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Tutti i colori del giallo


8 novembre 2003

A poche settimane di distanza dalla pubblicazione del suo ultimo romanzo storico "La presa di Makalè" (Sellerio) il popolare scrittore Andrea Camilleri incontra in diretta radiofonica i suoi fans durante due puntate speciali di "Tutti i colori del giallo". Due folti plotoni di cammilleriani doc iscritti al suo fan club ufficiale vigata.org (associazione culturale che si occupa 365 giorni l'anno dello scrittore siciliano e del suo immaginario promuovendo incontri, dibattiti e sviluppando rassegne critiche e saggistiche) saranno infatti invitati a chiacchierare con Camilleri dalle città di Milano e Palermo.

9 novembre 2003

Il pubblico potrà intervenire allo speciale incontro Camilleri direttamente da casa mandando domande all'indirizzo mail: tuttiicoloridelgiallo@rai.it Sarà un'occasione unica per poter scoprire i segreti e le passioni dello scrittore italiano più letto e tradotto degli ultimi anni. In particolare le due puntate di "Tutti i colori del giallo" cercheranno di scandagliare a tuttotondo la figura del commissario Montalbano che tanta fortuna ha portato al suo autore


"Sono sempre stato un grande lettore di gialli. Il mio primo Simenon l'ho letto che avevo sette anni e mezzo" confessa Camilleri e a proposito della creazione del personaggio di Montalbano (arrivato al grande pubblico anche grazie alla magistrale interpretazione televisiva che di lui ne ha dato l'attore Luca Zingaretti) l'autore ammette: "feci una scommessa con me stesso: 'Ma tu sei capace di scrivere un romanzo dalla A alla Z come Dio comanda: capitolo primo - "Era una notte buia e tempestosa..., Chiamatemi Ismaele"...-, trecento pagine o quelle che sono, e poi la fine?' Allora cominciai a ragionare su che cosa potesse aiutarmi, a ricercare una gabbia. Ricordavo che Sciascia aveva scritto: "Il romanzo giallo in fondo è la migliore gabbia dentro alla quale uno scrittore possa mettersi, perché ci sono delle regole, per esempio che non puoi barare sul rapporto logico, temporale, spaziale del racconto". Sicché mi sono provato a scrivere un romanzo giallo - "La forma dell'acqua" - come una sorta di pensum, di compito che mi ero dato, perché avevo tra le mani "Il birraio di Preston" del quale non riuscivo a calibrare la struttura. La lettura di un romanzo di Vazquez Montálban "Il pianista" - che non ha nulla a che fare con i suoi Pepe Carvalho - mi aveva suggerito una strada possibile per strutturare "Il birraio di Preston". Io rimasi grato a questo autore spagnolo che non conoscevo e decisi di chiamare il commissario, del quale stavo scrivendo questa prima avventura, Montalbano, che è anche un cognome siciliano diffusissimo. Così pigliavo due piccioni con una fava: pagavo un certo debito a Montálban e nello stesso tempo davo un nome siciliano preciso a questo commissario. Quando pubblicai "La forma dell'acqua" ebbe successo, e all'inizio decisi di non continuare con Montalbano. Sennonché questo personaggio non era risolto dentro di me: abituato come sono stato per trent'anni e passa al teatro, io ho bisogno di un personaggio a tutto tondo, qualcuno che possa poi incarnarsi in un attore, come ce lo si immagina quando si legge un copione teatrale e a poco a poco il personaggio si "alza" dalla pagina, comincia ad avere un aspetto fisico preciso, i suoi tic, la sua psicologia. Questo personaggio era ancora troppo una funzione, la funzione di colui che risolve un caso. Così ho scritto il secondo libro: "Un cane di terracotta". A questo punto ci fu veramente un grosso successo. Montalbano cominciò a essere una sorta di apripista per gli altri romanzi storici, se li portò dietro ed è cominciata questa situazione a volte imbarazzante, perché Montalbano è un serial killer di eventuali altri personaggi. È invadente: mentre stai pensando a un'altra cosa, arriva e dice "tu devi scrivere solo di me". Da ragazzo ho letto un romanzo di avventure russo, "Come divenni calmucco", in cui c'era una slitta inseguita dai lupi. Ma c'è uno furbo che si è portato della carne congelata dentro un sacco, butta pezzi di carne ai lupi che si fermano a mangiare e la slitta può proseguire. Ecco: i racconti sono come la carne per il lupo Montalbano, ogni tanto gli scrivo un racconto per tenerlo buono e permettermi di continuare a scrivere altro.





