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Camilleri come Pirandello
Camilleri e Pirandello nacquero a pochi chilometri di distanza, l'uno
a Porto Empedocle, l'altro in una contrada detta "Il Caos", nei pressi
della citta' di Girgenti, l'odierna Agrigento. Per il primo era il
1925, per il secondo il 1867. Li dividono due generazioni; del resto
la nonna di Camilleri conosceva Pirandello, che si reco' a trovarla nel
1932/33, stringendola in un abbraccio affettuoso e rammentando il
periodo della giovinezza (IL gioco della mosca pag 72). In
quell'occasione Pirandello indossava la divisa di Accademico d?Italia,
con tanto di "feluca, mantello, spadino, alamari, oro a non finire
ricamato dovunque", perche' era giunto per l'inaugurazione della nuova
scuola di Porto Empedocle; il piccolo Camilleri ne rimase
impressionato fino alla paura, ando' a nascondersi sotto "lo scagno"
del padre, si tappo' le orecchie e chiuse gli occhi; e cosi' ora,
purtroppo, non ci sa raccontare i particolari della visita.
Il padre di Pirandello e il bisnonno materno di Camilleri furono
coinvolti nel 1903 nella medesima crisi finanziaria; appartenevano
quindi entrambi a quella borghesia siciliana che era destinata dopo
l'Unita' d?Italia a soppiantare nel governo dell'isola la nobilta'
terriera.
Ai tempi di Camilleri giovane circolava il detto "sunnu cosi di
Pirandellu", sono cose di Pirandello, perche' tutti da quelle parti
sapevano che Pirandello era "omo di littra", uomo di lettere, e lo
consideravano, pur senza averlo conosciuto, "di natura cervellotica e
di tortuoso pensare".
Di Camilleri non possiamo dire altrettano; la lettura dei suoi
scritti ci restituisce l'idea di un omo di littra dal pensiero lineare
e dall'intelligenza sistematica.
Ma c'e' qualcosa in Camilleri che ci riporta a Pirandello.
Entrambi proiettano nei loro scritti il mondo da cui provengono e che
hanno in comune: Girgenti o Porto Empedocle sono l' habitat che li
ispira. Ma mentre in Pirandello alla realta' della natia Girgenti si
aggiunge quella della Roma del primo novecento, Camilleri, che pur
abita a Roma, concentra la sua attenzione sulla Sicilia. Mentre
Pirandello ampia i confini d'origine sia fisicamente che
psicologicamente, viaggia l'Italia e una parte dell' Europa, Camilleri
malvolentieri si reca a Milano e va a Berlino solo perche' costretto.
La diversita' tra i due e' la diversita' tra due epoche, ancor prima che
la diversita' tra due persone. A fine secolo non c'e' piu' un mondo da
scoprire, perche' tutto ci e' portato in casa dai mezzi di
comunicazione; si sente piuttosto il bisogno di tornare alle radici,
di ridurre il mondo a nostra misura; e' il tentativo di salvare
l'individuo ricercandone cio' che lo distingue, non cio' che lo accomuna
agli altri.
Se percio' Pirandello sublima la realta' siciliana in una visione che
si allarga all'Italia tutta, Camilleri fa il cammino opposto e
rivendica il suo essere prima che italiano, siciliano. Subito dopo
l'unita' d'Italia si stava imparando ad essere una nazione, a
conoscersi reciprocamente; oggigiorno i regionalismi riaffiorano
spontanei, anche senza motivazioni politiche. E ce lo dimostrano sia
Camilleri che i lettori di ogni regione italiana che hanno accolto con
entusiasmo degli scritti cosi' profondamente legati solo ed
esclusivamente alla realta' siciliana.
