«I LIMONI sono il pallore di un amante che ha trascorso la
notte in lacrime per il dolore della lontananza». Chi, se
non un poeta arabo-siciliano, in questo caso Abd Ar-Rahmàn
di Trapani, saprebbe meglio chiudere in due versi l'essenza
del più aristocratico fra gli agrumi?
Limone, anima
dell'estate. Nella retorica degli ispirati, "richiamo
di sole", "segreto di un dio", "sintesi
di una notte di sospiri". Nato in Oriente,
dall'incrocio fra il cedro e il papeda, si è presto diffuso
nel Mediterraneo, dove la sua pianta aromatica e tenace
alligna a meraviglia. Corpo giallo e rugoso, fiore
odorosissimo, si arrampica a spalliera su muri e graticci,
cresce in vaso, profuma e fruttifica nei filari dei
giardini.
Apparentemente scostante, riserva dolcezze da
odalisca a chi ne apprezza la magia, che però non scende a
compromessi. L'estate lo esalta, lo valorizza, lo rende
simbolo di se stessa. Non c'è estate senza limone. Non c'è
miglior limone che quello consumato d'estate. Ne parliamo
con Andrea Camilleri. E lo scrittore siciliano scopre,
chiacchierando, di apprezzare tutto dell'agrume che, con
l'arancio, è da millenni protagonista dell'isola di
Archimede e Abd Ar-Rahmàn.
Il
primo limone di Andrea Camilleri. Affonda in un'estate
siciliana?
«In Sicilia noi
avevamo - cioè abbiamo - una grande, grandissima casa di
campagna. Mio nonno ci fece costruire persino la cappella
privata; e teneva, in una della cucine, una vecchia auto,
una Scat senza ruote montata su cavalletti, dove io salivo
e sognavo di diventare Nuvolari... sognavo...; nello stesso
modo, di nascosto a tutti, andavo nella cappella e
indossavo i paramenti del prete che veniva a dir Messa la
domenica, e come minimo diventavo Papa... Bene, sotto casa
c'era il cosiddetto jardinu, il
giardino, con aranci, limoni e alberi da frutto, mentre
tutto il resto della proprietà di mio nonno, Vincenzo Fragapane, era a mandorle e a grano. Quanti profumi.
Innanzitutto, il gelsomino d'Arabia. Poi, il limone. Fin da
piccolo, d'estate, andavo all'albero - ce n'erano una
decina - staccavo un limone e me lo mangiavo a morsi, cosa
che normalmente atterrisce chiunque. Era un limone di
quelli violenti, che ti faceva allappare la bocca, come si
dice, per cinque minuti, e te ne stavi così, cu 'sto palato, la
lingua essiccata... straordinario. Fino a una decina d'anni
fa sono riuscito a farlo. Oggi non più. I famosi cambi di
metabolismo, forse. Ho provato a levargli la scorza, ma
niente, non posso più».
Fra
tutti gli agrumi il limone è il prediletto?
«Sì, posso dirlo. Per il colore, la forma...
E poi quelli che avevo io erano verdi, leggermente
picchiettati di giallo, non piccoli, come dimensioni
andavano piuttosto sul sostanzioso. Mi piaceva, il limone,
assai di più di 'u
pirrettu, come si chiama in
italiano?, il cedro... Non a caso, a parte il piacere di
vederli, i limoni, su questi miei alberi si respirava anche
il profumo. Odorava il legno, di un profumo più forte di
quello della zagara. Pirandello ha scritto Lumie di Sicilia in
cui proprio l'odore del limone è protagonista, così
autorevole, tipico, specifico... Può davvero scatenare una
memoria...».
E i
sensi?
«L'odorato e il tatto.
Quando passi la mano su un limone grande, lucido,
rugoso...».
Cos'è, per un
siciliano, il limone?
«Simbolicamente, la terra. Veda i poeti
arabi di Sicilia, quelli che, durante la dominazione araba,
ebbero tempo di nascere, crescere, scrivere e morirci, in
Sicilia. Il più grande, Ibn Hamdis, che viveva in provincia
di Noto, quando si trovò esiliato nei giardini di Andalusia
- cioè quanto di più rigoglioso si possa immaginare -
cantava costantemente la sua patria perduta, la
"casuzza" in val di Noto con la "stenta
acqua" e con questo odore, penetrante e assoluto, del
limone. Per lui, siciliano, il profumo del limone era la
patria».
I poeti si richiamano
più al limone che all'arancio, pensiamo a Machado,
Hernandez, Elitis... E i pittori: vedi le grandi nature
morte di Zurbaran e Matisse, o gli eterni limoni di
Guttuso.
«C'è anche lo zitronen di Goethe. Il limone, per gli artisti, è un
chiaro signum
identificationis».
Il giallo del limone è per tutti lo
stesso?
