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La gita a Tindari

c2000, 2. ed. 2000
 
 
 
 

11 a. Amarcord di Montalbano.

Di quei giorni Montalbano ricordava soprattutto una poesia di Pasolini che difendeva la polizia contro gli studenti a Valle Giulia, a Roma. Tutti i suoi compagni avevano sputato su quei versi, lui aveva tentato di difenderli: "Però è una bella poesia".

Pasolini, Pier Paolo (Bologna, 1922- Roma, 1975)

Il PCI ai giovani! (1968)

Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti,

io simpatizzavo coi poliziotti!

Perché i poliziotti sono figli di poveri.

Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.

A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento di lotta di classe:

e voi, amici (benché dalla parte della ragione)

eravate i ricchi

mentre i poliziotti (che erano dalla parte del torto)

erano i poveri.

Bella vittoria, dunque, la vostra!

In questi casi, ai poliziotti si danno i fiori, amici.
 
 
 
 

11 c. Amarcord di Montalbano (continua).

Ad ogni modo, nel corso degli anni, aveva visto i suoi compagni, quelli mitici del ’68, principiare a "ragionare". E ragionando ragionando, gli astratti furori si erano ammosciati…

Conversazione in Sicilia (1941) / Vittorini, Elio (Siracusa, 1908- Milano, 1966)

(cfr. "Il cane di terracotta", p. 106)

Io ero, quell'inverno, in preda ad astratti furori. Non dirò quali, non di questo mi son messo a raccontare. Ma bisogna dica ch'erano astratti, non eroici, non vivi; furori, in qualche modo, per il genere umano perduto. Da molto tempo questo, ed ero col capo chino.
 
 
 
 

45 a. Manuel Vázquez Montalbán y la obsesión del teléfono:

Astutò la televisione e decise di principiare a leggere l’ultimo libro di Vázquez Montalbán, che si svolgeva a Buenos Aires e aveva come protagonista Pepe Carvalho. Lesse le prime tre righe e il telefono sonò.

70 a. Si era appena andato a corcare col libro di Vázquez Montalbán. Cominciò a rileggerlo da principio. Alla fine della terza pagina, il telefono squillò.

Quintetto di Buenos Aires (1999) / Vázquez Montalbán, Manuel (Barcelona, 1939-)
 
 
 
 

51 d. Il romanzo (di fantasia?!) di Nenè Sanfilippo.

"Nel senso ca ora ora ci dissi, dottori. Non è collequato con Internet. Qua dintra lui ci tiene una cosa che sta scrivenno…"

"Che cosa?".

"A mia pare un libro romanzo, dottori".

154-155 d. "Mimì, il romanzo l’hai letto?".

"Quale romanzo?".

"Se non mi sbaglio, assieme alle lettere, ti avevo dato una specie di romanzo che Sanfilippo…".

"No, ancora non l’ho letto".

273-274 d. A prima occhiata capì che Nenè Sanfilippo, per ammucciare quello che aveva realmente da dire, aveva fatto ricorso allo stesso sistema adoperato per la ripresa di Vanja nuda. […] Montalbano ci mise due ore a leggerlo tutto e via via che si avvicinava alla fine e sempre più chiaro gli appariva quello che Nenè Sanfilippo stava contando, sempre più frequentemente la mano gli correva alla bottiglia di whisky. Il romanzo non aveva una fine, s’interrompeva a mezzo di una frase. Ma quello che aveva letto gli era bastato e superchiato. Dalla vucca dello stomaco una violenta botta di nausea gli artigliò la gola. Corse in bagno tenendosi a malappena […]

"Troppo vecchio per questo mestiere".

Si stinnicchiò sul letto, inserrò gli occhi.

280-282 d. Il caffè era pronto. Se lo bevvero.

"Vedi" ripigliò il commissario "Nenè Sanfilippo ha scritto tutta la storia, bella chiara".

"E dove?".

"Nel romanzo. […] Il mondo dei robot di Sanfilippo è una stampa e una figura col nostro mondo".

