si scandalizza mentre la donna gli racconta in modo sincero e naturale i suoi rapporti con il marito. Sono anche divertenti gli equivoci che nascono durante il dialogo.


pag. 153

Episodio: dialogo tra Giliberto e il Genuardi

"Avvocato? Che avvocato? Sono io che devo metterci in mezzo la liggi! Ma taliate che faccia! S'era allura allura maritato, era venutoa stare qua, in via dell'Unità d'Italia, sullo stesso mio pianerottolo, porta cu porta, pareva tanto innamorato della mogliere so' che ogni notte la mia signora si doveva attappare le orecchie per non sentire quello che combinavano corcati, e invece!.." "Signor Giliberto, vogliamo metterci ora a ripistirare storie vecchie come il cucco?" "E sissignore! Non me la posso scordare la faccia di mia figlia Annetta, tredici anni aveva allura! una picciliddra era!, quando che mi disse che lei, ogni volta che l'incontrava nella scala, le toccava il culo! Cose da galera! Qualla nuccenti acchiannava la scala contenta e spinserata e lui, zacchete! la mano sul culo! A me' Figlia"

Commento: un caso di pedofilia


pag. 241-242

Episodio: ancora Taninè e Filippo

"Taninè, facciamo arriversa. Prima vieni con me e doppo fai i piatti". ... "Maria Maria Maria sì sì sì Maria Maria morta sugnu..." ... "Alla spajacarretto, Taninè!" "Sì sì sì sì sì Maria Maria Maria sìsì morta sugnu..." ... "Ad astutacannìla, Taninè!" "Morta sugnu Maria Maria Maria Maria sì sì sì..." ... "Alla socialista, Taninè!" "Aspetta che m'assistemo. Accussì. Maria chi mali! Chi mali! Maria chi... Sì. Sì. Sì. Sì. Sìsìsìsìsìsìsìsìsìsìsì. Morta sugnu..."

Commento: qui i due coniugi ci mostrano il loro repertorio di posizioni


pag. 248-249

Episodio: Sasà La Ferlita racconta al suocero di Genuardi che la moglie lo tradisce col genero.

" E così, un giorno di almeno due anni fa, Pippo mi disse, facendomi giurare il segreto, che si era fottuto la signora Lillina, sua moglie. Erano soli nella villa che lei ha fora Vigata, non c'era manco la cammarera e senza sapere come s'erano trovati nudi sopra un letto. Ridendo e scherzando, mi contò tutti i particolari, tutti i dettagli. Tornarono a fare all'amore altre due volte, approfittando dei momenti in cui nessuni stava in casa. E magari di queste due volte mi contò tutto dilungandosi, dato che, come mi disse, cominciava a conoscere meglio quello che a Lillina piaceva di fare a letto. Lei è padronissimo di non credermi, ma io gli dissi di lasciar perdere la storia, perchè la cosa poteva diventare tanto pericolosa da far succedere un botto. Lui ribattè ch'era d'accordo sulla pericolosità, però non ce la faceva a rompere, non ci pensava, anzi mi disse testualmente: " quella fimmina mi trasì nel sangue."


pag. 255

Episodio: Pippo Genuardi cheima per la prima volta l'amante

"Bene. Domani a matino, appena la cammarera è nisciuta di casa per viniri in paisi, tu mi chiami al telefono e mi dici che la via è libera. Io piglio il cavallo e in dieci minuti arrivo, abbiamo almeno due ore a disposizione. Accussì ti posso finalmente abbrazzare, vasare tutta, sopra la vucca, sopra le minne, sopra la panza, in mezzo alle cosce..." "No, no Pippù, che mi sento squagliare tutta..."

Commento: questo è una dei primi esempi di linea erotica...



La voce del violino Andrea

pag. 150

Anna allungò un braccio sopra lo schienale, Montalbano calò la testa narrè, appoggiò la nuca sulla pelle di lei. Chiuse gli occhi. Fortunatamente aveva appoggiato il bicchiere sul tavolinetto perchè di colpo sprofondò nel sonno, come se il whisky fosse stato alloppiato. S'arrisbigliò dopo una mezz'ora con un sobbalzo, girò gli occhi torno torno strammato, capì, gli venne virgogna. 'Ti domando perdono'. 'Meno male che ti sei svegliato, mi sono venute le formichelle al braccio'. Il commissario si susì. 'Devo andare'. 'Ti accompagno' Sulla porta, con naturalezza, Anna posò leggermente le labbra su quelle di Montalbano. 'Riposa bene, Salvo'.


pag. 162

Triiin, triiin, faceva un suono remotissimo dintra al suo ciriveddro. Capì ch'era lo squillo del campanello della porta. Si susì a fatica, andò ad aprire. A vederlo nudo, Galluzzo fece un balzo narrè. 'Che c'è, Gallù? Ti scanti che ti porto dintra e ti faccio fare cose vastase?'


La bolla di componenda Fabio Bertolazzi

pag. 82

mi livaru u piaciri do fùttiri


pag. 100

Parliamo latino. U stai azzappando la vigna quando a un certo momento ti trovi davanti questa signora furastera. Tu sapevi che ci aveva l'intenzione ? Me l'aveva fatto capire. Erano due giorniche mi orliava mentre travagliavo e mi taliàva. Va bene. E con la scusa che s'era fatta male a una gamba, si fece pigliare in collo da te e portare in un pagliaro. Giusto?. Sissi. E dopo m'ha dato venti lire. E qui sta il busillisi. Sai se è ricca? E' sempre piena di anelli, collane e braccialetti. Levami una curiosità. Mentre la godevi dentro il pagliaro, sapendola ricca, non t'è passato per la testa che avresti potuto magari guadagnarci qualche cosa ? Beh… Si o no? Attento che siamo in un confessionale. Sissi Allora ci vuole la bolla. Anzi sai che ti dico? Pigliatene tre o quattro, sono persuaso che a questa signora la gamba ci farà male ancora.


pag. 101
Dieci anni prima Luzzo Pagliuca, uno che si diceva avesse sbirginato di forza una picciliddra di dieci anni scannandola dopo come un agnello,……

Un mese con Montalbano DUKARAVA-FRANCO RAVAZZIN

pag. 82 da UNA GIGANTESSA DAL SORRISO GENTILE

....Per il resto,niente da dire sul dottor Landolina,già segretario locale della D.C. :era fedelmente maritato da venticinque anni con Antonietta Palmisano,una specie di gigantessa dal sorriso gentile,ma il Signore non aveva voluto concedere alla coppia la grazia di un figlio.Sul medico,mai una voce maligna,una filàma. Fino al momento in cui Mariuccia,susutasi dalla seggia davanti alla scrivania,andò darrè il paravento per spogliarsi,nel cuore del ginecologo non capitò niente di strammo.L'occhialuta picciotta che rispondeva a monosillabi,avvampando,alle sue domande,era del tutto insignificante.Ma quando Mariuccia,in pudica sottana nera e senza occhiali(automaticamente se li levava ogni volta che si spogliava),niscì dal paravento e,con la pelle rosso foco per la vrigogna,si posizionò sul lettino,nel cuore del cinquantino Landolina si scatenò una delirante sinfonia che nessun compositore dotato di senno si sarebbe mai azzardato a comporre,a momenti di centinara e centinara di tamburi al galoppo subentrava il volo alto di un violino solitario,all'irruzione di un migliaro di ottoni si contrapponevano due liquidi pianoforti.Tremava tutto,anzi vibrava il dottor Landolina quando posò una mano su Mariuccia e subito,mentre un organo maestoso iniziava il suo assolo,sentì che il corpo della ragazza vibrava all'unisono con il suo,rispondeva al ritmo della stessa musica. La signora Concetta Sicurella in Coglitore,che aveva accompagnato la figlia e aveva aspettato in salottino la fine della visita,attribuì a verginale imbarazzo l'acceso rossore delle guance,il febbrile sparluccichio degli occhi di Mariuccia,trasuta nello studio picciotta e nisciuta,dopo un'ora,fimmmina fatta. Landolina e Mariuccia praticarono il gioco del dottore per un anno filato :al termine di ogni visita Mariuccia nisciva sempre più rusciana e imbellita,mentre invece Angela Lo Porto,da vent'anni infirmera segretamente innamorata del medico,giorno appresso giorno si faceva smagrita,nirbusa e mutànghera....

Commento: il dottor Landolina e Mariuccia ovvero sinfonia d'amore...ginecologica


pagg.155-6 da ICARO

La fimmina saltava giù dal trapezio,fingeva di cadere malamente e restava svenuta,le braccia allargate,le gambe divaricate.Allora il suo compagno si liberava della tuta e compariva vestito solo di una pelle di tigre con una maschera di leone sulla faccia.La picciotta,ripigliati i sensi e visto l'armàlo,si scantava e si metteva a correre.Una prima zampata del leone le portava via la parte superiore della tuta lasciandola in reggiseno.Un'altra zampata la lasciava in mutandine.Allora la picciotta,capite le intenzioni del leone,gli faceva il gesto di aspettare e principiava un lentissimo e voluttuoso spogliarello al termine del quale restava con un quasi invisibile tanga.E qui cedeva alle voglie del leone che non solo pareva conoscere a memoria il Kamasutra ma era macari in grado di farne un'edizione riveduta e ampliata.Faceva tanticchia di frisco quando l'esibizione finì in un delirio d'applausi,ma gli omini erano tutti accaldati e sudati come se fosssero stati davanti a un forno.....

Commento:Camisutra leonino.


pagg.159-160 Nenè Scozzari e l'acrobata

.....Nenè Scozzari stava appoggiato al cofano della sua automobile a una ventina di metri dai due camper e dall'elicottero.La tedesca invece stava stinicchiata,nuda completa,sopra un lettino e pigliava il sole.Nenè teneva in mano un mazzetto di margherite che aveva appena cogliuto,si avvicinò alla fimmina,glielo posò sulle minne e tornò al suo posto.Lei allora lo taliò.Madonna santa,Salvo,che taliàta !Ma quella appena può,appena marito e fratello le danno un momento di respiro,una sveltina a Nenè gliela fa fare.Garantito..... Mimi Augello lo taliò ammirativo. "C'inzertasti !Quando arrivai,mi fermai a distanza per non fare sentire il motore.Nenè non c'era dintra la sua macchina.M'accostai al camper che hanno la tedesca e suo marito.Non ti dico Salvo !Era tutto chiuso,ma lei era incaniata,gridava"Ja!Ja!" che pareva la stessero scannando.Se a Nenè la forza gli regge,può stare a cavallo fino alle sei di stasira......

Commento:fior gentile e cavalcata delle Walkirie


pag.227 IL VECCHIO LADRO

...con la torcia vitti che nella vetrinetta c'erano statuine di qualche valore ma difficili da piazzare.Comunqua andai nella cucina,pigliai una tovaglia grande da tavola per metterci la roba.Appena raprii la vetrinetta ,sentii una voce di fimmina che gridava "No!No!Dio mio !Muoio!".Per un attimo raggelai.Poi,senza pinsarci,corsi al piano di sopra per dare una mano d'aiuto a quella povirazza.Ah,commissario mio,quello che mi si appresentò nella càmmara da letto! Una fimmina e un omo,nudi,che ficcavano !Restai insallanuto ,ma l'omo s'addunò di mia." "E come ? Se stava a..." "Vede,commissario" fece Orazio Genco arrossendo dato ch'era un omo pudico "lui stava sotto e lei sopra,a cavallo.Appena mi vitti,l'omo ,in un vidiri e svidiri,scavalcò la fimmina,si susì e m'afferrò per la gola....

Commento:amore rubato,ovvero la mossa del cavallo


pag.413 da MOVENTE A DOPPIO TAGLIO

...Lei lo pigliò,lo lesse,lo gettò via,impallidì nuovamente,si susì,arretrò,gli occhi sempre fissi sul pezzo di carta.Le mancava il fiato,si era portata le mani alla gola,tremava.Il commissario le si mise davanti. "Lei ha sentito quello che Gambardella ha detto al figlio...che gli avrebbe lasciato tutto dopo la sua morte.......e allora è andata a trovarlo per domandargli spiegazione...perchè lui l'eredità l'aveva promessa a lei....." "Sempre me lo diceva "ansimò la vedova"sempre me lo ripeteva ,il porco ..Gesuinuzza mia ,tutto ti lascio....e intanto piglialo qua..intanto mettitelo là...un porco,un maiale era....sempre a farmi fare cose vastase pinsava....non gli bastava che gli facevo la serva....

Commento:amore diseredato.

La testa ci fa dire Cristina Mastroianni 'a Musicante

pag. 87-88

Sorgi:
Parliamo di un altro degli ingredienti delle tue storie: il sesso. Il sesso come appare nelle tue storie, ha una certa risonanza adolescenziale, ricorda certi discorsi iniziatici tra compagni di scuola. Come fai a stabilire quanto sesso metti in una tua storia?

Camilleri:
Non è stabilito a priori. Non è stabilito assolutamente a priori, lo metto quando sento la necessità di metterlo, come un fatto ritmico. Per esempio: pigliamo "La stagione della caccia", dove questo poveraccio fa continuamente all'amore con la moglie nel tentativo di avere un figlio maschio, senza riuscirci mai, e poi invece ce l'ha con un'altra donna. Ora è inevitabile che io avessi bisogno a quel punto di una scena di sesso in un certo modo perché volevo dire che una cosa è fare l'amore per l'obbligo - avere i figli -, un'altra cosa è farlo così, per il piacere di farlo, e ti nasce il figlio come regalo, dato che l'hai sempre voluto. Infatti quella scena è raccontata in un certo modo, partecipato e insieme furtivo, un senso di felicità rubata al destino. Ma naturalmente, per me, il sesso è molto importante, credo sia importante per tutti. Però la mia maniera di raccontarlo è sempre ironica o divertita. Siccome viviamo in un periodo nel quale il sesso è accompagnato, più di prima, da tutta una serie di discorsi (se non soddisfi la partner, se la partner non ti soddisfa), insomma, ti danno una tale quantità di obblighi, che il povero maschio francamente non si capisce come ce la faccia ancora, è un miracolo direi, allora io ho voluto per reazione descrivere il sesso nei miei libri in modo sorridente e insieme istintivo, insomma come una cosa naturale. Per dire: lasciamo perdere tutti questi problemi, se vi riesce. Fate l'amore in santa pace.

