Mini recensione
|
Un giorno di gennaio
dell'anno 1941. Un soldato tedesco camminava nel
quartiere di San
Lorenzo, a Roma. Sapeva quattro
parole in tutto di italiano
e
del mondo sapeva poco o niente. Di nome si chiamava Gunther.
Il cognome rimane sconosciuto."
Così inizia "La Storia" con lo strano incontro di Gunther ubriaco,
che, in cerca "d'amore", trova la povera Ida, maestra elementare vedova con
un figlio. Paralizzata dalla paura dei tedeschi e terrorizzata dal fatto che
scoprano le sue origini ebraiche (le leggi razziali la rendono indegna di
tutti i diritti), la donnetta subisce la violenza del soldato tedesco.
Compiuto lo stupro, il soldato sparisce, morirà in viaggio verso la
Cirenaica, e la maestra metterà al mondo un figlioletto, Useppe, frutto di
quello stupro, con gli occhi di cielo come quelli del padre, e che per Ida significano
che mai lo crederanno ebreo.
La Storia gira intorno
alle più "basse" condizioni umane: la guerra, la fame, il bisogno
di sopravvivenza, una tana dove vivere. Useppe nascerà clandestinamente con
l'aiuto di una mammana ebrea del quartiere S. Giovanni che sarà nella lista
degli ebrei romani prelevati dal Ghetto il 16 ottobre del '43 (ammucchiati e
piombati nei carri bestiame in partenza dalla stazione Tiburtina il 19
ottobre.) Nino, il figlio maggiore di Ida, impaziente di crescere, parte per
il nord con camicia nera e tornerà cantando bandiera rossa per poi finire
bandito e contrabbandiere.
Useppe, che vive la guerra, i bombardamenti, gli allarmi, le sirene come un gioco fantastico e
meraviglioso, accompagnato dal ricordo dell'amato fratello e dai suoi amici cani,
Blitz (il bastardino) prima e Bella (il pastore maremmano) poi. Per Useppe
tutto parla d'amore, tutto è puro, l'innocenza si perde con il crescere ma
lui non la perderà. Il fascismo, Mussolini, il bombardamento di San Lorenzo,
la deportazione degli ebrei del Ghetto, le torture della polizia nelle case
dalle finestre oscurate, i nove mesi dell'occupazione nazista, l'entrata degli
alleati in giugno, il dopoguerra, sono tutte situazioni raccontate senza
grida, senza affanno, ma con pacatezza e per questo ancora più drammatiche.
In questo libro ho ritrovato i quartieri della mia Roma, ma soprattutto i
quartieri dei miei genitori e dei miei nonni che raccontavano le stesse
storie con lastessa pacatezza e, noi bambini, ne coglievamo la drammaticità
senza per questo spaventarci, in silenzio, cercando di individuare il punto all'orizzonte,
dove lo sguardo dei nostri cari sembrava rivedere le immagini raccontate,
sperando di vederle anche noi... tutto questo ho trovato ne "LaStoria",
la storia e le origini di molti.
|