La Repubblica - Lunedì, 11 maggio 1998 - pagina 23
di ALFREDO GIULIANI

VI RACCONTO COME L' HO SCOPERTO E PERCHÉ MI PIACE

Andrea Camilleri l' ho scoperto un poco per volta, a cominciare da Un filo di fumo (1980), divertendomi sempre, immancabilmente, libro dopo libro, ammirando le qualità insolite della sua lingua fabulatoria. Ora questi libri sono almeno una decina, Camilleri sta diventando famoso, e a ogni nuovo titolo che le poste mi recapitano pianto tutto e mi tuffo nella lettura. L' ultimo arrivato, La concessione del telefono, è di una comicità incontenibile. Che cosa mi succede con Camilleri? Mentre leggo certe sue opere decisamente umoristiche scoppio a ridere, come non mi succedeva dai tempi ragazzeschi col delizioso Jerome K. Jerome di Tre uomini in barca. Eppure, soltanto pochi anni fa, e nonostante la viva simpatia per l' autore, ho aspettato mesi a godermi Il birraio di Preston (uno dei più esilaranti) e l' ho tirato fuori dallo scaffale per l' occasionale sollecitazione di un' amica. Forse una parte di me aveva archiviato la maniera farsesca di Camilleri, riluttava a vedere accumularsi le prove letterarie ridicolose, ciniche e alla fine volatili contro la sordida buffoneria della vita umana. Insomma, per un periodo volevo dettare io i tempi della lettura, dicevo: aspetta un po' che mi venga l' umore giusto. Ma l' autore incalzava, a un certo punto inventò il commissario Montalbano e lo ficcò nei casi odierni, in garbugli polizieschi ambientati pur sempre a Vigàta, sicilianissima città che si fatica a credere inesistente; e per me esiste davvero, è il centro della saga iniziata con Un filo di fumo. Dunque mi sono arreso alle sortite di Camilleri, anzi le aspetto per gustarmi quella scrittura pieghevole, sopraffina e popolare, felicemente costellata di dialettismi saporosi, di dialoghi ficcanti e calibrati con perizia, di personaggi e caratteri individuati senza speciose forzature dell' immaginazione (rispettando però i diritti dalla comicità). Camilleri ha una lunga esperienza nel campo dello spettacolo: regista di teatro, televisione e radio, sceneggiatore, insegnante di regia all' Accademia nazionale d' arte drammatica; di questo si può anche tenere conto, ma non basta. Appartiene alla specie degli scrittori artigiani, per scelta, maturazione e inclinazione. è un artigiano colto, con uno spiccato senso della commedia e delle prospettive tragicomiche. Ha cominciato a scrivere narrativa passati i cinquant' anni. S' è inventato scrittore oltrepassando le specificità di uomo di spettacolo, abbandonandosi al piacere della scrittura. Certo, avrà alle spalle Pirandello e Sciascia, Gadda e Frassineti (con il quale condivide l' ironico furore, del resto anche gaddiano, verso il delirante linguaggio della burocrazia). Ma è l' esatto contrario dello scrittore tormentato. Consapevole sì, della letteratura e della società in cui vive, della storia e di ciò che accade oggi; tormentato no, non sembra. Alcuni dei libri più ispirati di Camilleri derivano da brandelli di vecchie cronache, da uno spunto "rubato" a un documento che ha messo in moto la fantasia. La stagione della caccia è nata da una battuta registrata, dice il risvolto di copertina, nella famosa Inchiesta sulle condizioni della Sicilia del 1876. Un filo di fumo prende avvio da un volantino anonimo trovato tra le carte del nonno. Da un fatto riferito nell' Inchiesta nasce l' incredibile baraonda del Birraio di Preston. Da un' altra carta sopravvissuta in casa, un decreto ministeriale per la concessione di una linea telefonica privata (1892), viene fuori l' ultimo libro esilarante-ossessivo, La concessione del telefono. La scrittura e la fantasia di Camilleri fanno concorrenza alla realtà.