Commento: Facciamo l'amore in santa pace!


pagg. 88-89

Sorgi:
Secondo me, questo dei problemi d'amore è diventato un genere, una moda, un indicatore dei cambiamenti della società italiana. Guarda quanti settimanali pubblicano ormai rubriche di posta del cuore. E guarda gli argomenti delle lettere: la misura, la durata, la soddisfazione, il Viagra. Però alla fine tutto il problema, e la scappatoia di tutte le risposte, resta l'amore, che c'è o non c'è.

Camilleri:
Noi abbiamo un proverbio leggermente osceno in Sicilia, che dice: "La minchia non vuole pensieri". Allora, se ci cominciano a caricare non solo di pensieri esterni socio-politici - le guerre, la criminalità, gli immigrati - ma anche di problemi privati, strettamente personali, la minchia, per tornare a quel proverbio, finisce proprio col non funzionare più. Allora io mi diverto a fare 'ste cose, per cui uno può amare tranquillamente una capra, come succede nella "Stagione della caccia", l'altro può fare all'amore di fronte ai due arrostiti vivi o qualcosa di simile.

Commento: Facciamo l'amore in santa pace!... aahhh, se non avessimo tutte "le nostre contorsioni di siciliani" (pag. 58):


pagg. 89-90

Sorgi:
Ma tu lo fai per divertimento, magari prendendolo da esempi di vita vissuta o di cultura contadina, come quello che si innamora della capra; anche se sai che poi tutto questo si caricherà di significato.

Camilleri:
Faccio un esempio elementare e autentico. La scena del "Birraio di Preston", del delegato con la ragazza che fanno all'amore nella stanza accanto a dove ci sono i due morti, è stata veramente per me una necessità, una sorta di sfida, perché è una scena terribile. Mi sono detto: ma forse ce la fai, vediamo se sei così bravo da raccontarla, vediamo se sei veramente capace di farcela. Questa è stata anche una scommessa con me stesso, di farcela in quel momento. In qualche modo rientra in un certo gusto mio che per ora tengo molto in secondo piano, come posso dire, sommerso, anche se io so che c'è. Perché ho paura dell'incapacità che posso avere di poter narrare in pieno qualcosa che mi è venuta in mente. E' una sorta di visionarietà continua che mi piglia sempre più frequentemente, e mi dico, mi sfido: abbiamo due morti lì, due che scopano qui. Ce la faccio a descriverli? Questo è un campo che m'affascina. Infatti il libro che scrivo da sei anni a questa parte è in questa chiave, è un tentativo di liberarmi da alcuni, non problemi, ma voglie mie personali di racconto.

Commento:Faremmo l'amore in santa pace se non avessimo tutte "le nostre contorsioni di siciliani", mmmhh, e non saranno invece le nostre contorsioni a fare un buon libro?


Pagg. 90-91

Sorgi:
Proviamo a spiegare meglio questo rapporto tra fantasia, visionarietà come la chiami tu e capacità o difficoltà di scrittura.

Camilleri:
Faccio un esempio elementare: nel "Cane di terracotta" il commissario Montalbano fa un sogno: il sogno è che fa l'amore con la sua fidanzata su un terreno coperto di lumache, lumache che scivolano sul corpo lasciando le loro caratteristiche tracce. Quando poi lui penetra all'interno della seconda grotta vede che tutto il terreno è fatto di gusci di lumache frantumate, di chiocciole frantumate. Questo per me era un tentativo di dare un'idea della morte, volevo spingere di più il pedale, poi non ce l'ho fatta o non ho voluto, non so.

Commento:Faremmo l'amore in santa pace se non avessimo tutte "le nostre contorsioni di siciliani" ma non saranno invece le nostre contorsioni a fare un buon libro? ... Il corso delle cose è sinuoso?


Pagg. 105-106-107

Sorgi: C'è però un aspetto dei tuoi personaggi femminili che secondo me va spiegato. Perché le donne nelle tue storie sono tutte furbe, leggere traditrici?

Camilleri:
Tu le vedi cos'? Io no, non direi.

Sorgi:
Lo dico per semplificare, e un po' per provocarti. Le donne, nei tuoi racconti, sembrano più ispirate a uno stereotipo. Per esempio, sono sempre alle prese con storie di corna.

Camilleri:
Ma le corna, se vai a guardare, sono spesso una forma di reazione alla condizione di repressione in cui si trovano a vivere. Io cerco di descrivere una fantasia femminile, e la descrivo per come posso immaginarmela.

Sorgi:
E non ti viene il dubbio che il tuo sia un modo molto maschile di immaginarla?

Camilleri:
Può darsi. Ma mi diverte così. Una volta ho letto una pagina che mi ha colpito moltissimo. Era uno scritto di Mario Tobino. Tu sai che Tobino, oltre a essere un grande scrittore, era stato direttore di un ospedale psichiatrico. Ora, in questo pezzo meraviglioso, legato al periodo in cui era andato a fare la guerra in Libia, Tobino racconta di quando, da medico, riceve un ricco signore del luogo che gli porta una delle sue ventidue mogli, malata, da visitare. La donna è completamente coperta dalla testa ai piedi, ha solo gli occhi scoperti. E Tobino, per visitarla, deve farla spogliare. Il bello del racconto sta nel fatto che la donna, mentre si spoglia, fa l'amore con il medico solo guardandolo fisso negli occhi, mette tutte le corna che può al marito approfittando di quel momento di forzata trasgressione.

Sorgi:
Insisto: non ti viene il dubbio che invece di descrivere le fantasie femminili, racconti le donne per come te le immagini tu?

Camilleri:
Ti ripeto: è possibile. E nel caso di un uomo della mia generazione, è perfino probabile.. In fondo, un uomo della mia età, è passato dall'epoca delle fantasie adolescenziali, di certe chiacchierate iniziatiche con i compagni più grandi che non te le sto a raccontare, a quella, cosiddetta, della liberazione. E se guardi i tratti caratteristici della condizione femminile ai giorni nostri, cosa trovi? Un continuo, terribile, quotidiano, scandaglio psicologico, per cui siamo pieni di confessioni di donne. Confessioni personali, sofferte, dolorose; magari sono mogli perfette, apparentemente soddisfatte del loro tranquillo tran-tran, una vita noiosa, ripetitiva, un lavoro qualsiasi oppure niente. Poi scrivono una lettera a una signora che tiene una rubrica su un settimanale, e le dicono: può spiegarmi perché quando mi addormento sogno di fare l'amore con un negro?

Sorgi:
Stai dicendo che le donne descritte da te sono probabilmente quello che le donne pensano di sé, ma il contrario di come vorrebbero essere raccontate.

Camilleri:
Giustissimo. E' esattamente quel che penso.

Commento: Quello che le donne pensano? Forse sì, ma?


pag. 110

Camilleri:
Chi crede di capire, di anticipare, di prevedere le donne, alla fine si accorge che tutto questo è una sciocchezza. Alla base di tutto ciò, c'è un inutile senso di sgomento, la paura di perdere qualcosa. E magari, invece, c'è molto da guadagnare

Il corso delle cose Samo

pag. 20

Vito mentre torna a casa sua passa davanti ai catoj

"...a livello dei passanti, la vista, l'odore e l'inimità formicolante dei catoj."

Commento: mi spiace ma c'è ben poco da commentare


pagg.

Vito e le sue letture

"oppure, quando lo gattigliavano altri pruriti che i rapidi incontri con Giovanna non riuscivano del tutto a calmare, c'era allora il rimedio di un certo episodio: Fra l'una e l'altra gamba di Fiammetta che supina giacea, diritto venne; e quando le fu a par, l'abbracciò stretta..."


pag. 46

Ipotizzando sull'omicidio del pastore...

"Qua finisce come Tatuzzo Aurora che quando scprì che sua moglie ficcava con un altro se ne uscì a dire che le corna sono progresso".


Pag. 78

Vito va a trovare il dottor Scimeni e gli apre la porta la figlia Carmela

"Vito notò che era fatta bene e che il movimento del corpo, per la gamba strascinata, era come se ogni due passi facesse la mossa".


Pag. 85

Si racconta l'esperienza americana di Turi

"c'erano fimmine che andavano con le minne tutte di fuori, parevano tante madonne e invece erano buttane".


pag. 101

Vito va al cinema a vedere un film americano di spionaggio

"sempre in mezzo a fìmmine che appena lo vedevano gliela davano subito".


pag. 101


Vito va al cinema a vedere un film americano di spionaggio

"sempre in mezzo a fìmmine che appena lo vedevano gliela davano subito".


pag. 104

Carbone racconta al maresciallo la giornata di Vito

"Che Vito sta passando il guaio perché se l'intende con Giovannina, la moglie di Peppi monacu.


pag. 111

Vito va a trovare Peppi e si scontra con lui

"Cinque anni che io e mezzo paese facciamo i comodi nostri con tua moglie..." "Mi mandi in galera per poterti godere meglio mia moglie? O mi vuoi proibire anche a me di bagnarci il pane ogni tanto?"


pag. 112

Vito va a trovare Peppi e si scontra con lui

"Tu a quella gran cajorda di Giovannina glielo puoi fare uscire dal naso!"


pag. 114

Vito e Peppi si chiariscono

"E lei, senza guardarmi, come una bestia s'è gettata sul letto e ha allargato le gambe. Ma prima sono uscito di nuovo fuori, e le ho detto di aprirmi la finestra, quella bassa. Da lì sono entrato quella notte, e da lì continuo ad entrare quando ci vado. Dalla finestra, come un amante".


pag. 137

Masino e Vito sono morti

"L'uomo che gli piace il pelo sempre muto di lingua è". "Viditi quanto pò un pilo di fìmmina".

La scomparsa di Patò U mastru

pag. 24

Dal mattinale

3) Un individuo che, apertasi la patta delle braghe, mostrava le vergogne sue erette a signore, e signorine e giovinette. L'arresto è stato prontamente operato, oltre che per porre fine allo sconcio, magari per sottrarre l'uomo alla furia di mariti, fidanzati e fratelli;

Commento: Che dire, mentalità siciliana.


pag.

Sveltina con sacrilegio Con gli avambracci appoggiati all'inginocchiatoio, col resto del corpo tutto all'indietro proteso, una donna, le vesti raccolte sopra la schiena , offriva il nudo posteriore a un uomo che, le braghe calate, gagliardamente ne approfittava.

A domanda risponde "Perché l'hai fatto?" l'Abbate rispondeva esattamente come esattamente riferisco iscusandomi per la crudezza delle parole: "Nun ci la fici a tinirimi davantia un culu comu chiddru!"

Commento: in un primo momento ho pensato che il sommo non avesse gana di scrivere di sesso su questo libro, vista la differenza di descrizione dei particolari rispesto che so al birraio di Preston. Poi pensando come è stato impostato il libro; come un dossier in cui si raccolgono articoli di giornale, verbali, e lettere confidenziali, ammetto che il sommo ha una testa molto più fina della mia. Basta pensare al primo episodio, per renderlo più verosimile specifica che il motivo dell'arresto quasi quasi serve di più a salvare la vita al maniaco che ad altro


Il cane di terracotta Elio

pagg. 9 - 10

Arriniscì a controllarsi, accostò meglio la macchina al ciglio della strata, raprì il cassetto del cruscotto per pigliare la pistola che abitualmente non portava addosso. Però la mano gli restò a mezz'aria: immobile, affatato, continuò a taliare l'arma.


Commento: La pistola è l'organo sessuale. Dà potenza a chi la impugna; una sensazione d'onnipotenza. Montalbano, però, è un uomo all'antica; un siciliano d'altri tempi (Camilleri). Un uomo che va con le donne ed è da loro attratto. E' fedele per principio e non per vocazione. Montalbano è anche un uomo pacifico costretto a fare un lavoro che non gli calza addosso come un vestito ben fatto. Egli è un pacifista e rifiuta le armi, di conseguenza, sente la pistola come una cosa non sua. Siccome, però, sempre simbolo sessuale è, il nostro commissario vede l'arma come se fosse l'organo sessuale di un altro e da buon "macho", rifiuta il contatto; rifiuta di prendere in mano l'organo. Gli fa quasi schifo. Qualche riga più giù (pag 10) accennando allo scrittore Montalban, dice:


pag. 10

Una frase l'aveva particolarmente colpito: "la pistola dormiva con il suo aspetto di lucertola fredda". Ritirò la mano tanticchia schifato, richiuse il cassetto lasciando la lucertola al suo sonno. Tanto, se tutta la storia che stava per cominciare si fosse rivelata un tranello, un'imboscata, aveva voglia a portarsi appresso la pistola, quelli l'avrebbero spirtusato come e quando volevano a colpi di kalashnikov, e tanti saluti e sono.


Commento: Mai, Montalbano toccherebbe "la pistola" di un altro. Per farsi venire uno schifo maggiore, associa l'arma ad un rettile, quindi mai, Salvuzzu nostru, pigghiassi 'n manu 'a minghia di un'autru, per giunta, somigliante a 'na vìsina (serpe nera). Per mettere il carico da undici, al fine di impedire a se stesso un atto che, tutto sommato, considera omosessuale, evidenzia la pochezza del proprio sesso, raffrontandolo alla potenza della "pistola" degli altri (il fucile mitragliatore).


pag. 12

"Pronto? Pronto? Montalbano? Salvuzzo! Io sono, Gegè sono" "L'avevo capito, calmati. Come stai, occhiuzzi di miele e zàgara?" "Bene sto" "Hai travagliato di bocca in queste jurnate? Ti perfezioni sempre più nel pompino?" "Salvù, non metterti a garrusiare al solito tuo. Io semmai, e tu lo sai, non travaglio ma faccio travagliare di bocca." "Ma non sei tu il maestro? Non sei tu che insegni alle tue variopinte buttane come devono mettere le labbra, quanto deve essere forte la sucatina?" "Salvù, magari se fosse come dici tu, sarebbero loro a darmi lezione. A dieci anni arrivano imparate, a quindici sono tutte maestre d'opera fina. C' è un'albanese di quattordici anni che."


