Giornale "Le Soir" del mercoledì 28/06/2000. 
Supplemento settimanale "MAD" (Magazine des Arts et du Divertissement" 

La squisita saga di Vigàta 
Con Andrea Camilleri, un'altra Sicilia si svela e fa udire le sue multiple lingue 

Uno sbirro che insegue un ladro di merendine, mafiosi che rivelano senza saperlo la storia d'amanti dimenticati, un uomo il cui universo crolla perchè ha voluto ottenere un allacciamento telefonico, un prefetto che scatena passioni a causa di un'opera: questi sono alcuni abitanti di Vigàta, piccola città siciliana immaginaria, di cui Andrea Camilleri ci fa condividere l'esistenza da qualche anno. Ancora sconosciuto da noi due anni fa, Camilleri ha visto sette dei suoi libri tradotti in francese in breve tempo. Lo si paragona a Simenon, a Hammet, a Sciascia, a Vázquez Montalbán, a Le Carré... e niente di tutto ciò è falso. Ma Camilleri è innanzitutto se stesso, un autore siciliano che ha scritto il suo primo romanzo a 57 anni e non ha avuto successo, come autore, che una decina d'anni più tardi. Oggi, all'età di 75 anni, si trova in testa alle vendite in Italia e allarga la cerchia dei suoi fans, i suoi libri essendo ormai tradotti in quattordici lingue. Prima di tutto ciò, Andrea Camilleri non era tuttavia uno sconosciuto. Nato nel 1925 a Porto Empedocle in provincia d'Agrigento, figlio di una famiglia apparentata con Pirandello, compie gli studi a Palermo e si dà alla scrittura di novelle e di poesie. Nel 1947, vince d'altronde un premio di poesia davanti a un certo... Pasolini. Ma è il teatro che l'occupera` principalmente negli anni successivi. Dal 1953 ha realizzato ben 153 messe in scena per il teatro, 1300 radiodrammi e 80 messe in scena per la televisione. 

Una lingua squisita e liberata. 
Malgrado questo impiego di tempo piuttosto carico, l'uomo non ha mai smesso di scrivere, confinandosi tuttavia alle novelle, per quanto il suo amico Leonardo Sciascia, altro natìo della provincia d'Agrigento, lo spingesse a lanciarsi nel romanzo. A quell'epoca, pensava di non avere niente da dire in quella lingua italiana alla quale non s'identifica totalmente. Nella prefazione a "La Forma dell'Acqua", il primo dei suoi lavori adattati in francese, il suo traduttore Serge Quadruppani racconta come si fece il "déclic": Andrea Camilleri racconta che il giorno in cui egli fu informato che suo padre sarebbe morto tra breve, ha giocato tutto il giorno al flipper in uno stato "secondo" e che fu in seguito che decise di scrivere nella lingua stessa del suo genitore, questa lingua che, spontaneamente, ritrovava quando parlava con lui. Questa lingua è quella della provincia d'Agrigento, un idioma molto ricco costituito attraverso i secoli dai siciliani colti, al punto di contatto tra il dialetto popolare dell'isola, la lingua delle altre regioni d'Italia (e più tardi, l'Italiano ufficiale, quello d'uno Stato centrale tardivo e lontano), e le lingue dei popoli che, da due millenni, sono, di volta in volta, sbarcati su questo triangolo fertile piantato tra l'Oriente e l'Occidente del Mediterraneo (...) Questa lingua è l'ingrediente di base di Camilleri. E` lei che sta alla base di tutti i suoi libri, che si tratti delle avventure del commissario Montalbano o delle tre altre opere apparse finora in francese. Camilleri vi pratica una miscela di lingue affascinante, vero rompicapo per i suoi traduttori. Da lui, tutte le parlate regionali s'incontrano secondo l'origine dei personaggi: genovese, fiorentino, veneziano, siciliano... Ma, dall'altra, gli abitanti di Vigàta usano questo strano miscuglio d'italiano e di siciliano che sono gli unici a capire. Se nessuna traduzione potrà mai rendere pienamente giustizia a questo fuoco d'artificio del linguaggio, Serge Quadruppani riesce ciononostante a restituire buona parte del sapore degli scritti di Camilleri creando a sua volta una lingua francese tanto malmenata quanto squisita. 

