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Premio Città di Vigevano

A U D I O

Introduzione Premio alla carriera Bruno Gambarotta Intervista Ringraziamenti Beppe Cavolo



Desio: Ora spero di non dire cose indebite o magari anche un po’ retoriche se confesso che da tempo aspettavo questo momento, ossia il momento di annunciare che il Premio alla carriera della Città di Vigevano in ricordo di Lucio Mastronardi va ad Andrea Camilleri. [APPLAUSI]

Mi duole citarmi, perché c’è un po’ d’impudicizia in quello che sto per dire, ma era con una certa tempestività che in occasione dell’uscita de Il Birraio di Preston scrivevo su Tutto Libri, che non era ancora TTL Tempo Libero: «Forse non esistono ancora gli estremi di un caso letterario, ma certo questo libro basta a far pensare che Camilleri non sia uno scrittore per caso». E il caso letterario venne puntualmente e non è ancora terminato. Non dirò certo di più, perché a dialogare con Andrea Camilleri abbiamo chiamato Bruno Gambarotta, che avrebbe potuto diventare [APPLAUSI] che avrebbe potuto diventare, a mio giudizio, il Camilleri del Nord se solo si fosse applicato un po’ di più. [RISATE] Tra Camilleri e Gambarotta corrono molte affinità: di esperienza, di gusto, di umorismo, di impasti linguistici, fatta naturalmente la differenza regionale. Il detective di Gambarotta si chiama Donato Garzullo, quello di Camilleri, lo sanno tutti, Montalbano, che è poi un omaggio. Gambarotta è piemontese, ma non è secessionista, Camilleri è siciliano, ma non è certo separatista. Tra i due corre lo stivale, ma loro si sono incontrati a Roma certamente, molte volte altrove e noi abbiamo l’onore di incontrarli a Vigevano [APPLAUSI]

Gambarotta: Grazie a Giovanni Desio per le sue affettuose parole. I primi anni ’70 nei corridoi della RAI di viale Mazzini io incrociavo Andrea Camilleri e Raffaele La Capria che adesso sono diventati due Meridiani [RISATE]…parallelamente. Io non voglio fare il profeta, ma non credo che in questo momento nei corridoi di viale Mazzini circolino persone destinate a diventare dei Meridiani. [APPLAUSI] Caro Andrea, Giuseppe Pontiggia raccontava che un giorno alla fiera del libro di Torino una signora gli disse, per fargli un complimento: “Lo sa che il suo libro a leggerlo guadagna?” [RISATE] Io ti dirò: “ Lo sai che i tuoi libri a leggerli in Sicilia guadagnano?” Io ho letto l’ultimo libro l’ho letto mentre ero a Mazara del Vallo, sono venuto via due giorni fa e guadagna perché io stavo lì per girare un documentario sulla pesca e avevo un organizzatore che era un perfetto Catarella, parlava un perfetto catarellese, non ha mai chiesto un permesso per fare le riprese, per salire sui pescherecci, per andare al mercato del pesce, sempre telefonava a un qualche cognato [RISATE] che .. e poi lo ringraziava con un linguaggio molto barocco che finiva sempre così: “Non ho motivo per ringraziarti” [RISATE] È vero, eh! Dunque qui sono stati citati da Giovanni Desio gli ultimi due libri cioè questo meraviglioso Meridiano, che raccoglie i romanzi storici e civili che è il numero secondo, dopo quello che raccoglie i romanzi del ciclo di Montalbano e in questo volume dei Meridiani, allestito benissimo, perché i grandi libri sono libri di grandi apparati, qui gli apparati sono molto belli, la cronologia, le cartine stupende e tutto quanto, ho letto per la prima volta il primo libro, Un Filo di Fumo che non avevo mai letto prima, e mi ha fatto molto piacere perché ci ho trovato un riferimento a Beppe Fenoglio, quando nella vicenda dell’aringa, ti ricordi? Nella Malora Beppe Fenoglio racconta che i contadini poveri del Piemonte si sfamavano sbattendo una fetta di polenta contro un’aringa appesa al soffitto. E poi la polenta prendeva un po’ il gusto dell’aringa. Ma tu ci hai messo un’altra cosa in più ci hai messo l’uovo sodo e questa cosa non la sapevo.