Commento: Non è un erotismo raffinato, bensì un erotismo.clericale. Sì, perché il tipo di rapporto sessuale di cui parlano, scherzando, i due personaggi, è consigliato dalle autorità clericali, nell'ambito di una campagna contro l'uso dei profilattici e degli altri sistemi anticoncezionali. Le cose consigliate dal nostro clero, per evitare gravidanze indesiderate, sono le seguenti. 1) Non farlo e farlo soltanto quando si vuole fare un figlio. Nel mio caso: due figli = 2 "botte"; 2) Il rapporto orale (illustrato nel brano). Come il precedente, sicuro al 100%. Ci sono stati casi, nel passato di giovanette che si sono recate presso i laboratori di analisi cliniche per sottoporsi ai test di gravidanza. Una cugina di mia moglie, titolare di un tale tipo di laboratorio, ha sudato le sette camicie per convincere una ragazza che da un tale tipo di rapporto sessuale, non è possibile generare figli. 3) Il metodo Ogino-Knauss, insicuro al 120%.


pag. 27

".Ora stammi a sentire: avverti Tortorella, Augello e l'Arma, tu chiami Gallo, Galluzzo, madonna santa mi pare d'essere in un pollaio, e Germanà e venite dove vi dico io. Armatevi tutti di mitra". "Cazzo!" "Cazzo, sissignore. E' una cosa grossa che deve essere fatta con prudenza, nessuno si deve lasciare scappare mezza parola, soprattutto Galluzzo cu so cognato il giornalista. Raccomanda a quella testa di Gallo di non mettersi a guidare come a Indianapolis. Nenti sirene, nenti lampeggianti. Quando c'è scarmazzo, movimento d'acqua, il pesce scappa. E ora stai attento che ti spiego dove vinìri".


Commento: Montalbano, nonostante tutte le arie da duro ed il rifiuto ad impugnare la "pistola" (in quanto psicologicamente non sua), un fondo piccolo piccolo di omosessualità, ce l'ha. I suoi collaboratori sono tutti "uccelli": Tortorella, Gallo, Galluzzo, Germanà (germano è la denominazione comune dell'anatra), per finire con il suo vice Augello. Ed è a questi "uccelli" che egli intima di armarsi di "mitra" (uccello all'ennesima potenza, in grado di "sparare" più colpi consecutivamente). Fazio, afferra il messaggio (forse meglio dire l'indovinello) e da subito la soluzione: "Cazzo!". Montalbano, novello incrocio fra Mike Bongiorno e Pippo Baudo, conferma l'esatta risposta, aggiungendo che si tratta anche di una cosa grossa. Poi ripensando alla difficoltà di qualcuno a comprendere questi messaggi, cala il carico da undici, suggerendo di non agitarsi, altrimenti il pesce scappa. Continuando nei doppi sensi, chiude la frase con la seguente intimazione: "E ora stai attento che ti spiego dove devi vinìri".


pag. 27

Questo tipo d'iniziative (riferimenti omosessuali), Montalbano non le gradisce quando sono fatte dagli altri, infatti a quello che pare una proposta amorosa un po' losca: "In macchina haiu un mitra per lei" disse Fazio Il commissario, offeso per la plateale profferta risponde incazzato: "Mettitelo in culo."


Commento: equivoci di questo tipo sono stati alla base delle farse dialettali del primo novecento e, successivamente dell' avanspettacolo. Il dialogo, m'ha fatto venire in mente quel prete che essendosi accorto che qualcuno era entrato in chiesa a sentir messa con un uccellino, rivolto alla platea dei convenuti disse: "figlioli, chi ha l'uccello, esca subito fuori dalla casa del Signore", causando l'alzata degli uomini presenti. Accortosi dell'errore, si corresse così: "scusate, mi sono sbagliato. Volevo dire che chi ha preso l'uccello, esca subito fuori". Con questa seconda frase si misero seduti gli uomini e si alzarono le donne. Il prete allora, dopo pochi attimi di riflessione per trovare le giuste parole disse: "fermi. Mi sono sbagliato un'altra volta. Ciò che volevo dire esattamente era che chi ha preso l'uccello in chiesa, esca subito fuori" Le monachelle, zitte zitte si alzarono e prima che il prete avesse il tempo di correggere le sue sciocchezze, con altre cazzate, se la filarono alla chetichella.


pag. 53

A un certo punto Augello tuppiò e trasì. "M'hai cercato?" "Ti costa proprio tanto venire in ufficio tanticchia prima?". "Scusami, ma il fatto è che sono stato impegnato fino alle cinque di stamattina, poi sono tornato a casa, mi sono appinnicato e buonanotte". "Sei stato impegnato con qualche buttana di quelle che ti piacciono? Di quelle che stazzano non meno di centoventi chili di carne?".


Commento: Augello, famoso puttaniere, ha gusti arabeggianti. Gli piacciono le donne abbondanti (centoventichili). Pare che le donne grasse, siano eroticamente più soddisfacenti delle magre. Noi europei, preferiamo quelle magre, magari scheletriche (vedi indossatrici), al limite dell'anoressìa.


pag. 57

Davanti alla trattoria "San Calogero" c'era, a pigliare un attimo di fresco, il cuoco proprietario. "Commissario, che fa, tira di longo?". "Vado a mangiare a casa". "Mah, faccia come cridi. Ma io ho certi gamberoni da fare arrosto che non pare di mangiarseli, ma di sognarseli". Montalbano trasì, vinto dall'immagine più che dal desiderio.


Commento: Qui si tratta di erotismo "culinario". Il proprietario del "San Calogero", ha più l'aspetto di una buttana che offre le sue grazie agli uomini che quella di un cuoco che offre pietanze. Il connubio tra cibo e sesso è piuttosto forte. Spesso si tende ad eccedere con entrambi, preferendo il sesso al cibo, in giovane età ed invertendo le preferenze durante la terza, la quarta e quinta età. A me, ormai stagionato, l'immagine dei gamberoni arrostiti, grondanti umore e profumo, con delle foglioline di prezzemolo sopra ed un filo d'olio d'oliva di frantoio (di quello verde, ottenuto dalle prime raccolta delle olive), pare più attraente della profferta di una donna da centoventichili. Quando ho letto il brano la prima volta, mi sono visto su una terrazza sul mare in un ristorante di Sperlonga (mi ricorda la Sicilia). I gamberoni, poi hanno fama di cibo afrodisiaco e mi fanno venire in mente il rifornimento di nuova energia erotica, dopo l' appagamento dei bisogni sessuali.


pag. 61

Si spogliò e, nudo com'era, si mise a passiare a ripa di mare, tanto a quell 'ora non c'era anima viva. Niente fame e niente sonno. Verso le quattro del matino si gettò nell'acqua ghiacciata, nuotò a lungo, poi tornò a casa. Si addunò, e rise, che gli era venuto duro. Decise di parlargli, di persuaderlo alla ragione. "E' inutile che ti fai venire fantasie". Il duro gli suggerì che forse una telefonata a Livia ci sarebbe stata bene, a Livia nuda e càvuda di sonno nel suo letto. "Tu sei una testa di minchia che mi dice minchiate. Queste sono cose di picciotti segaioli" Offeso, il duro si ritirò.


Commento: Camisutra esagerato. Montalbano si vanta di cose non vere. Fa il bagno nell'acqua gelata (aprile?) alle quattro di mattina, poi esce (trova un gelo ancora più gelato) e gli si fa duro! Montalbà.. Con quel freddo c'è il rischio di non trovarlo più e di dispersi pensando ai notevoli inconvenienti a cui si va incontro quando si cambia sesso. Il duro gli suggerisce di telefonare a Livia. Bella forza! Cinque contro uno. Vi ci sapete mettere!? Sul fatto che il duro parli e gli parli, non c'è proprio nulla da obiettare; è una cosa normale. "Testa di minchia" lo chiama Montalbano, e teste di minchia che parlano, in Italia ce ne sono sempre stati e ce ne saranno sempre. Nello stesso libro Camilleri fa riferimento ad un altro della categoria che ha una rubrica da venditore di tappeti, o mago o imbonitore, in televisione (pag. 154). La maggior parte di costoro (minchie e teste di minchia), parlano in televisione. Qualcuno bussa a tutte le porte e porta a porta se le fa tutte quante. Qualcun altro si fa tre canali per poter parlare, negare quanto detto e contraddire le sue due precedenti parlate, altri preferiscono utilizzare le reti statali. Tutte le teste di minchia parlanti hanno un loro personalissimo vizietto. Qualcuno preferisce parlare dai balconi, qualcun altro, per farlo, si veste di verde come Robin Hood, altri di bianco, ma per tutti la sostanza, come dice Montalbano, non cambia: ".testa di minchia che dice minchiate.".


pag. 81

Appena lo vide, Ingrid gli corse incontro, l'abbracciò, lo baciò leggermente sulle labbra, era chiaramente contenta d'incontrarlo. Magari Montalbano era contento: Ingrid era una vera grazia di Dio, coi jeans pittati sulle gambe lunghissime, i sandali, la camicetta trasparente che lasciava intravedere la forma del seno , i capelli biondi sciolti sulle spalle.

Appena lo vide, Concetta (l'Ingrid di Augello si chiama Concetta) gli corse incontro. La corsa fu impacciata dalle ginocchia che continuavano a sbattere uno contro l'altro. Incespicando sull'ultima e più violenta ginocchiata, la ragazza l'abbracciò fortemente con affetto. Dalla bocca di Augello uscì un gemito tremante. Una cosa a metà tra il piacere ed un grido di dolore soffocato. Concetta gli diede un leggero bacio sulla bocca, facendogli il solletico con i baffi ispidi. Concetta era una vera grazia di Dio, coi jeans a "catena di cotechini" sulle cortissime gambe, una camicetta, resa trasparente dalla sudorazione, attraverso la quale si intravedevano i due Air-Bag che per qualche strano motivo, la giovane portava sempre addosso.


Commento: Bella forza. Quando una è così il camisutra non serve. Montalbano preferisce le tipe così. Se Camilleri decide di far "morire" Montalbano, e sostituirlo con Mimì Augello, il brano di cui sopra (considerati i gusti del vice), potrebbe risultare come appresso.


pag. 82

"E che fa per guadagnarsi il Rolex, la Porsche e tutto il resto?". "Commercia in pellami". "Ci sei stata a letto?" . "Si, l'anno scorso mi pare. E mi stava proponendo di fare il bis. Però io di quell'unico incontro non ho un ricordo piacevole". "Un degenerato?". Ingrid lo taliò per un attimo, poi scoppiò in una risata che fece sobbalzare il barista. "Che c'è da ridere?". "Per la faccia che hai fatto, di bravo poliziotto scandalizzato. No, Salvo, al contrario. E' privo totalmente di fantasia. Il ricordo che ho di lui è di un'asfissiante inutilità".


Commento:Questa pagina dovrebbe essere commentata da una donna. Esprime un concetto tipico del maschio, e cioè che una donna si diverte di più con un uomo fantasioso che con uno efficiente ma senza fantasia. Sull'argomento le donne non dicono tutta la verità. Bisognerebbe essere un sessuologo per capirci qualcosa di più, ma noj servirebbe a nulla se non a parlarci tutt' intorno. E' mia personale convinzione che parlare di sesso non faccia bene; il sesso è una cosa che si fa senza bisogno di parlarci attorno; poi ognuno lo fa come gli va (Dalla).


pag. 84

"Cos'è successo?". "Non lo so, lui non me l'ha detto. L'ultima volta è stata al ritorno da Fela, eravamo andati a un matrimonio, mio marito non è potuto venire, mia suocera non si sentiva bene. Insomma, eravamo noi due soli. A un certo punto ha imboccato una strada secondaria, è andato avanti per qualche chilometro, s'è fermato in mezzo a degli alberi, m'ha fatto scendere, m'ha spogliata, m' ha gettata a terra e m'ha scopata con la solita violenza. Il giorno dopo sono partita per Palermo con mio marito, quando sono tornata, dopo una settimana, mio suocero era come invecchiato, tremante. Da allora quasi mi evita. Perciò ora posso trovarmi faccia a faccia con lui in un corridoio di casa senza timore d'essere sbattuta contro un muro con le sue mani una sulle tette e l'altra sulla fica". "Meglio così, no?".


Commento: Questa è la storia di Ingrid violentata dal suocero. Ora la svedese non me la racconta giusta. Se invece di Montalbano ci fosse stato il Principe de Curtis ad ascoltare il racconto dell'ennesima violenza subita dalla bionda scandinava, avrebbe incalzato la ragazza chiedendo, ad ogni pausa della stessa: "E tu?" E la risposta più logica e sincera sarebbe stata: "Ed io dicevo fra se e me..voglio vedere 'sto stupido qua, dove vuole arrivare".


pagg. 87 - 88

Al posteggio del bar Ingrid scese, pigliò la sua macchina, seguì quella del commissario. Non era ancora mezzanotte, la serata era tiepida. "Vuoi farti una doccia?". "No, preferisco fare un bagno a mare, semmai dopo". Si levò gli abiti allordati di Montalbano, si sfilò le mutandine: e il commissario dovette fare un qualche sforzo nel rivestirsi dei sofferti panni del consigliere spirituale. "Dai, spogliati, vieni anche tu". "No. Mi piace starti a taliàre dalla veranda". La luna piena faceva magari troppa luce. Montalbano restò sulla sdraia a godersi la sagoma d'Ingrid che arrivava a ripa di mare e dintra l'acqua fridda principiava uns sua danza di saltelli a braccia allargate. La vide tuffarsi, seguì per un tratto il puntolino nero ch'era la sua testa e poi, di botto,s'addrummiscì.


Commento: E bravo! Camilleri ti prepara la serata, ti mette in riva al mare in grazia di Dio, con la superbionda disponibile. Lei si spoglia, ti invita a fare un bagno "all'angiolina", tu rifiuti ed aspetti sulla sdraia. Uno immagina chissacche e tu Montalbano, ti addormenti. Allora un fondo di verità nella faccenda degli uccelli, c'è! E poi, ho l'impressione che tu facevi finta di dormire; Ingrid non ti conosce a fondo e c'è cascata, ma quando hai provato ad adoperare lo stesso trucco con Livia, che ti conosce bene, sei stato "sgamato" e costretto ad ottemperare ai tuoi doveri.


pag. 103

Dall'interno veniva un mormorio sommesso ogni tanto interrotto da gemiti soffocati. S'appagnò: vuoi vedere che c'era qualcuno che stavano torturando? Non aveva tempo di correre all'auto e pigliare la pistola. Balzò dintra, contemporaneamente addrumando la potente torcia. "Fermi tutti! Polizia!" I due che erano nella grotta s'immobilizzarono, aggelati, ma ad aggelare ancora di più fu proprio Montalbano. Erano due giovanissimi, nudi, che stavano facendo all'amore: lei con le mani appoggiate alla parete e le braccia tese, lui incollato a lei da dietro. Alla luce della torcia parsero statue, bellissime. Il commissario si sentì avvampare per la vrigogna, e goffamente, mentre principiava a ritirarsi dopo aver astutato la torcia, mormorò: "Scusatemi. mi sono sbagliato. fate con comodo".


