La Repubblica - Luned́, 20 luglio 1998 - pagina 23

di STEFANO MALATESTA

La Sicilia di CAMILLERI
MONTALBANO TERRA E MARE

La Vigàta dove indaga il commissario più celebre d' Italia non esiste almeno ufficialmente Nel costruirla l' autore ha usato Porto Empedocle e la memoria della sua infanzia

Porto - Empedocle La Vigàta del commissario Montalbano e delle altre storie di Andrea Camilleri è un paese di terra e di mare che non c' è più. Appartiene interamente alla giovinezza dello scrittore, nato a Porto Empedocle, dove i pescatori abitavano in piccole case a un piano dipinte di bianco, di giallo e di azzurro. E nei tre circoli ora scomparsi i borghesi - nobili non ce n' erano - chiamandosi con i soprannomi, Ninì, Cecè, facevano della chiacchiera un' arte sopraffina. I dialoghi di Camilleri, straordinariamente vivaci e mossi, metà in siciliano e metà in italiano, risentono di queste conversazioni portate verso gli strati più alti e evanescenti della dialettica, per puro piacere. Il bisnonno materno, Giuseppe, possedeva una villa a due chilometri da Porto Empedocle, dove si giocava a biliardo, si suonava la pianola, si mangiavano sformati di melanzane preparati da un cuoco che sapeva dove mettere le mani. C' era una passeggiata di mezzo chilometro, dove si poteva camminare all' ombra di roselline bianche, tra boschetti di aranci, limoni, mandarini e macchie enormi di gelsomino d' Arabia che di notte spandevano intorno un profumo acutissimo. Qualche volta il patio, che aveva le mura molto alte, come i carmen dell' Albaicin di Granada, veniva usato per i duelli nelle solite questioni d' onore. E dalla terrazza, dietro gli ulivi saraceni, si vedeva il mare. "La casa sta ancora là e non ho i soldi per rimetterla in ordine" dice Camilleri. "Ora, quando ti affacci da una finestra, ti trovi davanti ad un' altra finestra, quella della casa di fronte. Trenta anni fa tagliarono gli ultimi alberi che reggevano il terreno e alla prima alluvione la collina di marna è scivolata giù, portandosi via le case dei pescatori. Poi hanno costruito i palazzacci secondo il principio del lager e del bunker e quello che era un viottolo transennato è diventato un' autostrada. Mi si torcono le budella ogni volta che lo percorro. I produttori della serie televisiva su Montalbano sono stati costretti a cercare un' altra Sicilia per ritrovare Vigàta. Credo che abbia scelto il siracusano e gli Iblei: Scicli, Palazzolo Acreide, dove le campagne sono ancora bellissime e i paesi conservati con decoro. Tu sai che in uno o due dei miei libri compare un' attraente e disinvolta svedese. L' ho messa come per datare l' epoca e per ricordare uno dei miti dell' erotico fantastico siciliano. Oggi che ci verrebbe a fare una svedese, in questo manicomio di cemento?". Tra un' indagine e l' altra Montalbano si ferma volentieri in trattorie a mare, dove lo rispettano non per la sua qualità di sbirro, ma perché sa apprezzare: pasta con le sarde, gamberetti olio e limone, triglie fritte. Se veramente mangiasse tutto quello che lo costringe a mangiare Camilleri, avrebbe le dimensioni di una botte. Poi stramazza a letto per fare il chilo nella sua villetta di Marinella, lungo la strada verso Sciacca. O va a nuotare e a passeggiare sulla spiaggia ponzando ai casi delittuosi, non troppo a lungo perché "futtiri addritta e camminari na rina portano l' omu alla rovina". La costa fino a Sciacca è una delle più belle della Sicilia, con dei tratti di macchia mediterranea verso il fiume Platani vincolata dalla forestale, dove non hanno potuto costruire. Trent' anni fa le villette abusive come quella di Montalbano erano ancora poche, oggi sono molto più numerose e il commissario, forastico e solitario, non ci andrebbe ad abitare. Tanto varrebbe prendere un piccolo appartamento in paese, tre stanze, bagno e cucina, simile a quello dove Camilleri passa qualche settimana l' anno, vicino al monumento a Pirandello in stile moscovita, con la coppola e gli stivali kolkosiani che spuntano da sotto il risvolto dei calzoni. Con l' antico paesaggio contadino e marinaro, se n' è andata anche una cultura povera e rassegnata, ma dignitosa, che aveva molto forte il senso del rispetto reciproco, dei riti familiari, civili e religiosi. "Allora non c' erano telefoni. Veniva a tuppiare alla porta la cammerera di casa tale e diceva a mia madre: "La mia padrona ci dà parte e consolazione che oggi pomeriggio, alle cinque, la viene a trovare". Questa era la formula, onnicomprensiva di partecipazione e di consolazione in caso di nascite, battesimi, morti. Naturalmente tu dovevi ricambiare entro tre giorni, se no sgarbo era. Ma non bastava accogliere semplicemente, bisognava "fari facci", dimostrare viso lieto e allegrezza per l' arrivo. Quando qualcuno ritornava da una visita ai parenti lontani, la prima cosa che si chiedeva era: "Ti nni ficiru facci?". E in base alla risposta si stabiliva come comportarsi in caso di reciprocità". "A Porto Empedocle i pescatori e i commercianti e grossisti di zolfo erano siciliani. E i commercianti di generi alimentari venivano da Amalfi o da Napoli: per andare ad accattare tanticchia di farina si diceva: "vai dal napoletano". Tutti sapevano di tutti e anche di chi era mafioso. Ma non se ne parlava, la mafia era ignorata, come si ignora il mal di pancia che hai avuto al pranzo di gala. Erano