"E che conta il romanzo?".

"Possiamo servire qualsiasi cliente, dice il capo che si chiama Omicron 1. In ogni parte del mondo, spiega, c’è gente prigioniera, nelle carceri, in campi appositi. […] La nostra organizzazione travaglia in tutto il mondo, si è globalizzata […]".

Augello stette a lungo a pinsàri, si vede che ancora tutti i significati di quello che gli aveva contato Montalbano non arriniscivano a essergli chiari in testa.

Poì capì, aggiarnò e spiò a voce vascia:

"Macari i robot nicareddri, naturalmente".

"Naturalmente" confermò il commissario.

[…]

"Non solo la morte, Mimì. Macari la vita".
 
 
 
 

52 c. Fazio a Montalbano.

"Madonna, che scanto che ci siamo pigliati quando non trovavamo più a Catarella! Non sapevamo che fosse stato mandato in missione segreta. Lo sa che ‘nciuria gli ha messo Galluzzo? L’agente 000".

Fleming, Ian Lancaster (Londra, 1908- ?, 1964)

(Il primo James Bond, agente 007: Casinò Royal, 1953)
 
 
 
 

54 b. Al telefono con l’asilo senile comunale.

Principio sì giolivo ben conduce, come diceva Matteo Maria Boiardo. Il secondo nome era Belluzzo Gaspare.

(cfr. "La voce del violino", p. 97)

Boiardo, Matteo Maria (Scandiano, 1441- Reggio Emilia, 1494)

sonetto In Natali Dominae inizia con il verso "Ecco quella che il giorno ce riduce", contenuto nel canzoniere "Amorum libri tres" (1469-1471)
 
 
 
 

54 a. Al telefono con l’asilo senile comunale (continua).

"Vero è. [..] ".

"E dove andavate?".

"Al santuario della Madonna di Tindari".

Tindari, mite ti so… versi di Quasimodo gli tintinnarono nella testa.

Quasimodo, Salvatore (Modica, 1901- Napoli, 1968)

Tindari mite ti so
fra larghi colli pensile sull’acque
dell’isole dolci del Dio
oggi m’assali
e ti chini in cuore.
 
 
 
 

97-98 b. L’ulivo saraceno.

Pareva un arbolo finto, di teatro, nisciuto dalla fantasia di un Gustavo Dorè, una possibile illustrazione per l’Inferno dantesco. I rami […] parevano disperarsi, addannarsi per quella magaria che li aveva congelati, "canditi", avrebbe detto Montale, in un’eternità di tragica fuga impossibile.

La Divina Commedia. Inferno / Alighieri, Dante (Firenze, 1265 – Ravenna, 1321)

La bufera e altro (1956) / Montale, Eugenio (Genova, 1896 - Milano, 1981)

[…]

il lampo che candisce alberi e muro

e li sorprende in quella eternità d'istante

marmo manna e distruzione

(citazione riconosciuta da Maria Concetta, ex fidanzata, 11 ottobre 2000)
 
 

102 b. Fine della ricreazione.

A questo punto Montalbano decise ch’era arrivata l’ora di finirla di giocare a io Tarzan tu Jane e di tornare, tanto per dire, alla civiltà.

Tarzan delle scimmie (1912) /

Burroughs, Edgar Rice (Chicago, 1875- "Tarzana", Los Angeles, 1950)

(cfr. "La Voce del Violino, p. 185)
 
 
 
 

121 a. Montalbano a casa di don Balduccio Sinagra.

Fulmineo, nel ricordo del commissario s’illuminò un brano della manzoniana Colonna Infame, quando un disgraziato è portato al punto di dover pronunziare la frase "ditemi cosa volete che io dica" o qualcosa di simile.

Ma non aveva gana di mettersi a discutere di Manzoni con don Balduccio.

