La Repubblica (ed. di Palermo), 29 ottobre 1997

Il futuro sotto l'albero di Falcone

di Andrea Camilleri

Questa estate mi è capitato di partecipare, come unico siciliano tra i presenti, a un dibattito radiofonico sui cambiamenti della provincia in Italia. Ho sentito gli altri parlare d'industrializzazione, di effetti della guerra di Liberazione, di proliferazione di piccole e medie imprese, di modificazioni del tessuto sociale. Parole che non avrei potuto usare, venuto il mio turno, perché da noi non avevano mai realmente avuto corso, non erano comprese nel nostro vocabolario. Ne adoperai altre, profondamente convinto come sono che un cambiamento sostanziale e fondamentale sia in atto, qualcosa capace di modificare carattere e comportamento di noi siciliani. Fenomeno che risulta più evidente a chi, non vivendo nell'isola, vi ritorna dopo più o meno lunghe assenze. Difficile da spiegare, cercherò di farlo ricorrendo a un esempio, come dire, "storico".

Al tempo del bandito Giuliano, le forze dell'ordine impiegarono mesi, anni, per stanarlo dal suo territorio, dove poteva contare su coperture e protezioni. La principale difficoltà era costituita dalla scarsa, o spesso nulla, collaborazione della popolazione. Bene, io non metto in dubbio che l'operato di giudici e investigatori, che le guerre intestine delle cosche, che un inevitabile ricambio generazionale dei "vertici", che il fenomeno dei collaboratori di giustizia abbia concorso a infliggere durissimi colpi alla mafia. Ma credete che questo sarebbe stato possibile se l'aria di torno ai mafiosi non si fosse fatta progressivamente poco respirabile? Passai in macchina, dopo pochi giorni che il fatto era avvenuto, davanti al luogo dove era stato assassinato un maresciallo dei Carabinieri che faceva solo il suo dovere con coraggio.

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Il primo numero dell'edizione di Palermo de La Repubblica, con l'articolo di Andrea Camilleri in prima pagina