Giornale di Sicilia 01-04-1999

Parla lo scrittore siciliano che firma la riduzione scenica di uno dei suoi libri più famosi. Debutto il 9 a Catania

Camilleri, dai romanzi in teatro a tutta birra

di RITA SALA 

ROMA - Andrea Camilleri e il suo birraio (Il birraio di Preston, uno dei più tradotti e letti fra i titoli dello scrittore siciliano) trovano la via del palcoscenico. L’appuntamento con lo spettacolo tratto dal romanzo è per venerdì, 9 aprile, al ”Giovanni Verga” di Catania. Lo stesso Camilleri ha curato la trasposizione teatrale, per la regia di Giuseppe Dipasquale e un cast di attori che, accanto a veterani dello Stabile catanese quali Miko Magistro, Tuccio Musumeci e Mariella Lo Giudice, arruola Giulio Brogi nella parte del delegato Puglisi. Il birraio di Preston, prima che un libro firmato Camilleri è stato un libretto di tal Guidi (ci perdoni l’esimio poeta) per la musica di Luigi Ricci. Risultato: un’opera lirica definita di ”dimessa cordialità” e rappresentata per la prima volta nel 1847. Sulla fantasia di una contestata messinscena di tale lavoro, imposta all’orgoglio siciliano, in Sicilia, da un prefetto venuto dal Nord (e parallelamente, a Preston, dalla passione per l’opera italiana del birraio del titolo) si fonda il romanzo. Una festa di inventiva, lazzi, frizzi, beccate, allusioni, personaggi e tipologie, fisiche e psicologiche. Camilleri non è nemico delle cosiddette ”riduzioni”: «Il termine mi ha sempre divertito dice perché, se in latino ha un suo preciso significato, suona diminutivo, invece, in lingua italiana. Comunque, il teatro nulla può togliere alla letteratura: ben vengano le ”riduzioni”, gli adattamenti teatrali o radiofonici, che più di quelli per il cinema o la televisione garantiscono al linguaggio della pagina scritta la necessaria fedeltà. Del Birraio avevo già curato, non a caso, una versione per la radio, regolarmente andata in onda e che giudico soddisfacente. Ora, avendo assistito ad alcune prove dello spettacolo di Dipasquale, sono molto felice di aver lavorato anche al copione teatrale». Miko Magistro impersona Camilleri, l’autore che ha facoltà di intervenire nella storia quando e come gli garba: «Mi è piaciuta, in sede di prove, la dimensione non ancora rifinita dell’interprete - racconta lo scrittore - Non avendo ancora fissato in modo definitivo, ovviamente, memoria e movimenti, restituiva in scena l’immediatezza di una figura che nel romanzo non conduce il gioco, bensì lo fa, lo crea in diretta». Confessa, Camilleri, di aver ricevuto nel tempo molte proposte di scrittura specificamente teatrale: «Mi hanno chiesto drammi, commedie. Ciononostante, non mi sono mai messo davanti a un foglio bianco cominciando con l’annotazione: atto primo, scena prima. La formula mi spaventa. So benissimo che se scrivessi teatro, avrei un rendimento subalterno, nettamente inferiore rispetto a quello del Camilleri letterario. Non sono il primo, né l’ultimo. Moravia e Sciascia, teatralmente, non sono certo all’altezza della loro letteratura. Qualcuno insiste: ”Nei libri hai tanti bei dialoghi teatrali già bell’e fatti...”. Benissimo. Preferisco attenermi alle riduzioni. Atto primo, scena prima rimangono per me un ostacolo insormontabile». Felicissimo degli artisti convocati dallo Stabile per il Birraio, ammette di dare un volto ai suoi personaggi solo in un secondo tempo: «Non regalo una faccia a priori. Metto due figure l’una di fronte all’altra, le faccio parlare fra loro, ascolto bene ciò che si dicono, ci penso su e poi, magari, mi viene in mente una fisionomia». Lo spettacolo catanese seguirà il ”disordine” in cui le pagine si dipanano nel romanzo, dove è il primo capitolo a chiudere il tutto con l’avvertenza al lettore (che lo volesse) di operare secondo le proprie preferenze quanto a cronologie. «Ma chi ha provato a mischiare le carte, magari facendosi aiutare dal computer - ghigna lo scrittore - non si è raccapezzato come avrebbe creduto. In effetti, lo capisco».