Sette (Corriere della Sera) 

Fava intervista Camilleri

Ritratto inedito dello scrittore piu' amato del momento. Che a 73 anni, grazie a un commissario gourmet e scorbutico e a un linguaggio pungente, ha conquistato le classifiche. Ecco i suoi vezzi e i suoi segreti. La conversazione di Sicilia comincia con una guantiera di minne di Sant'Agata, pasterelle di marzapane rotonde e morbide come i seni delle donne (le minne appunto, con la ciliegina a fare da capezzolo) che il vostro cronista ha recuperato im una pasticceria della capitale. Busso a casa del Maestro in fondo a un pomereggio bollente, uno di quei crepuscoli romani in cui bisognerebbe solo aspettare sera in mutande e canotteria davanti a un balcone spalancato. Arrivo con le mie minne e Andrea Camilleri s'illumina come un ragazzino. Mi dispiace gli dico, avevano finito i cannoli. Non e' vero, Volevo portagli proprio le minne. Che sono il dolce tipico di Catania. E siccome Camilleri nei suoi libri non parla mai di Catania ...

"Ha ragione. C'e' Vigata, che poi e' il mio paese. Ci sono un po' di villaggi di contorno, strade, piazze, trazzere (viottoli. ndr) ... Catania e Palermo mai."
Scusi ma che razza di Sicila e' questa? Lo penso non oso chiederlo. Camilleri mi risponderebbe, giustamente sprezzante: e' la mia. Con quel senso di onesta presbiopia che porta ciascun siciliano a eleggere le pietre di casa propria centro dell'universo, come faceva Dali' con la stazione di Perpignan.
"Ora ci pigliamo il caffe."
Sprofonda nella poltrona e io mi guardo in giro. Un salotto minuto, la stufa di pietra, il solco dei libri attorno a noi, qualche centrino di pizzo. E qui mi fermo. Perche' quando due siciliani si incontrano in trasferta, il rischio e' quello di riconoscere premonizioni della Sicilia ovunque si posi lo sguardo. Una malattia piu' che una nostalgia.
"Noi siamo due sicilianio di complemento", dice Camilleri, che si porta addosso il suo mezzo secolo romano senza scalfire l'accento agrigentino. "Quelli che sono rimasti laggiu': ecco loro sono in servizio permanente e affettivo."
Laggiu': cioe' Vigata. La Macondo di Andrea Camilleri, patria di tutte le sue storie, quelle che rispolverano il passato attraverso vecchie bolle prefettizie, e quelle che si inacidiscono in un presente di guappi, stiddari e commissari di p.s.
"Succede a tutti gli srittori", dice il Maestro palpando con lo sguardo le minne. "Devi fabbricarti un tuo mondo in cui i personaggi possano esistere: passi da una strada, ti innamori e ci costruisci sopra mezza dozzina di romanzi. A me e' successo lo stesso. Ho scritto per la prima volta il nome di Vigata e non sono riuscito piu' ad uscirne. Ogni tanto aggiungo strade, case, sposto una collina. Ma di Vigata non mi muovo piu'"
Dentro Vigata, Camilleri ha piazzato Montalbano, commissario di ostinate letture e di magnifica forchetta, ocsi' poco sbirro da essere stato amato subito da tutti gli sbirri d'Italia.
"Lo sa che quelli del Siulp, il sindacato dei poliziotti, mi hanno dato un premio? Sono contenti di questo commissario che lo sognano la notte.
Perche'? "Perche' non esiste. Perche' e' il loro poliziotto ideale. Se lo vede lei un commissario che decide ogni cosa di testa sua senza prendere ordini nemeno dal giudice, con una fidanzata che sta in Ligura e quelli della scientifica che in mezzora gli risolvono ogni problema?.
In Sicilia, uno come Montalbano lo avrebbero fatto campare due giorni ...
"Vero". La sua Sicilia, Maestro, mi pare piu' confortevole di quella vera.
"Per esempio?"
< Nessuno si lamenta mai dello scirocco.