Commento: Piccolo momento d'erotismo, scombinato dalla parte Fantozziana di Montalbano. Se non fosse così avviato nella carriera poliziesca, con tanti brillanti casi risolti, avrebbe un avvenire nei film della "commedia all' italiana".


pag. 119

"Lo sa che Rinaldo aveva sei dita nella destra?". . "Davvero?" fece Montalbano con gioioso stupore. Era meglio assecondarlo. "Sissignore. Sei dita nella mano destra". "Doveva spararsi delle seghe stupende" stava per dire sacrilegamente Montalbano, ma arriniscì a trattenersi.


Commento: Effettivamente avere sei dita può essere comodo. Suonare la chitarra, il violino o il pianoforte con sei dita, può portare a risultati incredibili. Per l'onanismo, sarebbe preferibile essere un suddito dell' impero Turco-musulmano. In quanto, essendo universalmente conosciuti come "ottomani", erano in grado di sparare seghe notevolmente superiori a quelle dei "seidita".


pagg.129 -130

"Qui" disse Livia. "Lo voglio fare qui e senza perdere tempo". Si trovavano in una specie di parco, denso d'alberi. Ai loro piedi strisciavano centinaia di chiocciole delle specie più diverse, vignarole, attuppateddri, vavaluci, scataddrizzi, crastuna. "Ma perché proprio qui? Torniamo in macchina, in cinque minuti siamo a casa, può passare qualcuno da qua". "Non discutere, stronzo" disse Livia mentre gli afferrava la cintura dei pantaloni e maldestramente cercava di slacciarla. "Faccio io" disse lui. In un attimo Livia si mise nuda, mentre lui ancora inciampava nei pantaloni, nelle mutande. "C'è abituata a spogliarsi di prescia" pensò in un impeto di sicula gelosia. Livia si gettò sull'erba umida, a gambe larghe, le mani a carezzarsi i seni, e lui sentì, con disgusto, il rumore di decine di chiocciole che venivano schiacciate dal corpo di lei. "Dai, fai presto". Montalbano finalmente riuscì a mettersi nudo, rabbrividendo per l'aria fridda. Intanto due o tre vavaluci avevano pigliato a strisciare sul corpo di Livia. "E che vuoi fare con quello?" spiò con tono critico lei taliandogli l' uccello. Con un'ariata di compatimento, si mise in ginocchio, glielo pigliò in mano, lo carezzò, se l'infilò in bocca. Quando lo sentì pronto, si rimise nella posizione di prima. "Scopami con tutti i sacramenti" disse. "Ma come mai è diventata tanto volgare?" si domandò lui sconcertato. Mentre stava per penetrarla, vide il cane a pochi passi. Un cane bianco, la lingua rosea fuori dalla bocca, che ringhiava minaccioso, i denti scoperti, un filo di bava che colava. Quando era arrivato? "Che fai? Ti si è ammosciato di nuovo?". "C'è un cane". "Che te ne fotte del cane? Chiavami". In quel preciso momento il cane spiccò un balzo e lui s'irrigidì, scantato. Il cane atterrò a pochi centimetri dalla sua testa, s'impetrì, il suo colore sbiadì leggermente, s'accucciò, le zampe davanti distese, quelle dietro raccolte, divenne finto, di terracotta. Era il cane delle grotta, quello che stava di guardia ai morti. E tutt'inzèmmula scomparsero cielo, arboli, erba; pareti e tetto di roccia si coagularono attorno a loro e lui con orrore capì che i morti nella grotta non erano due sconosciuti, ma lui e Livia. Dall'incubo s'arrisbigliò ansante, sudato, e subito domandò mentalmente perdono a Livia per essersela immaginata così oscena nel sogno.


Commento: Una superba descrizione di un incubo erotico. A me dà un senso d' angoscia. Tutte quelle chiocciole, poi (hanno tutte le corna). La chiocciola è un animale ermafrodito, ciononostante ricorre all'accoppiamento per la riproduzione. Sognare le chiocciole è simbolo dell'introversione. Le chiocciole che brucano stanno a significare: "attenzione al vostro posto di lavoro, qualcuno potrebbe soffiarvelo sotto il naso (il libro dei sogni - Newton & Compton. Curatrice: Anna Maria Paglione) che si tratti di Augello?


pag. 155

Anna s'azzittì. Dopo tanticchia parlò di nuovo. "Io traso dentro, talìo la televisione. Sento tanticchia di freddo". "Uuhm". Il commissario non voleva incoraggiarla, Anna desiderava chiaramente abbandonarsi a un piacere solitario, quello di fingere d'essere la sua compagna, d'immaginarsi di star vivendo con lui una serata come le altre.


Commento:Montalbano incontra una donna innamorata. Una alla quale basta stare vicina a lui, immaginando di essere la sua donna e di essere in una serata come tante altre. Uno a fianco all'altra come due che si vogliono bene veramente. La piccola scena amorosa (tutta in un senso, però) mi piace moltissimo. Mi sembra di vedere la scena, illuminata da una luce ocra, con forti chiaroscuri; una illuminazione simile a quella determinata da un camino acceso.


pagg. 157 - 158

Riprecipitò nel sonno appena posata la cornetta. Si svegliò di soprassalto perché qualcosa gli si muoveva sul petto. Era Anna, della quale si era completamente scordato, che, distesa allato a lui sul letto, gli andava sbottonando la camicia. Su ogni pezzetto di pelle che scopriva, posava a lungo le labbra. Quando arrivò all'ombelico, la ragazza rialzò la testa, infilò una mano sotto la camicia per carezzargli un seno e incollò la sua bocca a quella di Montalbano. Dato che l'uomo non dava segni di reazione al suo bacio appasionato, Anna fece scivolare in basso la mano che gli teneva sul petto. Anche lì carezzò. Montalbano si decise a parlare. "Vedi Anna? Non è cosa. Non succede niente". Con un balzo Anna scese dal letto, si chiuse nel bagno. Montalbano non si cataminò nemmeno quando la sentì singhiozzare, un pianto infantile, da picciliddra alla quale viene negato un dolce o un giocattolo. La vide vestita di tutto punto, nel controluce della porta del bagno lasciata aperta. "Un armàlo sarvaggio ha più cuore di te" disse e se ne andò. A Montalbano passò il sonno, alle quattro di notte stava ancora addritta facendo un solitario che non c'era verso che gli arrinisciva.


Commento: Il comportamento di Salvo, mi pare improntato alla massima bastarderia. E che cavolo. Una donna ideale, una che si limita a stare una serata vicino a te senza fiatare, senza volere a tutti costi avere ragione. Una che ti fa sentire come se tu fossi l'unico uomo della terra, e tu fai il duro da film. In questo brano esce fuori il "carabiniere" che è nascosto in ciascuno di noi; la caricatura di Humphrey Bogart e di Casablanca. Ma fosse 'nu pocolillo ricchione?!


pag. 204

Fece per mettere la chiave nella toppa, ma si fermò allarmato. Da dentro la sua casa venivano voci e rumori. Pensò di tornare in macchina e armarsi di pistola, ma non ne fece nulla. Raprì la porta cautamente, senza fare la minima rumorata. E tutt'inzemmula si ricordò che s'era completamente scordato di Livia che chissà da quanto l'aspettava. Ci mise mezza nottata a fare la pace.


Commento: Non ci credo!


pagg. 229 - 230

Decisero di partire per Pantelleria e vi restarono sei giorni, finalmente senza discussioni e litigi. Era il posto giusto perché una notte Livia domandasse: "Perché non ci sposiamo?". "E perché no?". Stabilirono saggiamente di pensarci sopra con calma, a rimetterci sarebbe stata Livia che avrebbe dovuto allontanarsi dalla sua casa di Boccadasse, adattarsi a nuovi ritmi di vita.


Commento: Sei giorni a Pantelleria. Bello per tutto, il mare, il sole, il pesce, la gente, il calore. Non capisco però perché uno si deve fare tutta 'sta strada per fare un po' di sano e salutare sesso. Qualche difficoltà?


Gli arancini di Montalbano Livia

Da "La prova generale"

pag.11
"Un usuraio osceno che si diceva si facesse pagare qualche volta in natura, picciliddri o picciliddre, il sesso non aveva importanza,..."

Da "La pòvira Maria Castellino"

pag.27
"Beh,Mimì, le ragioni si sarebbero. Tu non le puoi capire dato che possiedi un fucile che non sbaglia un colpo, ma i picciotti che vedi accussì sppavaldi arrivati al dunque spesso sono insicuri, incerti...E allura un'anziana, comprensiva...Mi spiegai?"
pag.28
"Evidentemento l'omo è andato a trovarla non per fottere, ma per parlare."
pag.31
"Sei più interessato a scoprire l'assasino o le cosce della signora Gaudenzio?" (Montalbano a Mimì)

Da "Referendum Popolare"

pag.147
Mimì a Montalbano" La povera Eleonora, secondo la convinzione popolare, è indiscutibilmente una buttana" poi..."Tutto li divide, gusti, educazione, modi di vita. Inoltre in paisi si sussurra che le polveri da sparo di Brigaccio siano bagnate. Infatti non hanno avuto figli."
pag.148
Montalbano:"Ti sei spiegato benissimo, Mimì:la signora Eleonora appartiene al genere di una botta e via."
pag.155
"Ma la moglie di Putifar gli mise gli occhi sopra e non mancava occasione per invitarlo a fare cose vastase con lei.Per quanto l'invitasse, dice sempre la Bibbia, mai Giuseppe acconsentì a "giacerle accanto e usare con lei"."

Da "Montalbano si rifiuta"

pag.161
"Tutta la giornata l'aveva passata nel tentativo di far confessare un vicchiazzo fituso che si era approfittato di una picciliddra di nove anni e appresso aveva cercato di amazzarla con una pietrata in testa." ??????
pag.166
"Avevano travagliato di fino col coltello doppo averla violentata macari con un manico di scopa che stava insanguinato vicino a lei."

Da "Amore e Fratellanza"

pag.186
"Che fu, Mimì?La buttana con la quale hai passato la nottata ha preteso troppo da te?Vuoi farti uno zabaglione di dodici uova?"

Da "Stiamo parlando di miliardi"

pag.213
Montalbano a Mimì "Levami una curiosità:da quand'è che te la fai con le signore di una certa età?" "Mimì,mettiti una mano sul core rispondi sincero: te la sei corcàta? Beh..sai..una picciotta tanto bella..Ci ho provato..."
pag.214
"...lo sapeva mezza Vigatà che Stefania e Giacomino, il figlio di primo letto, macari lui trentino, erano amanti." "I cornuti sono gli ultimi a sapiri."
pag.215
"Non avevano mangiato, non avevano bevuto.Avevano fatto l'amore."
pag.216
"Lo dice Pasquano. Forse gli è venuta voglia dopo che il capomastro se ne è andato..."
pag.217
"Salvo, non c'è bisogno che lo scuro sia veramente scuro. Basta chiudere bene le imposte ed è come se fosse notte, non lo sai? Sempre Ingrid lo provocava e sempre lui doveva far finta di niente.
pag.218
"..il parrino gli aveva spiegato che i peccati, per essere peccati, non c'era abbisogno che fossero fatti, era bastevole il pinsarli. Se le cose stavano ccosì, il commissario, in quanto a opere e azioni, come si diceva, con Ingrid, zero assoluto: poteva appresentarsi al Signore puro come un angileddro. In quanto ai pinseri, le cose cangiavano di radica: sarebbe stato gettato nel più profondo dell'inferno. Non mancava per Ingrid che la cosa finisse com'è di giusto tra un omo e una fimmina: mancava per lui, che non arrinisciva a tradire Livia. E la svedese, con fimmina malizia, non gli dava abento."
pag.219
"Quando questi se ne va, la signora si fa venire le voglie, vanno in cammara di letto..." pag.221
"Quando la fimmina, come da copione, se ne va a letto a ficcare col marito."

Da "Come fece Alice"

pag.228
"Bella E non è solamente bella.Appartiene a quella categoria che dalle nostre parti, una volta, era chiamata di "fimmine di letto". Ha un modo di taliarti, un modo di darti la mano, un modo d'accavallare le gambe, che il sangue ti si arrimiscolia. Ti fa capire che sotto o sopra un linzolo, potrebbe pigliare foco come la carta di poco fa." pag.229
"Quella non è fimmina che può stare a longo senza un omo." "Perchè quella oramà ti tiene, Mimì. Ti fa acchianare il sangue alla testa e tu arrinesci più a vedere le cose come sono."
pag.233
"Mimì come si depila una fimmina?" "Ti sono venute fantasie erotiche?"
pag.236
"..l'uno vale l'altro? Eh no, cara amica, si sbaglia di grosso: Io sono meglio, molto meglio." Era arrinisciuto a dare all'ultima parte della frase un sottinteso oscenamente allusivo..."

Da "Una brava fimmina di casa"

pag.258
"..taliàndo negli occhi Montalbano. Al quale quella taliàta non dispiacque."
pag.267
"Montalbano di subito non rispose. Era rimasto, affascinato, a taliare la bella signora che gli stava assittata davanti. Pensava al marito di lei: se putacaso avesse deciso di metterle un paro di corna di passata,quella in un vidiri e svidiri sarebbe venuta a conoscenza di nome, cognome, paternità, maternità, stato civile, domicilio della rivale, e per buon peso, macari quanto dichiarava di reddito..."

Da "Salvo amato...Livia mia..."

pag.282
"Fa molto caldo, si chiudono dentro l'ufficio, si spogliano. A un certo momento tra i due certamente avviene qualcosa (un litigio? un gioco erotico?) in seguito al quale l'amico apre la porta dell'ufficio e corre nudo per il corridoio verso il bagno femminile. L'impiegato anche lui completamente nudo lo insegue brandendo un tagliacarte (lo stiletto)...." "..si vede che teneva rigorosameente nascosta la sua omosessualità, rispettoso di una borghese idea di "decoro"..
pag.283
"Vorrei tanto essere con te nella tua casa di Boccadasse e tenerti stretta:"

Da "La traduzione manzoniana"

pag.287
"Dottori, gli sponzali, tutti si fotterono!"
pag.290
"Gaetano Palmiteri, di anni cinquanta, avrebbe impalmato in seconde nozze, perchè vedovo, Teresa Gamberotto , di anni diciannove (e queste sono corna assicurate)" pag.291
"Alfonso Serraino, di anni trentadue, con Filippa di Stefano, di anni quaranta, vedova (questa si scanta a corcarsi da sola nel letto)" pag.298
"Si materializzò una specie di angelo bruno. Era alta, flessuosa, occhi incredibilmente grandi."