TUTTI I COLORI DEL GIALLO 8 novembre 2003

LUCA CROVI: Beh, ragazzi, il bello della diretta, eh? Tre minuti di anticipo rispetto al solito a “Tutti i colori del giallo”. Andrea Camilleri ci ha portato buono, ci ha regalato tre minuti di diretta. Vorrei un bell’applauso da tutti i fans di Camilleri che sono in studio qui con me e posso dirvi anche un po’ di nomi: Grazia, Chiara, Nadia, Adriana, Caterina, Giusy, Seba, la Federica, poi abbiamo la nostra superproduttrice, la Fabrizia Boiardi che ci guarda, ci sta guardando male anche perché abbiamo minuti in più, oggi. Poi abbiamo Nino Natalino che ci dà i suoni e abbiamo il buon Alberto Fognini e abbiamo anche Andrea Camilleri, ma tengo un po’ di suspence prima di farvelo entrare in studio, in diretta con noi. In più abbiamo dei ragazzi, in diretta da Palermo, che fanno parte di vigata.org, vi ricordo il Fans Club ufficiale di Camilleri, che ha permesso a noi di fare questa bellissima puntata di oggi, ma che ci permette di fare la prossima puntata di domani. Vi consiglio di visitare il loro sito: www.vigata.org. Ma entriamo nell’universo giallo di Andrea Camilleri, che ci racconta alcune cose che sa di Montalbano e di altri autori gialli: “Quando ho cominciato a leggere Dürrenmatt, quando ho letto Bioy Casares, per non parlare di Gadda e Sciascia, mi sono reso subito conto che il giallo poteva essere anche altre cose. Che si potesse scrivere il giallo italiano io l’ho pensato dal primo momento. Non ho mai creduto che il rischio, che la condanna del giallo italiano, come si continuava a dire allora, fosse l’implausibilità. Augusto De Angelis l’aveva già dimostrato, con il suo commissario De Vincenzi, che l’ambientazione italiana poteva essere plausibilissima per un giallo. Non parliamo di Scerbanenco, che è stato un grande anticipatore della realtà. Quando noi leggevamo romanzi crudelissimi come “I milanesi ammazzano al sabato”, pensavamo “va be’, ha una fantasia volta al male, poveraccio”. Invece non era così, lui sapeva come sarebbero andate a finire le cose. Prevedeva. Quando lessi la Milano di Scerbanenco, così viva, così al di fuori di ogni tipo di convenzione e di luogo comune, mi sentii autorizzato anch’io a dare nomi italiani, ambientazioni italiane ai miei personaggi, alle mie storie. Questo adesso può apparire scontato, ma per gli scrittori della mia generazione non lo era. In realtà, Duca Lamberti, l’eroe di Scerbanenco, o il commissario De Vincenzi, sono ancora per molti aspetti dei personaggi non normali, eccezionali: Duca Lamberti è un medico radiato dall’ordine dei medici, il commissario De Vincenzi ha le visioni… Questi erano i soli aspetti che non mi convincevano. A me è sempre piaciuto l’individuo normale, assolutamente privo di tratti eccezionalità, un individuo in grado di connettere i fatti tra loro e di ragionarci sopra. Questo era il mio ideale. E questo ideale aveva un nome: Simenon.” [Andrea Camilleri, “Alcune cose che so di Montalbano”, da “Montalbano a viva voce”, NdT] E su Simenon e Montalbano lasciamo la suspence, passiamo a un disco in attesa di farvi sentire Camilleri.

(musica)

Che Lei avesse dei poteri taumaturgici ce l’hanno dimostrato i milioni di libri che ha venduto in tutto il mondo, ma ha poteri taumaturgici anche sull’etere e sulla radio! Non era mai successo che ci regalassero tre minuti di diretta. Camilleri, questi poteri da dove le nascono?

ANDREA CAMILLERI: Ma sa, sono un fatto di regalità…

LC: Ah…

AC: … come quando certi re francesi guarivano dallo scrofolosi, no, con l’imposizione delle mani; io credo che sia qualcosa di simile.

LC: Ma è un potere che Lei ha scoperto fin da piccolo oppure solo nell’ultimo periodo?

AC: Solo nell’ultimissimo periodo.

LC: Quindi ci sono voluti, cos’è, una settantina d’anni per raggiungere questa specie di potere.

AC: Sì, sì, e passa, per arrivare a questo.

LC: A questo potere speciale. Mi ha scritto una Sua lettrice, che è una mia ascoltatrice, che si chiama Michi e Le fa una domanda di quelle impertinenti: perché Montalbano non lascia definitivamente Livia, che non lo merita, e non si mette con Ingrid? Eh?

AC: Ma perché è una soluzione semplicistica. Cioè, la cosa più complessa e più difficile è la fedeltà.

LC: E quindi bisogna cercare di resistere.

AC: Io non amo offrire soluzioni facili a Montalbano.

LC: Anzi. Ma gli rende la vita difficile il più possibile, o è una mia impressione?

AC: Il più possibile, perché un po’ lo detesto. Quindi …

LC: Ah, quindi come Conan Doyle. Ne parlavamo prima in studio, tra una bottiglia di Marsala e l’altra: è vero, quindi, che c’è la tentazione spesso, da parte dell’autore, di cercare di manipolare il suo personaggio più fortunato?

AC: E’ una cosa che credo inevitabile, perché questi personaggi seriali finiscono con l’essere un po’ troppo invadenti, no? Io dico che Montalbano non è un commissario, ma un serial killer. E’ un serial killer di eventuali altri personaggi miei.

LC: Ma ogni tanto Lei lo definisce anche come un lupo al quale deve dare dei pezzi di carne, che sono i racconti.

AC: Sì, quando scrivo i racconti. Perché una volta lessi un libro, si chiamava “Come divenni calmucco”, ero un ragazzino. E mi impressionò una descrizione di una slitta inseguita dai lupi, ai quali lupi venivano buttati dei pezzi di carne perché si fermassero a mangiare la carne mentre la slitta guadagnava spazio, diciamo, nella sua fuga. Ecco, un po’ così.

LC: E’ quello che fa con Montalbano Lei, per tenerlo buono.

AC: Ecco, gli do dei raccontini, dei pezzetti di carne.

LC: E così lui non è troppo invadente. Ma sicuramente non invadenti, ma molto simpatici e molto disponibili, sono tutti gli iscritti al Fans Club di Camilleri che si chiama vigata.org; e abbiamo, in diretta da Palermo, il Presidente, “o Summu Presidente” come lo definiscono loro, che si chiama Filippo Lupo. Filippo, mi senti?

FL: Sento perfettamente. Ciao a tutti.

LC: Hai sentito, parlavamo di lupi, di pezzi di carne dati a Montalbamo, e ti abbiamo evocato immediatamente. Lupo delle steppe. Cosa fa il Fans Club di Camilleri 365 giorni l’anno? Spiegacelo un po’.

FL: Beh, fa finta di lavorare però in effetti opera per lo sviluppo del sito, fondamentalmente. E poi mette in contatto soci, organizza degli incontri che in generale sono conviviali ma ogni tanto hanno anche una pregnanza culturale.

LC: Beh, come il Marsala che stiamo bevendo in questo momento: molto, molto culturale…

FL: E come il Malvasia di Salina che stiamo bevendo noi.

LC: So che hai alcune belle domande da fare a Camilleri. Parti con la prima.

FL: Intanto bacio le mani al Sommo…

AC: Bacio le mani.

FL: … che non incontro ormai da troppo tempo.

LC: Ma è bella questa descrizione: “il Sommo”. Io ho già detto che è taumaturgico, eh, Camilleri. Tu lo descrivi come Sommo.

