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Il cane di terracotta

"Certo, c’è modo e modo di convincere una pirsuna ad agire liberamenti di testa sua. Una volta un amico che leggeva assà e che era struìto, mi contò una storia che io riporto a lei para para. L’aveva liggiuta in un libro tedesco. C’è un omo che dice a un suo amico: scommessa che il mio gatto si mangia la senape ardosa, di quella tanto ardosa che ti fa un pirtuso nella panza? Ai gatti non ci piace la senape –dice l’amico. E inveci al mio gatto ci la faccio mangiari –fa l’omo. Ci la fai mangiare a botte e a lignate? –addomanda l’amico. Nossignore, senza violenza, se la mangia liberamente, di testa sò –risponde l’omo. Scommissa fatta, l’omo piglia un bello cucchiaro di senape, di quella che solo a taliarla uno si senti àrdiri la vucca, agguanta il gatto e, zaff, gli schiaffa la senape in culo. Il poviro gatto, a sentirsi abbrusciare in quel modo il culo, si mette a leccarselo. Licca che ti licca, si mangia, liberamente, tutta la senape. E questo è quanto, egregio".

Non identificato.
 
 

23-24 c. Il libero arbitrio illustrato da Tano u grecu. "Certo, c'è modo e modo di convincere una pirsuna ad agire liberamenti di testa sua. Una volta un amico che leggeva assà e che era struìto, mi contò una storia che io riporto a lei para para. L'aveva liggiuta in un libro tedesco. C'è un omo che dice a un suo amico: scommessa che il mio gatto si mangia la senape ardosa, di quella tanto ardosa che ti fa un pirtuso nella panza? Ai gatti non ci piace la senape -dice l'amico. E inveci al mio gatto ci la faccio mangiari -fa l'omo. Ci la fai mangiare a botte e a lignate? -addomanda l'amico. Nossignore, senza violenza, se la mangia liberamente, di testa sò -risponde l'omo. Scommissa fatta, l'omo piglia un bello cucchiaro di senape, di quella che solo a taliarla uno si senti àrdiri la vucca, agguanta il gatto e, zaff, gli schiaffa la senape in culo. Il poviro gatto, a sentirsi abbrusciare in quel modo il culo, si mette a leccarselo. Licca che ti licca, si mangia, liberamente, tutta la senape. E questo è quanto, egregio". Non identificato.

Il libero arbitrio illustrato da tano u Greco è citato da un'opera di Brech: "Terrore e miseria nel terzo Reicht" dall'episodio che si intitola LA CROCE DI GESSO.
 
 

34-35 a. Salvo sminuisce l’arresto di Tano u grecu agli occhi di Mimì.

M: "Che ci trasi, il telefono?"

S: "C’entra, eccome! Perché oggi il telefono si trova magari nel più perso pagliaro di campagna. E allora che fa la genti che ha il telefono a portata di mano? Telefona. Conta cose vere, cose immaginate, cose possibili, cose impossibili, cose insugnate come nella comedia d’Eduardo, come si chiama, ah, Le voci di dentro, gonfia, sgonfia e sempre senza mai dire nome e cognome di chi sta parlando. Fanno i numeri verdi dove uno può dire le peggiori minchiate di questo mondo senza assumersene la responsabilità! E intanto gli esperti di mafia s’entusiasmano: in Sicilia cala l’omertà, cala la complicità, cala la paura! Non cala un cazzo, aumenta solo la bolletta della Sip".

Le voci di dentro (1948) / De Filippo, Eduardo (Napoli, 1900- Roma, 1984)
 
 
 
 

35 a. Il questore Burlando al telefono chiede ragguagli sull’arresto di Tano u grecu.

"… Perciò le sarei grato se potesse oggi pomeriggio passare da me in ufficio e raccontarmi anche i dettagli".

"Questo è l’intoppo" pensò Montalbano ricordandosi di una traduzione ottocentesca del monologo di Amleto.