Da "Una mosca acchiappata al volo"

pag.313
"Solo che ora si quartiavano, prendevano più precauzioni"

Da "Gli arancini di Montalbano"

pag.329
"...dove si contava di un paisi nel quale era considerato atto contro il comune senso del pudore il mangiare in pubblico.Fare invece quella cosa in prisenza di tutti, no, era un atto normalissimo, consentito."

La strage dimenticata Anonimo

pag. 24

All'epoca della dissertazione di Carlo Ilarione Petitti, Cesare Lombroso ha appena cinque anni e quindi non e' ancora in gradi di eserrcitare : il felice incontro con la cresta occipitale del brigante Vilella lo fara' persuaso, anni dopo, che la sorte deliquenziale di un individuo la si poteva indovinare magari contando il numero dei peli che quello aveva sul petto. E dunque: quando e' destino e' destino.

Commento: certo c'e' voluto un bel coraggio a trovare qualcosa in questo libro!!


Biografia del figlio cambiato Anonimo

pag. 54

Una matina che stavano tornando dal mercato, proprio appena imboccata via S. Pietro, due picciottazzi si erano messi a dire cose vastate a Maria Stella l aquale aveva accellerato il passo, ma non poteva mettersi a correre a causa di Luigino che teva per mano. Uno dei due poi era corso avanti di qualche passo, quindi si era voltato e, taliando la fimmina, si era portato una mano all'altezza del cavallo dei pantaloni. La vo' vidiri la minchia, beddra?. Ridendo, aveva allargato le braccia e aveva principiato a muove il bacino avanti e narrè: Ti la vo' fari una ficcata cu mia? A questo punto Maria Stella si era messa a fare voci e i due picciotazzi erano scappati. Ogni sera, quando Luigino si corcava, la cammarera s'assittava ai piedi del letto e principiava a contargli le sue storie. La sera del fatto non ebbe manco il tempo di aprire bocca che il picciliddro le spio': Che viene a dire ficcata?. A malgrado la scarsa luce che faceva il lume sul comodino, Luigino si addunò che Maria Stella era di colpo arrussicata.

Commento: L'innocenza dei bambini


L'odore della notte Anonimo

pag. 75

Vede, commissario, io con Augello ci sono stata perchè mi piaceva. Ma lui, prima che me ne andassi da casa sua, nudo, con un asciugamani sul pisellino, mi comunicò che era fidanzato e che era prossimo a sposarsi. Ma chi gli aveva domandato niente? Fu così meschino che me ne pentii di esserci stata, ecco tutto, vorrei scordarmelo.

Commento: Augello lo sciupafimmini!


pag. 80

Si calò verso la picciota e troppo tardi capì di aver commesso un errore. Michela di colpo gli mise le vrazza sopra le spalle. Montalbano raprì la bocca, stupito. E fu il secondo errore. La bocca di Michela s'impadronì dell'altra bocca mezzo aperta, principiò una sorta di coscienziosa esplorazione con la lingua. Montalbano per un attimo cedette, poi s'arripiglio e fece una dolorosa manopera di scollamento.

Commento: Santa Livia ;-)



Il re di Girgenti Fabio Bertolazzi

pag. 16

<<No! No!>> fece dispirato l’omo serrando le cosce e tirando fora una voci femminina che a Gisuè parse quella di Filònia quanno la sbirginò.

pag. 21
A mano mancina, in un angolo, c’era una fìmmina la quale, essendo ch’era tutta nuda senza un centilimetro di pezza, s’ammucciava le minne con un vrazzo e la natura con una mano. Quella, sicuru come la morti, era la mogliere del principe che si era allura allura susuta dal letto e passiava accussì accredendo che non ci fosse nisciuno. Gisuè voltò le spalli e niscì dal saloni, gli era venuto uno scanto che lo bastonavano datosi che aveva taliato la principessa nuda. Aspittò tanticchia e doppo, quando stimò che la principessa aveva avuto il tempo di tornari nelle sue càmmere, mise adascio adascio la testa dintra. La fìmmina non si era cataminata, stava sempri nella stissa ‘ntifica posizioni. La taliò meglio: era bianca comu la morti, forsi il principe l’aveva fatta imbalsamare. Voltò la testa e vitti un’altra fìmmina comu la prima, tutta nuda, e stavolta la buttanazza manco si cummigliava, stava con le minne e la natura allo scoperto.

pag. 34
Ricca?! Ricca sfondata siete, più ricca di la regina di Spagna!>>. Vuoi vidiri che facevano notte l’istisso?
<< E dove le tengo queste ricchezze?>>.
<< Nelle carni vostre, Filònia! Voi possedete tre feudi: uno a levante, uno a ponente e l’ultimo a mezza costa. In quello di levante c’è una vallicella profumata e ummirosa, sopra alla quali c’è macari un boschetto fitto fitto; in quello di ponente non ci sono àrboli o erba, tutto è liscio, la terra è comu la sita e in mezzo a dui vallunate ci sta una grotticella stritta e ammucciata; in quello di mezza costa ci stanno due montagnole bianche come il latte e hanno la cima rosa. Non vi parono ricchezze queste?>>.
<< Ma vossia non lo sape che questi feudi, come dice vossia, si l’accattò mè marito Gisuè?>> spio Filònia mentre dintra di sé rideva pirchì li paroli di don Aneto l’avevano addivertuta.
<< Ma io non me le voglio accattare! Ci voglio veniri ogni tanto a passiare, una volta nella vallicella e una volta nella grotticella. Ma sempre tenendo a vista il feudo delle montagnole>>.
Filònia capì giusto: non si trattava di isarsi la gonna e appuiarsi o stinnirisi sull’erba. Quello la voleva nuda.

pag. 37
Fu notti trubbuliata per squasi tutte le persone che fino a questo punto sono trasùte nella storia nostra. Don Aneto Purpigno, nudo e solo dintra a un pagliaro, con una mano a coppa sul naso tentava di conservare il sciàuro dell’ascella di Filònia, mentre l’altra mano faceva da pompiere e cercava freneticamente d’astutare l’incendio.
Il principe don Filippo Pensabene di Baucina si votava e s’arrivotava nel letto, il linzòlo a un certo momento gli si arrivogliò tanto che gli parse d’essiri imbozzolato. Sonò il campanello che aveva al capezzale e poco dopo s’apprisentò Cocò assunnato.
<< Che volete, eccellenza?>>.
<< Spogliati e coricati accanto a me. Consolami, Cocò>>.
A Palermo, nella càmmara da letto del suo palazzo vicino al Càssaro, il duca Sebastiano Vanasco Pes y Pes stava assettato, nudo e sconsolato, supra una putruna, mentri la duchessa Isabella, nuda e bellissima, passiava da una parte all’altra con le mani sui fianchi.
<< Me siento agitada>>.
Dava sempre questa istissa risposta al marito che le spiava il perché avesse pigliato a smaniare appena dopo che avevano fatto l’amuri. Però, quanno per la ventesima volta, senza fantasia e perciò senza manco cangiari una parola, il principe nuovamente le spiò, donna Isabella sbottò e tirò fora quello che si teneva dintra da tre anni, da quanno s’erano maritati.
Disse che a lei gustava mucho practicar col suo esposo nel casamiento, era sacramental e quindi magari ogni noche, ma solo con lui perché gli altri hombres le avrebbero fatto asco, schifìo, e perciò el problema no era aquél. La cuestión era che lei capiva che il suo esposo, appena finivano di juntarse, si poneva siempre la misma pregunta: ci sarebbe stata stavolta la concepción de un hijo? Ebbene, che il suo esposo lo sapesse una volta per tutte: lei era ben certa di no ser estéril,la verdad era che lei sentiva nel suo regazo la semilla de su esposo arrivare già fría y muerta.

pag. 58
Donna Isabella, ch’era vigliante, aspettò la mano del marito sulla coscia, che era il signo del comienzo, ma il duca non si mosse. Era dalla notte che gli aveva detto la verdad che il suo esposo non usava più practicar con lei e lei, essendo joven y caliente, aveva sempre bisogno di práctica.

pag. 72
Sopra l’adori di cacio stascionato che i due stavano mangiando, l’aveva colpito, come una stilettata nelle nasche, l’adori di Filònia fatto più forti dalla sudareddra nirbusa. Oh bàrsamo fino! Oh sciùri di zagara! Oh acqua di rose!

pag. 73
<<Io non saccio u significatu, ma vi dico le paroli per come Gisuè me le disse: non è pi lu piaceri ma pi lu duluri>>.
Filònia avvampò, abbassò gli occhi. Era successo la seconda vota che avevano fatto l’amuri con Gisuè. A un certo momento lei aveva pigliato a fare <<ahi! ahi!>> e Gisuè le aveva ditto: <<Ti piaci, eh?>> e lei aviva arrisponnuto: << Ma quali piaciri, è duluri, una petra puntata mi sta scassando la schina>>.

pag. 75
Honorio, appena vitti Cocò, l’abbrazzò stritto stritto pi la vita.Cocò inveci gli gettò le vrazza al collo e lo vasò a longo, fino a quanno gli venne il sciato grosso. Honorio si sbottonò la pattina dei cazùna e Cocò afferrò l’asta.
<<Nella boca>> disse Honorio.
Ubbidienti, Cocò si mise a ginucchiuni.
<<Basta>> disse a un certo momento Honorio.
Sempre ubbidienti, Cocò si calò le vrachette e s’appuiò con le due mani a un ramo vascio.
Honorio gli si mise di darrè. La cosa fu longa e più durava più Cocò si lamentiava di piaciri. Nell’attimo istisso in cui sburrava, Honorio gli desi col taglio della mano sul cozzo una potenti botta. Cocò morì sul colpo.

pag. 75
Donna Isabella sentì il marito che si curcava. Aspettò la mano sulla coscia. Niente. Ma che gli pigliava ? S’era offeso per il discorso che gli aveva fatto ? Si ripromise che la notte appresso gli avrebbe parlato, così lei non se la sentiva più di continuare, aveva bisogno di sentirsi un omo dintra.

pag. 98
Il povirazzo aveva appena il tempo di cadiri supra il letto e bonanotti. Donna Carmen gli si curcava allato e aspettava l’arrivo del duca. Che grande divertimento per la pareja d’amanti godersi mentre l’esposo di lei dormiva sulla misma cama! La seconda volta che l’aveva adoperata era stato quando donna Isabella, ad una sua pregunta, se n’era scappata dal letto, gridando:
<< Es pecado! Es contra naturam!>>.
La sira appresso, don Sebastiano le aveva messo un quarto di lacrima nel brodino. Ma non ci aveva pigliato piaceri, so mogliere pareva un cadáver.

pag. 99
<<Tu devi yacer con doña Isabella finché non sentirai che nel tuo cuerpo non c’è más una gota de fluido viril. Claro? Devo tener la certidumbre che la mia mujer rimanga embarazada>>.
<< Cillenza, chiddru ca possu, fazzu>>.
<< Cuidado, non farle mal, yo tengo tu mujer nelle mie manos>>.

pag. 102
Don Sebastiano diede una rapita occhiata all’aparato di Gisuè, grosso, di stazza considerevole, con due cojones che parevano naranjas, aranci, prometteva bene.

pag. 103
Ma quale sueño quieto y regular? S’era appena messa in camisón e infilata tra le linzòla, che il calore che sentiva dintra la carne si stracangiò in foco vivo, olio bollente dintra le vene. Si susì, andò nel camarín de comodo, s’assammarò d’acqua, si rimise sotto le linzòla vagnata com’era. Nenti da fare, lo spaventoso calore non era di fora, ma di dintra. E donna Isabella il perché lo sapiva benissimo. Santa Teresa d’Avila lo definiva <<colpa gravissima>> il desiderio della carne, peccato accussì spaventoso che, diceva sempri la Santa, non c’era più possibilità di tornare narrè, manco addomandando misericordia e perdono. Ma il bruciore diventava di minuto in minuto più forte, superava lo scanto del piccato mortale. S’arramazzava nel letto, si metteva a panza supra, a panza sutta, di lato: era sempre la stissa, intifica cosa, la fiamma dello ’nferno l’aveva attaccata. Fu in quel momento che trasì il duca e si stinnì nel letto. Con uno sforzo del quale non si cridiva capace, s’impose di stare ferma e calma, di fare la sciatata di chi sta dormendo quietamente. A un certo punto ebbe scanto di non potercela fare più, voleva satare in piedi sul letto e fare una vociata d’arrisbigliare i morti. Fortunatamente il marito si susì e sinni niscì. Allora donna Isabella gettò via il linzòlo che pesava sulla pelli, principiò a raprire e a chiudiri le gambe come una forbice nella mano d’un pazzo, e puro la testa pigliò a sbattere supra il cuscino ora da un lato, ora dall’altro, sempri più veloci, sempri più di cursa. Ah Dio! Ah Dio! Doppo, dintra il ciriveddro, le principiò rumore di vento forti e lo scruscio di onde in tempesta, mentri il foco arraggiava, Non aveva abento. La stessa cosa le era capitata a quindici anni, mentre era ancora in convento: s’era susuta, era corsa nella cella della matre superiora, chiangendo le aveva detto quello che sentiva, le aveva indicato dove la fiamma più ardeva. E la matre superiora ci aveva messo una mano piatosa per astutarlo, quel foco, e l’aveva confortata, abbrazzata e vasata. Ma ora chi aveva per darle abento e friscura? Improvvisa una voce, che era la sua ma che non era la sua, disse nella sua testa queste paroli: << A onde te ascondiste,/ Amado, y me dexaste con gemido ?>>.
Erano i primi due versi del Cantico spirituale di San Juan de la Cruz che lei sapeva a memoria. Dove ti sei ammucciato, amore mio, lassandomi sula e chiangente? Bisognava andarlo a circare. Si susì, ma le venne difficoltoso starsene dritta, aveva le gambe trimanti. E inoltre lo sguardo era come oscurato da una specie di neglia. Davanti alla porta della sò càmmara si fermò, taliò a dritta e a mancina. Il corridoio era deserto.
<< Oh felice ventura / uscii né fui notata / essendo la mia casa addormentata >>.
Era sempri San Juan de la Cruz che cantava la canzoni dell’anima.
<< Nello scuro e sicura / per la segreta scala, mascherata…>>.
Qui San Juan si sbagliava, la scala non era segreta e lei non era mascherata, ma era lo stesso. Dove stava andando ? Non lo sapiva, ma continuava a caminari pi la casa.
<< Sola mi dirigeva / la luce che nel cuore mio splendeva…>>
Arrivata sul pianerottolo, la scala continuava, ma c’era puro la porta dello studio. Vi si diresse.
<< E questa mi guidava / più certa che la luce a mezzogiorno / là dove m’aspettava / colui ch’io ben sapeva / in luogo ove nessuno era d’attorno>>.
Difatti nello studio non c’era nisciuno. Donna Isabella era trasuta senza fari rumorata, a pedi scàvusi, liggera. Poi taliò verso il camino e lo vide. Nudo era il suo Amado, e teneva gli occhi chiusi. Gisuè, pi la stanchizza, s’era appinnicato all’impiedi, come i cavaddri. Era l’estasi, quella che viniva concessa ai santi ? Lei, donna Isabella, era perciò una santa ? Cadì in ginocchio e stavolta la rumorata che fece arrisbigliò Gisuè. Ma quella era una casa di pazzi! Chi era questa fìmmina in cammisa di notti ca ci stava davanti ginucchiuna e con le mano a preghiera ? Beddra era. Ma pirchì cimiava avanti e narrè ? Era ‘mbriaca?
<<No quieras despreciarme>>.
Voleva babbiare ? Chi la disprezzava ? Era una cosa priziosa.
<< Que si color moreno en mí hallaste>>.
I fìmmini biunni non ci piacevano, avevano sciàuro di sciùri sfatto.
<< Ya bien puedes mirarme>>.
Pirchì, non la stava ammirando? Quant’era beddra!
<< Después que me miraste>>.
E no, qui si sbagliava, prima non l’aveva mai vista.
<< Que gracia y hermosura en mí dexaste>>.
La fìmmina si susì, s’addiriggì verso il tavolino supra il quali c’era la spata del duca. La sguainò, s’avvicinò a Gisuè con l’arma in mano. Gisuè si scantò, sgriddrò gli occhi, pinsò che volesse assassinarlo. Inveci la fìmmina si mise alle sò spaddri e con due colpi netti tagliò le corde. Poi fece tri passi narrè e, sempri taliandolo, disse:
<< Oh notte che sposasti / l’amato con l’amata!>>.
E si levò la cammisa, arristando nuda. C’era nello studio la luci delle cannile, ma a Gisuè gli parse che in quel momento, dintra la càmmara, fosse spuntato il sole.