AC: Ma io l’accetto molto volentieri, non per fatto di essere vanesio, eccetera, ma perché… io sono siciliano, loro sono siciliani, sappiamo quanta ironia affettuosa c’è sotto questa denominazione.

LC: E prendendoci sul serio, invece, facci una domanda, Filippo.

FL: Si, la domanda viene da un evento che c’è stato ieri sera proprio qui a Palermo: è stato presentato un libro fotografico che si intitola “La Sicilia di Andrea Camilleri. Tra Vigàta e Montelusa”. Sono delle bellissime fotografie di Peppino Leone, un fotografo ragusano, il quale ha esternato, nella chiacchierata che si è fatta, il suo fastidio per il “vivamaria” turistico che si è creato dalle parti di Ragusa dopo il successo dei telefilm di Montalbano. Io volevo chiedere al Sommo che cosa ne pensa di questa confusione che si è creata tra i luoghi veri e quelli, tutto sommato, falsi proposti dalla televisione.

AC: Mah, è un bel problemino. Perché in realtà la televisione, con la potenza delle immagini che possiede, ha scelto per girare gli sceneggiati di Montalbano, come dicono loro, la “location” (che equivale alla “devolution”, queste parole bellissime, inglesi, che adoperiamo più o meno impropriamente) la zona di Ragusa perché è stata una scelta giusta, perché in realtà quella zona, il ragusano, conserva ancora alcune caratteristiche di Porto Empedocle, della Vigàta mia, della mia memoria, mentre oggi girare un telefilm su Montalbano a Vigàta/Porto Empedocle sarebbe stato praticamente impossibile, essendo stata la città sopraffatta dal cemento. Questo ha creato un doppio registro, che quelli che vedono solo la televisione pensano che i luoghi di Montalbano siano quelli del ragusano, quelli che leggono i miei romanzi vedono che le due immagini non corrispondono. Perché in realtà nel romanzo, nei romanzi, Vigàta è un’altra cosa, è il mio paese a geometria variabile.

LC: Beh, tra l’altro Vigàta potremmo dire che è la Mompracem di Camilleri, no? E’ un’isola reale e allo stesso tempo inventata. Cioè un posto reale e inventato contemporaneamente.

AC: Mi piace. Nessuno mi aveva detto che era come la Mompracem. In realtà è vero. No, perché in genere fanno cose più colte come per esempio che so, quello di Garcìa Marquez, Macondo, oppure si riferiscono a quella contea impronunciabile di Faulkner.

LC: Si.

AC: Ecco, no, invece Mompracem mi piace molto.

LC: E va bene. Noi pirati della Malesia e dell’etere, qua in studio abbiamo un sacco di fans. Fatevi sentire, se no qua sembra che non c’è nessuno. Un po’ di applausi. Se no sembra che il Marsala vi ha steso o non esistete. E vorrei che le due gentili pulzelle che sono qui di fianco a me facessero un’altra domanda a Camilleri.

AC: Si.

LC: Intanto teniamo buono il Lupo, eh, dall’altra parte.

AC: Si, si, con pezzi di carne.

LC: Con pezzi di carne.

Nadia: E a proposito di pezzi di carne e Montalbano, io sono Nadia e volevo chiederle una cosa. I suoi libri hanno avvicinato al giallo lettori che non si erano mai accostati a questo genere. E lettori non solo giovani, ma anche di altre fasce di età. Non sono mai gialli cruenti, sanguinosi. Ma soprattutto la loro caratteristica è che hanno come protagonista Salvo Montalbano, che era già amato dai suoi lettori prima della TV e prima di Zingaretti, quindi. Mi chiedevo: quanto del successo dei suoi romanzi è dovuto alla fortunata creazione del commissario Montalbano?

AC: Mah, io credo di dovere tutto a Montalbano. Ecco, questa è un’ammissione che mi fate fare a denti stretti. Nel senso che, vede prima che venisse fuori questo personaggio, io ho scritto dei libri e questo libri non superavano le 3.000, 4.000, massimo 5.000 copie. Nel 1997, nei primi sei mesi, Elvira Sellerio mi comunicò che dei miei libri erano state vendute in totale 30.000 copie. Poi venne fuori Montalbano. Venuto fuori Montalbano, nel giro di sei mesi, le copie diventarono 197.000. Nel giro di un anno sfiorarono il milione. Quindi Montalbano ha fatto da apripista anche ad altri romanzi. E continua a farlo.

N: Per fortuna.

AC: Perché la cosa impressionante è che romanzi che risalgono a 10 anni fa, libri che risalgono a 10 anni fa, se esce un nuovo romanzo di Montalbano, vengono ristampati e rivenduti. Quindi il mio debito, lo ammetto a denti stretti, nei suoi riguardi, è enorme.

LC: E insomma, potremmo dire che è un lupo solitario, un po’ il Buck del richiamo della foresta.

AC: Si.

LC: E’ un capo muta, Montalbano.

AC: Si, si, un capo muta di quelli seri.

LC: Si, di quelli che non si lasciano mordere addosso.

AC: Esatto.

LC: E resistono sulla pista trascinando tutto quello che c’è intorno. E trasciniamo l’altro lupo da Palermo. Filippo, facci un’altra domanda.

FL: A proposito di Palermo, ecco. Sempre parlando di luoghi reali e immaginari (oggi ce l’ho con questo argomento) una domanda che mi ha suggerito una nostra socia, Maria, che è intanto sciasciana e poi camilleriana. Penso che il Sommo non si offenderà per questo.

AC: No, per niente.

FL: Dice che, contrariamente a quanto fece Sciascia, appunto, il Sommo nei suoi romanzi non ha quasi mai parlato approfonditamente di Palermo. La cita quasi sempre di striscio, diciamo. E voleva sapere qual è il suo rapporto con questa città che potremmo definire quasi metaforica.

AC: Mah, nel momento in cui il Presidente Lupo mi dice che è una città quasi metaforica non ha fatto altro che mettermi sull’avviso e sulla buona traccia. L’orma del Lupo io dovrei seguirla…

LC: Eh, certo. Quindi dovrebbe parlare di più di Palermo, prossimamente? Cosa vuol dire?

