Panorama 03.07.1998IL ROMANZO Lingua, plot e ironia di Angelo Guglielmi
C'è la corsa a scrivere di Camilleri, il fenomeno dell'anno. Primo da settimane
nella classifica libri, centinaia di migliaia di copie vendute, consensi generalizzati sui giornali,
presto anche in tv. Il suo successo ha inizio con la serie gialla dominata dal Commissario Montalbano,
una sorta di Maigret più colto, che unisce l'acume dell'indagine al piacere della conoscenza. Ma prima
della serie gialla Camilleri aveva scritto più di un romanzo che giallo non era pur se, come i gialli,
nasceva da un pretesto colto nella storia reale della Sicilia e, come i gialli, si affidava a una trama
spessa e serrata che sviluppava, avvolgendoli in una tela straniante, gli accadimenti del plot. È che
Camilleri è uno scrittore siciliano e siciliano vuole rimanere. Sciascia si fa francese, Vittorini milanese,
Camilleri come Pirandello vuole rimanere (e rimane) siciliano. E i siciliani sono oppressi (assediati)
da una realtà e da una natura forte e prepotente che mentre accettano (e di essa non potrebbero fare
a meno) pure sentono il bisogno di distanziare. Di distanziarla senza perderla di vista, anzi allargandone
lo specchio di visione. Così Pirandello la raddoppia cioè mette in dubbio l'unicità del reale offrendolo
a ogni tipo di sospetto (di incertezza); Camilleri la persegue da vicino (quasi l'anticipa) adottando
adeguate difese per non essere travolto. La difesa massima è l'ironia che Camilleri ha l'accortezza di
fare salire dalle situazioni oggetto di racconto fingendo una neutralità di autore.
Così con
"La concessione del telefono" Camilleri ci propone un romanzo epistolare (struttura già adatta al racconto
d'amore) in cui, con forzatura geniale, sviluppa una feroce (ma irresistibile) satira contro la burocrazia
piemontese sbarcata (con i Mille) in Sicilia, contro l'efficienza (e l'onestà professionale) delle istituzioni
preposte all'ordine pubblico, contro l'architettura dei rapporti sociali nei cui anfratti crescono i
germi della mafia, contro la virilità dei siciliani, il sacrificio delle donne e l'onore offeso. Ma oltre
(più ancora) che il ricorso a accorgimenti strutturali (appunto il romanzo epistolare) decisiva in questa
straordinaria messa in scena di Camilleri è la lingua usata. Non si tratta di un misto di italiano e
dialetto ma di un italiano meticciato con il dialetto e un dialetto meticciato con l'italiano: dunque
di una lingua inventata che combatte la mancanza di agilità che affligge la lingua italiana, dotandola
di una espressività implicita, scalata su una pluralità di piani tonali, capace di intrattenere con il
lettore un rapporto di maliziosa complicità. E il lettore si diverte e apprezza.
ANDREA
CAMILLERI, "La concessione del telefono", Sellerio, pp. 269, lire 15 mila.