pag. 107
Dalla puerta abierta dello studio arrivava un gemido, una queja continua.

pag. 108
Trasì di scatto, scartando a mancina per evitare l’eventualidad di un colpo d’espada o una cuchillada. La coltellata in mezzo al petto la ricevette lo stesso, quando vide quello che vide.
Isabella, distesa a terra, nuda, stringeva a sé le spalle del condenado, le sue pernas allacciate sulle nalgas, le natiche dell’hombre che vigorosamente la cavalcava, con tanta fuerza che il cuerpo de su mujer, ad ogni golpe, veniva spinto sul suelo.
E quello che gli era parso un gemido continuo, erano parole ansanti, soffocate, che uscivano dalla bocca d’Isabella:
<< Ay, quién podrá sanarme! / Acaba de entregarte ya de vero…>>>.

pag. 109
Quanno, a occhio e croci, pinsò che fosse passata un’hora, rientrò nella quinta, fece la prima rampa dell’escalera, appizzò l’orecchio. Ancora! Continuavano ancora! Si sporse a taliare, mittendo solo la cabeza nello studio. Donna Isabella era doblata su l’escritorio, los brazos allargati per tenersi con le manos ai bordi, la cara appoggiata sulla madera, il legno. L’hombre era in piedi detras della mujer, e a ogni golpe che dava, l’escritorio si sollevava leggermente per poi cadere a terra. La voce della duchessa era un affanno roco:
<< Apaga mis enojos, / pues que ninguno basta a deshazellos…>>.
Prima di scapparsene, taliò il ralogio: la medianoche era ya pasada.
Appena nel baglio, lo pigliò un dubbio: se l’hombre stava in quella posición e Isabella in quell’altra, siamo sicuri che la semilla sarebbe stata echada, versata, nella buena vasija? Sapeva, quel patán, distinguir un agujero dall’altro?

pag. 110
Ora l’hombre era steso sulla schina e so mujer, sopra di lui, salvajamente galoppava e mugolava:
Mi Amado las montañas,
los valles solitarios nemorosos,
las ínsulas extranas,
los ríos sonoros,
el silbo de los aires amorosos…
Don Sebastiano pinsò che, anche con quell’andatura focosa, i luoghi da percorrere erano ancora tanti.

pag. 112
Ficcaccìlla, Gisuè / ficcaccìlla avani e narrè / Gisuè, scana e ‘mpana / falla prena, la buttana / Falla gràvita, Gisuè / megliu a tia nun ci nn’è / Dunaccìllu lu dovuto / a stu duca gran cornuto!>>.

pag. 113
<< Grazii>> fece Filònia taliandolo con gli occhi a pampineddra. Poi si levò la cammisa, isò il vrazzo mancino. Con gli occhi sbarracati, don Aneto tuffò il naso nell’asciddra (Oh sàrvia! Oh mortella! Oh sciùri di pistacchiu!). Filònia lassò che quella vestia si abbivirassi, e doppo isò l’àutro vrazzo. Don Aneto vi si ittò come un affamato (Oh passulina! Oh addrauru! Oh sparacio amaru!) e poi pigliò a passari u naso dalla sàrvia allo sparacio supra i lazza della fascia che tenevano le minne.
<< Livatilla>> implorò con voci assufficata.
<<Ancora unn’è tempu>>.
<<Unn’è tempu? Unn’è tempu?>> fece voci don Aneto. << Doppo che n’avete arridotto accussì?>>.
Come un pazzo, pigliò la rincurruta e desi una cornata al tronco di l’àrbolo. Sulla fronti ci spuntò il sangue. Filònia provò pena.
<<Mettetemelo ccà>> disse, porgendo una mano piatosa.

pag. 114
Quando fu sicura che tutti s’erano addrummisciuti, Filònia pigliò pi la mano so marito. S’appartarono.
<<Ci la fai doppo la nuttata cu la duchissa?>.
Gisuè fici un risolino di superiorità e attaccò.
Fu così che venne concepito Michele, Michele Zosimo. Il futuro duca Simón de Pes y Pes, ancora invisibile ad occhio nudo, si era già solidamente attaccato nell’ovo di so matre, donna Isabella.

pag. 118
Sì, Honorio si era avvicinato a lei, solo un momento, quel tanto che bastava per passarle una mano sul trasero, il culo.

pag. 119
La fìmmina era desnuda, addritta, gli voltava le spalle, taliava fissa al muro. Una fitta di deseo colpì il duca. E non tanto per la hermosura delle formas de su mujer, ma piuttosto per il recuerdo di come l’aveva vista godere la noche pasada tra los brazos di un altro hombre. Gli tornò davanti agli ojos la testa della donna appoggiata all’escritorio dello studio, il respiro corto, la boca abierta e storta dalla quale colava un hilo di saliva.
Excitado all’extremo, le si accostò e le diede un beso sul cuello.

pag. 119
No te atrevas a tocarme! Stai lejos de mí! Sento horror por tus manos, por tu boca, por tu sexo, por tu esperma frío! Esta noche mi Amado, mi verdadero esposo, me ha aparecido, me ha presa tra i suoi brazos! Ah cómo era fuerte! Ah cómo me ha penetrada toda! Yo ho provato l’éxtasis suprema! L’anulamento total en mi querido! Tu, hombre, non entrerai más nel mio lecho! Yo soy y seré por siempre enteramente sua, cuerpo y alma!>>.
E s’avventò contro don Sebastiano per scassargli la testa con una mazzata del ferro. Il duca fu pronto a scansarsi, a pigliarle il polso, a torcerle il vrazzo fino a quando non la disarmò. La mujer allora si mise ginucchiuna, le vrazza allargate come crocefissa, la testa gettata narrè che pareva staccarsi dal collo, le punte delle minne isate al cielo e intonò il diletto San Juan:
<<Allí me dió su pecho / allí me enseñó ciencia muy sabrosa…>>.
<<Certo che t’ha insegnato una scienza saporita, troia!>>. Esplose il duca. E le sputò in faccia.

pag. 120
Trasuta dintra un pagliaro dove l’aveva portata l’omo, s’era di prescia spogliata nuda e ora sinni stava stinnicchiata sulla paglia aspettando che don Aneto, nudo macari lui e che la stava a taliare addritta, dall’alto, si decidesse a principiare la facenna. Ma questo era il busillisi per don Aneto, perso davanti a tutta quella grazia del Signuri: da dove doveva accomenzare? Quando stimò che gli occhi s’erano abbuffati, stabilì d’accanosciri Filònia nel loco suo più ammucciato, nascosto. Si ittò a panza ‘n terra e strisciò come una serpe in mezzo alle gambe aperte della fìmmina. Appena la natura di lei gli venne a tiro, v’impiccicò il naso e respirò profunno (Oh muschio sarbaggio! Oh radica di liguorizia! Oh resina di pino!). Dato che aveva goduto di vista e d’odorato, pinsò di praticarsela con un terzo senso, il gusto. La sinsazioni che di subito provò fu accussì violenta (Oh marvasìa liguorosa! Oh mieli di Grecia! Oh zùccaro di zammù!) che non ce la fece a resistere e spannì sulla paglia la sua forza d’omo.

pag. 137
Ne parlò macari con don Aneto, che quello veniva due volte al mese solo per sciaurarla. Perché don Aneto s’era fatto pirsuaso che Filònia fosse fìmmina da sciaurare, da odorare, e non da pigliare. E difatto quello che provava quanno le metteva il naso nelle asciddre o nella natura era cosa di tanto superiori alle senzazioni dell’usaggio normali che si fa d’una fìmmina. Tant’è vero che un jorno, doppo averla sciaurata per tre ore era sbottato a chiangiri.
<<Stavolta>>, spiegò tra i singhiozzi <<il vostro sciauro era quello che ha la luna in una notti d’austu. Voi mi state facendo accanosciri tutti gli adori dell’universo criato>>.

pag. 142
Patre Uhù lo taliò e arrimase dubitoso, Picciliddro? E allora cos’era quel vero e proprio ramo d’àrbolo che gli ballava sutta la panza ?

pag. 183
Fece per fare voci, ma quello che vitti la paralizzò. Lucrezio era un armàlo di squasi due metri: ora quell’armàlo s’era sbottonato la pattina e, tirata fora l’arma della sò natura, che pareva una vera e propia pistola, saldamente l’impugnava e la puntava verso di lei.
<<Se ti catamini>> fece l’omo <<ti spertuso>>.
Con sorpresa di Lucrezio, la fimmìna sbarracò l’occhi e poi arridì vascia, di gola.
<<Madunnuzza santa!>> fece.
E, contrariamente all’ordine di Lucrezio, si cataminò.

pag. 231
Mallìtta sia sempri donna Filotea Tatafiore marchisa di Valle Zuccàta! Mallìtta issa e tutta la so fitente razza! Questa fìmmina ambiziosa, pittata nella faccia che pareva una pupazza, con le natiche che ci facevano rollio e beccheggio, dal momento in cui si maritò con don Francisco Vanasco y Sepùlveda, marchese de la Sierra Perdida e primo consigliere del Viceré, parse che perse la testa: al mondo nenti c’era di prizioso, abito, mobile, gioiello, che agli occhi sò abbastasse di preziosità, non c’era cosa valorosa che quel poviro cornuto di marito (mezza Palermo màscola ci veva inzuppato il pane con donna Filotea) portasse in casa che la mogliere ci dava la soddisfazioni di un minimo gesto di gradimento, nenti, sempre la bocca storceva schifata, come se avesse avuto sotto il naso, rispetto parlanno, una cacata puzzolentissima.

pag. 232
Alla porta del quale aveva voglia di tuppiare la notti quanno gli veniva il firticchio di secolei giacersi (tra le pirsòne di nobile ceto si dice accussì per fottere, ficcare): per don Francisco la porta restava inesorabilmente chiusa e di conseguenza restava macari chiusa la cosiddetta di donna Filotea.

pag. 238
Luchina Sinibaldi venne data a godimento di Omar ben Ibraim, che aveva domato la rivolta. Omar ben Ibraim lottò per due ore con Luchina Sinibaldi, ma quella resisteva con tutte le sue forze, si difendeva a calci e graffiuna, finché Omar, stremato, domandò aiuto al suo luogotenente Farid. In due ce la fecero ad immobilizzarla e mentre Farid la teneva ferma, Omar fece l’offizio suo, ma con grande faticata la penetrò, la verginità di Luchina pareva protetta da cuoio spesso. La notte appresso, sempre aiutato da Farid, volle nuovamente godersela e con suo grande stupore constatò che Luchina Sinibaldi era tornata vergine, intatta, come se la sera avanti non fosse capitato niente. A farla breve, per deci notti di seguito Luchina venne deflorata e per deci notti di seguito tornò ad essiri vergine. Stanco, Omar la passò al luogotenente Farid e questi, dopo venti jorna, la passò a un suo aiutante. Otto mesi Luchina Sinibaldi venne tenuta nel campo arabo, patendo ogni notte la vrigogna. Riuscita miracolosamente a scappari, riparò a Palermo da una sua cugina. Morì, naturalmente vergine, e in odore di santità.

pag. 242
La gnà Pina Spicuzza, che fino alla quarantina l’aveva data a chi gliela addimannava, e macari a chi richiesta non aveva fatta, una notte s’insognò San Libertino martire, primo pìscopo di Montelusa.
<<Pentiti!>> gli fece San Libertino martire taliandola con occhi di foco. << Pentiti della tua vita scillirata!>>.
La gnà Pina, che aveva ancora il ganzo allato che dormiva alla saporita, con una pidata gettò l’omo fora dal letto e si precipitò a confessarsi.