AC: Ma no, no, non credo che ne parlerò di più, per me resta una città metaforica. Una città dove io ho studiato, dove ho avuto delle esperienze, ma non è una città dove ho “vissuto” veramente, in maniera valida da potermi permeare e poterne scrivere.

LC: E noi continuiamo a parlare, a scrivere, a emozionarci con Camilleri in diretta a Tutti i colori del giallo.

(musica)

LC: Eh, si, Adriana mi ricorda che non hanno più l’età per essere chiamate “pulzelle”, ma bisogna dire “fimmine”, tenendoci in argomento siciliano. Proseguiamo con questo bellissimo incontro con Andrea Camilleri, col suo Fans Club che vi ricordo è vigata.org, con un sito bellissimo che oltre a occuparsi di Camilleri, si occupa anche di giallo italiano a 360° e promuove tutti gli appuntamenti che succedono in Italia, anche all’estero visto che comunque i giallisti italiani sbarcano in Francia, in Germania. Posso dirvi che le quote di Camilleri credo che siano sui 6-7 milioni, considerando le edizioni estere. E vorrei che Adriana facesse una domanda a Camilleri.

Adriana: Buongiorno, sono Adriana. Io ho notato negli ultimi due suoi libri che Lei parla dell’infanzia. E’ un’infanzia rubata. Cioè, mi viene in mente “Il giro di Boa” quando Cam…, scusi, quando Montalbano si rende conto che ha dato il bambino al suo carnefice e poi, vabbè, nella “Presa di Macallè”, il protagonista. E’ un caso o è una scelta, è una sua sensibilità, come?

AC: Mah, è una bella domanda perché in fondo è una sorta di filo rosso che gira nei miei romanzi e che, non so, c’è anche nel “Ladro di merendine”.

A: Infatti.

LC: Si.

AC: … ma arriva nel “Giro di boa”, diciamo, un po’ al suo culmine. Ecco, eh, non so. Sono problemi, questi, che mi sono cominciato a porre diventando nonno. Cioè quando ho avuto più tempo per dedicarmi ai bambini. A capire che cos’è essere bambini, avere delle grosse domande, magari alle quali tu non sai dare sul momento una risposta. Credo di essere riuscito a scrivere l’ultimo romanzo, “La presa di Macallè”, che non ha nulla a che fare con Montalbano e che è un libro molto discusso, proprio perché prima c’erano state queste figure di bambini nei romanzi di Montalbano.

A: Grazie.

LC: Ma quanto c’è di autobiografico nella “Presa di Macallè”? Perché io ho letto delle dichiarazioni sue pubbliche in cui sembra che si sia ispirato a vicende che le sono successe o comunque le sono state vicine.

AC: No, no. Di autobiografico non c’è nient’altro che il clima dell’epoca, il contesto. Io a quell’epoca avevo 10 anni e c’è solo di autobiografico la mia partecipazione in qualità non di abissino a quella così infantile e glorificante presa di Macallè che venne rappresentata allo Stadio Comunale del mio paese. Per il resto è tutta invenzione pura.

LC: Filippo, sei ancora in linea da Palermo?

FL: Si, si, siamo qui.

LC: Ci fate un’altra domanda tu e gli altri fans che sono lì nella tua casa?

FL: Sì, io passo la linea qui al nostro Web Master Mario, detto Catarella in quanto esperto massimo in informaticcia del nostro Club. Vai, Mario.

Mario: Salve, sono Mario. Come ha detto Filippo, il Web Master del Camilleri Fans Club. Io volevo fare una domanda ad Andra Camilleri. In quest’epoca dove in letteratura dominano i romanzi gialli, secondo Lei qual è il futuro della poesia? E se a breve vedremo in libreria una Sua raccolta di poesie.

AC: No, la poesia l’ho frequentata a lungo in giovinezza e credo di averla in qualche modo delusa perché ad un certo punto se n’è andata. E’ una domanda fondamentale che mi fece mio nipote quando aveva quattro anni, mi disse “A me piace abbracciare le mie compagnucce di scuola, tenerle strette, ma dopo un po’ quelle pigliano, si staccano e se ne vanno. Nonno, come si fa a convincerle a restare?” Questa domanda me la fece a quattro anni. E’ una domanda che io mi sono posto nei riguardi della poesia. Non sono riuscito a tenerla vicino a me, non ce l’ho fatta, in qualche modo devo averla delusa.

LC: E io pensavo invece che Lei avesse suggerito a suo nipote di scrivere delle poesie per avvicinare le sue compagne.

AC: Ma quello lo farà per i fatti suoi, perché già ne vedo i segni, terribili, del chiudersi da solo, pensare, immaginare, fantasticare.

LC: E passando dalla poesia alla canzone, se non sbaglio il Suo primo racconto era dedicato a “Sweet Georgia Brown”, interpretata e ispirato alla canzone. Intitolato proprio così, no? Come la canzone.

AC: Sì, ed era sentendo e risentendo “Sweet Georgia Brown”, eseguito dall’Hot Club de France con Django Reinhardt alla chitarra e Stephane Grappelli al violino, era un pezzo classico. E devo dire che purtroppo i miei mezzi erano limitati perché quell’esecuzione avrebbe potuto farmi scrivere non dico la Divina Commedia, ma il Canzoniere sicuramente!

LC: E adesso passiamo la parola a Giusy, sempre qua dallo studio che, invece, cosa vuole chiedere a Camilleri?

Giusy: Si, salve, signor Camilleri. E’ una domanda su Zingaretti, in realtà. Cioè, cosa ci può raccontare del fatto che lui è stato suo allievo e se lo aveva già visualizzato anche fisicamente come personaggio che poteva interpretare il Suo Montalbano, insomma. Cosa ha pensato anche della Sua interpretazione, se lo ha caratterizzato bene.