Amleto, atto III, I scena (ca. 1598-1603) /

Shakespeare, William (Stratford-on-Avon, 1564- ivi, 1616)

Essere, o non essere; questo è il problema:

se sia più nobile all’animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell’iniqua fortuna,

o prender l’armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli.

Morire: dormire; nulla più.
 
 

41-42 b. Riflessioni di Salvo a tavola.

"Pensò che in fatto di gusti egli era più vicino a Maigret che a Pepe Carvalho, il protagonista dei romanzi di Montalban, il quale s’abbuffava di piatti che avrebbero dato foco alla panza di uno squalo".

Vázquez Montalbán, Manuel (Barcelona, 1939-)

Pepe Carvalho

Simenon, Georges (Liège, 1903- Lausanne, 1989)

"Le Commissaire Maigret, Police Judiciaire, 36 Quai des Orfèvres, Paris..."

Primo romanzo con Maigret: Maigret e il Lèttone, 1931.

Dal 1931 al 1972, 75 romanzi e 28 racconti (103 episodi).
 
 
 
 

83 b. Con Ingrid al bar di Marinella.

Montalbano fece la faccia di uno che viene travolto da un incontenibile slancio di generosità.

"Guardi, solo perché lei è un amico della signora qui presente. Lei conosce un tedesco, un certo Kurt Suckert?".

"Glielo giuro: mai sentito" fece l’altro cavando dalla sacchetta un fazzoletto color canarino e asciugandosi il sudore dalla fronte.

[…]

"Tu sei uno stronzo" disse calma Ingrid "e anche una carogna".

"Sì, è vero, ogni tanto mi piglia e addivento accussì".

"Questo Suckert esiste davvero?".

"E’ esistito. Ma si faceva chiamare Malaparte. Era uno scrittore".

Malaparte, Curzio (Kurt Erich Suckert) (Prato, 1898- Roma, 1957)
 
 
 
 

106 b. Il preside Burgio ricorda Lillo Rizzitano.

"… Lillo invece era venuto fuori diverso. Era una specie di letterato, scriveva belle poesie, leggeva tanto. Fu lui a farmi conoscere Paesi tuoi di Pavese, Conversazione in Sicilia di Vittorini…"

(cfr. "La gita a Tindari", p. 11)

Paesi tuoi (1941) / Pavese, Cesare (S. Stefano Belbo, Cuneo, 1908- Torino, 1950)

Conversazione in Sicilia (1941) / Vittorini, Elio (Siracusa, 1908- Milano, 1966)
 
 
 
 
 
 

107 a/c. L’agente Balassone...

…malgrado il cognome piemontese, parlava milanese e di suo aveva una faccia stremata da due novembre.

"L’è el dì di mort, alegher!" aveva pensato Montalbano: vedendolo, gli era balzato alla memoria il titolo di un poemetto di Delio Tessa."

[…]

"Allora? " si decise a spiare il commissario per avere conferma del fallimento.

"De là del mur, c’è" disse sibillinamente Balassone che oltre ad essere malinconico era magari mutànghero.

L’è el dì di mort, alegher! (1932) / Tessa, Delio (Milano, 1886- ivi, 1939)

De là del mur (1947, postumo) / idem
 
 
 
 

119 d. Il giudice Lo Bianco.

Si taliò torno torno, assunse un’ariata cospirativa, si sporse verso Montalbano, parlò a bassa voce.

"Lo sa che Rinaldo aveva sei dita nella destra?".

Montalbano per un momento ammammalucchì. Poi si ricordò che da anni il giudice si dedicava alla stesura d’una poderosa opera […] perché s’era fissato che fossero suoi parenti.

"Davvero?" fece Montalbano con gioioso stupore. Era meglio assecondarlo.

"Sissignore. Sei dita nella mano destra".

"Doveva spararsi delle seghe stupende" stava per dire sacrilegamente Montalbano, ma arriniscì a trattenersi.

