Titolo

Della segreta e operosa associazione Una setta all'origine della mafia

Autore

Amelia Crisantino

Data prima edizione

2000

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Editore

Sellerio

Collana

La diagonale

Data edizione letta

2000

Pagine

288

Euro

16,53

Mini recensione

Il libro ricostruisce il modo in cui la mafia diventa un’associazione segreta, ed è quantomai interessante perché documenta come si tratti di un’idea partorita dalla questura in un clima di ripicche, gelosie, lettere anonime, testimonianze costruite ad arte e attribuite a un pentito dichiarato già morto, mentre vengono del tutto ignorate le testiminianze dei vivi che vanno in tutt’altra direzione. Il racconto prende le mosse dal processo che nel 1878 venne celebrato contro l’associazione degli stuppagghieri di Monreale, accusata di essere l’origine della malefica rete di associazioni che si stendeva a coprire l’entroterra palermitano. Sulla scorta di un nutrito corredo di documenti d’archivio vengono ricostruite le vicende che portano alla scoperta della setta o, meglio, che portano il questore di Palermo a decidere che a Monreale, uno di quei paesi definiti "corona di spine che circonda Palermo", esiste una setta sanguinaria che subito deve essere scoperta e debellata. La vicenda degli stuppagghieri si intreccia con le storie personali degli uomini che creano il caso, le loro gelosie e rivalità, sullo sfondo di un periodo storico molto importante e ancora poco studiato. La storia: nell’estate del 1876 Monreale era stata teatro dell’uccisione di alcuni uomini appartenenti a due opposte fazioni in lotta per il controllo delle risorse, e dalla questura viene ipotizzata l’esistenza di una setta sanguinaria, gli stuppagghieri, che essendo ben decisa ad eliminare i propri nemici uccide quanti l’avversano. Nella ricostruzione fornita dalla questura la setta era stata fondata dal fratello di un delegato di polizia, per combattere la vecchia mafia esistente in paese con una mafia più giovane. La spiegazione appare verosimile, vista la frequenza con cui venivano portate a termine delle "amichevoli transazioni" coi più noti delinquenti. Ma nel marzo del 1876 era caduto il governo della Destra storica che per 16 anni aveva avuto il potere in Italia, e dicendo che c’erano stati degli accordi fra la questura e i delinquenti non si faceva che sottolineare i metodi poco corretti adoperati dalla Destra per il mantenimento dell’ordine pubblico. Per le intuizioni del questore Gennaro Forte mancano le prove. O, meglio, in una realtà complessa come quella di Monreale, dove la presenza della Chiesa ha condizionato tutti gli aspetti della vita, l’osservazione dei rapporti sociali sembra condurre in tutt’altra direzione. Molti interessi ruotano attorno al controllo delle acque, il testo di Amelia Crisantino ricostruisce il regime delle acque e possiamo osservare da vicino il comportamento della Mensa arcivescovile e quello dei guardiani che sono alle sue dipendenze. Le acque servono ad irrigare gli agrumeti che fanno la ricchezza della città, ma le continue usurpazioni, la prepotenza dei guardiani, l’ostentato disinteresse dell’arcivescovo e l’incapacità dell’organo di controllo statale, fanno sì che siano garantiti solo i gruppi informali che controllano le risorse. Gli omicidi testimoniano la vivacità dello scontro in atto, ma gli interessi in lotta sono sotto gli occhi di tutti. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, c’è pochissima omertà e una sorprendente abbondanza di testimonianze. Ma l’istruzione del processo contro gli stuppagghieri è un continuo affannarsi, alla ricerca delle prove di una rigida struttura associativa pensata a tavolino. Le denunce e le testimonianze contro le usurpazioni d’acqua e le prepotenze dei guardiani si sprecano, ma tanto non basta: si tratta di comportamenti che non vengono visti perché non sono cercati. E nella sentenza istruttoria compare a sorpresa un apostata, mai incontrato in precedenza, già ucciso: sulla sua pretesa testimonianza si costruisce il successivo grado di giudizio. Salvatore D’Amico è il primo pentito di mafia: ammette di essere stato uno stuppagghiere, ed è l’unico che può dispensare una simile patente agli altri imputati. Col risultato che il processo viene costruito sulle sue presunte dichiarazioni e il rappresentante della Mensa arcivescovile, apertamente accusato da tutti quelli che ammettono qualcosa, non compare nemmeno fra i testimoni. Il processo contro gli stuppagghieri si concluderà con una serie di assoluzioni ma, ancora prima di diventare vera, l’ipotesi che la mafia sia una struttura segreta si radicherà come una semplificazione teorica, che impedisce di vedere e comprendere quanto accade. Il libro ricostruisce ambienti, caratteri e personaggi, dipana le complesse vicende di Monreale collocandole su uno sfondo più ampio. Viene descritto lo scontro fra la Chiesa e lo Stato, quando gli arcivescovi di Palermo e Monreale vengono cacciati via dalle loro sedi e un drappello di soldati è pronto a costringerli con la forza nel caso opponessero resistenza. Entriamo nel clima di attesa, speranza e immediata delusione che in Sicilia caratterizzò il cambio del partito al potere, aiutati da qualcosa che non sempre ritroviamo nelle ricerche storiche: la ricostruzione degli avvenimenti è sorretta da una grande forza narrativa, mentre la mole dei documenti d’archivio resta in filigrana e non appesantisce il testo.