L'umorismo
Un filo di fumo, Il birraio di Preston, La concessione del telefono
raccontano vicende tragiche, eppure ci fanno ridere e non solo in
alcune pagine, di fronte alle quali si ride di gran gusto, pur
consapevoli della drammaticita' del momento; e' la storia di per se' che
ci appare tragicomica. L'aggettivo si rivela comunque subito improprio
e ci puo' solo indurre in confusione: e' una commedia che si fa tragedia
o una tragedia trattata in modo comico' Quel che e' chiaro e' che i
fatti di per se' sono tragici, sia che si pensi al Barbabianca come a
uno qualsiasi dei personaggi che costituiscono la controparte, sia che
si consideri Pippo Genuardi o i di lui persecutori, sia che si esamini
Fridolin Hoffer o Riguccio Concetta o Sua Eccellenza Bortuzzi cavalier
dottor Eugenio o il pubblico tutto presente in teatro. Eppure ci fanno
ridere. E' certo "lo stile" che Camilleri sceglie nel racconto, e'
l'uso della parlata siciliana, cosi' "figurativa"; ma non puo' essere
solo questo. E, credo, per meglio capire, ci possa venir in aiuto
Pirandello e il suo "sentimento del contrario". Nel suo saggio
"L'umorismo" Pirandello ci spiega la differenza tra comicita', ironia e
umorismo. Il comico e l'ironia generano o sono generati da situazioni
di una chiarezza assoluta. L'umorismo nasce invece quando in un'opera
accanto al sentimento, che organizza idee e immagini in una forma
armoniosa, resta attiva la riflessione, che ne prende coscienza, la
critica, la scompone, la analizza. L'umorismo e' percio' quel processo
della riflessione critica che consente di analizzare e di comprendere
cio; che si nasconde dietro un fatto o un atteggiamento a prima vista
comico. Il presupposto di questa "poetica dell'umorismo" e' che esiste
un meccanismo interno alla persona per cui essa e' spinta a divenire un
personaggio. Non dimentichiamo che Camilleri definisce i suoi
protagonisti come "personaggi a tutto tondo" e che conferma la grossa
influenza che ha su di lui scrittore la lunga esperienza di regista
teatrale. A far scattare il meccanismo, di cui sopra si e' detto, sono
sia il fatto che nelle vicende umane regna il caos (vedi Un filo di
fumo), sia le pastoie delle convenzioni sociali e della burocrazia,
che invece sono un prodotto della storia (vedi Il birraio di Preston e
La concessione del telefono).
Definirei dunque i romanzi storici di Camilleri come "umoristici" e
oserei financo dire che una certa eredita' pirandelliana e' evidente in
questo "compaesano" del grande scrittore di Girgenti.
Odeia
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Circa il convegno di Siracusa sul "giallo" come genere siciliano.
Ho letto e apprezzato molto il Piazzese nei due romanzi, ma mi
permetto di far notare come non si puo` prescindere dall'insegnamento
di Sciascia che dopo le "Parrocchie di Regalpetra" e cioe` l'affresco
sociale, con "A ciascuno il suo" si diresse primo tra gli scrittori
italiani verso questo genere, per non lasciarlo nemmeno nella sua
produzione pamphlettistica (come "morte di Roussell") e quando il
giallo era ancora considerato e non solo in Italia un genere di
scrittura di consumo e non di letteratura.
Un saluto alla Sicilia che amo tanto. Un saluto anche a Piazzese di
cui sto rileggendo il suo "M. Laurent", da me segnalato a suo tempo al
forum di P&P "Corriere della Sera" da cui traggo un pensiero
assolutamente geniale:
"...il precedente Ministro della Pubblica Istruzione aveva portato
l'universita` sull'orlo dell'abisso, l'attuale le sta facendo fare un
passo avanti..."
Ahime` lo stesso si puo` dire della scuola.
Maria Dixon
Socia de 'rrispettu
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Ho da poco finito di leggere "La Forma dell'Acqua" di A. Camilleri.
qualcuno ha notato che l'inizio del romanzo e' in versi?
Lume d'alba non filtrava
nel cortiglio della "Splendor";
sono due ottonari.