Vita e imprese di Rinaldo e Antonio Lo Bianco, maestri giurati dell’Università di Girgenti, al tempo di re Martino il Giovane (1402-1409)
 
 
 
 

127-128 c/c/b. Nicolò Zito commenta a "Retelibera" il ritrovamento dei due corpi nella grotta.

"Una volta –disse- qualcuno affermò che la religione era l’oppio dei popoli…

[…]

Eh, via! Perché l’uomo aveva allato una ciotola con dentro degli spiccioli, oggi fuori corso ma allora validi: per pagare il pedaggio a Caronte?

[…]

…una storia alla Romeo e Giulietta, scritta però da uno sceneggiatore di telenovelas."

Critica della filosofia del diritto di Hegel (1844) /

Marx, Karl (Treviri, 1818- Londra, 1883)

La miseria religiosa è ad un tempo l'espressione della miseria reale e la protesta contro di essa. La religione è il singhiozzo della creatura oppressa, è il senso effettivo di un mondo senza cuore, come è lo spirito di una vita priva di spirito.

Essa è l'oppio del popolo.

La Divina Commedia (Inferno, III, 82 segg. ) (iniziata 1307 ca.) /

Alighieri, Dante (Firenze, 1265- Ravenna, 1321)

Romeo e Giulietta (ca. 1593-1595) /

Shakespeare, William (Stratford-on-Avon, 1564- ivi, 1616)
 
 
 
 

146-147 e. In cerca di un nuovo libro alla cartolibreria Sarcuto.

"C’è un nuovo libro su Falcone e Borsellino!" gli annunziò la signora Sarcuto appena lo vide tràsiri.

Non aveva ancora capito che Montalbano detestava leggere libri che parlavano di mafia, di assassinii e vittime della mafia. Non riusciva a capire perché, non si capacitava, ma non li accattava, non leggeva manco i risvolti di copertina.
 
 
 
 

146-147 a. Breve la travagliata vita del libro di Vincenzo Consolo.

Fermò davanti alla cartolibreria di Sarcuto, l’unica che a Vigàta tenesse fede all’insegna […].

Si era ricordato che aveva finito il romanzo di Montalbán e non aveva altro da leggere.

[…]

Comprò un libro di Consolo, che aveva vinto tempo addietro un importante premio letterario. Fatti pochi passi sul marciapiede, il volume gli scivolò da sotto l’ascella, cadde a terra.

171 a. Taliò meglio sulla scrivania. Lo scataddrizzo, una grossa chiocciola marrone scuro, ora arrancava sopra la copertina del libro di Consolo. Montalbano non ebbe esitazioni, il ribrezzo che provava dopo il sogno che aveva fatto e che continuava a portarsi appresso, era troppo forte: agguantò il romanzo già letto di Montalbán e lo sbattè violentemente su quello di Consolo. Pigliato in mezzo, lo scataddrizzo venne schiacciato con un suono che a Montalbano parse nauseante. Poi andò a gettare i due romanzi nel contenitore della munnizza, se li sarebbe ricomprati il giorno appresso.

Consolo, Vincenzo (Sant’Agata di Militello, 1933-)

Lo sfortunato libro in questione potrebbe essere

Nottetempo, casa per casa (1992, Premio Strega 1992)

oppure

L’olivo e l’olivastro (1994, Premio Internazionale Unione Latina 1994)
 
 
 
 

147 e. Anche Montalbano "marchia" i suoi libri.

In ufficio Catarella gli disse che non c’erano novità.

Montalbano aveva la fissazione di mettere subito la firma su ogni libro che comprava.

Fece per pigliare una delle biro che teneva sulla scrivania…
 
 
 
 

154 b. In televisione.

…la rubrica quotidiana dove un ex critico d’arte, ora deputato e opinionista politico, sbavava contro magistrati, politici di sinistra e avversari credendosi un piccolo Saint Just e appartenendo invece di diritto alla schiera di venditori di tappeti, callisti, maghi, spogliarelliste…

Saint-Just, Antoine-Louis-Léon : de (Nievre Decise, 1767- Parigi, 1794)
 
 
 
 

154 e. Rivista ambientalista.