AC: Ma guardi, Luca è stato mio allievo all’Accademia quando io ancora non avevo neanche cominciato a scrivere il primo rigo del primo romanzo, o quasi. E però è stato un allievo attore che mi ha interessato in modo tale che quando poi si è diplomato io l’ho seguito nelle prime sue esperienze teatrali, perché mi ero convinto che era un attore di grosso peso, di una grossa personalità. Non sono entrato per niente nella distribuzione che il regista e il produttore hanno fatto dei miei gialli. Io lo appresi dal regista che avevano scelto Zingaretti. E non mi preoccupai, perché è vero che Zingaretti era più giovane del mio personaggio, era vero che Zingaretti non aveva il cosiddetto “fisico del ruolo”, cioè a dire, non somigliava fisicamente al mio personaggio. Ma me ne importò pochissimo perché l’importante è quello di avere a disposizione un ottimo attore e Zingaretti lo era. Tant’è vero che per quell’ora e mezza, ora e un quarto che sta sul teleschermo, al 99% gli spettatori si persuadono che lui è l’unico Montalbano possibile.

LC: E anche noi siamo convinti che lui sia l’unico Montalbano possibile. Ultima domanda da Palermo, ragazzi, ce il tempo scorre.

FL: E visto che siamo a Palermo, riprendo la linea io in qualità di Presidente. Volevo fare un parallelo fra un altro giallista siciliano, che è Franco Enna, che ai suoi tempi, con il suo personaggio che era anche lui un commissario siciliano, Fefè Sartori, non ebbe un successo minimamente paragonabile a quello del Sommo, del binomio Camilleri/Montalbano. Ora mi chiedo, anzi chiedo al Sommo: sono cambiati i tempi? Tra l’altro anche alla luce di Piazzese, per esempio, o dell’uscita di altri autori palermitani o siciliani, penso a Piergiorgio Di Cara ad esempio.

LC: Camilleri!

AC: Ma, dunque, devo dire che Franco era, è stato un mio grosso amico quando lui già cominciava a scrivere e a me non mi passava neanche per l’anticamera del cervello. Credo che il grosso vero problema di Franco sia stato quello di una capacità di intenzione straordinaria. Non scriveva mica soltanto gialli, ha scritto anche dei libri di fantascienza.

LC: Ha scritto dei noir, dei libri per bambini, ha scritto tantissimo sotto pseudonimo.

AC: Ha scritto di tutto. Ecco, se devo dare un giudizio su Franco, devo dire: peccato che non abbia scritto di meno e impegnandosi maggiormente, perché le capacità di scrittura ce le aveva tutte.

LC: Però io vorrei consigliare a tutti di recuperare le avventure del commissario Sartori che secondo me sono molto belle.

AC: Non c’è dubbio.

LC: E un libro che si chiama “Mamma lupara”, non so se Lei se lo ricorda…

AC: Sì, come no, figurati.

LC: … che secondo me è stato bellissimo.

AC: Quello lì è un libro molto importante.

LC: Molto, molto importante per il giallo italiano e, tra l’altro, tutti questi libri, negli anni ’60 vendevano molto. Cioè Enna vendette in maniera popolare ma non ebbe un riconoscimento ufficiale.

AC: Non lo ebbe per niente.

AC: Invece questo riconoscimento l’ha avuto Andrea Camilleri e vi ricordo che domani continueremo ad essere in diretta con lui qua su Radio 2. Scriveteci pure a tuttiicoloridelgiallo@rai.it per mandarci delle domande da fargli e vi ricordo che dopo di noi va in onda il GR2, Onda Verde. Grazie ai ragazzi di vigata.org. Buona suspence e grazie, Camilleri, di essere stato con noi.

AC: Grazie a voi.

[Trascrizione a cura di Nadia]

Clicca qui per ascoltare la registrazione audio del 08 novembre 2003





TUTTI I COLORI DEL GIALLO 9 novembre 2003

LUCA CROVI: Scrutando una delle tante cartine stradali della Sicilia vi sarà impossibile trovare Vigàta, eppure milioni di persone vi confermano di conoscerla e di esservi stati almeno una volta in compagnia del commissario Montalbano. Vigàta è una piccola comunità dove curiosamente sembrano essersi concentrati nei secoli tutti i mali e i vizi del mondo, mali e vizi di cui parleremo in diretta con Andrea Camilleri e con i suoi fan, qui oggi, a “Tutti i colori del giallo”.

SIGLA

LC: Siamo sempre qui a Milano, negli studi di Radio Due, seconda giornata interamente dedicata a Camilleri e ho lo studio pieno di fan di Camilleri che vorrei farvi sentire con applausi [applausi, NdT] e posso farvi anche un po’ di nomi, ho: Grazia, Chiara, Nadia, Adriana, Caterina, Giusy, Seba, c’ho Nino Natalino, c’ho il nostro Alberto Fognini, c’ho la Sylvia Ferraro e continuiamo a esplorare il mondo di Montalbano, ma soprattutto, continuiamo a esplorare Andrea Camilleri e vorrei farvi tornare un attimo al 1945, anno in cui Andrea Camilleri si reca a Taormina al congresso del PLI, e va come osservatore del PCI e passeggiando per le strade di Via Veneto vede appesa a una parete del giornalaio una copia di “Mercurio”. Questo mensile, diretto all’epoca da Alda De Cespedes, praticamente, aveva in copertina il nome di Andrea Camilleri, ma cosa conteneva quel mitico volume? Una poesia che si chiama “Solo per noi” e che è la prima poesia che Camilleri ha pubblicato, una poesia che vorrei leggervi oggi [Cliccare qui per leggere la poesia, NdCFC]. E solo per noi è in studio oggi Andrea Camilleri, ma anche per voi, quindi potete scriverci a tuttiicoloridelgiallo@rai.it. Un brano musicale e poi Andrea Camilleri con noi in studio.

(musica)

LC: E mentre ci hanno ricordato che l’11 novembre sarà il compleanno di Luca Zingaretti, quindi gli facciamo gli auguri con tutte le ragazze e i ragazzi che sono qua con me in studio, ritorna in studio per il secondo giorno con noi Andrea Camilleri. Camilleri come va?

ANDREA CAMILLERI: Va abbastanza bene, grazie.