Da notare anche l'allitterazione sul suono "l", e il suono "gl" che
lega i due versi ad alcune parole del seguito ("nuvolaglia",
cummigliava", "arrisbigliarsi", e volendo anche "piombigno").
Non e' solo una questione formale: questi versi contengono almeno due
idee importanti.
1 - il contrasto tra apparenza e sostanza: la ditta si chiama
"Splendor", cioe' dice di essere luminosa; ma alla "Splendor" tutto e'
buio. Insomma la "Splendor" non e' come dice di essere.
2 - tutto e' buio, non c'e' luce, e non c'e' speranza che ve ne sia.
Ovvero tutto e' male, e non c'e' rimedio, non c'e' speranza di
redenzione. Queste sono, mi sembra, le due idee portanti del romanzo.
O almeno, questa prima frase in versi ne contiene una chiave
interpretativa.
Che ne pensate?
Ciao
Octavius
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sempre per la serie "Siciliani da leggere" segnalo:
Eduardo Rebulla
- Carte celesti - Sellerio
- Linea di terra - Sellerio
Elvira Mancuso
- Vecchia storia...inverosimile - Sellerio
Nino Requirez
- Il signor Poljot - Luxograph (quasi introvabile)
- Punizione ad effetto - Luxograph (come sopra)
saluti "u pinsaturi"
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A proposito della lingua-dialetto di Camilleri e del suo rispecchiare
una ideale consolatoria faccia "normale" della Sicilia. Non e` forse
un rifarsi all'ambiguita` dell'essere siciliani, come gia` descritta
da Sciascia in "A ciascuno il suo"? Camilleri nella premessa al "Corso
delle cose" parla della sua scelta linguistica come di un tentativo di
riprodurre il "pensare" quotidiano tra lingua e dialetto, certamente
non paragonabile alla scelta di una lingua poetica dove il dialetto
diventa evocazione e ricerca culturale, costanti della Sicilia di
Consolo. La forza del Camilleri "giallo" e` appunto quella di usare
del genere al di fuori del riferimento mafioso (quello appare tragico
nella normalita` delle "ammazzatine" citate qua e la` come routine dai
poliziotti di Vigata).
Rileggendo in questi giorni "le Parrocchie di Regalpetra", prima opera
di successo di Sciascia, vi ho trovato appunto un giro di frase ed una
aggettivazione di sapore siciliano simili per la loro naturalezza allo
stile di Camilleri.
Maria Dixon
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Cosa ne penso della fiction televisiva?
Credo che andrò contro corrente, ma devo confessare che mi ha annoiato.
Mentre i libri vivono, non è così per la trasposizione televisiva, che non
può rendere per sua stessa natura tutta la dimensione sociale e psicologica
che fa interessanti i romanzi. Se noi li riduciamo a "gialli" li troviamo
inconsistenti. A suo tempo, data l'età, ho visto Maigret; ero bambina, ma
ricordo che la loro forza era legata alla recitazione di Gino Cervi, che
sosteneva tutto lo sceneggiato. Non è così con Montalbano; qui c'è il
contorno, manca il protagonista e non tanto perchè più giovane, quanto
perchè poco, troppo poco credibile come siciliano. Forse Castellitto ce
l'avrebbe fatta; o un vero siciliano. Ho appena visto "RIDI" dei fratelli
Taviani. C'è Zingaretti, in una particina, ma neppure lì convince, non ha
personalità; e c'è Turi Ferro, vecchissimo, è vero, ma lui si che è
siciliano e sa recitare splendidamente.
Aspetto ansiosa che mi si convinca della credibilità di Zingaretti come
Montalbano.
Odeia
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Ci tengo, ad esprimere le mie impressioni sugli sceneggiati tv appena trasmessi: io credo che, sia nel "Ladro di merendine" che ne "La voce del violino" la trasposizione televisiva abbia pienamente rispettato l'atmosfera della pagina scritta e il carattere dei personaggi.
I paesaggi sono affascinanti e la luce che ne emana ti trasporta direttamente dentro alla storia, come peraltro accade attraverso la lettura di questi racconti.