Spento il televisore, andò ad assittarsi sulla panchina della veranda, dopo avere acceso la luce sterna, con una rivista alla quale era abbonato. Stampata bene, con articoli interessanti, era redatta da un gruppo di giovani ambientalisti della provincia.
 
 
 
 

156 d. Il libro di Alcide Maraventano.

La foto serviva in qualche modo a illustrare la recensione a un libro appena uscito di tale Alcide Maraventano che s’intitolava Riti funerari nel territorio di Montelusa. La pubblicazione di questo documentatissimo saggio del Maraventano, asseriva il recensore, veniva a colmare una lacuna ed acquistava alto valore scientifico per l’acutezza di un’indagine su un argomento che spaziava dalla preistoria fino al periodo cristiano-bizantino.
 
 
 
 

162 e. Nel "villino horror" di Alcide Maraventano.

Cerimoniosamente l’invito ad entrare, lo guidò in un salone immenso, letteralmente stipato di libri non solo nelle scaffalature, ma per terra a formare pile che a momenti toccavano l’alto soffitto e che si regegvano in un equilibrio impossibile. Dalle finestre non trasìva luce, i libri ammassati sulle balaustre coprivano interamente i vetri. […] Il vecchio parrino sbarazzò la poltrona dai libri, vi fece accomodare Montalbano.
 
 
 
 

165-166 a/b. Colloquio con Alcide Maraventano, parrino tragediatore.

"Mi dica, le sarò grato d’un parere".

"Lei ha letto Umberto Eco?".

Montalbano principiò a sudare.

"Gesù, ora mi fa l’esame di letteratura" pensò e riuscì a dire:

"Ho letto il suo primo romanzo e i due diari minimi che mi paiono…".

"Io no, i romanzi non li canuscio. Mi riferivo al Trattato di semiotica generale, alcune citazioni del quale ci farebbero comodo".

"Sono mortificato, non l’ho letto".

"Non ha letto manco Semeiotiké della Kristeva?".

"No, e non ho nessuna gana di leggerlo" fece Montalbano che principiava a incazzarsi, gli era nato il sospetto che il vecchio lo stesse pigliando per il culo.

"E va bene" si rassegnò Alcide Maraventano.

"Allora le faccio un esempio terra terra".

Il nome della rosa (1980) / Eco, Umberto (Alessandria, 1932-)

Diario minimo * (1963) / idem

Il secondo diario minimo (1992) / idem

Trattato di semiotica generale (1975) / idem

* contiene "Fenomenologia di Mike Bongiorno" (personaggio ricorrente, in C.)

Semeiotiké. Ricerche per una semanalisi (1969) / Kristeva, Julia (Bulgaria, 1941-)
 
 
 
 

170 b. Montalbano a Nicolò Zito.

"Senti, ora che ci penso, tu ce l’hai il Trattato di semiotica di Umberto Eco?"

"Io?! Che sei nisciuto pazzo?".

Cfr. L'eredita` della Priora di Carlo Alianello (uno dei modelli letterari del "parrino tragediatore"). Prototipo celebre: lo Zio Nicola de Le voci di dentro di Eduardo De Filippo.

Il "parrino tragediatore' appare in tale luce simile ad un altro personaggio teatrale,
il Leone Castri de Il gioco delle parti di Pirandello.

(Maria Dixon in m/l, 25 luglio 2000)
 
 

188 a. Meu amigo de alma.

Mariannina sospirò, strinse più forte la mano del commissario.

"Gegè ti voleva un beni di l’arma".

Meu amigo de alma, un titolo passò per la mente di Montalbano.

"Magari io gli volevo bene assai".

Meu amigo de alma / Sá-Carneiro, Mario : de (Lisbona, 1890- Paris, 1916) *

Poeta "modernista" portoghese. Nel 1915 diede vita a Orpheu, con Fernando Pessoa.
Prima del suicidio spedì i suoi scritti a Pessoa; furono editi nel 1937 (Indicios de Oiro).

