La Repubblica
13.12.1997
Il commissario Salvo indaga in TV
Montalbano l'eroe di Camilleri, in quattro film su Raiuno
Roma - E' commissario come Maigret, siciliano come Cattanei, affronta le
cose della vita con il doloroso disincanto di Colombo e la tenacia di
Derrick: ma non assomiglia a nessuno di loro. Salvo Montalbano, poliziotto
nell'immaginaria cittadina siciliana di Vigata, e' l'ultimo arrivato nella
grande famiglia dei detective televisivi: nasce dalla penna di Andrea Camilleri, detto
Nene', 72 anni, ex sceneggiatore e regista Rai in pensione,
siciliano di Porto Empedocle, arrivato in pochi anni a una dimensione di
scrittore di "culto" per qualche decina di migliaia di italiani ( le sue
opere edite da Sellerio, viaggiano sulle 30-35 mila copie vendute).
La sua creatura piu' celebre e' appunto il commissaio Salvo montalbano,
protagonista di tre volumi e ora di un quarto, La voce del violino, appena
giunto nelle librerie.
Montalbano sta per diventare ora un personaggio televisivo, grazie alle
cure della Rai e della Palomar di Carlo degli Esposti, che realizzera' quattro
film di 90 minuti ciscuno con le quattro storie di Camilleri, affidate agli
sceneggiatori Francesco Bruni e Angelo Pasquini, con la supervisione dello
stesso autore.
Tre sceneggiature sono gia' pronte, la quarta e' in lavorazione; due dei
quattro film si gireranno nella primavera prossima e andranno in onda su
RaiUno in autunno; gli altri si vedranno nei primi mesi del '99.
"Ho cominciato a scrivere dei libri gialli per darmi una sorta di ordine,
per avere una gabbia solida in cui imbrigliare il racconto" spiega Camilleri
autore anche di libri sulla Sicilia a cavallo tra Ottocento e Novecento.
"Poi ho visto che funzionava e ho trattato Montalbano come un personaggio in
progres, che si modifica di libro in libro".
Il problema pero' e' dare un volto, un corpo e una voce a Montalbano.
Com'e' fisicamente questo commissario e quale attore lo interpretera'?
"Non ho mai pensato Montalbano nella sua interezza, ma a sezioni : tarchiato,
occhi chiari, un neo sul viso, con i baffi, sui 45 anni" dice Camilleri.
"Un lettore bolognese mi ha rivelato che non ha la filosofia dell'uomo
alto. Lo vedo simile a un Jean Rochefort giovane, ma con un volto meno
arguto e nobile, piu' contadino.
L'unica cosa che chiedo e' che sia un bravo attore". Bocche cucite sugli attori
papabili, vanno e vengono parecchie ipotesi: Massimo Dapporto, Claudio Amendola, Giancarlo giannini ....
Probabilmente dovra' essere siciliano, non ci si puo' affidare al "rattoppo"
del doppiaggio, tanto piu' che uno dei punti di forza delle pagine di Camilleri
e' proprio il linguaggio, una scoppiettante e originalissima mistura d'italiano
e dialetto siciliano ("a casa mia l'italiano veniva usato solo per i
rimproveri materni, come fossero sentenze di un giudice" racconta lo scrittore)
difficile da restituire in un film.
"In un primo momento eravamo tentati di mantenere quel linguaggio" dice lo
sceneggiatore Bruni. "Poi abbiamo deciso di tradurre tutto in italiano
conservando la struttura sicilana delle frasi, ma introducendo varie
espressioni dialettali che si ripeteranno di film in film.
Abbiamo cercato comunque di evitare il banale siculo di tanto cinema e tv."
Per quanto riguarda il regista si era pensato a Paolo Virzi', toscano ma
di padre siciliano, ma l'ipotesi e' caduta. Resta in pieda la ricerca di
un autore "di qualita' che sappia racontare con finezza".
E, aggiungeremmo, capace di ironia e anche sarcasmo: la Sicilia di Camilleri
non e' quella tragica della piovra, anche se la mafia c'e', come sfondo ed
elemento della vita quotidiana.
"Della mafia di oggi non capisco nulla e aborro il termine pentiti: non sono
credente, ma penso che il pentitismo sia uno sconvolgimento dell'anima che
non si baratta con qualco'altro" confessa lo scrittore.
"Mi hanno fatto piacere i complimenti televisi che mi ha rivolto il procuratore
Giancarlo Casalli, che considero uno dei pochi risarcimenti da parte dello
Stato verso la Sicilia. Anche se oltre la soddisfazione ho provato un brivido
di paura ne;;'essere citato da un magistrato: chissa' forse era un retaggio
di bisnonni latitanti ..."
Aldo Lastella.