Il Messaggero 15.08.1999

Il limone,luccicante come l'oro Nato in Oriente, ha conquistato il Mediterraneo Andrea Camilleri parla del più aristocratico tra gli agrumi. E spiega perché ha saputo affascinare Henri Matisse e Machado

«I LIMONI sono il pallore di un amante che ha trascorso la notte in lacrime per il dolore della lontananza». Chi, se non un poeta arabo-siciliano, in questo caso Abd Ar-Rahmàn di Trapani, saprebbe meglio chiudere in due versi l'essenza del più aristocratico fra gli agrumi?
Limone, anima dell'estate. Nella retorica degli ispirati, "richiamo di sole", "segreto di un dio", "sintesi di una notte di sospiri". Nato in Oriente, dall'incrocio fra il cedro e il papeda, si è presto diffuso nel Mediterraneo, dove la sua pianta aromatica e tenace alligna a meraviglia. Corpo giallo e rugoso, fiore odorosissimo, si arrampica a spalliera su muri e graticci, cresce in vaso, profuma e fruttifica nei filari dei giardini.
Apparentemente scostante, riserva dolcezze da odalisca a chi ne apprezza la magia, che però non scende a compromessi. L'estate lo esalta, lo valorizza, lo rende simbolo di se stessa. Non c'è estate senza limone. Non c'è miglior limone che quello consumato d'estate. Ne parliamo con Andrea Camilleri. E lo scrittore siciliano scopre, chiacchierando, di apprezzare tutto dell'agrume che, con l'arancio, è da millenni protagonista dell'isola di Archimede e Abd Ar-Rahmàn.
Il primo limone di Andrea Camilleri. Affonda in un'estate siciliana?
«In Sicilia noi avevamo - cioè abbiamo - una grande, grandissima casa di campagna. Mio nonno ci fece costruire persino la cappella privata; e teneva, in una della cucine, una vecchia auto, una Scat senza ruote montata su cavalletti, dove io salivo e sognavo di diventare Nuvolari... sognavo...; nello stesso modo, di nascosto a tutti, andavo nella cappella e indossavo i paramenti del prete che veniva a dir Messa la domenica, e come minimo diventavo Papa... Bene, sotto casa c'era il cosiddetto jardinu, il giardino, con aranci, limoni e alberi da frutto, mentre tutto il resto della proprietà di mio nonno, Vincenzo Fragapane, era a mandorle e a grano. Quanti profumi. Innanzitutto, il gelsomino d'Arabia. Poi, il limone. Fin da piccolo, d'estate, andavo all'albero - ce n'erano una decina - staccavo un limone e me lo mangiavo a morsi, cosa che normalmente atterrisce chiunque. Era un limone di quelli violenti, che ti faceva allappare la bocca, come si dice, per cinque minuti, e te ne stavi così, cu 'sto palato, la lingua essiccata... straordinario. Fino a una decina d'anni fa sono riuscito a farlo. Oggi non più. I famosi cambi di metabolismo, forse. Ho provato a levargli la scorza, ma niente, non posso più».
Fra tutti gli agrumi il limone è il prediletto?
«Sì, posso dirlo. Per il colore, la forma... E poi quelli che avevo io erano verdi, leggermente picchiettati di giallo, non piccoli, come dimensioni andavano piuttosto sul sostanzioso. Mi piaceva, il limone, assai di più di 'u pirrettu, come si chiama in italiano?, il cedro... Non a caso, a parte il piacere di vederli, i limoni, su questi miei alberi si respirava anche il profumo. Odorava il legno, di un profumo più forte di quello della zagara. Pirandello ha scritto Lumie di Sicilia in cui proprio l'odore del limone è protagonista, così autorevole, tipico, specifico... Può davvero scatenare una memoria...».
E i sensi?
«L'odorato e il tatto. Quando passi la mano su un limone grande, lucido, rugoso...».
Cos'è, per un siciliano, il limone?
«Simbolicamente, la terra. Veda i poeti arabi di Sicilia, quelli che, durante la dominazione araba, ebbero tempo di nascere, crescere, scrivere e morirci, in Sicilia. Il più grande, Ibn Hamdis, che viveva in provincia di Noto, quando si trovò esiliato nei giardini di Andalusia - cioè quanto di più rigoglioso si possa immaginare - cantava costantemente la sua patria perduta, la "casuzza" in val di Noto con la "stenta acqua" e con questo odore, penetrante e assoluto, del limone. Per lui, siciliano, il profumo del limone era la patria».
I poeti si richiamano più al limone che all'arancio, pensiamo a Machado, Hernandez, Elitis... E i pittori: vedi le grandi nature morte di Zurbaran e Matisse, o gli eterni limoni di Guttuso.
«C'è anche lo zitronen di Goethe. Il limone, per gli artisti, è un chiaro signum identificationis».