(notizie fornite da Alessandro Cavallo, 14 ottobre 2000)
 
 

213 c. Antonio Marin racconta della Pacinotti e del suo equipaggio.

"Era di Monfalcone, Cunich, e aveva un amico del suo stesso paese, che era pure amico mio, Stefano Premuda".

Donne nella vita di Stefano Premuda (1932) / Stuparich, Giani (Trieste, 1894- Roma, 1961)

Questo nome rimanda direttamente a Giani Stuparich e alla sua raccolta di racconti "Donne nella vita di Stefano
Premuda" (1932), dei quali Premuda è protagonista e io narrante.
Nessuna relazione diretta o indiretta, però, col personaggio evocato da Camilleri: si tratta semplicemente di un
omaggio del Nostro allo scrittore triestino.
Stuparich, narratore e saggista formatosi artisticamente nell'ambiente fiorentino della "Voce" di Prezzolini, è
ricordato anche per le sue prose diaristiche e autobiografiche ("Colloquio con mio fratello" e "Guerra del '15. Dal
taccuino di un volontario") e per il romanzo"Ritorneranno".

(notizia trovata da Filippo Lupo negli "Approfondimenti" del CD-ROM "Il cane di terracotta", redatti da Matteo Di Gesù, 18 marzo 2001)

 

224 b. La sura diciottesima.

Montalbano lo fermò, posandogli una mano sul braccio. Era colpito da quell’attenzione veramente religiosa in picciotteddri che, una volta fuori del magazzino, si sarebbero scatenati in vociate e zuffe.

"Cosa gli sta leggendo?".

"La sura diciottesima, quella della caverna".

Montalbano, e non seppe spiegarsene il motivo, avvertì una scossa, leggera, alla spina dorsale.

"Caverna?".

"Sì, al-kahf, caverna. La sura dice che Dio, venendo incontro al desiderio di alcuni giovani che non volevano corrompersi, allontanarsi dalla vera religione, li fece cadere in un sonno profondo all’intreno di una caverna. E perché nella caverna ci fosse sempre il buio più completo, Dio invertì il corso del sole. Dormirono per circa trecentonove anni. Con loro, a dormire, c’era pure un cane, davanti all’imboccatura, in posizione di guardia, con le zampe anteriori distese...".

S’interruppe, s’era addunato che Montalbano s’era fatto giarno giarno, che rapriva e chiudeva la bocca come se gli mancasse l’aria.

Corano, XVIII (al- kahf, la caverna), 18.

Avresti creduto che fossero svegli e invece dormivano. Li giravamo sul lato destro e su quello sinistro mentre il loro cane era sulla soglia, le zampe distese.

Corano, XVIII, 25.

Rimasero trecento anni nella loro caverna, e ne aggiungono altri nove.

("Traduzione" a cura dell’UCOII, 1994)
 
 
 
 

226 b. Montalbano con i professori Farid Rahman e el Madani.

"Quanti erano nella grotta a dormire?".

"La sura si mantiene sul vago, forse il numero non conta: tre, quattro, cinque, sei, escluso il cane. Ma è diventata convinzione comune che i dormienti fossero sette, e col cane otto".

"Se le può essere utile, sappia che la sura riprende una leggenda cristiana, quella dei dormienti di Efeso" disse El Madani.

Corano, XVIII (al- kahf, la caverna), 22.

Diranno: erano tre, e il quarto era il cane. Diranno congetturando sull’ignoto: cinque, sesto il cane, e diranno: sette e l’ottavo era il cane.

("Traduzione" a cura dell’UCOII, 1994)
 
 

226 b. Ahl al-kahf.

"C’è anche un dramma egiziano moderno, Ahl al-kahf, cioè la gente della caverna, dello scrittore Taufik al-Hakim. Lì i giovani cristiani, perseguitati dall’imperatore Decio, cadono in un sonno profondo e si risvegliano ai tempi di Teodosio secondo. Sono in tre, e con loro c’è il cane".

