Giornale di Sicilia 22/01/1998
Un giallo archeologico in Sicilia. Al via il primo ciak nel Ragusano

KAMARINA. (sit) '...nenti... av'a passàri 'u tempu, àiu a murìri... vogghiu murìri iucànnu'. E giocando un'enorme partita a scacchi in cui i pedoni sono i suoi due nipoti, il vecchio archeologo Briano Teo Calvani si spegne, non senza aver prima organizzato la più grossa trappola del secolo. Andrea Camilleri , avvoltolato in una giacca da casa di quelle marrone sdrucito, con per cintura un cordone da tenda, con la sciarpona di lana rossa, una calotta in testa, gli occhiali spessi così, sembra proprio l'archetipo del nonno buono. Eppure sta seduto su una sorta di trono, da cui dirige il 'complotto'. Siamo al primo ciak siciliano de 'La strategia della maschera', il nuovo film di Rocco Mortelliti che si sta girando nella zona archeologica di Kamarina. Ed è anche il debutto (si fa per dire, vista l'età del protagonista e la sua lunga militanza dietro la macchina da presa) del 'papà' del commissario Montalbano: Camilleri, che poi del regista è anche il suocero, sorride alla telecamera, distribuisce consigli, in fondo il film è anche suo, visto che con Mortelliti ne ha scritto la sceneggiatura. La storia è appunto quella di un vecchio archeologo che tenta di rintracciare dieci antiche maschere del teatro di Menandro, trafugate venticinque anni prima, durante una campagna di scavi. Il vecchio Calvani è sicuro che le maschere siano state rubate da uno dei suoi assistenti di allora. Per recuperarle imbastisce, poco prima di morire, una trappola che comprende il nipote Riccardo, un bambinone di 35 anni che non si è mai allontanato dalla familiare Kamarina. Riccardo (sul set, lo stesso regista Mortelliti) è costretto a recarsi a Roma dove incontra prima l'avvocato Don Ciccio Bova, (interpretato da Pino Caruso), poi il fratello Ettore (Pino Micol), un astronauta che adesso è costretto su una sedia a rotelle, accompagnato da un'assistente sociale (Simona Marchini). Attraverso mille avventure che lo faranno uscire dal guscio provinciale in cui è vissuto finora, e gli faranno recuperare il rapporto con il fratello, Riccardo troverà le maschere, come architettato dal nonno. Camilleri è sul set, alle spalle un mozzicone di colonna antica (autentica): e si diverte, ricalcando un personaggio dei suoi, siciliano fin nel midollo. Certo non si tratta del commissario Montalbano, la lingua, astrusa, non è la sua, ma il giallo, ingarbugliato quanto basta, porta la sua firma. 'Questa è soltanto una parentesi - spiega lo scrittore e regista di Porto Empedocle -, preferisco di gran lunga scrivere, è di sicuro più divertente. Dopo tanti anni passati a dirigere gli attori, adesso mi trovo dall'altro lato della cinepresa e posso capire perché prima gli altri si arrabbiavano alle mie richieste. Comunque fare cinema è molto, molto più difficile che recitare in teatro: qui i tempi sono frammentati, ogni volta devi ricaricarti per partire da zero con la nuova scena'. E quando la carica finisce, Camilleri si alza, saluta tutti e se ne va. Domani è un altro giorno. La troupe lo tratta affettuosamente, proprio da nonno: gli stanno tutti attorno, chi si preoccupa del vento, chi del sole. E lui, tranquillo, accetta. 'Si comporta benissimo - sorride il genero Mortelliti, che è stato anche suo allievo all'Accademia d'arte drammatica -, tutte le cose che ci ha insegnato, ora le fa lui. E il film ne risente, la chiave è quella di Camilleri. Il suo personaggio è stato sì costruito sulla figura del grande archeologo Luigi Bernabò Brea, ma mi è piaciuto dargli una testa tutta siciliana. Qui, lo sanno tutti, si ha una marcia in più'. Le maschere sono state trafugate da una sorta di 'rivale' sul campo, un altro archeologo, che sul set ha la faccia aristocratica di Mariano Rigillo che spiega come 'Windisch-Roth non è un lestofante, ha architettato, sì, di vendere i reperti attici ai giapponesi, ma in fondo la sua è una sfida a distanza, un gioco mai finito con Calvani. Verrà sconfitto alla fine dalla fantasia del vecchio che, si intuisce, sin dall'inizio ha capito chi fosse realmente il ladro. Non è simpatico, questo no, ma non lo definirei un personaggio negativo, è piuttosto un artista, un uomo libero'. Un film "sui generis" per questa Sicilia pirandelliana. 'È la ragione per cui tutti noi l'abbiamo fatto - dice Rigillo, di cui sta per uscire "Atti di giustizia", un film del giovane Giuseppe Terracciano e che si sta preparando a riportare sul palcoscenico "Socrate immaginario" dell'abate Galiani - non è la solita storia dispersa tra le mafie, con riferimenti che nessuno vuol più sentire'. Un 'cameo' lo disegna anche Simona Marchini che, raggiunta a Roma, racconta come 'l'assistente sociale di Ettore, Mary, ricongiunge i due fratelli, fa sì che ricostruiscano il loro rapporto. Mary è tenera, media gli eventi, ma riesce sempre a mantenere il suo aplomb. La mia è stata una parte piccolissima, ma molto intensa. Quando abbiamo finito, sul set romano eravamo tutti commossi'. Sul set anche alcuni attori ragusani, Angelo Milazzo e Biagio Barone (i due portantini), Maria Terranova (la segretaria di Calvani, Assuntina) Giorgio Guerrieri (lo zoppo, detto Totò per la sua straordinaria rassomiglianza con il principe De Curtis) e Pasquale Spadola (il medico): tutti hanno alle spalle numerose parti nei film girati 'in loco', da 'Kaos' dei Taviani in poi. Tutti professionisti, hanno facce che paiono tagliate nella pietra come i muretti a secco del Ragusano. La fotografia è firmata da Maurizio Dell'Orco, il film, per il quale si sta sperimentando il sonoro in presa diretta multitraccia, sul modello americano, è prodotto dalla Demetrio Loricchio per la 'Nuovo Film' di Mortelliti e verrà distribuito in ottobre nelle sale da Cecchi Gori. L'obiettivo? Visto che Cannes è troppo vicina, si punta a Venezia.

Simonetta Trovato