Camilleri: be è un po’ lo stesso dell’aringa no? Così i braccianti che io vedevo lavorare nei campi di mio nonno si portavano un uovo sodo, col quale mangiavano una scanata intera di pane, una scanata è un chilo e passa di pane…E come? Levavano la scorza dell’uovo sodo, se lo infilavano in bocca, lo leccavano l’uovo, lo ritiravano fuori un chilo di pane…Eravamo a un passo da quella famosa storiella di quello che mette la fetta di pane sul fumo dell’arrosto. Ecco su per giù eravamo a questo: il lontano sapore di uovo serviva però a mandar giù del pane. Fenoglio, certo stiamo parlando di poveri, però, se Dio vuole, non hanno mica frontiere, non hanno regioni, la fame è quella uguale, identica dovunque. [APPLAUSI]

Gambarotta: restringiamo la nostra conversazione al tema della settimana letteraria che è appunto cibo e letteratura. In Camilleri si mangia molto, ma bisogna dire, come diceva Luca, che il romanziere è uno storiografo dalla vita privata, quindi nella vita privata il rituale del cibo è molto importante. Però nell’ultimo…nell’ultima storia di Montalbano La Pazienza del Ragno, Montalbano è, diciamo, perché, a differenza di altri giallisti, tu i tuoi protagonisti li fai invecchiare, li fai cambiare, mutano in qualche modo. Non rimangono sempre fissi, non sono sempre dei Poirot che rimangono quasi immortali. Sicchè il nuovo Montalbano ha delle debolezze, insomma, presenili, è facile al pianto, anche perché è ferito, è reduce da una brutta ferita, si commuove ha delle malinconie, però l’appetito rimane, l’appetito per lui rimane molto robusto. C’è un passaggio iniziale stupendo, che eventualmente mi ha fatto pensare anche alla mia famiglia, perché c’è Livia che lo va a trovare. Livia prende le ferie per andarlo ad assistere durante la convalescenza e dice “Poi avrebbe espiato mangiando la cena preparata da Livia, che non è che cucinasse malissimo, ma tirava al dissàpito… o dissapìto? al dissapìto, al picca condito al liggero liggero, al sento non sento.” E poi c’è la frase che io scolpirei nel marmo per appenderla nella cucina di casa mia, dice: “Più che cucinare, Livia, alludeva alla cucina” [RISATE E APPLAUSI]

Camilleri: Io premetto che io sto soffrendo una grave crisi che riguarda il fatto che io non posso più mangiare assolutamente nulla, niente basta, tutto quello che dava un senso e un sapore non solo ai pasti ma alla vita medesima, dice : “Non po’ fa” Allora mi sono ridotto per esempio che ogni tanto mia moglie per pietà mi fa un uovo fritto che io me la godo come se fosse chissà che cosa. Cosa è successo? Che col passare del tempo io, più mi venivano voglie mangerecce e più le scaricavo su Montalbano, le facevo mangiare a lui e quindi, negli ultimi tempi, c’è una certa golosità in Montalbano, però arrivato a un certo punto mi sono chiesto se era giusto che lui mangiasse e io no e questo è un altro motivo, di dialettica, diciamo così, col mio personaggio, che ce ne sono parecchi. Quindi nel romanzo, credo, che uscirà l’anno prossimo, Montalbano mangia assai meno di quanto ha mangiato, così si impara [RISATE E APPLAUSI]

Gambarotta: ho detto prima che ti ho incontrato molte volte nei corridoi della RAI, ma non ti ho mai visto alla mensa RAI, mai visto alla mensa RAI a mangiare quella deliziosa polpetta anti-uomo, come dicevamo noi

Camilleri: no, perché no, per te, caro Bruno, la RAI di Roma giocavi fuori casa, mentre io mi ero preso in affitto a Roma, dove abitavo con moglie e figli, una casa che era a due passi dalla RAI, quindi se avevo quaranta minuti di intervallo mi precipitavo a casa, mangiavo e tornavo. Ma nelle sedi di fuori, di Torino, Napoli, Milano, mangiavo nella mensa e devo dire che lì notavi le differenze da regione a regione. Per esempio a Napoli se il pane non era buono si scatenava un altro quarantotto, mentre a Milano lo reggevano e via di questo passo. Le mense RAI, come credo tutte le mense aziendali, andrebbero sociologicamente analizzate, vuoi come pasto, vuoi come frequentatori e le reazioni di frequentatori di fronte al pasto, che sono diversissime.

Gambarotta: è vero, mangiando alla mensa RAI di Torino, con i colleghi torinesi, non abbiamo mai finito un pasto senza che qualcuno non nominasse qualche brutta malattia. Ma lì è proprio l’indole dei torinesi. Oppure parlare del collega, che non aveva mai avuto niente, è sempre stato bene, è lì che beveva il caffè, il tempo di posare la tazzina è bello che andato. Oggi ci siamo e domani non ci siete più. Qui c’è, ecco, c’è sempre una predilezione del nostro commissario Montalbano a mangiare da solo o, se mangia con qualcuno, vuole mangiare in silenzio. Mi ricordo un finale di un romanzo in cui lo fanno per forza mangiare con un compagno e lui dice “Io sono di quelli che mangiano in silenzio” “Anch’io” e si trovano molto bene. E anche qui in questo romanzo c’è un momento di grande malinconia, quando lui torna a casa, dopo aver abbandonato, lasciato Livia. C’è un bellissimo momento prima, che secondo me è un momento di grande penetrazione psicologica, non c’entra niente col mangiare, che è questa analisi molto profonda della sensazione di sollievo che ti prende quando una persona amata finalmente si toglie dalle scatole e se ne va. Che è questo misto di dolore, di tristezza, ma anche come dire: “Ah, finalmente se ne è andato!” In questo c’è una grande profondità,in effetti, io lo condivido molto e…