"Perche' a me piace. E a montalbano pure. Farsi una nuotata, uscire dall'acqua e ritrovarsi asciutto prima di infilarsi le scarpe. Montalbano soffre le giornate che cambianoL prima sole, poi pioviggina, di nuovo il sole ... Gli danno ansia".
E con gli altri personaggi come la mettiamo? C'e' un sospetto d'umanita' che attraversa tutte le sue creature, anche i mafiosi, i fanatici gli ominicchi ... "Ci hanno abiutato a dividere in due la Sicilia, da una parte i martiri e dall'altra i carnefici. Una cosa da manichei. A me interessa la linea d'ombra, il momento in cui si mescolano luce e buio .. Proprio come succede a Montalbano".
Che sa apprezzare l'ironia anche nei briganti.
"L'ironia e' l'unico modo sincero per raccontare la Sicilia, anche se poi e' solo la Sicilia che vorremmo. Glel'ho detto, noi che viviamo altrove abbiamo depurato nella memoria i nostri luoghi, abbiamo perso l'odio .." .. le incazzature sbiadiscono. "E resta il meglio". Cioe' il commissario Montalbano. " Lui".
Il maresciallo Fazio, che e'l'uomo di fiducia di Montalbano, dice che il commissario e' un comunista arraggiato.
"Il maresciallo Fazio, con rispetto parlando, non ha capito un cazzo. E' uno come noi: appena sentiamo un cristiano arrabbiarsi per qualche ingiustizia diciamo subito che e' comunista".
Lei c'e' mai stato in un commissariato?.
"Una volta, quando c'era Scelba. Disordini giovanili".
Le basta poco per scrivere di Sicilia.
"La botta sulla spalla che mi da' la storia o la cronaca: una frase, una riga, una carta geografica ... Un filo di fumo, il mio primo romanzo, me lo sono tenuto in testa per due anni, non trovavo piu' il documento che mi aveva ispirato. Lo tenevo in tasca: scomparso. Un giorno incontro Sciascia e lui mi fa: guarda Andrea che c'e' una libreria antiquaria in questa via, tu entri, guardi nel primo scaffale a destra e li trovi ..."
Camilleri dice Sciascia come fanno solo gli agrigentini, con la lingua che scivola rapida sulla esse e subito si perde nel labirinto di vocali. Con Leonardo c'era amicizia. E la medesima passione per la Sicilia da indagare. Sciascia inseguiva il pessimismo della ragione. Andrea Camilleri preferisce l'eterno prurito di una risata e questa lingua bastarda di un dialetto appena svezzato, quanto serve per farsi intendere anche dagli altri che siciliani non sono.
"Sciascia me lo diceva sempre: Andrea, ma cosi' chi ti legge? Per una
volta fu piu' pessimista del necessario".
Lei invece e' ottimista.
"Ha presente il gattopardo? io sto con Chevalley il torinese, non con il principe di Salina. La rovina della Sicilia e' passata anche dagli aristocratici: potenti, infelici, lontani da tutto".
Rilegge spesso Sciascia?
"Sempre. Tre o quattro pagine prima di mettermi a scrivere, mi serve per ricaricare le batterie. Anche se poi non c'e' scrittore siciliano piu' lontano da me: il suo continuo esercizio della ragione per me e' impossibile. Io ho bisogno della follia, della trasgressione, le mangiate del commissario, i sughi che preparano alla trattoria San Leonardo ...".
Gli spaghetti con la salsa corallina, uova di aragosta e ricci ... "... e il pesce all'acqua di mare con quei due cucchiai di salmoriglio. Pesce freschissimo, condimenti naturali, il vino giusto ..."
Terra magnifica. Se non fossimo cosi' innamorati dei furbi.
"si consoli. Abbiamo cominciato ad apprezzare i furbi anche nel resto del paese. Sciascia me lo diceva sempre: la palma va a nord, ogni anno sale di qualche metro, in territori dove prima non avrebbe mai attecchito. Un fatto come dire ..."
Come dire, Maestro? "Scientifico ...."


Claudio Fava