Storia della colonna infame (tra il 1840 e il 1842) /

Manzoni, Alessandro (Milano, 1785- Milano, 1873)

Tra il 1840 e il 1842 Alessandro Manzoni fece pubblicare a proprie spese in dispense I Promessi Sposi, in un'edizione riveduta dallo stesso autore e nota col nome di "quarantana", con l'aggiunta della Storia della colonna infame, ancora inedita, con i tipi della Tipografia Guglielmini e Redaelli di Milano.
 
 
 
 

126-127 b. Le carte pigliate in casa Griffo.

C’era macari la copia di un "certificato d’esistenza in vita", cima abissale d’imbecillità burocratica. Cosa avrebbe strumentiato Gogol’, con le sue anime morte, davanti a un certificato simile? Franz Kafka, se gli fosse capitato tra le mani, avrebbe potuto ricavarne uno dei suoi angosciosi racconti.

Le anime morte (varie stesure) /

Gogol’, Nikolaj Vasil’evic (Sorocincy, 1809 – ivi, 1852)

Kafka, Franz (Praga, 1883- Kierling, 1924)
 
 
 
 

139 c. L’han giurato; e si strinser la mano.

"Farò anch’io altrettanto!" giurò il Questore stendendo una mano avanti.

Parevano a Pontida. Il commissario si susì.

Evocata:

L’han giurato, li ho visti in Pontida / convenuti dal monte e dal piano.

L’han giurato; e si strinser la mano / cittadini di venti città.

Oh, spettacol di gioia! I Lombardi / son concordi, serrati a una Lega...

Berchet, Giovanni (Milano 1783- Torino, 1851)

Il giuramento di Pontida (1829)
 
 
 
 

154 b. Montalbano non ascolta la voce sdignata della sua coscienza.

Com’è che diceva Shakespeare? Ah, sì: Le tue parole son nutrimento per me.

Quindi, se Mimì parlava accussì, c’era da sperare.

Citazione non riconosciuta.

Shakespeare, William (Stratford-on-Avon, 1564- ivi, 1616)
 
 
 
 

170 b. Relazioni pericolose.

Salvo e Mimì ipotizzano sull’amante di Nenè.

"Supponiamo che la relazione di Sanfilippo sia una relazione pericolosa, non alla de Laclos naturalmente…".

"E che è questo de Laclos?".

"Lascia perdere. [...] ".

Le relazioni pericolose (1782) /

Laclos, Pierre (Ambroise François) Choderlos : de (Amiens, 1741- ?, 1803)

180 e. Livia al telefono con Salvo.

"Ho comprato Il Giornale di Sicilia. L’hai letto?".

"No. Che c’è scritto?".
 
 
 
 

196 b. Il Direttore delle Poste, Morasco cav. Attilio, e il commissario.

"Si" ammise il Direttore di malavoglia. "Però una telefonata è una telefonata.

Lei mi capisce?".

"Certo che la capisco. Per me, ad esempio, una rosa è una rosa è una rosa".

Il cavalier Morasco non s’impressionò della dotta citazione della Stein.

"Vedo che siamo d’accordo" disse.

Stein, Gertrude (Allegheny, USA, 1874- Paris, 1946)
 
 
 
 

204 a. Salvo in pausa di riflessione.

Gli vennero a mente alcune parole. "C’è un olivo saraceno, grande… con cui ho risolto tutto". Chi le aveva dette? E che aveva risolto l’albero? Poi la memoria gli si mise a foco. Quelle parole le aveva dette Pirandello al figlio, poche ore prima di morire. E si riferivano ai Giganti della montagna, l’opera rimasta incompiuta.

(Cfr. "Un mese con Montalbano", p. 33)

Giganti della montagna (1937, postuma) / Pirandello, Luigi (Girgenti, 1867- Roma, 1936)

Tra il 1930 ed il 1931 Pirandello scrisse il primo atto con il titolo "I Fantasmi", nel 1934 scrisse il secondo. Il terzo non riuscì a scriverlo per esteso, ma fu tracciato schematicamente da uno dei figli, Stefano, su indicazione del padre morente.

