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Piazzese a tutti i colori del giallo



Luca Crovi Il profumo dei gelsomini e delle zagare, il vociare dei mercati, il blues che risuona per i giardini pubblici, le donne nere bellissime e misteriose, il sapore di pane e panelle, la solarità e il mistero di una città criptica come Palermo, una Sicilia strana, attuale, contemporanea, tutta da scoprire attraverso i romanzi di Santo Piazzese

Stiamo per regalarvi un viaggio speciale in Sicilia, un viaggio in mezzo agli aranci, ai mandorli, ai gelsomini, alle zagare, un viaggio in mezzo ai delitti e ai misteri di una città come Palermo, che da una parte è un grande centro della cultura e dell’altra è una città molto pericolosa, soprattutto quando ci è raccontata da un autore come Santo Piazzese in romanzi come "Il soffio della valanga" e "La doppia vita di M. Laurent". Esploreremo questa Palermo in diretta con lui.

Eccoci ancora in studio a "Tutti i colori del giallo" con Santo Piazzese per parlare di Sicilia.

Santo Piazzese Buongiorno.

LC L’occhio di un biologo come guarda Palermo?

SP Verrebbe spontaneo e naturale dire, vista la mia professione, che la guarda attraverso la lente di un microscopio. In realtà il mio è lo sguardo di un grande camminatore, di una persona che ama muoversi a piedi attraverso le strade del centro storico della propria città. Devo, però, subito contestare una tua affermazione: non è vero che Palermo sia una città particolarmente pericolosa.

LC E’ una città tranquilla?

SP E’ una città che, almeno negli ultimi dieci anni, appare al visitatore una tra le città più tranquille e meno pericolose. E’ possibile passeggiare in piena notte nel centro storico senza essere minimamente disturbati, anche se bisogna sempre seguire quel minimo di prudenza che ciascuno di noi seguirebbe in una qualsiasi metropoli occidentale.

LC Io parlavo di una città un po’ pericolosa e misteriosa, perché, quando andai in viaggio di nozze, la cosa che mi lasciò stupito era vedere parte della città blindata. Nelle zone della città, dove erano gli uffici di avvocati o magistrati, i militari giravano con le armi spianate. Mi successe una cosa particolare in Via Roma, che collega la stazione con il centro di Palermo. Due macchine si scontrarono: nel giro di cinque minuti intervenne la polizia da una parte, i carabinieri dall’altra e la strada fu blindata. Camminavo con mia moglie e rimasi sorpreso, perché non avevo mai visto la forza di polizia intervenire in maniera così veloce e immediata in una città. Poi mi spiegarono che si era pensato ad un attentato di mafia o ad una bomba messa all’interno di una delle due macchine.

SP Non intendo contestare l’esistenza, a Palermo, di questo tipo di pericoli, ma sono due piani diversi. Tu sei stato a Palermo in un periodo molto particolare, probabilmente quello di massimo attacco mafioso allo stato, alle istituzioni e anche ai cittadini, purtroppo. C’erano i militari dell’operazione "Vespri siciliani" durante il periodo immediatamente precedente o successivo al primo grande maxi processo antimafia.

LC Sì, l’Ucciardone era tutto blindato!

SP Allora Palermo era percorsa in continuazione da macchine blindate, macchine di scorta e così via.

Io mi riferivo alla città nella sua attuale esistenza quotidiana per il turista, per il cittadino che va al lavoro, che studia, che cerca di vivere come in una qualsiasi altra città italiana. Negli ultimi due o tre anni a Palermo ci sono stati non più di cinque o sei delitti di mafia, mentre sembrano aumentati i delitti "normali".

LC Passionali?

SP No, il delitto è sempre una patologia nella società. Li chiamo "normali" perché non sono delitti di mafia; hanno gli stessi moventi degli omicidi che avvengono a Stoccolma, a Los Angeles, a Mosca, a Roma o a Milano. E’ come se la mafia, in precedenza, avesse occultato o steso un velo nero sull’esistenza di questi delitti, come se, in un periodo in cui a Palermo c’erano 100,120,150 omicidi di mafia l’anno, l’esistenza di questi delitti passasse inosservata perché oscurata da questa grande massa.

LC Però esistevano!

SP Si esistevano, però io onestamente non ho memoria di molti di questi delitti. Posso anche pensare che in ogni società c’è un quid, una certa aliquota di male, che nel tempo si mantiene inalterato; magari qualcuno decide che, quando diminuiscono i delitti di mafia, devono aumentare i delitti cosiddetti "normali". Non penso a "un grande vecchio", ma ad una distribuzione del bene e del male nell’universo in maniera, diciamo, "passiva".

LC .. ed a questo background poi attingono i narratori…

SP Esattamente!

LC … lo trasportano nelle loro storie, in cui mescolano la realtà con quello che potrebbe succedere nella realtà.