La Sicilia alla svolta del 900. 
Oltre alla lingua stessa, Camilleri non esita a giocare con tutte le possibilità della letteratura. In modo particolare nelle opere che non fanno capo al commissario Montalbano. Ne "Il Birraio di Preston" (tradotto in 'L'opera di Vigàta' NDT), scopriamo come la rappresentazione di un opera può accendere la polvere. Svolgendosi alla fine del 800, il libro mette in scena tutti i personaggi importanti o no della città, e le reti di potere che li collegano. Umorismo e senso acuto della narrazione sono onnipresenti. Per di più, Camilleri si diverte a scrivere ventiquattro capitoli che possono perfettamente essere invertiti secondo la fantasia del lettore, come ventiquattro novelle indipendenti e relative tutte ad un unico e stesso fatto. Strizzata d'occhio supplementare, ogni capitolo inizia con una frase ispirata ad un lavoro di un altro autore, da Malraux a Calvino passando da Marx e Snoopy. Per "La Concessione del Telefono", Camilleri esegue un altro esercizio: il romanzo epistolare. Questa storia, che si svolge tra 1891 e 1892, vede un giovane uomo ricco e intraprendente affondare poco a poco a partire dal momento in cui tenta senza successo di ottenere un allacciamento telefonico. La cosa appare sospetta all'epoca e il prefetto della regione ci vede i segni peggiori di sovversione. Tutto ci è raccontato attraverso le diverse lettere che si scambiano i vari protagonisti - e qualche discussione, trattate solamente attraverso il dialogo. Ne "La Mossa del Cavallo", le lettere sono altrettanto presenti e trattano questa volta dell'ispezione dei mulini a grano. Un giovane ispettore nato in Sicilia ma cresciuto a Genova è incaricato di questo compito dopo che i suoi due predecessori sono stati ammazzati. Scopre rapidamente un traffico perfettamente organizzato... e si ritrova in prigione al seguito di abili intrighi. Per uscirne, ritroverà il parlare siculo e il modo di pensare dell'isola. Come nei suoi altri racconti situati nel 800, Camilleri si basa su fatti reali per raccontare a modo suo la piccola e la grande storia della Sicilia, evidenziando i compromessi degli uni e degli altri e la resistenza al potere centrale. 

Da Pepe Carvalho a Salvo Montalbano 

L'eroe preferito dei lettori di Camilleri si chiama Montalbano... in omaggio a Manuel Vázquez Montalbán, creatore del detective Pepe Carvalho. Ne "La Forma dell'Acqua", facciamo conoscenza con Salvo Montalbano, commissario a Vigàta, brontolone impenitente e amante della buona cucina. Il corpo di un ingegnere morto trascinerà il nostro uomo in un'inchiesta complessa dove spesso è difficile sapere chi sta dalla parte della legge. In quest'occasione, facciamo anche conoscenza con l'ambiente di Montalbano: questore, vice e poliziotti di base, tra cui l'insopportabile telefonista, Catarella, che non capisce niente di niente e che si esprime in un linguaggio incomprensibile. Ne "Il Cane di Terracotta", è la morte di un importante mafioso che trascina il poliziotto in un nascondiglio di armi. Ma il rifugio in questione nasconde anche i corpi abbracciati da 50 anni di due amanti sui quali vigila un cane di terracotta... Ritrovando il piacere della novella, Camilleri propone in "Un mese con Montalbano" una trentina di racconti, uno più allegro dell'altro. Ne "Il Ladro di Merendine" (tradotto "Il ladro di merendina"), appena uscito da noi, Salvo Montalbano si ritrova subitaneamente davanti a se stesso. Tutto inizia comunque in modo classico: più brontolone che mai, Salvo Montalbano si ritrova con due inchieste differenti sulle braccia. Da una parte, la morte di un pescatore tunisino, mitragliato in alto mare, dall'altra, l'omicidio d'un tranquillo pensionato, accoltellato nel suo ascensore. Ma le apparenze spesso ingannano... Tutto dedito alle sue inchieste, Montalbano deve anche tentare di trovare una serata libera per cenare con il suo superiore gerarchico... ed ecco che inoltre Livia sbarca da Genova. Come il Pepe Carvalho di Vázquez Montalbán, Salvo ha infatti una compagna che vede ogni tanto, ma con la quale non ha mai avuto intenzione di "fare la sua vita". Ed eccola che capitombola, nel bel mezzo d'un inchiesta particolarmente complicata, che implica i servizi segreti e un adorabile bimbo la cui vita è forse in pericolo. In pochissimo tempo, il commissario brontolone si ritrova con una donna e un marmocchio tra le braccia. Coma fare per cavarsela? Bisogna, per saperlo, leggere questo formidabile "Ladro di merendina" dove Andrea Camilleri, lontano dalle trame facili di certi gialli, mette il suo eroe davanti a vere scelte di vita. Tanto più che allo stesso tempo viene informato che suo padre, con il quale non intrattiene più rapporti, è all'articolo della morte... Al di là dell'intrigo poliziesco, Camilleri ci fa toccare con mano l'eterna angoscia dell'uomo faccia a faccia con la morte, l'amore, la paternità. E questo "Ladro di merendina" oltre a rallegrarci, sorprenderci e appassionarci, riesce, senza preavviso, a commuoverci.