E’ siciliano come Andrea Camilleri, come lui scrive racconti gialli ambientati in Sicilia, come lui pubblica da Sellerio, come lui usa gli
ammiccanti vezzeggiativi Mimì, Fifì, come lui ha dei lettori (non altrettanto numerosi) che lo seguono e si appassionano alle avventure
di un detective di fantasia. Anche lui scalerà le classifiche dei libri più venduti? Anche lui diventerà scrittore lettissimo, da Aosta a
Ragusa, nonostante il disinteresse dei critici? Questo nessuno può dirlo, ma di sicuro Santo Piazzese, laurea in scienze biologiche, di
professione insegnante, palermitano di cinquant’anni, è narratore che lascerà traccia in queste ultime non esaltanti annate letterarie
italiane.
La doppia vita di M.Laurent è il titolo del romanzo da poco pubblicato da Sellerio nella blasonata collana “La memoria”: I delitti di via
Medina Sidonia (stessa collocazione editoriale) risale al 1996 e costituisce una novità per stile e contenuto, anche se il genere è
quello poliziesco. La novità è cosituita dal fatto che la Palermo in cui si muovono i protagonisti delle storie di Piazzese, pur avendoantica memoria nelle piazze, nei nobili palazzi residui e nei muri
scrostati, non ha nulla a che vedere con la gattopardesca città “capitale” della mafia, o meglio, nulla ha a che vedere con essa il
punto di vista del narratore. Palermo come Roma o Milano, insomma; o ancor meglio, come Chicago o Los Angeles, tanto più che l’investigatore
creato da Piazzese (Lorenzo La Marca), più che assomigliare a un Boris Giuliano, ricorda Philip Marlowe. Anzi, dai due romanzi si evince che
le letture formative del biografo scrittore affondano le radici nella letteratura d’oltre oceano, oltre che nella musica e nel cinema di
quella parte di mondo. Ed è proprio questo continuo mostrare le “carte d’origine” ad abbassare le qualità narrative di Piazzese, complici la
ricerca della battuta a ogni costo e diffuse ridondanze, compresa una puntuale ma non sempre utile geografia cittadina.
A proposito del narrare di Santo Piazzese si è parlato di “blues palermitano”. definizione che rende bene non soltano il ritmo narrante,
ma anche l’atmosfera che avvolge i suoi racconti. E si può dire questo: che mentre per Camilleri il dialetto siciliano è di tipo folcloristico,
e perciò espressione di una “rassicurante” Sicilia così come la immaginano o la vorrebbero milanesi e trevigiani, per Piazzese è uno
stereotipo giovanilistico, come certe espressioni di ingua inglese. Non importa se pronunciate alla Vucciria, al quartiere Prenestino o al
Giambellino.