SP Sicuramente sì. Per esempio, in questi ultimi anni, in cui i delitti di mafia sono stati veramente pochissimi, mi sembra di ricordare siano avvenuti circa 14 delitti non di mafia. Nella maggior parte dei casi sono stati, per fortuna, scoperti i colpevoli, ma altri sono rimasti dei veri e propri misteri.

LC Ma li hai utilizzati per i tuoi romanzi?

SP No, fino ad ora ho preferito non utilizzare la cronaca cittadina né quella regionale per "trarre ispirazione". Non credo molto all’ispirazione; credo al lavoro e alla documentazione, non necessariamente sulla cronaca, ma eventualmente anche nella letteratura. In Sicilia abbiamo un maestro: Leonardo Sciascia ovviamente. Leonardo Sciascia è sicuramente una grande fonte letteraria di ispirazione, nell’accezione che dicevo prima, per qualunque scrittore siciliano voglia oggi cercare di calcarne le orme.

LC E noi continuiamo a restare sulle orme di Santo Piazzese, ma anche di Leonardo Sciascia qui a "Tutti i colori del giallo".

[musica]

LC Stiamo parlando di Sicilia e dei suoi misteri con Santo Piazzese.

Perché Sciascia è stato così importante per la letteratura siciliana? Quanto ha influito sulla analisi sociale del territorio?

SP Sciascia è stato un grande scrittore in assoluto; era uno scrittore con una bella lingua, con una bella scrittura. Non è stato il primo scrittore ad usare la parola "mafia" nei suoi romanzi. Prima di lui Ignazio Buttitta, il più grande poeta dialettale siciliano del ‘900, aveva nelle sue poesie parlato di mafia, però la voce dei poeti, purtroppo, non ha molto pubblico, non è molto ascoltata, si pensa sempre che la poesia sia qualcosa d’altro, che la realtà stia nella letteratura, non nella poesia.

LC Sciascia d’altra parte affermava che la letteratura è la forma suprema che la verità possa assumere.

SP Sciascia non è stato il primo, ma intorno al concetto e alla parola mafia ha costruito delle storie, nelle quali mostrava, per esempio, i rapporti tra mafia e chiesa e all’epoca in cui Sciascia scriveva era un po’ difficile parlare di queste cose. La Sicilia è sempre stata una regione apparentemente cattolica, politicamente un serbatoio di voti del principale partito della prima repubblica, che era la Democrazia Cristiana. Era quindi particolarmente rischioso per un intellettuale affrontare questi argomenti. Parlava dei rapporti fra mafia e politica, tra mafia ed economia. Certamente la mafia di Sciascia non era quella contemporanea, era una mafia ancora "rurale", che stava però partendo alla conquista delle città, puntando soprattutto all’edilizia, quindi al controllo degli appalti pubblici e privati, anni che corrispondono, grosso modo, al boom edilizio di Palermo e di altre città siciliane, quello che è chiamato "il sacco di Palermo".. Un’espressione fra l’altro che…

LC …che dà l’idea di un’invasione barbarica…

SP Sì. Qualcosa del genere è accaduto un po’ dappertutto, ma specie nella città palermitana.

Sciascia è stata la prima persona che ha messo a nudo e che ha osato parlare di questi rapporti. Ovviamente all’inizio la sua figura è stata molto criticata dall’establishment di allora, però ha anche galvanizzato le persone, che vivevano quella realtà, ne parlavano nei comizi e sui giornali, ne parlavano anche nei circoli e tra amici. Da questo punto di vista Sciascia ha avuto un’importanza fondamentale che va al di là della sua eventuale grandezza di scrittore.

In Sicilia ci sono stati scrittori più grandi di Sciascia per la qualità della scrittura: Verga, Pirandello, Tomasi di Lampedusa e tanti altri. Sciascia è diventato però un punto di riferimento per i futuri autori.

Se posso parlare della mia esperienza personale come scrittore…..

LC I tuoi due primi libri sono molto particolari, anche perché hai scelto come protagonista un biologo, che ha un tocco scientifico nei confronti della città. Le due prime storie scritte da Piazzese sono incredibili: voi potete girare Palermo utilizzando le vie di cui parla. Ero appena ritornato dal viaggio di nozze, quando ho letto il suo primo romanzo e sono rimasto stupito perché ritrovavo esattamente le cose che avevo provato nei giardini dell’orto botanico: gli odori, i colori i sapori, ma anche i nomi delle vie, compresa la via che è stata ribattezzata.