pag. 283
E com’è che a tia lo sfogo della linfa non ti viene?>>.
<<Pirchì io la linfa la faccio nesciri prima che m’arriva ‘n faccia>>.
<<Ah, sì? E da dovi?>>.
<<Dal posto suo naturali. La minchia>>.

pag. 284
Bongiorno>> fece, aducato, Zosimo.
<<Bongiorno>> arrispunnì l’altro squatrandolo. << Circate qualichiduno?>>.
<<Mi dissiro che qua ci abita la vidova Carlino>>.
<<Pricisamenti. La vidova abita qua. Io sono u maritu>>.
Zosimo strammò. Una fìmmina si dice che è vidova quanno che ci morse il marito. Ma se la vidova tiene un marito, vidova non è. E quindi lui non avrebbe potuto spiegare alla vidova che non era vidova quello che addisiderava da lei pirchì gli avrebbe spaccato le corna.
Sicuramenti quel grannissimo garruso di Fofò gli aveva fatto una furiata, uno sgherzo. L’unica era di scapparsene di prescia. Girò le spalli alla casa e proprio mentre stava per fare il primo passo, la voci dell’omo lo fermò.
<<Pirchì ve ne andate?>>.
<<Pirchì mi pare che la signura vidova non è in casa>> fece Zosimo taliando verso la porta inserrata.
<<Mia mogliere c’è>> disse l’omo. <<Solo che per ora è accupata. Ancora cinco minuti ed è libira>>.
Zosimo principiò a sudare. Come avrebbe potuto dire alla vidova Carlino che voliva ficcare con lei in prisenzia del marito? Tuttu ‘nzemmula la porta si raprì e niscì un viddrano.
<<Bongiorno>> salutò senza taliare né a Zosimo né all’omo assittato.
<<Tocca a voi> fece l’omo con la pipa.
Sturdutu, Zosimo trasì nella casuzza.
<<Chiudi la porta>> fece una voce fimminina.
Zosimo la inserrò. Da una finistruzza che dava nel darrè della càmmara trasiva una luce bastevole a fare vidiri quattro grossi sacchi inchiùti di paglia per dormiricci supra, un tavolino, due seggie di ligno, e un cufularo per cucinare. La vidova, una quarantina rusciana, stava acculata in un cato pieno d’acqua e si lavava in mezzo alle gambe. Era cummigliata a malappena da un cammisone tutto spirtusato. Quanno finnì, si ittò sui sacchi, isò il cammisone arravugliandolo supra le minne, raprì le gambe.
Zosimo intanto si era sentito passare la gana. Il fatto che fora ci stava il marito a fumarisi la pipa mentre che lui ficcava con la mogliere non gli pareva cosa.
<<Beh, t’arrisolvi?>> spiò la vidova.
E visto che Zosimo, doppo avere fatto dù passi non si cataminava, la vidova, susendosi a mezzo, allungò la mano, pigliò un capo del cordino che teneva i cazùna di Zosimo e lo tirò. I cazùna caddero e la vidova sbarracò gli occhi. Mai aveva veduto tanta grazia di Dio in un corpo d’omo, tanta grossizza, tanta lunghizza, tanta solidizza. Sintendosi addivintare squasi sonnambulica, la vidova ci posò la mano supra. E che fù? In un vìdiri e svìdiri si attrovò davanti agli occhi un ramo duro come una petra firrigna, un ramo pigliato di vento, pirchì la cima cimiava a pareva che addimannasse requie. La vidova ci posò supra l’altra mano ed ebbe appena il tempo di faricci una carizza. Tutta la linfa stimpagnò violenta, assammarandole la faccia, i capilli, le minne. E continuò a sgorgare, a malgrado che la vidova, col cammisone, tentasse in qualichi modo di attuppare la sorgiva.
<<Matre santa! Matre santa!>> arripeteva, mezza scantata e mezza addivertuta.
Quanno lo sdilluvio finì, la cima del ramo arritornò a cimiare, ancora c’era linfa da fare sbummicare.
<<Tutto bono e biniditto!>> sclamò la vidova.
Si stinnicchiò supra i sacchi e allargò la gambe. Zosimo ci si stesi supra, ma non sapeva comu fare. Qualichi tempu avanti l’amico sò Cicciu Lanza gli aviva cuntato che, a trasire per la prima volta, ci potiva essiri difficortà pirchì la natura, a malgrado di tutto quel largo di panza che tenevano, le fìmmine se l’erano fatta assistimare in un posto scognito. Allora la vidova, capendo che il picciotto era la prima volta che paraticava e sintendo una vampa di foco che le quadiava l’anima per la filicità d’incignare un omo alla vita, glielo agguantò con la mano e lo guidò al posto giusto.
Dopo due orate, avendo la vidova per la terza volta ripigliato a fare voci di pecora scannata, il marito, che se ne stava sempre fora a fumare, s’apprioccupò. E po’ era arrivato un altro viddrano che aspittava che la fìmmina si fosse libirata. Allora si susì dalla petra e andò darrè la casa a taliare dalla finestruzza. Non vitti nenti pirchì già scurava, sentì inveci più forti i lamenti della mogliere la quali, quanno non si lamentava, faceva sciati accussì forti che parevano quelli di un mantice.
<<Catarì, tutto beni?>>
<<Sì, sì, tutto beni… sì… sì… sì…>>.
<<C’è qua fora un’altra pirsuna che…>>.
<<Mannalo via… sì… sì… mannalo via… o Madunnuzza santa!… O matruzza mia… sì… sì…>>.
Finalimenti, doppo un’altra orata, la fìmmina, con un sospiro, disse:
<<Basta, non ci la faccio più. Tutta rotta mi sento>>.
Zosimo si susì, si tirò su i cazùna. Nello scuro fitto, macari la vidova si era susuta per addrumare una cannìla. Era nuda, si era persa il cammisone.
<<Quanto viene?>> spiò, impacciato, Zosimo mettendo una mano in sacchetta per pagare.
<<Nenti>> fece la vidova. <<Tu non paghi nenti. E se ti spercia di tornare a trovarmi, non pagherai mai nenti>>.
Avvicinò la cannìla alla faccia di Zosimo, lo taliò a longo.
<<Mi lo dici comu ti chiami?>>.
<<Zosimo>>.
La vidova si tirò narrè, parse scantata.
<<Madunnuzza santa! Propio propio Zosimo Zosimo?>>.
<<Zosimo Zosimo sono. Pirchì? Sono accussì canosciuto?>>.
<<Certo. La genti dice che i tò cabasisi sono quatrati. Ma io ora saccio come sono, parino dù milanzani belle grosse>>.
Arridì, avvicinò arrè la cannìla alla faccia di Zosimo e, di colpo, si fece seria seria.
<<Ti posso vasari?>>.
E senza aspittari la risposta, posò le labbra su quelle del picciotto. E allura Zosimo si sentì addivintare le gambe di ricotta. No, non pirchì gli era vinuta la stanchezza delle ficcate che si era fatto, ma pirchì la vasata sincera della fìmmina era la meglio cosa che gli fosse capitata dintra a quella càmmara.

pag. 290
<<E' uno che se la fa con le buttane>> rilanciò Vicè giluso pirchì qualichi volta aveva dovuto aspittari a longo il turno sò davanti alla porta della vidova Carlino, datosi che nella casa c'era Zosimo che se la spassava.

pag. 291
Un misi doppo, Ciccina e Zosimo si maritarono. Nella prima notte che passarono ‘nzemmula come marito e mogliere, Ciccina raprì la vucca cinco volte.
La prima disse:
<<Ahi!>>.
La seconda volta disse:
<<Matre mia, che bello che è!>>.
La terza volta disse:
<<Ancora>>.
La quarta volta disse:
<<Vacci adascio>>.
La quinta volta disse:
<<Amuri mè>>.

La paura di Montalbano Chiara

FERITO A MORTE
Pag. 95:

Montalbano parla coi suoi uomini del cadavere di Piccolo

"..."Un momento"disse Gallo. "La posizione del cadavere..." "Lo so a quello che stai pensando. Ma tu, Gallo,sei bastevolmente cresciutello, mi pare. E perciò saprai che per fare all'amore non è obbligatoria la posizione tradizionale."..."

Commento: non c'è molto da commentare, al massimo si può riflettere sulle prestazioni di Gallo...


IL QUARTO SEGRETO
Pag.159:

il sogno di Montalbano.

"...Dato che stavano allato allato,si pigliavano per mano.Poi s'abbrazzavano. Poi si vasavano.Poi accomenzavano a levarsi ivistita che continuavano agalleggiare alla loro altezza. Dopo cinco minuti che facevano all'amore, andavano a finire supra una rete da circolo questre e continuavano a farlo ridendo e rimbalzando fino a quando qualichiduno gridava: "Manette! Manette! Queste cose non si fanno in pubblico! Siete in arresto!"

Commento: certo che deve essere una fatica farlo così...A parte ciò è interessante vedere che strane fantasie abbia Montalbano


Pag. 193:

fuori dalla casa del guardiano del cantiere.

"Nel silenzio della campagna,si sentiva perfettamente quello che stava capitanno dintra la baracca. "Ah! Ah! Ancora tutto! Dammelo tutto!" faciva una voce di fimmina ansimante. Era una voce stramma, acuta, quasi infantile. Questa non se l'era aspettata. Tanto peggio per il guardiano.

Pag. 194:

dentro la casa del guardiano

"...Della fimmina manco l'ummira. E la baracca non aveva nè cesso nè un ripostiglio qualsiasi. "Dov'è la fimmina?" "Quali fimmina?" "Quella con la quale stavificcando> "Dutturi, ficcannu iu? Macari diu! A mia manco le buttane mi vogliunu! Pillicula era!"..."

Commento: direi che la scena è piuttosto squallida, si commenta da sè. Ho evitato di riportare i pezzi sulla pedofilia per evitare di cadere nel cattivo gusto


Pag. 201:

Montalbano e Caterina

"...E qui capitò che il commissario non arriniscì a staccare più l'occhi. Era veramente beddra, non c'erano santi. Beddra e chiara. Taliandola, si aveva l'impressione di trovarsi a mare aperto, a respirare aria pulita. E capitò un'altra cosa che gli smosse il sistema. Caterina, persa nella ricerca, tirò fora la punta della lingua e la posò sul labbro superiore. "Gluglugluglu" gli fece il sangue dintra le vene..."

Commento: gran bella e sottile descrizione di quello che può capitare tra un uomo e una donna senza che uno dei due se ne accorga


Pag. 207:

Montalbano e Catarella

"..."Che ne dice?" "Di che?" "Della cosa che ficimo aieri a sira 'nzemmula, dottori" disse allusivo e con un sorriso beato Meno male che non c'era nisciuno nei paraggi altrimenti si poteva sospettare che lui e Catarella la sira avanti avevano fatto cose vastate..."

Commento: e qui non può non scappare un bel sorriso.


LA PAURA DI MONTALBANO
Pag 238:

l'ingeniere Castellini

"..."Sì, sì sì" ansimò Castellini. a un passo dall'orgasmo..."

Commento: ognuno si eccita con ciò che preferisce...


Pagg. 249-250:

Montalbano e Livia

"..."Che vuoi fare?" "Ora te lo faccio vedere." Quando capì la 'ntinzione di salvo, livia protestò senza convinzione: "Andiamo almeno su..." "No, qui mi hai schiaffeggiato e qui sconti l'offesa." "Signorsì" fece Livia...."

Commento: per una volta non è un sogno


MEGLIO LO SCURO
Pag. 216:

Livia commenta il fisico di Salvo

"E allora perchè vuoi infliggere a un essere umano la visione del tuo corpo nudo?" "Hai detto infliggere?" "L'ho detto e lo ripeto. O credi di essere tale e quale all'Apollo del Belvedere?" " spiegati meglio. Quando io sono nudo davanti a te tu pensi che io ti stia infliggendo la visione del mio corpo?" " Certe volte sì e certe volte no."..."

Commento: cattivella Livia...


Pag. 316:

un pezzo di lettera di Cristina all'amante

"...Che per lei, fin dalla prima notte di nozze, fare all'amore con te è stata una sofferenza. E com'è che per me invece rappresenta un piacere tanto grande da essere quasi uguale alla morte?..."

Commento: vatti a fidare delle amiche!




Il giro di boa


Pag. 179:

"Ci spogliavamo e cominciavano a fare l'amore. A lungo."

Ingrid confessa i suoi rapporti con Nini' ...




Pag. 195:

"E che ci faceva Beba in macchina?
Stava facendo cose vastase con uno
Ma va! Beba non lo dira' mai! E macari a mia scoccia!"


Guarda a dove si arriva per poter incastrare un delinquente ...




Pag. 198:

Mimi', se continui cosi', io piglio quella fava che doveva srvirmi per i piccioni e te la ...

Il solito Montalbano







La presa di Macalle' Rava


Pag. 15:

Marietta e Michilino

….appena che Marietta arristò in mutanne e reggipetto,si assittò sul bordo del letto e disse: “Vieni ccà”…Michilino s’avvicinò e la cuscina principiò a levargli i vestita.Non è che le mano di Marietta fossero tanto diverse da quelle di so matre,avevano l’istissa ‘ntifica dilicatezza:ma allura com’era che a farisi spogliare dalla cuscina gli pareva meglio assà? Quando Marietta gli calò le mutanne,tirò di scatto la testa narrè,ammaravigliata. “Mizzica!”sclamò “Che fu?” “Nenti,nenti” Com’era possibile che un picciliddro di sé anni avesse uno stigliolo quanto quello di un uomo?Proprio l’anno avanti Marietta l’aviva accanosciuta la misura del mascolo,era capitato quando si ra infilata con Balduzzo dintra a un pagliaro e Balduzzo,che la simana appresso doveva partire sordato,aviva pigliato a vasarla fitta fitta sulla vucca,sulle minne,sulla panza e po’ s’era sbuttunatu e aveva inzignato alla mano di Marietta quello che doviva fari….

Il picciliddro nel confronto non ci perde…Vai Michilino!!!!!



