Titolo |
I morti del Carso |
Autore |
Veit Heinichen |
Data prima edizione |
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Paese |
|
Lingua |
Tedesco |
Editore |
e/o |
Collana |
dal mondo |
Data edizione letta |
2003 |
Pagine |
341 |
Euro |
15,00 |
Mini recensione |
Aprendo il libro, gia' dalle
prime pagine si e' dentro a Trieste e nel suo clima apparentemente
tranquillo. Proteo Laurenti, il commissario capo protagonista conduce la sua
indagine anche con il peso della sua esistenza. Trieste e' il canovaccio per
le ricerche e per i pensieri di Proteo Laurenti. La Bora, con la B maiuscola,
colpisce per la sua presenza e in fondo non poteva essere diversamente. Questo scrittore-giornalista
tedesco riesce a descrivere quello che Trieste non vorrebbe raccontare. Si
comprende che Heinichen non vi risiede solamente, egli ne fa proprio parte. Le foibe, l'intolleranza
verso chi si trova al di la' del confine, i rancori di chi e' fuggito di qua
ritornano a galla. L'odio, il risentimento, la vendetta fanno da classico
gioco che molti gialli ben descrivono. Anche le osterie, i caffe'
di Trieste entrano nel romanzo e da soli invitano a scoprire o riscoprire la
citta'. L'autore accompagna il
lettore in tutti i percorsi con una narrazione cruda ma non amara. Si
compenetra nella sofferenza di ciascun personaggio. Heinichen non e' asettico
e distaccato, una sua presa di posizione rispetto alla storia e alla Storia
viene esplicitata. Leggendo la poesia di
Ungaretti nella pagina prima dell'inizio del racconto (che se non ricordo
male tecnicamente si chiama colofone) si puo' comprendere il sentimento che
come un filo percorre la vicenda. |