LC: Volevo chiedere una cosa. Io ho letto quella bellissima poesia che si chiama “Solo per noi” che lei aveva scritto nel 1945, o almeno la ha pubblicata nel 1945; in quella poesia mi sembra che ci sia molto l’atmosfera della guerra, è una mia impressione?

AC: No, quella poesia è stata scritta per la verità alla fine del ’43, cioè a dire subito dopo che gli americani e gli inglesi erano sbarcati in Sicilia, perché noi in Sicilia siamo stati liberati due anni prima del resto dell’Italia, no?, e quindi c’era questo clima di… come posso dire… attorno a noi di distruzione, di morti, ma anche di domande, domande, che poi sarebbero diventate assai più impellenti e serie negli anni a venire.

LC: E una domanda gliela faccio sul passato di suo papà: è vero che suo papà era stato in battaglione con Emilio Lussu?

AC: Sì, e lui è anche uno dei personaggi secondari di “Un anno sull’altopiano”. E aveva una sorta di venerazione, sa?, per Lussu, ma a livelli incredibili, tanto è vero che poi io in età della ragione, chiesi a mio padre: ma come mai sei tanto amico di Lussu, che non è fascista? Lui mi rispose con una frase incredibile, che diceva: “Lussu è Lussu”, cioè a dire poteva permettersi questo e altro.

LC: Certo. Anche perché probabilmente era stato molto vicino ai suoi soldati in quel momento, no?

AC: Ma, era uno che ERA un soldato, non c’era differenza, almeno dai racconti che mi faceva mio padre, tra un soldato e lui, lui era il soldato assieme agli altri lì in prima linea.

LC: e insieme a noi, in prima linea, in questo momento c’ho in diretta dal Belgio un fan che si chiama Luigi e che vuole fare due domande in diretta a Andrea Camilleri. Luigi, mi senti?

DON PEPPONE: Oui, bonjour Luca, je t’entends trés bien.

LC: ti sento molto bene anch’io. Parti con le domande, visto che funziona il collegamento direttamente da Bruxelles.

DP: Ecco, buongiorno al signor Camilleri, a tutte le fan e al Presidente. Ecco, la prima domanda che io vorrei fare riguarda il primo libro che io ho letto del Sommo, che lo chiamiamo così, “Il corso delle cose”; vorrei sapere come il signor Camilleri vede quel libro, che posto occupa nella sua opera, se è solo il suo primo giallo oppure lo ritiene un libro finito da per sé.

AC: Ma, è… è il primo libro, cioè a dire... Credo che per ogni scrittore il primo libro sia un libro finito di per sé e nello stesso tempo l’inizio, la base, il nucleo, la radici dei libri futuri. Io credo che “Il corso delle cose” sia questo, sia stato questo per me, soprattutto per ciò che riguarda la ricerca di un linguaggio oltre che di un plot narrativo.

LC: Seconda domanda, vai Luigi!

DP: La seconda domanda riguarda un po’ il vigatese; io non ho origini sicule, ma non ho avuto tanto difficoltà a capire la lingua scritta, però mi viene una domanda: vorrei sapere quali sono i rapporti con i traduttori, Serge Quadruppani o la signora Vittoz. Come fanno, cioè se si mettono in contatto con lei per cercare di rielaborare questa lingua che in francese non esiste.

AC: Diciamo che parecchi traduttori, ai miei occhi i più seri, naturalmente, si mettono in contatto con me, mi mandano fax chilometrici nei quali mi fanno domande o dicono: “Questa espressione significa questo? Perché se significa questo io avrei in francese un equivalente di questo tipo…”. Ecco, lo fanno, lo fanno molto seriamente, ma non tutti i traduttori hanno questo stesso livello di attenzione verso il lavoro e poi ci sono le incognite, il mistero, “hic sunt leones”, cioè a dire il traduttore giapponese non si è mai messo in contatto con me, il traduttore sud-coreano non si è mai messo in contatto con me [ride, NdT], non so che cavolo abbiano tradotto, ecco…

LC: …no, ma loro mettono dei suoni, no? Funziona così, condiscono con quelli. Luigi, grazie, visto che hai fatto una domanda sulle traduzioni, intanto ti salutiamo e ti lasciamo alle cozze e patate tipiche del Belgio…

DP: E la birra!

LC: …e la birra, fondamentalmente. Grazie!

AC: Ho finito di berne due ora, in questo momento…

LC: Bevine due per noi, allora… Alla nostra salute! Ciao, Luigi! Visto che ha fatto una domanda sui traduttori, mi è arrivata una mail lunghissima da una traduttrice proprio di Camilleri, che è Jana Vizmuller-Zocco. Allora Jana Vizmuller-Zocco è quella che si è occupata, in Canada, di alcune delle traduzioni di Camilleri [in effetti Jana Vizmuller-Zocco è una linguista, non una traduttrice, NdCFC] e che ha partecipato quest’anno [in effetti nel 2002, NdCFC] anche al convegno internazionale dedicato al Sommo, così lo chiamano i fan, a Palermo. La domanda, che è abbastanza lunga, è questa: “Mi piacerebbe sapere, vista la reazione negativa data da una certa fascia di lettori italiani rispetto alle pubblicazioni gialle del Sommo, come reagisce lui quando gli dicono che il suo lettore in genere è un lettore medio-basso. Che cosa pensa che voglia significare questa affermazione e se secondo lui esistono classi medio-basse e che cosa c’entra, tutto sommato, questa obiezione con il giallo?”.

AC: Mah, non so, direi che, più che con il giallo, cosa c’entra con la letteratura?

LC: Niente!

AC: Direi che non c’entra proprio niente! Non esistono lettori medio-bassi, medi, medio-alti. Esistono dei lettori. Io c’ho dei lettori che mi scrivono dicendomi: “Guardi, non avevo mai letto un libro” e tu gli dici: “Proprio perché non hai mai letto un libro sei un lettore basso”? Non ha senso!

LC: Certo.

AC: Non ha senso, allora per basso intendono la sartina, che non esiste più, credo che le ultime sartine siano state con “Addio giovinezza” di Camasio Xilia, no?