«No. Per i siciliani è
uno, per gli italiani un altro, per i francesi, o che so
io, un altro ancora. Come il verde
te quiero verde del buon García Lorca: un verde solo suo. C'è la storia del bambino che
dormiva al buio nella sua cameretta senza fare storie.
Quando fu trasferito da una zia e si pretese che facesse la
stessa cosa, cominciò a urlare. "Mi avevano detto che
non avevi paura del buio", fece la zia. E lui:
"Non ho paura del mio
buio!". In conclusione, per
me il limone non può essere se non del giallo di
Sicilia».
Nell'universo
simbolico, cosa le suggerisce il limone?
«L'abbondanza, nonostante il sapore acre. Da
noi è una summa di prerogative, le non poche che distinguono
l'uomo e la donna siciliani. Cioè a dire, il limone, come
la nostra gente, ha una certa durezza, asprezza di fondo,
ma nell'odore riassume il nostro lato femmineo, gradevole e
bello».
Alla parola limone
cambierebbe genere?
«No. Il
limone è forte. Non per distinguere, al solito, sesso forte
e sesso debole. Ma il limone non può essere che
maschile».
Ha un sostituto
possibile, il limone? Un vice, un vicario?
«No. Quando in aereo chiedo un tè e mi vien
data la bustina con il cosiddetto "limone in
polvere", non la guardo nemmeno».
Cosa le suggerisce il fiore del
limone?
«Un ossimoro: semplice
complessità. L'effetto immediato è infatti lineare e
compatto, ma, a ben guardare, la struttura si articola in
modo complicato, segmentato. Io l'ho guardata molto da
vicino, perché le mie letture estive, le mie prime letture,
avvenivano sugli alberi del giardino. Io ci salivo e mi
portavo appresso i libri. Altre distrazioni non ce n'erano,
niente televisione, la radio era intrasportabile perché
trattavasi di un monumento coperto da un panno verde.
Figlio unico, i miei non volevano che frequentassi molti
amici: la lettura era l'unica via per evadere. Divoravo
l'Intrepido, l'Avventuroso, questi
album con i disegni meravigliosi di gente come Alex Raymond..., per poi passare ai romanzi d'avventura. Ora
sull'albero di pere, ora su quello di pesche, e mangiavo
senza accorgermene una quantità industriale di frutta. Poi
stavo male di stomaco. Lì venne la scoperta del limone:
appollaiato sui bellissimi rami, leggevo per mezze giornate
intere senza pericolo. Di limoni, uno solo alla volta te ne
puoi mangiare».
Il limone e la
luce.
«Notte d'estate,
plenilunio. Non c'è effetto più bello che guardare una
piantagione di limoni illuminati dalla luna».
Nella quotidianità siciliana come è
considerato il limone?
«Ci sono
dei paesi nella provincia di Agrigento dove, per la festa
di San Giuseppe, preparano dei meravigliosi pani, vere e
proprie sculture di pane, e alcune famiglie preparano la
tavola per tutti, facendosi vanto di offrire ogni tipo di
frutta, anche quella fuori stagione. Frutti rari, frutti
comuni, frutti conservati, non manca niente. Solo il
limone. Ci sono gli aranci, i mandarini, i limoncelli... il
limone no. Non è considerato un frutto, ma un'altra cosa.
Non saprei dire con esattezza che cosa».
Cosa predilige, al gusto di
limone?
«L'estratto. Non ha
nulla a che vedere con i liquorini che vanno di moda. E' un
digestivo potentissimo, medicamentoso. Per sorbirlo ci
vuole un bel coraggio».
Limonate
al bicarbonato, granite, ghiaccioli. La sua ricetta al
limone per l'estate?
«Una
premessa. Il limone va spremuto con le mani, al massimo
aiutandosi con una forchetta. La cosa più buona che ci puoi
fare è il "limone ghiacciato", nella proporzione
di uno-due- quattro. Si pigliano sette bicchieri uguali, se
ne riempie uno di succo di limone spremuto a mano, due di
zucchero e quattro d'acqua. Unisci il tutto in un
contenitore e lo ficchi nel freezer. Diventa durissimo.
Allora lo rompi e te ne metti un pezzo in bocca: splendido.
A volte ci restano pure i semini, meglio ancora. Quanto
alla granita, diventa a lungo andare un'assuefazione.
Quando sono in Sicilia, d'estate, m'alzo di prima mattina e
vado a riempire di granita di limone un bel thermos grande
con l'imboccatura larga. E conosco persone che, in punto di
morte, a chi gli chiedeva se volessero qualcosa hanno
risposto: 'na
granitedda di
limone».
Il connubio ideale per
il limone?
«Con ostriche,
mitili, frutti di mare. Uno sposalizio, io credo, voluto
dagli dei. Ha qualcosa di soprannaturale».
Chi obbligherebbe a bere un litro di estratto
di limone?
«Umberto Bossi.
Oltretutto gli farebbe bene».