"Quindi" concluse Montalbano "chi ha messo i corpi nella grotta conosceva certamente il Corano e magari il dramma di questo egiziano".

Nota dell’autore.

L’idea di scrivere questa storia m’è venuta mentre, per cortesia verso due allievi registi egiziani, studiavamo in classe La gente della caverna di Taufik al- Hakim.

Ahl al-kahf - Quei della caverna / al-Hakim, Tawfiq (Alessandria d'Egitto, 1899- ?, 1987)

(notizie trovate da Alberto Amico, 9 novembre 2000)
 
 
 
 

230 c. Montalbano telefona a Lovecchio.

"Il professor Riccardo Lovecchio?"

"Sono io".

"E’ stato il comune amico Nicolò Zito a farmi il suo nome".

"Come sta rosso malpelo? E’ da tanto che non lo sento".

Rosso Malpelo in Vita dei campi (1880) / Verga, Giovanni (Catania, 1840- ivi, 1922)
 
 
 
 

231 b. Il professor Lovecchio e i dormienti islamici.

Nello stesso Corano, nella sura seconda, mi pare, è scritto che un tale, nel quale i commentatori identificano Ezra, dormì per cent’anni. Il profeta Salih invece si fece vent’anni di sonno, pure lui in una spelonca, che posto comodo per dormire non è.

Corano, II (al- baqara, la giovenca), 259.

Allah allora lo fece morire per cento anni, poi lo resuscitò e gli chiese: Quanto [tempo] sei rimasto?. Rispose: Rimasi un giorno o una parte di esso. No, disse Allah, sei rimasto cento anni. Guarda il tuo cibo e la tua acqua, sono intatti.

("Traduzione" a cura dell’UCOII, 1994)
 
 
 
 

231 b. Il professor Lovecchio e i dormienti ebrei.

Gli ebrei non sono da meno, vantano, nel Talmud gerosolimitano, un tale Hammaagel che, dentro la solita grotta, si fece un sonno di settant’anni.

Talmud.
 
 
 
 

231 c. Il professor Lovecchio e i dormienti greci.

E vogliamo scordarci dei greci? Epimenide, in una caverna, s’arrisbigliò dopo cinquant’anni. Insomma a quei tempi bastava una grotta e un morto di sonno perché si compisse il miracolo

Epimenide

Plinio, lib. 7, cap. 52.

Diogene Laerzio, lib. 1, segm. 109.

Apollonio, Hist. commentit. cap. 1.

Varrone, de Ling. lat. lib 7.

Plutarco, an seni gerenda sit respub. opp. ed.Francof. 1620, tom. 2, p. 784.

Tertulliano, de Anima cap. 44.

Pausania, lib. 1, cap. 10, ed. Kuhn. p. 35. Appendice vaticana dei Proverbi, centur. 3, proverb. 97.

Suida, voc. Epimenides.

Luciano, Timon. opp. ed. Amstel 1687, tom. 1, p. 69.
 
 
 
 

231-232 b. Il professor Lovecchio e la leggenda dei dormienti.

"Vede, la leggenda dei dormienti non ha origini orientali, ma cristiane. In Europa l’introdusse Gregorio di Tours. Parla di sette giovani di Efeso che per sfuggire alle persecuzioni anticristiane di Decio, si rifugiarono in una grotta e il Signore li addormentò. [...] Ma in nessun momento della leggenda cristiana, e magari nelle sue infinite varianti europee, si parla della presenza di un cane. Il cane, chiamato Kytmyr, è una pura e semplice invenzione poetica di Maometto che amava tanto gli animali al punto di tagliarsi una manica per non svegliare il gatto che vi dormiva sopra".

"Mi sto perdendo" disse Montalbano.

La leggenda dei Sette Dormienti di Efeso : nel racconto di Gregorio, Vescovo di Tours e di Fozio, Patriarca di Costantinopoli

Gregorio di Tours (538-593), vescovo e storiografo.
 
 
 

235-236 b/a/b. Montalbano alla biblioteca comunale di Montelusa.