SP Questo è successo nel ’72. In realtà questa via è l’unica alla quale ho cambiato il nome nel romanzo, come ho chiamato l’orto botanico "Giardini dell’orto botanico comunale", che in realtà non esistono. Chi conosce Palermo, sa perfettamente quali sono questi luoghi. Quella che è diventata via Medina Sidonia, nella realtà si chiama via Archirafi. Non ho scelto a caso questo nome: la strada era intitolata al duca Vanni D’Archirafi, quindi mi è sembrato giusto scegliere un altro duca, quello di Medina Sidonia, che fu comandante delle milizie dell’armata spagnola nella guerra contro gli inglesi, armata che fu sbaragliata più che dagli inglesi da una tempesta nel golfo di Biscaglia. E’ successa una cosa curiosa. Ho mandato questo libro a una mia amica spagnola a Madrid, la quale mi ha detto: "C’è un ultimo discendente dei duchi di Medina Sidonia in Spagna. Ha un castello meraviglioso, una grande biblioteca storica con circa diecimila volumi. E’ una signora anziana, segretaria generale del partito comunista marxista leninista spagnolo". Mi è venuta in mente la battuta che faccio pronunciare a un professore universitario, quando gli studenti cambiano il nome della strada a colpi di vernice rossa durante i moti del ‘68 e la intitolano Via Carlo Marx. Questo vecchio "principe" dei professori universitari dice: "Ragazzi, ricordatevi che la via marxista porta a sbattere sistematicamente contro un muro", perché è una via chiusa e alla fine della via Archirafi, fisicamente, c’è un muro. La notizia della duchessa di Medina Sidonia mi è sembrata molto divertente e mi ha offerto molte suggestioni.

[musica]

LC Siamo ancora in studio con Santo Piazzese, che ha dato un suono particolare a tutti i suoi romanzi: il blues. Perché hai scelto questa musica? Pensando hai mercati che ci sono nella tua città, mi aspettavo una musica etnica.

SP La musica è presente soprattutto nei primi due romanzi; nel terzo c’è solo qualche accenno, che pure è importante. Il blues mi piace, è una musica che ascolto di frequente, scrivo spesso con un sottofondo di blues. Se uno è abituato ad ascoltare i suoni e le invocazioni nei mercati popolari di Palermo, la Vucciria, Ballarò, il Capo, le grida emesse (da noi si chiamano abbanniate, il verbo è abbanniare, cioè richiamare l’attenzione del passante verso le merci che si vendono) vengono molto da lontano e a Palermo si stanno perdendo, perché l’identità di alcuni di questi mercati, come per esempio la Vucciria, sta cambiando. La Vucciria, il più famoso mercato di Palermo, è in una crisi profondissima, spero non irreversibile. Queste grida sono diventate sempre più rare, ora sono registrate su nastro, soprattutto dagli ambulanti, con voci che non sono necessariamente siciliane. Quando ero bambino l’arrotino gridava: "ammulacuteddu" cioè quello che faceva la mola alle lame dei coltelli. Ora c’è una voce nordica che dice: "Signore! Signore! passa l’arrotino; fate il filo alle vostre forbici e ai vostri coltelli". E’ una voce che non c’entra niente con la città. Quando ero bambino esistevano ancora queste "abbanniate", che ho ritrovato da adulto nel corso dei primi viaggi nella parte sud del Mediterraneo, in certe città nordafricane e mediorientali. Le nostre "abbanniate" palermitane, nonché napoletane, sono una diretta emanazione di quelle ed assomigliano moltissimo, come andamento, all’invocazione dei muezzin quando richiamano i fedeli alla preghiera. A me richiama irresistibilmente il blues, un certo blues di strada.

LC Come se fossimo nei campi di cotone?

SP Esatto. LC L’immagine del muezzin mi faceva venire in mente i suoni etnici. Come mai, invece, nel "Soffio della valanga" il protagonista (non c’è più La Marca, ma il suo compare d’anello) la musica sparisce?

SP I personaggi sono diversi I primi due romanzi sono raccontati in prima persona ed al protagonista piace moltissimo la musica: il blues, il jazz in genere, persino le canzonette “buone”. Il commissario Spotorno, protagonista del terzo libro, è un uomo completamente diverso. Ho fatto uno sforzo particolare per evitare il rischio di creare un doppione di La Marca, per non far uscire un personaggio da una porta e farlo rientrare dalla finestra attraverso un altro protagonista. Tre diverse signore mi hanno fatto osservare che In questo terzo libro qualcuno assomiglia un po’ a La Marca ed è la moglie del commissario Spotorno.

LC Nel senso che ha lo stesso occhio sulla realtà?

SP Lo stesso tipo di interazione con le persone, con l’ambiente e con il marito. E lei, in questo libro, un paio di volte ascolta musica. Però alla base c’era proprio l’esigenza di creare un personaggio completamente "altro" rispetto al precedente.

LC Ed è un personaggio molto forte e importante, che mostra la capacità a Santo Piazzese di utilizzare un altro registro. Vi consiglio di leggere questo bellissimo libro "Il soffio della valanga". Ringrazio Santo Piazzese di essere stato con noi. E' un grande affabulatore. Prometto a Santo che gli regaleremo sicuramente una puntata più lunga, magari in notturna. […] Grazie, Santo, di essere stato con noi

SP Saluto tutti, buongiorno!

25.01.2004 [trascrizione a cura di Luisa]

Intervento audio




Last modified Saturday, July, 16, 2011