Devo dire che Salvo Montalbano lo immaginavo un po' diverso (piu magro, con capelli e baffi neri), ma questi sono dettagli di poca importanza: è bastato seguire la prima trasmissione perchè Luca Zingaretti diventasse il "mio" Commissario.
Inoltre sono rimasta colpita dalla scena finale de "La voce del violino", con Montalbano ripreso di spalle e appoggiato alla balaustra: sembra perso in chissà quali sogni o pensieri mentre osserva il mare. L'inquadratura è bellissima e l'atmosfera magica......
Devo confessare, però, che mi sarebbe piaciuto avesse fatto un altro "scangio".....Livia con Anna. In effetti Livia non è tra i miei personaggi preferiti (forse un po' troppo lagnosa e assillante?).
Vi ringrazio per aver letto queste mie parole e, aspettando di vedere i prossimi lavori televisi che mi pare siano previsti per quest'autunno, saluto tutti voi con simpatia.
Giusi Galle'
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Cosa ne pensate delle due prime traduzioni televisive del commissario
Montalbano? Dell'interprete Luca Zingaretti?Di tutti gli altri attori?
Della regìa?della musica?
A me é piaciuto moltissimo, l'ho subito amato senza difficoltà questo
accattivante interprete, e anche tutto il resto mi é sembrato degno
della penna del grande scittore.
A presto Franceso
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Allora cominciamo Cosi ....!!
Io mi i chiamo Luigi Genuardi , ho sentito parlare di Camilleri da
tutti (dico tutti!!!! ) un paio
di anni fa'.
Frasi ricorrenti al bar , al supermercato, in ufficio,...insomma
ovunque!:
.....'Bisogna Leggerli questi gialli...., questo commissario Montalbano e
e' frutto di ingegno e bravura ...Ti prego prestami La voce del Violino
....cosi completo la serie (di gialli ovviamente n.d.r) altrimenti quasi
non ci dormo la notte!!!
Ad un certo punto mi sono chiesto...(visto che siamo in tema...alla
Montalbano) ....
Ma cu minchia e' stu Camilleri!!!.?????
Quindi , mi recai in libreria e per la prima volta comprai un libro del
,come definito nel Vostro sito, Sommo Scrittore' , pero a differenza
della massa,compro ' La Concessione del Telefono'
(un piccola curiosita'....Il protagonista si chiama Filippo Genuardi
,,,piccola molla di curiosita'
per l'acquisto!!!.) e con mia grande sospresa dovetti ammettere a me
stesso che quel furore di consensi effettivamente erano
giustificati....
Quindi Compro in ordine di acquisto .
1.) La forma dell'acqua....Interessante!
2.) Il Cane di terracotta ....Non Male!
3.) Il Ladro di Merendine...Eccezionale
4.) La Voce del Violino... Grande!
5.) Il Birraio di Preston... Meraviglioso!
6.) Un Mese con Montalbano...UNA PORCATA
7.) La mossa del Cavallo .........UNA STRONZATA!
Embe' che facciamo???....dove e' finito Camilleri... Arridatemi
Camilleri!!!!
Quindi per il prossimo libro ,gradirei che il sito fornisse ,oltre la
bibliografia anche qualche critica...,qualche suggerimento ,insomma
qualcosa che eviti che un'altro curioso ,(come lo sono stato io due anni fa!! )
non compri disgraziatamente
UN MESE CON MONTALBANO!!! e pensi !!! (sempre alla Montalbano!!)
' Chissa che mi' paria stu' Camilleri
Luigi Genuardi (Categoria Soci Sintuti)
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Non posso entrare nel merito dei giudizi che il Genuardi dà sui singoli volumi di Camilleri. Sono troppo personali.
A me per esempio è piaciuto molto Un mese con Montalbano per la brevità e
l'intensità dei singoli racconti. ma è un fatto personalissimo
Sto faticando un poco con la Mossa del cavallo per via dei passaggi in genovese che rallentano la comprensione, ma il racconto è bello e poi per chi ha letto Quer pasticciaccio brutto di via Murulana di Gadda è uno scherzo.