LC: Ma perché c’è questa specie di mito delle sartine che devono leggere i libri, secondo lei?

AC: Perché forse le sartine ancora leggono libri, se ne esistono ancora!

LC: Se ne esistono ancora!

AC: Se ne esistono ancora. Mah, non ha senso! Esistono i lettori. Che poi siano bassi, alti, medi secondo me questo è… una follia.

LC: E di lettori ne ho tanti in questo momento in studio e vorrei che fosse Grazia a farle una domanda direttamente.

GRAZIA: Sommo, è un onore, tanto piacere. Allora, la mia domanda è questa: innanzitutto le devo spiegare una mia deviazione mentale, nel senso che io adoro talmente tanto Montalbano che non ho ancora letto “Il giro di boa” perché aspetto di leggerlo quando lei farà uscire la prossima avventura.

AC: Cioè, si muove con sicurezza, cioè vuole sempre…

G: Sì, sì, si… è anche una minaccia, ecco, diciamo così. Quindi se non lo fa uscire sappia che mi avrà sulla coscienza. Comunque la mia domanda è questa: poniamo il caso che lei incontri un giorno Montalbano, una persona vera, che ha la sua vita, ovviamente in un’altra collocazione, magari anche con una certa somiglianza con lo “Zingaretto”, come lo chiamiamo noi, e persino, gliela butto lì, molta somiglianza anche come sua storia sentimentale, lo stesso carattere, la stessa testa di cappero, per dirla così, lei si stupirebbe di incontrarlo?

AC: No! Ma proprio assolutamente per niente. Direi anzi che me lo auguro di incontrarlo, perché vede, noi scriviamo, scriviamo, scriviamo e poi arrivati ad un certo punto la realtà finisce col fregarci in pieno, quindi perché? D’altra parte le devo dire che l’ho già incontrato. L’ho già incontrato un Montalbano, fisicamente e anche come modo di ragionare e anche nei suoi silenzi pieni di sottintesi. Non è un poliziotto, è un professore all’Università di Cagliari ed è stato straordinario due anni fa, perché lui tenne un corso su “Il birraio di Preston” all’università poi mi chiese di andare a concludere questo corso. Io andai in Sardegna, proprio per il discorso che si era fatto poco fa di Lussu, io non ero mai stato in Sardegna, mentre mio padre lo era di casa, partii, arrivai e per riconoscerci il professor Marci, questo è il suo nome, ha detto: ”Guardi, io avrò sotto braccio una copia de “Il birraio di Preston”. Io scesi all’aeroporto e vidi immediatamente Salvo Montalbano che aveva sotto braccio “Il birraio di Preston”. Poi conoscendolo mi resi conto che lui era in realtà Salvo Montalbano.

LC: E noi continuiamo ad esplorare i misteri di Camilleri, di Salvo Montalbano e restate in linea, una canzone e poi ancora Camilleri con noi.

(musica)

LC: E mentre ricordo a tutti che stiamo ancora parlando di Camilleri con il suo fan club, facciamo sentire un po’ ‘sti applausi in studio [applausi, NdT], sennò sembra che siete talmente intimiditi, nonostante il Marsala che sennò sembra che siamo fuori dallo studio e ne avete bevuto di Marsala! Intanto vi ricordo che settimana prossima, il 15, avremo Lucio Nocentini e Wilma De Angelis e scopriremo che la De Angelis assieme nientepopodimenoche a Platinette sono diventate Sherlock Holmes e Watson in una serie di romanzi molto particolari e vi ricordo che invece, il 16, avremo Mauro Gervasini che ci parlerà di “polar”. Ma facciamo un’altra domanda a Camilleri, che riguarda credo il fan club, quindi abbiamo qua la nostra amica Chiara che… cosa vuole chiedere a Camilleri?

CHIARA: Allora, buongiorno innanzitutto e… sì, è una domanda legata molto alla vita del fan club. Ci piacerebbe sapere se la emoziona, comunque, l’idea di avere un fan club che la segue, la segue sempre e la stima e poi, legato a questo, stiamo iniziando seriamente a pensare a un mega-raduno, come lo chiamiamo noi, mondiale del Camilleri Fans Club e probabilmente potrebbe tenersi a Roma e quindi vorremmo sapere se ci fosse la pur minima possibilità magari che ci raggiungesse in questo mega-raduno e se potrebbe, diciamo, farci l’onore anche della sua presenza.

[silenzio, NdT]

LC: É già svenuto, comunque, eh? Non so se hai sentito: trackt!

AC: Mi sembra di essere… sa, uno di quei motociclisti con la Harley Davidson, no?, che ogni tanto fanno questi raduni mondiali! Per l’amor del cielo, a me che un gruppo di persone mi segua e finisca poi, in definitiva, per saperne assai più di me di quanto ne sappia io, non solo mi diverte, ma mi consola come fatto di memoria. Per ciò che riguarda il raduno, non so che dire, se si tiene a Roma io partecipo volentieri, se si tiene fuori Roma bisogna tenere presente che sono un vecchio signore che si muove con una certa difficoltà.

LC: Allora, facciamo una cosa: lo studio lo chiedo io a Roma e facciamo il mega-raduno, lo facciamo chiedere dalla Boiardi, chiediamo uno degli studi di Roma, quelli belli, dove possiamo invitare tutti i fan di Camilleri da tutta Italia, visto che lì c’è la possibilità di fare delle plenarie, così possiamo anche raccontarlo e farlo intervenire totalmente. Se avete voglia [applausi, NdT] è una cosa che si può fare.

AC: Benissimo!

LC: Allora, non ci diamo una data, nel senso che ce la daremo più avanti. C’è un’altra domanda che ci vogliono fare qua le ragazze, che riguarda, invece, l’aspetto più culinario di Camilleri.

GIUSY: Buongiorno, Sommo. Io sono Giusy e in effetti ho una domanda un po’ curiosa, dato che sono anche appassionata di cucina… Se c’è un piatto che lei preferisce e eventualmente una ricettina?