Il giallo del limone è per tutti lo stesso?
«No. Per i siciliani è uno, per gli italiani un altro, per i francesi, o che so io, un altro ancora. Come il verde te quiero verde del buon García Lorca: un verde solo suo. C'è la storia del bambino che dormiva al buio nella sua cameretta senza fare storie. Quando fu trasferito da una zia e si pretese che facesse la stessa cosa, cominciò a urlare. "Mi avevano detto che non avevi paura del buio", fece la zia. E lui: "Non ho paura del mio buio!". In conclusione, per me il limone non può essere se non del giallo di Sicilia».
Nell'universo simbolico, cosa le suggerisce il limone?
«L'abbondanza, nonostante il sapore acre. Da noi è una summa di prerogative, le non poche che distinguono l'uomo e la donna siciliani. Cioè a dire, il limone, come la nostra gente, ha una certa durezza, asprezza di fondo, ma nell'odore riassume il nostro lato femmineo, gradevole e bello».
Alla parola limone cambierebbe genere?
«No. Il limone è forte. Non per distinguere, al solito, sesso forte e sesso debole. Ma il limone non può essere che maschile».
Ha un sostituto possibile, il limone? Un vice, un vicario?
«No. Quando in aereo chiedo un tè e mi vien data la bustina con il cosiddetto "limone in polvere", non la guardo nemmeno».
Cosa le suggerisce il fiore del limone?
«Un ossimoro: semplice complessità. L'effetto immediato è infatti lineare e compatto, ma, a ben guardare, la struttura si articola in modo complicato, segmentato. Io l'ho guardata molto da vicino, perché le mie letture estive, le mie prime letture, avvenivano sugli alberi del giardino. Io ci salivo e mi portavo appresso i libri. Altre distrazioni non ce n'erano, niente televisione, la radio era intrasportabile perché trattavasi di un monumento coperto da un panno verde. Figlio unico, i miei non volevano che frequentassi molti amici: la lettura era l'unica via per evadere. Divoravo l'Intrepido, l'Avventuroso, questi album con i disegni meravigliosi di gente come Alex Raymond..., per poi passare ai romanzi d'avventura. Ora sull'albero di pere, ora su quello di pesche, e mangiavo senza accorgermene una quantità industriale di frutta. Poi stavo male di stomaco. Lì venne la scoperta del limone: appollaiato sui bellissimi rami, leggevo per mezze giornate intere senza pericolo. Di limoni, uno solo alla volta te ne puoi mangiare».
Il limone e la luce.
«Notte d'estate, plenilunio. Non c'è effetto più bello che guardare una piantagione di limoni illuminati dalla luna».
Nella quotidianità siciliana come è considerato il limone?
«Ci sono dei paesi nella provincia di Agrigento dove, per la festa di San Giuseppe, preparano dei meravigliosi pani, vere e proprie sculture di pane, e alcune famiglie preparano la tavola per tutti, facendosi vanto di offrire ogni tipo di frutta, anche quella fuori stagione. Frutti rari, frutti comuni, frutti conservati, non manca niente. Solo il limone. Ci sono gli aranci, i mandarini, i limoncelli... il limone no. Non è considerato un frutto, ma un'altra cosa. Non saprei dire con esattezza che cosa».
Cosa predilige, al gusto di limone?
«L'estratto. Non ha nulla a che vedere con i liquorini che vanno di moda. E' un digestivo potentissimo, medicamentoso. Per sorbirlo ci vuole un bel coraggio».
Limonate al bicarbonato, granite, ghiaccioli. La sua ricetta al limone per l'estate?
«Una premessa. Il limone va spremuto con le mani, al massimo aiutandosi con una forchetta. La cosa più buona che ci puoi fare è il "limone ghiacciato", nella proporzione di uno-due- quattro. Si pigliano sette bicchieri uguali, se ne riempie uno di succo di limone spremuto a mano, due di zucchero e quattro d'acqua. Unisci il tutto in un contenitore e lo ficchi nel freezer. Diventa durissimo. Allora lo rompi e te ne metti un pezzo in bocca: splendido. A volte ci restano pure i semini, meglio ancora. Quanto alla granita, diventa a lungo andare un'assuefazione. Quando sono in Sicilia, d'estate, m'alzo di prima mattina e vado a riempire di granita di limone un bel thermos grande con l'imboccatura larga. E conosco persone che, in punto di morte, a chi gli chiedeva se volessero qualcosa hanno risposto: 'na granitedda di limone».
Il connubio ideale per il limone?
«Con ostriche, mitili, frutti di mare. Uno sposalizio, io credo, voluto dagli dei. Ha qualcosa di soprannaturale».
Chi obbligherebbe a bere un litro di estratto di limone?
«Umberto Bossi. Oltretutto gli farebbe bene».