di
George Bernard Shaw, come sanno magari quelli che non l'hanno mai letto, era scrittore
caustico ed iconoclasta, sempre pronto a gettarsi cavallo e carretto, come si dice dalle
nostre parti, contro le ipocrisie e i convenzionalismi della società. Ebbene, Shaw ammetteva
pubblicamente di avere avuto un maestro, Samuel Butler, morto nel 1902, sessantasettenne.
Essere serviti da esempio all'irriverenza di Shaw non è cosa da poco. Butler è stato una
specie di uomo-orchestra della cultura inglese dell'ottocento, suonava dovunque lo si
toccasse, nella filosofia, nel diritto, nella scienza, nella letteratura. Suonava anche non
metaforicamente: compose infatti, tra gavotte e minuetti, una cantata e un oratorio,
quest'ultimo intitolato "Ulisse" (si tenga presente che egli aveva tradotto dal greco in inglese
tanto l'Iliade quanto l'Odissea). In Italia Butler è conosciuto per tre libri. Il primo è il romanzo
al quale lavorò per ben dodici anni e che lasciò non revisionato, "Così muore la carne", edito
da Einaudi nel 1939. Il secondo è un bellissimo libro utopistico, "Erewhon"
(che è l'anagramma di nowhere, vale a dire "in nessun luogo") il quale sicuramente
ispirò molte parti del romanzo "1984" di Orwell, a sua volta tradotto in un film che ebbe
qualche notorietà.
Il terzo si intitola "Alpi e Santuari del Piemonte e del Canton Ticino", frutto delle impressioni
di uno dei suoi tanti viaggi in Italia, non solo del nord. Se stavolta parlo di Butler è perché, di
prossima pubblicazione presso le romane Edizioni dell'Altana, vedrà la luce un quarto libro
che interessa noi siciliani. Durante le sue escursioni omeriche, Butler si era reso conto che le
isole e i paesi greci toccati da Ulisse non corrispondevano alla geografia reale. Per tentarne
una possibile localizzazione studiò a lungo le carte nautiche dell'Ammiragliato, pervenendo
ad una stupefacente conclusione. E cioè che tutto il grande viaggio di Ulisse acquistava una
sua plausibilità geografica solo se veniva considerato come un periplo della Sicilia, periplo
che aveva il suo punto di partenza e di ritorno in Trapani. Del resto Tucidide raccontava che
da quelle parti c'era, verso il 1050, una fiorente colonia greca. Non contento di questo, Butler
azzardò un'ipotesi veramente straordinaria. Fin da giovane, studiando il greco, si era
convinto che l'Iliade e l'Odissea fossero state scritte da due autori diversi, non dal solo
Omero come dice la leggenda. E la cosa è assai meno campata in aria di quanto si pensi.
L'Odissea, è innegabile, trabocca d'inesattezze, come dire, "tecniche": per esempio l'errata
collocazione del timone sulla nave di Ulisse, la pessima conoscenza delle armi, insomma
tutto ciò che è guerresco. Al contrario, abbondano le descrizioni delle dolcezze familiari,
della quotidiana vita femminile e l'esaltazione delle virtù domestiche
(Penelope ne è un alto esempio). Da queste, e da innumerevoli altre considerazioni, Butler arriva
ad affermare che a
creare il grande viaggio-metafora d'Ulisse sia stata una donna di Trapani che si è
autoritratta, in qualche modo, nel personaggio di Nausicaa. Del resto, a quell'epoca, a darsi
alla letteratura (poesia, in particolare) erano le donne, dovendo invece gli uomini
commerciare, navigare e soprattutto combattere. Il manoscritto dell'originale libro di Butler si
trova nella Biblioteca Fardelliana di Trapani, cui l'autore volle donarla, "L'autrice
dell'Odissea" (così s'intitola questo saggio che si legge come un romanzo) venne pubblicato
sul finire degli anni '60 da un editore trapanese. Con quest'altra nuova edizione sarà più
accessibile. Io, per parte mia, ho voluto cogliere l'occasione per rendere ancora una volta
omaggio, in modo spero non formale e al di fuori delle feste a comando, a tutte le donne
siciliane...
Andrea Camilleri