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Rassegna stampa - Luglio 1997

Salvo montalbano va in TV

Camilleri: "Vorrei un attore come Rochefort"

"Poiche' in questi ultimi tempi la realta' pare voglia superare la fantasia, anzi abolirla, puo' essermi capitata qualche spiacevole coincidenza di nomi e situazioni. Ma dei giochi del caso, si sa, non si puo' essere responsabili". E' questa l'"avvertenza" che conclude La forma dell'acqua, il primo racconto poliziesco di Andrea Camilleri. Un "indizio" lasciato dallo scrittore alla fine del thriller. Camilleri ha "ceduto" il suo commissario con la stessa calma e apparente indifferenza con cui fuma sigarette. Un altro gioco, forse. Salvo Montalbano, e' questo il nome del poliziotto che lavora a Vigata, in terra di Sicilia, e' il protagonista de Il cane di terracotta, Il ladro di merendine, e naturalmente di La forma dell'acqua, tre gialli gia' in listino nelle produzioni Rai di film TV del '99. "E' un proggetto ambizioso e costoso" spiega Silva " ma lo sconsidero un vero fiore all'occhiello". Manca un quarto libro, che non uscira' prima di gennaio e che diventera' lo stesso un film. "Io l'ho finito" dice Camilleri con la voce bassa, appena arrochita dal fumo e le consonanti che si arrotondano nel dialetto di Porto Empedocle "solo che c'e' l'ha un mio amico capo della scientifica; prima di farlo stampare ci tenevo al suo giudizio". La sceneggiatura la sta scrivendo Francescp Bruni e Camilleri collabora. Racconta di questa sua decisione do concedere i diritti perla RAI (e alla societa' Palomar) con lo stesso distacco con cui dice: "Resto fedele a Sellerio come editore, anche se ho ricevuto moltissime proposte" e poi aggiunge, spostandosi appena sulla scomoda sedia azzurra, dove ha appoggiato il suo grande corpo: "Ammetto di non riuscire a vedere Montalbano, non riesco a visualizzarlo. Solo una volta ho capito che mi ero imbattutto nel personaggio giusto. Ho avuto la cosiddetta illuminazione. Ero stato invitato all'Universita' di Cagliari per un corso sul romanzo Il birraio di Preston. Arrivato all'aeroporto, ho visto Salvo, con la sua faccia, i suoi 45 anni stropicciati. Era il professore del seminario". Fa una pausa, gli occhi dietro le lenti sembrano chiudersi ma il fliusso di parole riprende: "Non sara' facile trovare l'attore adatto. Mi piacerebbe il Jean Rochefort di vent' anni fa. Mi ricordo che un giorno mi chiamarano per offrirmi una parte nel giallo di Augias "Un treno per Vienna". Risposi un po' piccato che io non recitavo per principio. "Peccato" - risposero "avrebbe dovuto lavorare con Rechofort". Ho immediatamente accettato. Avevo un monologo di dieci minuti, un vero incubo. Stavo nella roulotte e non sapevo come fare. Rochefort mi venne vicino: "Se vuole possimao ripetere insieme, comunque faccia una cosa, qunado ha dei dubbi mi guardi sempre negli occhi, io le rispondero'". Non mi ha mai abbandonato". Salvo Montalbano le indagine le porta avanti per conto proprio, con la testardaggine dei siciliani: i magistrati vengono dopo; un commissario con uno stile d'altri tempi: "Ah, lo stile vero, quello dei signori in scena, ce lo aveva Gino Cervi". I quarant'anni di Camilleri passati in RAI come regista, sceneggiatore e, nel caso di "Maigret", produttore, riaffiorano subito: "Non apriva mai il copione, si metteva seduto con i gomiti sul tavolo e aspettava. Il suggeritore. Aveva un modo personalissimo di accendersi la famosa pipa, con delle pause interminabili. Gli servivano per leggersi il gobbo. Era un maestro in questo. Una volta dovevamo girare una scena con Cesco Baseggio, un interrogatorio serrato, incalzante. Fu terribile, perche' Cervi non sapeva le battute e Baseggio non se le ricordava, non aveva memoria". Nell'archivio di Camilleri c'e' anche il tenente Sheridan, quello della "Donna di picche": "I poliziotti" sussurra "mi hanno dato pure il premio del Siulp. C'erano tante donne, solide, corpose. Dottore mi spiegavano questa professione ci piace tanto che ci abbiamo perso pure il marito". Televisione e letteratura, Dashiel Hammett e Antonio Pizzuto: "Alla fine della sua carriera Pizzuto era diventato il capo dell'Interpool Internazionale e a 70 anni aveva pubblicato "Signorina Rosina" s "Si riparano le bambole", due gialli scritti in un linguaggio inventato, un "idioletto" che prevede l'uso costante dell'imperfetto e un rapporto strano tra soggetto e verbo. E' leggendo i suoi libri che mi e' venuto in mente Salvo Montalbano". Non c'e' ancora il nome del resgista della "quaterna" televisiva, sara' un italiano, giovane: "No, io non l'avrei mai girato " Camilleri si sposta ancora, incrociando le gambe e accendendosi un'altra sigaretta cosi' si scrive o si fa altro. Un tempo ero frenetico, non mi fermavo mai. La mia adesso e' l'eta' delle scelte, come diceva Pirandello". Zio Luigi Camilleri Pirandello lo chiamava cosi', con la zeta che gli si ferma un po' tra i denti: "Come lui io non sto attento alla sacralita' del libro, quando ho finito butto tutto, manoscritti, correzioni. Nemmeno Zio Lugi teneva niente, per fortuna che sono rimaste le sue annotazioni all'Enrico IV". Poi la memoria di Camilleri fa un salto, ritorna nella TV, dietro le quinte di "Maigret": "Simenon era un osso duro. Andai a trovarlo col regista della serie, Mario Landi. Avevamo le fotografie degli interpreti dovevamo approvarli. Quando vide Gino Cervi rimase subito entusiasta. Davanti alla immagini di Andreina Pagnani si fermo' e mi chiese: "Da giovane era bella?". Bellissima, fu la mia immediata risposta. Vedendo la sua espressione capii subito che ero finito in una trappola e avevo abboccato: "Allora mi dispiace non va bene, Maigret non avrebbe sposato mai una donna bellissima". Lo convicemmo solo riportandogli delle foto truccate". Ha un impercettibile moto di fastidio alla domanda perche' RAI e non Mediaset per i quatrro film. "Io sono uno che racconta storie, non mi importa dove vanno. Non c'e' differenza", risponde con un ineluttabilita' che non ammette repliche. Anche Eduardo raccontava storie: "L'ho portato in televisione per primo" dice dice, quasi senza emozione. Raccontava storie pure Samule Beckett, "Sono l'unica persona al mondo che ha avuto da lui i diritti di portare in TV "Finale di partita", recitsato e registrato in studio. Martone l'ha potuto fare perche' era una ripresa dal teatro". Un telefono squilla e lui abbassa ancora di piu' il tono. "Lo so che i paragoni sono inevitabile, ma non e' La piovra il riferimento televisivo per i mie quattro gialli. Ceto la mafia c'e',ma romanzarla, significa banalizzarla. Folclorizzarla. Io non me la sento, perche' capisco e conosco la vecchia mafia, quella storica. I giudizi, i commenti, le ricostruzioni le lascio a Caselli che e' molto bravo, cosi' come lo erano Borsellino e Falcone. La mafia nei miei romanzi e' uno sfondo. Un fondale del quale si avverte sempre la presenza".

La Repubblica, 12.07.1997






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