Pensare che una critica di chicchesia possa condizionare la lettura di un libro è quanto per me di meno convincente ci possa essere.
Io, per esempio, ho tutti i libri che sono scritti da un giornalista vaticanista che si chiama Benny Lai. Li adoro, li ho cercati come un pazzo. Mi sono avvicinato a lui prchè mi interessa quello che scrive. Altri, su mio suggerimento hanno letto qualcuno dei suoi libri e ci mancava poco che mi affogavano.
Così anche per Camilleri. Non certo per quello che se ne dice mi sono fatto convincere a leggerlo. Ma per personale curiosità e attenzione verso tutto ciò che si rifà alla nostra Sicilia.
Per cui, amico Genuardi, leggi le critiche, semmai, dopo avere acquistato un certo libro e fatti una tua idea. Non ti fare condizionare da alcuno per acquistarne di qualsiasi genere. Potresti correre il rischio di perderti qualche capolavoro della letteratura perchè a qualche critico gli girava storta. Te lo dice uno che scrive per guadagnarsi il pane.
Saluti.
Nunzio Primavera
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Egregi Soci,
è con malcelato dolore che debbo dare un poco di ragione al Genuardi.
Premesso che la lettura de La Mossa del Cavallo è un piacere che mi sto
riservando per i più oziosi dì a venire, è innegabile che Un Mese con
Moltalbano rappresenti, diciamo così, un episodio un po' infelice nella
produzione del Nostro (una PORCATA mai, Sig. Genuardi!!!!!).
Credo, però, che ciò si debba al fatto che il racconto breve, la novella
non sia la dimensione che più si attagli alle storie che il Sommo dipinge.
Manca totalmente quella fine caratterizzazione del contesto, dei personaggi secondari, del sapore di Sicilia, diciamo pure così, che costituiscono, accanto alle trame, il vero piacere della lettura di Camilleri. Non per nulla, e qui chiudo, nei pur, per molti versi, pregevoli film che abbiamo avuto tutti modo di vedere di recente, è stato assai complicato per regista e sceneggiatore far "entrare" tutte le cose ci sono nelle 150-200 pagine di un romanzo di Camilleri in sole due ore di pellicola. Come avrebbero potuto spiegare lo "sciauro di fimmina" di Anna Tropeano? Ebbene, figuriamoci se possiamo ritrovarlo in un raccontino di dieci pagine. Credetemi,
Vostro devot.mo
Don Ciccio
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Non sono così drastica nel definire i due ultimi libri di Camilleri, ma lo ammetto: la quantità spesso va a scapito della qualità. A tutti occorre del tempo per rinnovarsi.........
Odeia
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Un Mese con Montalbano...UNA PORCATA!
mi permetto di dissentire, posso concederti che vi si legga dietro un'azione commerciale, ma questo non mi ha tolto il piacere di leggere il libro.
Quando lo lessi, l'estate scorsa, piuttosto che un mese con Montalbano ci
passai due giorni (sono una divoratrice di pagine), per questo adesso me lo stò rileggendo con calma approfittando della seconda mossa commerciale (l'edizione economica).
Se comunque può essere di qualche stimolo alla discussione, posso dirvi che non sono riuscita a finire e quando lascio un libro a metà mi resta sempre il dubbio di non aver colto qulcosa. Ma siccome sono una Pennacchiana convinta conosco i miei diritti:
I il diritto di non leggere
II il diritto di saltare le pagine
III il dirittto di non finire un libro
IV il diritto di rileggere
V il diritto di leggere qualsiasi cosa
VI il diritto al bovarismo
VII il diritto a leggere ovunque
VIII il diritto di spizzicare
IX il diritto a leggere a voce alta
X il diritto di tacere
Luciana
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Mi chiamo Daniele e lavoro in televisione come tecnico video.