Così, grazie alla stesura ultima che fece proprio il figlio di Pirandello, è possibile mettere in scena "I Giganti".

(notizie fornite da Francesco Cordio, 26/10/2000)
 
 

261 e. Mimì e Salvo, dopo il sopralluogo nell’ex stalla ormai ex "centrale operativa"

"Certo che ne hai di fantasia" commentò Mimì che aveva ripensato alla ricostruzione del commissario. "Quando vai in pensione puoi metterti a scrivere romanzi".

"Scriverei certamente dei gialli. E non ne vale la pena".

"Perché dici accussì?".

"I romanzi gialli, da una certa critica e da certi cattedratici, o aspiranti tali, sono considerati un genere minore, tant’è vero che nelle storie serie della letteratura manco compaiono".

"E a te che te ne fotte? Vuoi trasìre nella storia della letteratura con Dante e Manzoni?".

"Me ne affrunterei".

"Allora scrivili e basta".
 
 
 
 

270 a. Salvo assittato sulla verandina.

Qualcuno fischiettava. Chi? Si taliò torno torno. Non c’era nessuno. Ma era lui! Era lui che stava fischiettando! Appena ne ebbe coscienza, non ci arriniscì più. Dunque c’erano momenti, come di sdoppiamento, nei quali sapeva macari fischiare. Gli venne da ridere.

Dottor Jekyll e mister Hyde murmuriò.

Dottor Jekyll e mister Hyde

Dottor Jekyll e mister Hyde

Alla terza volta non sorrideva più. Era anzi diventato serissimo.

Aveva la fronte tanticchia sudata. Si riempì il bicchiere di whisky liscio.

Lo strano caso del Dottor Jekyll e del signor Hyde (1886) /

Stevenson, Robert Louis (Edimburgo, 1850- Isole Samoa, 1894)
 
 
 
 

273 b. Salvo legge il romanzo di Nenè.

Lì il nastro principiava con una ventina di minuti di Getaway, qui invece le prime pagine erano copiate da un romanzo famoso: Io, robot di Asimov.

Io, robot (1950) / Asimov, Isaac (Petrovichi, 1920- New York, 1992)
 
 
 
 

276-277 a. Letture guidate dall’inconscio.

La mano, indipendentemente dalla sua volontà, pigliò un libro dallo scaffale. Taliò il titolo: L’agente segreto di Conrad. Ricordava che gli era piaciuto, e tanto, ma non gli tornava a mente nient’altro. Spesso gli succedeva che a leggere le prime righe, o la conclusione, di un romanzo la sua memoria riapriva un piccolo scomparto dal quale niscìvano fora personaggi, situazioni, frasi.

Uscendo di mattina, il signor Verlognac lasciava nominalmente la bottega alle cure del cognato. Principiava accussì e quelle parole non gli dissero niente.

Ed egli camminava, insospettato e mortale, come una peste nella strada affollata. Erano le ultime parole e gli dissero troppo.

E gli tornò a mente una frase di quel libro: Nessuna pietà per nessuna cosa, nemmeno per se stessi, e la morte finalmente messa a servizio del genere umano…

Rimise di prescia il libro al suo posto.

No, la mano non aveva agito indipendentemente dal suo pinsèro, era stata, certo inconsciamente, guidata da lui stesso, da quello che aveva dintra.

286 a. "Per carità! Per carità!"

Carità? La stessa che aveva avuto verso quelli che aveva fatto scannare, proprio accussì, scannare?

Chianghiva, il professore. Lagrime e saliva gli facevano lucida la barba sul mento. E quello era il personaggio conradiano che si era immaginato?

L’agente segreto : semplice storia (1907) /

Conrad, Joseph [Jòzef Teodor Konrad Korzeniowski]

(Berdiczew, Polonia, 1856 o 1857- Bishopsbourne, Canterbury, 1924)

Legenda [1]

Legenda [2]



Last modified Saturday, July, 16, 2011