fatti loro, ci abbiamo messo mezzo secolo a capire che erano anche fatti nostri. Se succedeva qualcosa chiudevi la finestra di casa tua, perché non entrasse nella tua famiglia. Ora l' atteggiamento è cambiato e quando hanno ammazzato quel povero maresciallo dei carabinieri, ci sono state decine di telefonate in questura e ai carabinieri. Le telefonate erano anonime, ma trent' anni fa non avrebbero mai chiamato". "Poi c' erano personaggi quasi scomparsi: uomini di rispetto non nel senso mafioso, che riuscivano ad imporsi anche ai mafiosi per il loro grande, risaputo coraggio fisico e per la loro assoluta integrità. Ne ho conosciuti uno o due e ti voglio raccontare una storia che mi riguarda. Alla vigilia di Natale del 1944, in una Sicilia occupata dagli americani, io stavo nella casa di uno di questi signori. In un salone i ragazzi ballavano e in un' altra sala i grandi giocavano forte, a zecchinetta, a baccarat e non so perché decisi di giocare anch' io. All' epoca lo stipendio di mio padre era di 1300 lire e io sulla parola persi 8mila lire, una cifra inaudita. Quando finì il gioco l' uomo di rispetto mi chiamò e mi disse solo: "Picciotto, ricordati che i debiti di gioco si pagano entro le 24 ore". Mi devi credere, uscendo alle tre e mezzo di notte dalla sala avevo un solo pensiero fisso: quanto sono cretino, pensa quanti libri avrei potuto comprare con 8mila lire. Perché non avevo nessuna possibilità di pagare il debito". "Tornando a casa, all' incrocio con una stradetta, incontrai uno che sembrava ripararsi sotto l' entrata di un negozio chiuso. Poi arrivò un altro, mi piantarono una pistola sotto il mento e mi dissero: "I soldi". Avevano una lampadina tascabile e mentre aspettavo di essere ammazzato di botte, il primo mi guardò in faccia, spense la lampadina e mi lasciò andare, mormorando: "Ah! Vossia scusasse, buona notte". A casa vomitai nel bagno per la paura e il giorno dopo al caffé Castiglione, un tale si avvicina e dice: "Don Nené, me lu paga un caffé? Vale per la nottata persa di stanotte". Era il rapinatore, doveva lavorare al porto, mio padre era ispettore delle compagnie portuali e mi aveva riconosciuto. Raccontai tutta la storia ad una amica ricca di Agrigento, lei si impietosì e mi prestò le 8mila lire. Così andai a trovare il personaggio di rispetto con la mazzetta dei soldi in una borsa. Lui li contò e li mise in un cassetto. Quando feci per andarmene, mi richiamò: "Sei un bravo picciotto. Riprenditeli. Io non accetto soldi da un picciriddu"". Dice Camilleri che a Porto Empedocle le cose sembravano immutabili, i possidenti che andavano ai circoli e i contadini che zappavano la terra cantando gli inni della passione o i canti in onore del padrone, quando era buono, come i negri dell' Alabama. Il fascismo, arrivato nell' isola a onda morta, aveva cambiato poco o nulla e si sopravviveva per mutuo soccorso, secondo gli strati sociali e per una certa diffusa umanità. Il padre dello scrittore era stato un bravo combattente della Grande Guerra, siciliano nella Brigata Sassari, e squadrista della prima ora. Invece di arrestarlo, gli americani lo avevano nominato comandante del porto. E quando morì e il feretro venne trasportato nel cimitero del paese, il custode del cimitero s' inginocchiò profondamente davanti al carro funebre, quasi con partecipazione personale. Questo custode, che si chiamava Turiddu Hamel, d' origine maltese, era comunista e durante il fascismo aveva sofferto anni di galera e di confino. Faceva il sarto e per ricompensarlo della galera gli avevano dato il posto di custode, figurarsi. Incontrandolo qualche anno più tardi lo scrittore gli chiese: "Turiddu, mi devi levare una curiosità. Tu sei sempre stato comunista e mio padre era fascista: perché si sei inginocchiato in quel modo?". E lui rispose: "Proprio perché ero comunista nessuno mi dava da fare lavori di cucito. Tuo padre mi ordinò cinque divise". Seguì la lunga era democristiana, che sembrava interminabile come l' era glaciale. I potentati del posto avevano diritto alla riconoscenza della gente e al loro voto in rapporto alle loro capacità di attrarre insediamenti che portassero lavoro. Arrivò il consumismo - le esigenze del consumismo - e contemporaneamente si fecero sempre più numerosi quelli che scoprivano che si poteva campare senza fare niente, con la cassa integrazione, con la previdenza, con l' invalidità. Dice Camilleri che a Porto Empedocle è svanita ogni attività culturale e che invece è arrivata la droga tra i giovani: "Prima forse un quintale te lo davano, ma un grammo no". Uno dei pochi dati positivi è una maggiore sensibilità dei paesani al cancro mafioso, sensibilità che varia da area ad area, ma che è avvertibile in tutta la Sicilia. "Lo sbirro Montalbano si muove in un paesaggio che risale alla giovinezza del suo autore, e nello stesso tempo ha a che fare con situazioni contemporanee: droga, televisioni private, immigrazione nord-africana. E' anche un poliziotto anomalo, perché non ha sopra di lui un giudice rompicoglioni che lo tormenta ed è quindi libero di indagare come vuole. Il questore lo tratta come un figlio e sua moglie gli prepara sempre nuove ricette di polipetti. Credo che il successo delle storie del commissario presso gli stessi uomini della polizia sia anche dovuto al fatto che racconto una favola, una favola per poliziotti".