Panorama 20-05-1999

Narratore all'uva passa
La scrittura di Camilleri? Sotto le spezie, solo italiano basico.
Si sa che ormai, per sapere quanto sono gli italiani ancora bramosi di leggere un libro, basta chiedere in giro quanti sono quelli disposti a leggerne uno di Andrea Camilleri. Ne consegue che il popolo dei lettori di Camilleri tende praticamente a coincidere con l'insieme dei cittadini capaci di leggere qualsiasi cosa. Altrettanto inoppugnabile e pero' il fatto che i lettori di Camilleri possono suddividersi in due specie: quelli fermamenti decisi dopo aver letto di un fiato un suo libro, a divorare subito tutti gli altri, e quelli del tutto incapaci, dopo averne preso in mano uno qualsiasi di leggerne piu' di tre pagine. Sara' in fine superfluo osservare che, mentre i lettori della prima specie (una invincibile armata) sono in grado di apprezzare sia la scrittura sia gli intrecci di Camilleri, quelli della seconda (quattro gatti allo sbaraglio) potranno ammirarne purtroppo, soltanto la scrittura per cogliere i pregi della quale tre pagine sono in effetti anche troppe. In questa scrittura c'e' del metodo. Trattasi, com'e' noto, di un correttissimo italiano basico che il Camilleri, per certe sue insondabili ragioni, ritiene doveroso insaporire conficcandovi qui e la' qualche vocabolo siciliano. Ignoto e' il principo che governa lo sparpagliamento di questi termini sulla superficie della pagina. Deve trattarsi della stessa legge che regola occultamente che regola la distribuzione apparentemente casuale, dei chicci di uva passa nell'impasto di una brioche. Il procedimento e' comunque geniale. Ricorda l'estro con cui pulcinella, quando dettava alla scrivano le sue lettere a Colombina, provvedeva soltanto alla fine a dotarle di un'adeguata punteggiatura, ordinando di spruzzarvi sopra una manciata di virgole.
Ruggero Guarini