"Cerco una sacra rappresentazione" disse alla direttrice.

La direttrice, che lo conosceva come commissario, rimase leggermente strammata, ma non disse niente.

"Tutto quello che abbiamo" fece "sono i due volumi del D’Ancona e i due del De Bartholomaeis. […]"

La Rappresentazione dei Sette Dormienti la rintracciò nel secondo volume dell’antologia di D’Ancona. Era un testo breve, molto ingenuo. La tesi di Lillo […] Ma quello che più interessò il commissario fu la lunga prefazione scritta da D’Ancona. In essa c’era tutto, la citazione della sura del Corano, il cammino della leggenda nei paesi europei e africani con mutazioni e varianti.

Il professor Lovecchio aveva avuto ragione: la sura diciotto del Corano, presa a sé stante, avrebbe finito col rappresentare un vero rompicapo. Bisognava completarla con le acquisizioni dovute ad altre culture.

Laude drammatiche e rappresentazioni sacre

a cura di Vincenzo De Bartholomaeis

Sacre rappresentazioni dei secoli 14., 15. e 16. (1873)

Raccolte e illustrate per cura di Alessandro D’Ancona (Pisa, 1835- Firenze, 1914)
 
 
 
 

234, 245 a. Inventarsi una fantasia.

Montalbano, ch’era assittato nella veranda a rileggersi per la quinta volta Oggi si vola di Faulkner, si precipitò.

Occorreva però qualcosa di grosso, che facesse rumorata granni assai, che ne parlassero i giornali, la televisione di tutt’Italia. Doveva fare un botto. Ma quale? Necessitava lasciar perdere la logica, inventarsi una fantasia.

Era troppo presto, le undici, per andare a curcàrisi. Si stese sul letto vestito, a leggersi Oggi si vola.

"A mezzanotte della notte scorsa la ricerca del corpo di Ruggero Shumann, il pilota da corsa che affondò nel lago nel pomeriggio di sabato, è stata definitivamente abbandonata da un biplano a tre posti della forza di circa ottanta cavalli che manovrò in modo da volare sull’acqua e ritornare senza incidenti dopo aver lasciato cadere una corona di fiori nell’acqua approssimativamente a tre quarti di miglio di distanza dal luogo dove si suppone sia il corpo di Shumann…".

Mancavano pochissime righe alla conclusione del romanzo, ma il commissario si ritrovò susùto a mezzo del letto, gli occhi spiritati.

"E’ una pazzia" si disse "ma io la faccio".

Oggi si vola (1935) / Faulkner, William (Albany, Mississsipi, 1897- ivi, 1962)
 
 
 
 

235 e. Tesi di laurea di Lillo Rizzitano.

"Calogero Rizzitano si è laureato con centodieci il tredici novembre del 1942. Pigliati una penna il titolo è lungo".

Relatore prof. Aurelio Cotroneo.
 
 
 
 

235 d. Montalbano al telefono con De Dominicis dell’Antimafia:

"Va bene, detta".

"Uso del maccheronico nella sacra rappresentazione dei Sette Dormienti di anonimo del Cinquecento. Mi spieghi adesso che c’entra con la mafia un titolo…".
 
 
 
 

240 e. Il geometra Tumminello, impiegato comunale.

…si vide comparire davanti il commissario Montalbano, il quale non pareva avere un’ariata calma. Per Montalbano difatti era stata una notte agitata, non era riuscito a pigliare sonno e l’aveva passata a leggere Faulkner. Il geometra […] aggiarnò, le mani gli pigliarono a tremare. Montalbano notò la reazione dell’altro alla sua comparsa e gli venne malo pinsèro: sbirro era malgrado le buone letture.
 
 
 
 

244 c/a. Dopo cena nello studio del Questore.

"Però" disse il questore dopo averci pensato sopra "se c’è la volontà di sparire, ci si riesce. Quanti casi ci sono capitati di gente apparentemente scomparsa nel nulla e poi, all’improvviso, eccola lì? Non vorrei citare Pirandello, ma almeno Sciascia. Ha letto il libretto sulla scomparsa del fisico Majorana?".