Camilleri: no, perché, insomma, il tempo passa in questo tipo di rapporti amorosi, no? Quindi via via che si passa da una specie di incollamento iniziale, per cui non filtra neanche l’aria, tra due persone che si amano, poi comincia a passare un leggero venticello rinfrescante, che uno dice “Un po’ di fresco!” no?, e poi avviene questo momento in cui nec tecum nec sine te, insomma una cosa vecchia come il cucco, cioè si sta benissimo assieme, però ogni tanto respirare un po’ da soli. Circa il mangiare da soli, a secondo come viene concepito, che non è un peccato di gola, il mangiare, mangiare è un peccato della carne, contrariamente a quello che sostengono, quindi a seconda il piacere come sublime vizio solitario o il piacere come il mangiare come una copulazione godereccia, eccetera, questo è il problema di Montalbano. Ora, a seconda delle scuole alle quali uno crede si adegua, cioè si può fare. Perchè, c’è un racconto bellissimo, mi pare che è di Bontempelli, quando un giorno La vita intensa di Bontempelli, che è un romanzo straordinario, che invito tutti a leggere, se ormai è stato ripubblicato, Bontempelli viene da un signore mandato a quel paese “Vada a quel paese”, allora lui ci va. Va alla stazione e dice “Mi dia un biglietto per quel paese” e glielo danno. Senonchè è un viaggio interminabile perché ogni volta che si affaccia al finestrino che il treno si ferma e dice: “Scusi questo è quel paese?” “No questo è questo paese” Allora va avanti e quando sente uno che canta “Questo e quello per me pari sono” allora scende. E scende in questo paese straordinario dove fare all’amore pubblicamente non è reato, non è niente, copulano dovunque. Ma quando gli viene fame e dice “Scusi dov’è che potrei mang…” perchè quello è proibito dalla legge, il mangiare. Quindi il mangiare si mangia da soli o si va in casa di tolleranza del mangiare, è tutto completamente rovesciato. Ecco, io penso che o si sceglie alla perfezione la persona con la quale mangiare, perché non si può mangiare con una persona a caso, io evito per esempio il vagone ristorante, non sai chi ti capita. Capito? Ti capita l’americana che ti dice: “ Do you like zambaca?” Tu non sai che cos’è la zambaca, non l’hai mai sentita, poi capisci che è la sambuca. Allora meglio evitare. [APPLAUSI]

Gambarotta: prima hai detto che il medico ti ha proibito di mangiare e quindi tu non mangi niente, da come ho visto che ti comportavi alla tavola del buffet, credo che il tuo medico sia in ferie in questo momento. [RISATE]

Camilleri: no, vorrei precisare che ho mangiato dopo mesi di astinenza un pochino di insaccato, perché insaccati assolutamente niente e allora io ho festeggiato mangiando una fettina di insaccato. Poi la caponatina uno se la può mangiare, attenzione ci sono le melanzane fritte, ma allora non si campa più, allora che senso ha, diciamo, tutto. Allora uno scrive un romanzo in cui “Chi siamo? Dove andiamo? Che senso ha mangiare? Perchè viviamo?” Non è il mio stile [APPLAUSI]

Gambarotta: adesso Beppe Cavolo leggerà delle pagine… delle parti di Un filo di Fumo

Camilleri: prima che leggano delle pagine io volevo veramente ringraziarvi. Ringraziare il sindaco, voi che siete venuti, ma tanto! Io non mi muovo più negli ultimi tempi, perché mi stanco facilissimamente e invece son voluto venire a Vigevano per diversi motivi, di cui il primo motivo è che non c’ero mai stato nella città di Lucio Mastronardi e volevo venirci a vederla e ne sono rimasto stravolto, perché non m’aspettavo, non sapevo neanche che ci fosse una piazza così, vabbè, lasciamo perdere, fa parte della mia ignoranza. Sono venuto poi perché Desio ricordava un suo articolo, si chiamava, il titolatore lo aveva titolato Una Sicilia A Tutta Birra e quell’articolo mi fece un bene del diavolo per quello che scrisse Desio allora. C’era Bruno e perché sapevo che c’era Bruno sono venuto. E questo mi commuove. C’è qui in sala presente uno scrittore, Vassalli, che ho conosciuto qui stasera, che ha scritto una delle cose più belle sul mio conto. Era una nota, diceva: “Perché fare il ponte sullo stretto? Camilleri lo ha già fatto un ponte ed è un ponte di carta.” Ecco, voi su questo ponte di carta ci siete passati e io vi ringrazio. [APPLAUSI]

Lettura, premiazione e ringraziamenti finali.

Trascrizione a cura di Chiara









Foto by Chiara,Linda,Nadia







Last modified Wednesday, July, 13, 2011