Scrivo queste mie opinioni,dissentendo dalla lettera di Genuardi,
che afferma che UN MESE CON MONTALBANO è a suo giudizio una porcata,
e LA MOSSA DEL CAVALLO una stronzata.
Indubbiamente non li ha letti attentamente, o forse era preso da a
ltro, dato che secondo le vendite, il LIBRONE "un mese con montalbano" è
letteralmente andato a ruba, sia nelle edicole che nelle librerie, facendo
riscontrare un tasso di gradimento molto alto anche rispetto ad altri libri
del SOMMO (dati emersi sulla pagina culturale di repubblica questa estate).
Per quanto mi riguarda posso senza dubbio affermare che, anche
" la mossa del cavallo" definita una stronzata, è stata una buona compagna
di lettura, libro scorrevole e molto divertente.
Daniele
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Panorama 20-05-1999
Narratore all'uva passa
La scrittura di Camilleri?
Sotto le spezie, solo italiano basico.
Si sa che ormai, per sapere quanto sono gli italiani ancora bramosi
di leggere un libro, basta chiedere in giro quanti sono quelli disposti
a leggerne uno di Andrea Camilleri.
Ne consegue che il popolo dei lettori di Camilleri tende praticamente
a coincidere con l'insieme dei cittadini capaci di leggere qualsiasi
cosa.
Altrettanto inoppugnabile e pero' il fatto che i lettori di Camilleri
possono suddividersi in due specie: quelli fermamenti decisi dopo aver
letto di un fiato un suo libro, a divorare subito tutti gli altri, e
quelli del tutto incapaci, dopo averne preso in mano uno qualsiasi di
leggerne piu' di tre pagine.
Sara' in fine superfluo osservare che, mentre i lettori della prima
specie (una invincibile armata) sono in grado di apprezzare sia la
scrittura sia gli intrecci di Camilleri, quelli della seconda (quattro
gatti allo sbaraglio) potranno ammirarne purtroppo, soltanto la scrittura
per cogliere i pregi della quale tre pagine sono in effetti anche troppe.
In questa scrittura c'e' del metodo. Trattasi, com'e' noto, di un
correttissimo italiano basico che il Camilleri, per certe sue insondabili
ragioni, ritiene doveroso insaporire conficcandovi qui e la' qualche
vocabolo siciliano.
Ignoto e' il principo che governa lo sparpagliamento di questi termini
sulla superficie della pagina.
Deve trattarsi della stessa legge che regola occultamente che regola
la distribuzione apparentemente casuale, dei chicci di uva passa
nell'impasto di una brioche.
Il procedimento e' comunque geniale.
Ricorda l'estro con cui pulcinella, quando dettava alla scrivano le
sue lettere a Colombina, provvedeva soltanto alla fine a dotarle
di un'adeguata punteggiatura, ordinando di spruzzarvi sopra una
manciata di virgole.
Ruggero Guarini
|
Caro Ruggero, non ti è passato per la testa neppure per un attimo che non
di calcolo e/o di casualità potrebbe trattarsi, ma di naturalezza? Non ti è
mai capitato, parlando in italiano basico, come lo chiami, di infilarci una
o due parole del tuo dialetto di origine? E in quel caso, ti sei messo
apensare con quale regola matematica o statistica le distribuivi? No, ce le
hai infilate perchè ci stavano bene, perchè rendevano meglio il concetto
che volevi esprimere, che non di rado viene sintetizzzato e reso da una
parola dialettale - qualunque dialetto - molto meglio che dall'italiano di
base.... comunque, se sei tra quelli che hanno divorato il Nostro per il
piacere della lettura anche di quei chicchi di uva passa, benvenuto fra noi...
Ida Leone
|
Brava Ida, quando ci vuole ci vuole! Fabio
Non si può smirdiare uno come Montalbano.