LC: É l’orario giusto, eh, questo, per la ricetta.

AC: Sì, ma non sento che cosa mi avete chiesto…

LC: Ha chiesto una ricetta di cucina. Ha chiesto il suo piatto preferito…

AC: Non l’ho sentita per niente, chiedo scusa…

LC: Ah, no, ma succede… Probabilmente non siamo amplificati bene. Allora, la Giusy ha chiesto questo: qual è il suo piatto preferito e se ce ne può dare la ricetta.

AC: Mah, questa è una provocazione grave [risate, NdT] perché io non sono più mica tanto in grado di mangiare quello che mi piace e la quantità di racconti che io scrivo su Montalbano è dovuta al fatto che quando mi viene voglia di mangiare un certo piatto scrivo un racconto e glielo faccio mangiare a Montalbano [risate, NdT]. Faccio questo transfert, mi spiego. Cioè, per esempio, la pasta ‘ncasciata, la pasta con le uova, con i salumi, con una quantità incredibile di roba che c’è dentro, io non posso più mangiarla e quindi, cosa vuole che le dica, mi piacerebbe la pasta ‘ncasciata, ma non la posso mangiare.

G: Cercherò una versione light di questa pasta.

AC: E non posso neanche darle una ricetta, perché capisce che sarebbe una tortura…

G: Certo, certo.

LC: Tremenda…

AC: Tremenda, ogni cosa che dico, ogni componente di questa pasta ‘ncasciata mi fa venire l’acquolina in bocca, va a finire che sbavo e bagno il telefono qua davanti a me.

LC: Ma è vero che va a rubare il cioccolato assieme al suo nipotino? Perché noi…

AC: No, è lui che me lo ruba! Bisogna qui chiarire le cose, proprio una volta per tutte. Io c’ho delle tavolette di cioccolato che mi compra mia moglie, che io cerco invano di nascondere, mentre mia figlia, la minore, e suo figlio sono come dei cani da tartufi, che scoprono dovunque dove io ho nascosto il cioccolato.

LC: Mamma mia! Quindi è a dieta rigorosa, non le fanno proprio…

AC: Rigorosissima!

LC: E quindi la tortura, ovviamente, scrivendo i libri è doppia, perché anche gli ascoltatori, ovviamente…

AC: Certo, certo. Sa, io scrivo al computer, poi stampo, correggo, non le dico che cos’è la pagina corretta! È umidiccia, bagnata…

LC: Unta, potremmo anche dire.

AC: Unta, unta, sì.

LC: Altra domandina! Alta voce!

CATERINA: Allora, caro Sommo, sono Caterina e volevo chiederle: com’è la mafia descritta nei suoi romanzi? Reale o teatrale?

AC: No, no. Vede, io della mafia parlo assai poco. La metto nei miei romanzi come disturbo di fondo, sa? Cioè, è presente, sta lì, fa rumore, disturba, ma non ne parlo diciamo direttamente, perché ritengo che qualsiasi operazione letteraria, alta o bassa che sia, sulla mafia, finisce col nobilitare la mafia e io non ho nessuna voglia di nobilitare la mafia. Penso che i migliori scrittori di mafia siano i poliziotti, siano i commissari, i carabinieri e i giudici che scrivono le sentenze.

LC: E ne facciamo un’altra, adesso, di domanda.

C: Sì, io avevo un’altra domanda. Ho letto “Il giro di boa” e l’ho trovato, vabbè, diverso dai precedenti Montalbano, effettivamente, più amaro, questa è stata la mia impressione, e l’ho rapportato alla canzone di Gaber “La mia generazione ha perso”. Volevo chiederle se lei, intanto credo che lei conosca questa canzone, se in un qualche modo ci si riconosce.

AC: Sì. Però, vede, qui c’è un problema, la cui citazione lei la trova addirittura nel mio primo romanzo, “Il corso delle cose”. È una citazione da Merleau-Ponty. Dice che il corso delle cose è sinuoso, che l’eroe di un tempo sapeva che il suo percorso era rettilineo, mentre l’eroe dei nostri giorni, cioè l’uomo di tutti i giorni, sa che la possibilità della sconfitta, dello scacco è dietro l’angolo. Ecco, questo è il senso…

LC: Quindi può succedere, cioè, certo è…

AC: Può succedere, questo è, cioè… Montalbano arrivato a una certa età prende coscienza di questa possibilità, ma una possibilità, che non significa la resa, non so se sono chiaro.

LC: Ma qual è il vizio peggiore, secondo lei, che lei ha raccontato nei suoi libri?

AC: Il…vizio?

LC: Il vizio o il male peggiore che ha raccontato.

AC: Mah, l’indifferenza; e credo di essere in questo, ancora una volta, buon lettore di Montale.

LC: Quanto ci impiega a scrivere uno dei suoi romanzi?

AC: A secondo. Diciamo che si va da un minimo di quattro-cinque mesi, perché poi, naturalmente, le scritture, i ripensamenti, le cassazioni, le riscritture sono molteplici, e si va fino a tre anni o più, quattro, cinque come è stato per “Il re di Girgenti”. Ogni romanzo ha il suo tempo.

LC: Certo. Ma usa la macchina da scrivere o scrive ancora a mano?

AC: No, no, no, no, no… No, io da tre anni mi sono completamente convertito, sono un pentito…

LC: E quindi usa il computer!

AC: Io adopero solo il computer.

LC: Mamma mia, anche Camilleri adopera il computer!

AC: Sì, sì, che mi ha salvato la vita, perché il computer ti permette di ripensare e riscrivere eccetera con una libertà e una facilità che la macchina da scrivere non mi consentiva. Scrivo al computer, correggo al computer, stampo, ricorreggo ancora, ristampo e si va avanti così.

LC: E noi continuiamo ad andare avanti così, lanciamo il GR2. Vi ricordiamo “Tutti i colori del giallo” e grazie Andrea Camilleri di essere stato con noi oggi!

AC: Grazie a voi.

Trascrizione a cura di Chiara

Clicca qui per ascoltare la registrazione audio del 09 novembre 2003




Last modified Wednesday, July, 13, 2011