La Stampa 06-05-1999

Tivu' & tivu'

Montalbano con il libro sceneggiato batte anche il collega Montesano
 

di Alessandra Comazzi
Due poliziotti a confronto. Ma il confronto risulta improponibile, impari, persino ingiusto. Uno è un commissario, si chiama Montalbano, deriva da un libro, colto e popolare nello stesso tempo, e il suo nome deriva da un altro libro. L'altro è ispettore, si chiama Giusto Giusti e deriva dalla fantasia di un gruppo di sceneggiatori (Sergio Donati, Luigi Montefiori, Marcotullio Barboni) e dall'antica tradizione della commedia dell'arte. Diciamo subito i dati di ascolto: 6 milioni 251 mila spettatori per «Il ladro di merendine» su Raidue, regista Alberto Sironi; 4 milioni 430 mila per «Il segreto del vecchio pistolero» su Canale 5, regista Sergio Martino. La specialità di Enrico Montesano poliziotto è quella di travestirsi, insieme con la sua squadra (tra cui una donna, Mietta, e un nero, Bed Cerchiai) per stanare i malviventi, naturalmente in lotta perenne con i superiori che lo ostacolano. Il personaggio che ne nasce è una maschera, un tipo, con le sue caratteristiche fisse e i suoi stilemi linguistici («te possino», a esempio).
Montalbano è prodotto dal talento dì uno scrittore, Andrea Camilleri, tardivamente scoperto, negli Stati Uniti prima che da noi. Poi da noi è esploso, diventato un caso letterario. Adesso il commissario è passato alla televisione, con la sua Vigata (la cittadina immaginaria e metaforica della Sicilia dove si svolgono tutte le avventure), la fidanzata Livia di Boccadasse, Genova, i subalterni Fazio Gallo Galluzzo e Catarella, gli amici, i compagni, i cuochi e le cuoche. E il linguaggio, quel linguaggio siculo-italiano, che rappresenta una delle caratteristiche più evidenti della scrittura di Camilleri. Primo quesito; come risolvere, con gli attori la questione della lingua? Secondo quesito: come trasferire in una persona vera le caratteristiche di una creatura immaginaria e familiare? Ogni lettore avrà pensato il «suo» Montalbano, forse grasso per via della propensione per la buona cucina, forse di mezza età (ha fatto il '68), forse sornione fino a quando non si desta per dare zampate ai cattivi. In compenso, chi doveva trasferire i romanzi in tv, si è trovato il compito agevolatissimo dalla scrittura di Camilleri, dai suoi dialoghi che sono già una sceneggiatura, potente a pronta. C'era solo da tagliare e da cucire. I quesiti hanno avuto brillante risposta. Luca Zingaretti è senz'altro più giovane del Montalbano letterario, il '68 non l'ha fatto, ma interpreta con aderenza e passione il personaggio. Lo rende vero, umano, vivido, vitale, carnale. Aiutato dagli altri attori, tutti scelti con estrema proprietà. Il problema della lingua di solito viene risolto dagli sceneggiati in modo approssimativo: qualcuno parla con accento regionale, quasi sempre sbagliato, gli altri rispondono a pera, tanto vale parlare tutti in italiano. Qui no, qui l'italo-siculo è attendibile. Quello di Zingaretti-Montalbano, e anche degli altri, non è più un accento, ma è la trasposizione orale della forma scritta. L'unico personaggio un po' stonato è la fidanzata Livia, la tedesca Katharina Bohm, già fidanzata del medico Massimo Dapporto. E' doppiata, e si sente, porta nel film tv quell'aria estranea e senza personalità delle produzioni internazionali. Dopo «Il ladro di merendine», la settimana prossima tocca alla «Voce del violino». Quattro pallini, da vedere.