L'autore della critica mi sembra alquanto ipocrita, tutti, proprio tutti,
usano anche in modo non voluto il proprio dialetto, d'altronde se così non
fosse, la comunicazione verbale sarebbe sterile. Sarebbe come fare la
critica letteraria a un manuale di biologia, immagginate che palle, non si
saprebbe da cosa comiciare.
Saluti Fabio
P.S.: pensate che il primo libro di Camilleri che ho letto é stato quasi per
sbaglio. ma ora me ne sono innamorato.
Fabio
|
E bravi Ida e Fabio!
Io, che essendo meticcia (figlia di siciliano e lombarda) sono una
zingara dei dialetti, approvo pienamente.
A volte mi trovo in bocca, per naturale magia, delle espressioni
dialettali e cercando il corrispettivo in italiano mi rendo conto che
impoverirebbe la pienezza di quello che voglio esprimere e allora le
uso anche se ho di fronte un interlocutore un po' "ingessato" che
sgrana gli occhi e mi dice "Prego ?".
Semplice: a quel punto basta sorridere e spiegare.
E dire che amo molto l'"italiano basico" .....
Marina
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Visto il folgorante successo ottenuto con il mio precedente scritto (e
pensare che rileggendolo mi è sembrato di essere stata un pò troppo
aggressiva) approfitto della infinita pazienza dei carissimi soci per
intervenire nel dibattito, aperto qualche tempo fa, tema: "Un mese con
Montalbano" è all'altezza dei precedenti capolavori o no? (Una porcata MAI,
come giustamente ebbe a dire Don Ciccio). Io direi che alcuni racconti sono
decisamente deliziosi, altri un pò meno, come se il Nostro avesse avuto
fretta di concludere e quindi avesse lasciato alcune storie in forma di
appunti, in attesa di svilupparle più in là. Infatti sono proprio le
conclusioni, in certi casi, a lasciare a bocca un pò asciutta. Segnalo
negativamente "Guardie e ladri", proprio non ho capito dove andava a
parare, tanto che ho pensato che nell'edizione economica mi fosse saltata
qualche pagina.Forse il Nostro avrebbe potuto scegliere sette di quei
trenta racconti, elaborarli come solo Lui sa fare e far uscire un testo
titolato "Una settimana con Montalbano". Mie personali preferenze: La
sigla, Amore, Il compagno di viaggio (con molta, molta elaborazione), Il
patto, La veggente, Tocco d'artista, Lo Yack. Menzione speciale per i primi
30 righi di Icaro. Si potrebbe indire un test di gradimento fra noi e
compilare una classifica...
Vi ho annoiato già troppo, abbrazzi sintiti circolari
P.S. Non essendo purtroppo di lingua sicula, mi sono sempre ben accetti i
rimproveri sull'uso improprio o errato che io dovessi fare di termini che
ho imparato dall'assiduo studio delle opere del Nostro, nonchè spiegazioni
aggiuntive. Ad es., cos'è il "tinnirumme"? Camilleri lo spiega, ma la
spiegazione non mi convince.
Ida Leone
|
Cara IDA, da pochissimo venuto a conoscenza, per assoluta quanto fortunata
coincidenza,del sito dedicato all'ottimo Camilleri, ne ho divorato il
contenuto al pari dei libri che ho "razziato" in libreria dopo avere letto,
sempre per caso, il mio primo Camilleri, "Il ladro di merendine", in un
pomeriggio d'inverno.
Inutile dire che mi è stato estremamente gradito potere constatare
l'unanime consenso di quanti leggono Camilleri gustandone ogni singola
pagina, vivendone pienamente le atmosfere magistralmente descritte.
Ho scorso la posta dei soci, e mi piace poterti descrivere dettagliatamente
il tinnirume, piatto che da sempre adoro, di difficilissima preparazione, a
meno che non si voglia semplicemente preparare un piatto di verdura e basta.
Il "tinnirume", come spiega Camilleri, sono le foglie delle zucchine
lunghe, lavate e cotte con sugo, un sospetto d'aglio e del pomodoro fresco.