Pag. 18:

id.c.s

….con la testa assistimata in mezzo alle minne della cuscina,s’addrumiscì doppo manco una dicina di minuti.Quando fu sicura del sonno del picciliddro,Marietta lenta lenta allungò la mano.Nel corcarsi la cammisa di notti di Michilino si era isata fino alle anche.La mano della picciottedra trovò quello che cercava e si posò supra leggìa come farfalla.E accussì finalimenti,passata un’orata di suspiri,macari Marietta potè pigliari sonno.Ma fu sonno spisso interrotto,pirchì alla piciotteddra, abituta a dormiri sola,la presenza di un corpo straneo nel letto la costringeva a stare in posizioni che non erano le solite.Alla fine s’arrisolse a levare con delicatezza la testa di Michilino d’in mezzo alle so minne e a voltarsi dalla parte opposta,rivolgendo le spalle al picciliddro:E pazienza se messa accussì non poteva più tenere la mano dov’era prima.Ma venne ricompensata.A una certa ora prima dell’alba,Michilino si accostò a lei,arrimiggiandosi con tutto il corpo al suo corpo.E sempri dormendo l’abbrazzò alla vita.Lei spinse tanticchia la schina narrè,fino a quando sentì che la trusciteddra,il fagottino del picciliddro le si impiccicava all’altizza di li rini:E quella fu la posizione che pigliarono nel sonno per tutte le quattro nottate che Michilino passò nel letto della cuscina.

…chiamalo,se vuoi,fagottino…



Pag. 25:

Balduzzo e Marietta

…fu quella pinnotica taliata di Balduzzo a ordinarle senza paroli di levarsi via via il bolerino,la cammisetta,il reggipetto,la gonna,le mutanne:Lei bidì di gran cursa senza affruntarsi,senza pruvari vrigogna ,affatata,ammagata da quella taliata ‘mpiriosa :Mentri che lei si spogliava,macari Balduzzo faciva l’istisso:La porta del pagliaro era stata chiusa dal picciotto,ma lasciava passari una larga fascia di luce dalla parte alta,mancava mezza tavola:Quanno Marietta si corcò ‘n terra quella lama di luce parse tagliarle la testa:Il picciotto si gettò supra di lei e Marietta inserrò l’occhi. Si aspittava le carizze e le vasate sulle minne,come le volte passate,perciò l’improvviso dolori In mezzo alle gambe la pigliò a tradimento. “Ahi!” gridò. Balduzzo,che se ne stava tutto trasuto dintra di lei,le posò una mano sulla vucca:Marietta gliela muzzicò.Doppo il picciotto accomenzò a cataminarsi:Lo tirò narrè e l’ammuttò avanti,lo tirò narrè e l’ammuttò avanti,narrè avanti,narrè avanti,avanti,avanti:E appena Marietta sintì’ dintra un cavudo liquido straneo,Balduzzo disse “Sburrai”

Avanti Savoia



Pag. 37:

id.c.s

…Il jorno appresso ,quanno la picciotta arrivò al pagliaro,ci trovò già a Balduzzo che l’aspittava. “Non ho tempu” fece Balduzzo “Levati le mutanne e mettiti alla picorina” Marietta non sapiva che veniva a significari mettersi alla picorina,ma oscuramente l’accapì:Balduzzo le si assistimò di darrè,lo tirò fora,trasì,unu,du.tri,quattro,cinco,sei e setti Sburrò.Si susì,se lo rimise dintra i cazuna:.Abbrazzò a Marietta,la vasò sulla vucca. “Se torno vivu dalla guerra,nni maritammu

La partenza del guerriero



Pag. 40:

Giugiu e signora

….Non passarono cinco minuti che il letto principiò a esseri smurritiato e fara rumorata. A mamà suspirava e diciva “Adascio,Giugiù,adascio” Che stavano facendo? Non resistette Alla curiosità e raprì l’occhi.Di subito non vitti nenti.la luce del lumino sutta la Madonnuzza Era troppo debole.c’erano,supra il lettu,du ummire confuse che si cataminavano.A picca a picca La so vista s’abituò.U papa e ‘a mamà stavano nudi, ‘u papà supra e ‘a mamà sutta e ‘u papà dava a la mamà colpi di panza forti forti,accussì forti che ‘a mamà principiò a lamentirasi e a fare “Ah! Ah! Gesù!Gesù!Ah!“ Poi tutto finì di colpo.U papà si tinnicchiò allato a la mamà,si votò sul scianco dandole le spalli e squasi di subito principiò a runfuliare

I bambini ci guardano



Pag. 42:

id.c.s.

…..Raprì l’occhi e si sentì pigliare dauna immensa accuntintizza.’Amamà era assittata supra la panza do papà ed era lei.stavolta, a dare i colpi,si susiva e s’assittava,si susiva e s’assittava ,e ‘u papà posandole le mano sulle minne,ammatula cercava d’ammuttarla darrè,m la so forz a non era bastevole,’a mamà pariva addiventata una cavallirizza come quella che aveva visto al circolo questre,il cavaddro-papà non ce la faceva a livarsela di supra.Finalmenti ‘ mamà stava vincendo

2° Round



Pag. 78:

Michelino e la signora Clementina

…Fu accussì che si addunò che la vidova si era messa come l’altra voltain salotto,con la gonna e la fodetta tanto tirate che si vidivano le mutanne,stavolta rosa.Joca ca ti joca,il carro armato andò a finiri tra i piedi della vidova.Michilino s’infilò sutta la tavola per ripigliarselo e per un momento s’appujò con la mano a un ginocchiu della signora Clementina<.la quali,a sintirsi la mano del picciliddro,inserrò di colpo le gambe.A Michilino quella carni sudatizza ci fece una ‘mpressioni stramma.Provò a libirari la mano,ma non ci fu verso,più tirava e più la fimmina stringiva…

Giochi proibiti



Pag. 150:

‘A Mamà e patre Burruano

……Siccome gli scappava la pipì,s’addiresse verso il bagno.Lo fermò una specie di lamento che veniva dal salotto:.La porta era accostata ,sporgì la testa.taliò.A mamà pariva mezzo sbinuta,tiniva la testa tutta tirata narrè e l’appuiava supra la spalla di patre Burruano che le ava assittato allato sul divano.A mamà aviva il pettu nudu completamente,senza né cammisetta né reggipetto,la so vucca era aperta e si liminrtiava adascio:patre Burruano la tiniva abbrazzata con il vrazzo mancino torno torno alla vita e le passava la mano dritta minne minne…

Scherzi da prete



Pag. 203:

Marietta e Michilino

“Michilino,veni ccà” lo chiamò la cuscina con una voci stramma:Marietta era nuda supra il letto,tiniva la mano dritta in mezzo alle gambe,la mano mancina posta supra una minna. “Spogliati!”Michilino bidì. “No,non ti mettiri la cammisa di notti:Veni a corcarti nudu” “prima devo andare in bagno” “ ci vai doppo” Mentre Michilino la stava scavalcanno per aggiungere il posto so,la cuscina l’agguantò al volo e se lo mise di supra:Allargò le gambe quel tanto bastevole pirchì l’accidruzzu si venisse a trovari tra li so cosce e dopo l’inserrò nuovamenti: “Resta accussì,non ti cataminare” disse abbrazzandolo stritto stritto.Michilino sertì la panza di Marietta principiare a muoversi sutta la so.”Aaaaahhhhh aaaahhhh”ripigliò a lamintarsi. “Mariè,che hai?” spiò scantato Michilino.La panza si agitò più forti,le cosce che lo serravano addivintarono tinaglie. “Gesùgesùgesùgesùgesù…” fece Marietta e Michilino accapì :la cuscina prigava pi dumannari in anticipo pirdono a Gesù della farfantaria che ‘u nonno voliva ca diciva a ‘u papà:…..

Come ti erudisco il pupo



Pag. 219:

Id.c.s

….dagli occhi di Michilino principiarono a colari lagrime tanto grosse che parivano ciciri. “Staiu murennu pi lu duluri,Mariè!Pi carità.dunami adenzia “ Marietta suspirò a funno.”U Signuri m’è testimoniu”fece “Di che?” “Che io sta cosa ho circato di non farla” “Quali cosa? “Basta dimande.Vieni supra a mia,come l’altra volta” Michilino acchianò di slancio prima sul letto e po’ sul corpo bollenti della cuscina.Marietta allungò la mano,pigliò in putiri lo stigliolo e se l’infilò dintra adascio adascio,facenno “Ah! Ah!”a ogni centimetro che le trasiva.Michilino sintì l’acidruzzo sciddricari dintra a Marietta ch era tutta vagnata e po’ ci parse che il coso,come si chiamava,il pirripipacchio se lo pigliasse per i fatti so,come una vucca che se l’agliuttiva. “Matre santa!”fce Marietta a mezza vuci quallo l’acidruzzo trasì tutto. E ristò ferma come morta.” E ora che fazzo?”spiò Michilino “Eh?”fece Marietta quasi tornando da un posto luntano indovi l’aviva portata il pinsero.Sorridiva come una gatta che ha finito di mangiari “Ora che fazzo?” “Stammi a sentiri bono.Ora tu ti tiri narrè,ma bbada a non fari nesciri la testa dell’acidruzzo e po’ me lo rimetti dintra con tutta la forza che!teni.Ripeti chisto avanti e narrè sei o sette voti,sicuro che doppo ti passa” “!Unu” “Ah!””Dù” “Ah! !’ Ah” “Tri” “Ah!Ah!Ah!“ „Quattru „Ah!Ah!Ah!Ah! ........................omissisi......... “Centusittantadu,centusittantatri” “Ah zito mè duci!Ah sangu di lu me sangu!Ah cori miu1Forza,ancora,ancora,amuri mè”

Cavalcata sulla valchiria



Pag. 228:

Id.c.s

….La parlata di Mussolini fici effetto,chisto è certu,ma non quanto la notizia della fucilazioni di Maraventano.E doppo avirlo fatto nella solita posizioni,Marietta addumannò a Michilino di mettersi a panza all’aria e lei acchianò a cavaddro:Doppo ancora volle farlo come l’ultima volta con Balduzzo e si mise,come si diciva,alla picorella,no,alla picorina,ma per quanto pruvasse e ripruvasse sul lettu la cosa non arrinisciva,c’era troppa differenzia d’altizza tra lei e Michilino.Allura scinnì e s’appicurunò ‘n terra.Stavolta,prova chi ti riprova,arriniscirono ad accroccarsi :Marietta faciva vuci come se la stavano scannanno,a un certo punto accomenzò a sbattiri la frunti ‘n terra e ogni tanto a dari una liccata al pavimentu. In chista posizioni,le natichi le si isarono ancora di più e Michilino,per continuari,dovette mettersi sulla punta dei piedi mantenendosi con la mano ai scianchi della picciotta.Fu allura che Michilino principiò a sentiri una specie di chiurito all’accidruzzo mentri andava e veniva,chiurito che aumentava sempri di più e sempri di più pirciò addivintava nicissario grattarselo dintra a Marietta…. ……………………..omissisi………………… Dintra a Marietta c’era vagnato,tanto vagnato che le colava nelle gambe:Michilino accomenzò a pirari che quel vagnato fosse sangur,come l’altra volta,e il pinsero gli fece aumentari la forza dei colpi. E tutto ‘nzemmula,mentri Marietta senza più voci faciva grrgrrgrr con la gola che pariva facisse i gargarismi ,Michilino sentì una gran vampata di foco partire dall’accidruzzo,acchianargli nella panza,nel pettu,nella testa,dintra il ciriveddro e po’ calare di darrè,seguenno la spina dorsali,fino ai talluna.Stavolta fu a lui che venne di gridari fortii

Gran finale col botto!!


La pazienza del ragno


pag. 150:

E ora che facciamo? spio' Minutolo. Ci facciamo una bella minata disse, ancora nirbuso, Montalbano




pag. 167:

Mentre la tiniva stritta e la vasava ed era appena entrato dintra di lei, Livia si senti trasmettere una richiesta dispirata di conforto. Non lo senti che sono qua? gli sussurro all'orecchio.




La prima indagine di Montalbano


Continua ...




Premesso che l'erotismo, può essere definito come l'esaltazione delle tendenze e degli impulsi sessuali, sono andato alla ricerca (rapida ed affrettata, giacché mi sono dedicato ad altro, in questi ultimi tempi) di tutto ciò che potesse avere attinenza con esso. L'erotismo non sempre è esplicito e chiaro, molto spesso è nascosto sotto altre vesti e, visto che il primo spontaneo gesto dell'essere umano è di natura sessuale (il portarsi il dito alla bocca), l'uomo riesce a "vedere" l'erotismo anche quando è celato in messaggi subliminali. L'uso di messaggi nascosti, ma riconoscibili dall'inconscio, all'insaputa della coscienza, è sviluppatissimo nella pubblicità. Se si vuole fare la promozione commerciale di un centro per la scolpitura del corpo (body building, fitness, massaggi, saune etc), il sistema migliore è quello di usare l'immagine di una chiave tipo "yale", accompagnata da parole che suggeriscono " dominio", "sopra", "dentro", soddisfazione" etc. Un siffatto messaggio colpisce moltissimo l'inconscio: la chiave è chiaramente un simbolo fallico, inoltre è d'acciaio (spesso denominato "duracciaio"), le parole suggeriscono, abbastanza esplicitamente, cose relative agli atti sessuali. Non mi addentro oltre in quest'argomento e ritorno all'erotismo ed al Kamisutra. Qualcuno di noi (credo Mario La Mantìa, da rinominare Mario binario, anche per l'assonanza con bi-Mario) ha suggerito un'analisi delle pagine "erotiche" di Camilleri; la cosa è stata accolta favorevolmente da tutti e i miei consoci di circolo si sono afferti volontari per compilare una specie di catalogo delle cose erotiche esplicitate nei libri di Camilleri. In qualcuno di questi, l'erotismo, o le cose di sesso, sono abbastanza evidenti e fanno parte della naturalezza con la quale il nostro grande conterraneo fa muovere i suoi personaggi. Uomini e donne che si muovono nell'universo creato dal Sommo, sembrano appartenere al mondo reale, quello nostro (lettori); sono soggetti agli stessi stimoli ed alle stesse necessità e svolgono le loro azioni, spinti dagli stessi istinti che sono propri di noi, comuni mortali. Questo catalogo di cose erotiche è stato denominato "Camisutra", che altri non è che la volgarizzazione del termine KamaSutra, in cui "Kama" vuol dire amore e "Sutra" vuol dire aforismi. L'aforisma non è altro che una "definizione" che esprime sinteticamente un pensiero, un insegnamento di vita, un precetto morale risultante da meditazione. Famosissimo è "Il cuore possiede ragioni che la ragione non conosce", anche se quello che mi viene più spesso alla mente è "il corso delle cose è sinuoso", che noi tutti conosciamo.
Elio




Last modified Wednesday, July, 13, 2011