Il messaggero 20.11.1999


Parla il commissario Montalbano

Zingaretti: L'Emmy  ci ha gia premiato.

ROMA — I pugni in tasca, la rabbia in corpo, lo sguardo al mare. E le spalle voltate a un mondo marcio che vorrebbe annientare, per poi dimenticarlo. Stavolta il commissario si è spinto oltre, ha ficcato il naso dove non avrebbe dovuto, ha pestato i piedi ai più potenti tra i papaveri, a quei delinquenti eccellenti mascherati da politici. Luca Zingaretti è di nuovo Salvo Montalbano. Un attore bravo, schivo e privo di divismo per un personaggio che ha convinto anche i critici di Oltreoceano. I due film dai romanzi di Andrea Camilleri, andati in onda la scorsa stagione su Raidue, hanno ricevuto la nomination all'Emmy l'Oscar della tv. E domani, insieme con il regista Alberto Sironi, il presidente di viale Mazzini, Roberto Zaccaria e il capo di Raifiction Stefano Munafò, Zingaretti volerà a New York, «con il fiato in gola fino al verdetto finale». Essere entrati nella rosa dei candidati, secondo lui, è più di un premio, «un riconoscimento che significa un ritorno a come eravamo, al cinema dei grandi narratori».
I nuovi episodi che sta girando in Sicilia, sono tratti da La forma dell'acqua (storia di affari e malaffari) e Il cane di terracotta (eros, thanatos e mafia), i primi due gialli scritti da Camilleri.
Chi è il primo Salvo Montalbano?
«Con le dovute sfumature è lo stesso, è quello che il pubblico già conosce. Un uomo solo, che ragiona con il suo cervello e non appartiene al branco. Un uomo che più di tutto tiene alla sua onestà. E alla sua terra. Per carriera, mai rinuncerebbe al trascorrere lento del tempo, ai sapori, agli odori, ai colori, della sua Sicilia. Chi è Montalbano? Un ruvido gentiluomo d'altri tempi. Perchè purtroppo oggi conta più apparire che essere».
E Zingaretti?

«Non voglio sembrare presuntuoso, per amor di Dio. Ma quei valori sono anche i miei. Con la grande differenza che io li vivo in un altro modo e in un altro mondo: Roma è una giungla, non è quel piccolo immaginario paese di nome Vigata. Roma non è un'isola , un minuscolo fortino protetta dalla cosiddetta civiltà dal mare. Roma è dura. Ma se si è temprati a dovere, se si ha dignità e si comprende che la vita è una lotta continua, è possibile rintanarcisi».
Prima di tornare su Raidue con i gialli di Camilleri, sarà San Pietro nel nuovo Gesù. Che tipo di esperienza è stata?
«Grandiosa. Il rosso accecante Marocco dei monti Atlas accoglieva un set sconfinato e multietnico. "Sembra di essere tornati ai tempi di Ben Hur", dicevano i macchinisti più anziani. Mentre io assaporavo il gusto di una immensa avventura».
E il suo personaggio?
«Il mio Pietro è il dubbio in carne e ossa. E' tormentato, quanto umano. Non è mica facile credere e non farsi domande. Se oggi arrivasse un uomo e dicesse "sono il Messia", chi non avrebbe incertezze? E se quell'uomo uomo compisse miracoli, chi non penserebbe: e se fosse un ciarlatano, un cialtrone?».
Quali sono i suoi dubbi?
«Gli stessi di sempre: da dove vengo e dove vado».
Il successo ha cambiato qualcosa nella sua vita?
«Non dormo più», ride. «Troppi caffè. Quando giro per strada, la gente mi riconosce, io, sedotto dal calore e dall' affetto, non posso fare a meno di far due chiacchiere...E va a finire che mi ubriaco di caffè...».
La bravura paga?
«Alla lunga, sì. Ho fatto una gavetta che avrebbe sfiancato un cavallo».
Il traguardo?
«Restare un uomo libero. Poterlo scegliere, il lavoro, e non dipendere, mai, dal lavoro».

di MICAELA URBANO