Titolo |
Ultimo appello |
Autore |
Salvo Toscano |
Data prima edizione |
2005 |
Paese |
Italia |
Lingua |
Italiano |
Editore |
Dario Flaccovio |
Collana |
|
Data edizione letta |
2005 |
Pagine |
160 |
Euro |
13,00 |
Mini recensione |
E' uno di quei libri
che è impossibile mettere da parte prima di essere arrivati alla fine.
Coinvolge con una narrazione vivace ed ironica, avvince con una trama ben costruita
e senza falle. Salvo Toscano è un
esordiente, ed è pure molto giovane. Classe 1975, e non si direbbe per la
maturità con la quale affronta la costruzione di questo giallo classico, dove
ogni personaggio lascia un segno e le atmosfere, così come le citazioni
numerosissime, non prendono mai il sopravvento su quello che è lo svolgimento
del racconto. Roberto è un avvocato
ipocondriaco, frustrato da un desiderio di paternità non condiviso dalla
moglie e amante del cinema. Bigotto e troppo perbene.
Fabrizio è suo fratello, cronista di nera, smaliziato, ironico e amante
della bella vita. E delle donne, tante. I due si ritrovano a
confrontarsi con un delitto efferato di una giovane donna, trovata morta nel
suo appartamento. E con un apparente caso di morte per incidente. Vittima,
un'altra ragazza. Stessa età della prima, stessa scuola frequentata. Una
scuola cattolica. Della trama,
impossibile svelare di più. Di tutto il resto, ci
sarebbe da scrivere per ore. Perché l'autore stupisce con i suoi cambi di
registro, con i salti dal passato al presente, con l'occhio affettuoso e
cinico nello stesso tempo con sui descrive la sua città, una Palermo che
cerca di tirare avanti, sommersa dal traffico e in balìa di intellettuali
pieni di rancore, ma che nasconde sorprese inaspettate. Il tutto, in un
vortice di citazioni, da Hitchcock ai Pink Floyd, da James Bond ai Beatles,
da Spencer Tracy a... Terence Hill. La nostra preferenza,
totale, va al personaggio di Fabrizio. Irresistibile nel suo
sense of humour; che chiama il suo motorinoWinston in omaggio a Orwell e si
ritrova alle prese con tutto ciò che vuol dire essere single e non voler
crescere... ma doverlo fare. Che ci fa ridere per tutto il libro e alla fine
ci lascia un sussulto di angoscia. Cosa rimproverare, a questo
autore che si va a posizionare con merito nella schiera di
giallisti palermitani (e mi riferisco soprattutto a Santo Piazzese, ma non
solo a lui) che fanno venire voglia di partire per Palermo mezz'ora dopo aver finito i loro libri?
Forse una presenza un tantino eccessiva della religione nel personaggio di
Roberto, che lo rende
antipatico. E uno stile leggermente troppo attento ad ammiccare al lettore
attirandolo nei meandri delle citazioni, non sempre funzionali anche se mai
troppo invasive. Ma è un'opera prima...
alla quale auguriamo il successo che si merita. Aspettando con
impazienza le successive. |