Ci si può condire la pasta, che in questo caso deve essere costituita da
spaghetti "corti", oppure essere servito a solo, secondo due scuole di
pensiero caldo o freddo.
In ognuno dei due modi si tratta di un gusto assolutamente paradisiaco, che
mi permetto di definire rilassante e tranquillizzante, che rimette in pace
con il mondo, da gustare in assoluto silenzio. E non è pura retorica
Camilleriana, ma una ineludibile necessità.
Il problema si pone nella preparazione, anzi addirittura a monte, nella
scelta del periodo giusto, nella scelta del fornitore dei mazzi di
tenerume, che deve essere all'altezza della situazione, nel lavaggio e
successivo taglio e quindi al momento culminante della cottura. La quantità
degli ingredienti (aglio e pomodoro), la qualità dell'olio, la cerimonia
della salatura della pietanza, sono fondamentali ai fini della giusta e
degna preparazione di questo piatto sostanzialmente povero, ma che contiene
tutto il sapore del sole e della terra. Soltanto chi abbia grande
esperienza può preparare questo piatto, inutile affermare che, una volta
gustato, si cercherà sempre questo sapore, non contentandosi delle
innumerevoli imitazioni, a volte propinate con la sicumera dell'ignorante.
Indubbiamente sono sapori, odori e atmosfere tristemente negate a chi
parla (e ancora peggio, scrive) di "italiano basico" e di "interpretazione
sintattica e lessicale"......Prego di scusare questo lungo intervento,
"macari" noioso. Viva Camilleri.
Riccardo Perricone
|
Cari Ida e Riccardo,
in merito al (o alla) "tinnirume", sebbene manchi da tanto dalla Sicilia, il ricordo del suo sapore mi ritorna al palato
facendomi tornare indietro nel tempo di almeno 30 anni.
Il (o la) tinnirume, va mangiata calda (è meglio), con gli spaghetti spezzati (circa cm. 4-5), con gli ingredienti ben descritti
da te, Riccardo, ma con l'aggiunta (permettimi) di piccoli pezzetti di patate lessate (o vuddrute), cotte con le "pampaneddre.
Tale aggiunta, ne acuisce la prelibatezza e ne esalta il sapore semplice ma sublime.
il socio sintutu Osvaldo Miraglia (chiddru 'i firenzi)
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Carissimi amici, ho apprezzato molto tutte le lettere che sono pubblicate dal sito e vorrei dire la mia sul "tinnirume". Io, da meticcia (come dice l'amica Ida) ho avuto la fortuna di avere una nonna che mi ha cresciuto a cucina siciliana di una volta e dialetto di una volta (a casa lei diceva "io parlo siciliano: o lo capisci o lo capisci!) e quindi il tinnirume ho avuto modo di apprezzarlo in vari modi, ma quello che prediligo è il più semplice: bollito, versato con il suo brodo fumante in un piatto "funnuto" o una scodella con tanti giri di olio siciliano non filtrato.
Vi assicuro che è paradisiaco! Mi ricorda quando da piccola ero in vacanza in Sicilia e per merenda la mamma di un mio amichetto ce lo preparava: altro che la Nutella!!! Ci precipitavamo al tavolo della cucina e la voracità ci faceva scottare la lingua.
Io ringrazio Camilleri perché fa conoscere a tutti i pensieri e le usanze di una volta che i giovani siciliani a volte nemmeno conoscono, perché magari i loro genitori modernizzandosi e globalizzando la tradizione culinaria non si sono nemmeno preoccupati di farsi insegnare le ricette antiche dai nonni.
Vi ringrazio se avete trovato questa mia dissertazione interessante.E vi dò un consiglio: se siete meticci come me fatevi insegnare tutto quello che potete dai vostri nonni e zii perché solo sapendo fare tesoro di tutte le tradizioni italiane si è davvero italiani!!! ( ve lo dice una nata al nord, da padre del centro e madre del sud:cioè italiana).
Alessandra
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Camilleri fans club
https://www.vigata.org
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