"Certo".

"Majorana, io ne sono persuaso così come in fondo ne era persuaso Sciascia, ha voluto sparire e c’è riuscito. Non è stato un suicidio, era troppo credente".

"Sono d’accordo".

Ipotesi: Il fu Mattia Pascal (1904) / Pirandello, Luigi (Girgenti, 1867- Roma, 1936)

La scomparsa di Majorana (1975) / Sciascia, Leonardo (Racalmuto, 1921- Palermo, 1989)
 
 
 
 

259 b. …senza Gegè non poteva cantare. Si svegliò in un bagno di sudore. Aveva combinato a modo suo un classico sogno freudiano, quello del palco vuoto. Che voleva dire? Che l’inutile attesa di Lillo Rizzitano gli avrebbe rovinato l’esistenza?"

Freud, Sigmund (Freiberg, Moravia,1856- Londra, 1939)
 
 
 
 

263 b. "Sono quasi cieco, vedo con molta difficoltà" fece il vecchio assittato sulla panchina della veranda "ma qua mi pare molto bello, fa tranquillità".

Solo in quel momento il commissario capì dove aveva visto il vecchio, non era lui precisamente ma un suo sosia perfetto, ritratto in fotografia su un risvolto di copertina, Jorge Luis Borges.

Borges, Jorge Luis (Buenos Aires, 1899- Ginevra, 1986)
 
 
 
 

260 c. L’attesa.

Se ne niscì sulla verandina, s’assittò sulla panca, si mise il telefono allato, pigliò a taliare il mare. Non poteva fare altro, leggiri, pinsàri, scrìviri, nenti. Taliare il mare. Stava perdendosi, lo capiva, nel pozzo senza fondo di un’ossessione. Gli tornò a mente una pellicola che aveva visto, tratta forse da un romanzo di Dürrenmatt, dove c’era un commissario che s’ostinava ad aspettare un assassino che doveva passare da un certo posto di montagna e invece quello non ci sarebbe passato mai più, ma il commissario non lo sapeva, l’aspettava, continuava ad aspettarlo e intanto correvano i giorni, i mesi, gli anni…

Ipotesi: La promessa (1958) /

Dürrenmatt, Friedrich (Konolfingen, Berna, 1921- Neuchatel, 1990)

"Das Versprechen" (La promessa), terzo romanzo "giallo" di Durrenmatt del 1958, dove Matthai, ex commissario di polizia cantonale di Zurigo, passa la sua vita nella speranza vana che un assassino cada nella sua trappola che tende per anni e anni.

(Ipotesi di Emanuele Mignone, 18/10/200)
 
 

273 c. Conclusione.

Sorrise. Le affinità elettive erano un rozzo gioco a paro degli insondabili giri del sangue, capace di dare peso, corpo, respiro alla memoria. Taliò il ralogio e sobbalzò. L’ora era ampiamente passata. Trasì nella càmmara di letto. Il vecchio si stava godendo un sonno sereno, il respiro lèggio, l’ariata distesa, calma. Viaggiava nel paese del sonno senza più ingombro di bagaglio. Poteva dormire a lungo, tanto sul comodino c’erano il portafoglio coi soldi e un bicchiere d’acqua. Si ricordò del cane di peluche che aveva comprato Livia a Pantelleria. Lo trovò sopra il comò, nascosto dietro una scatola. Lo pigliò, lo mise a terra, ai piedi del letto. Poi chiuse adascio adascio la porta alle sue spalle.

Le affinità elettive (1809) /


Goethe, Johann Wolfgang : von (Francoforte, 1749- Weimar, 1832)

In Country Sleep and Other Poems (1952) /

Thomas, Marlais Dylan (Swansea, 1914- New York, 1953)

(cfr. "Il Ladro di Merendine", p. 9)

(cfr. "Un mese con Montalbano", p. 298)

Legenda [1]

Legenda [2]



Last modified Saturday, July, 16, 2011