Stilos (inserto culturale de La Sicilia), 26/09/2000 
TUTTI GLI UOMINI DI PIRANDELLO 

Parlare di Luigi Pirandello o di Leonardo Sciascia a proposito degli scrittori agrigentini viventi significa fare riferimento ad una vera e propria declinazione letteraria, per certi versi inscindibile ma ingombrante. Anche se poi, come si sa, tutti gli scrittori sono un po' "parricidi". Così è per Andrea CamilIeri, sceneggiatore e regista teatrale e televisivo, ma soprattutto scrittore, i cui libri, negli ultimi tempi, hanno letteralmente occupato le classifiche di vendita. Un autore che è cresciuto confrontandosi con l'opera teatrale di Pirandello e che ha scritto uno dei suoi romanzi-inchieste, La strage dimenticata, proprio grazie all'invito di Sciascia, cui aveva sottoposto il materiale che sarebbe poi confluito in quel libro: una sorta di moderna traditio lampadis. Così, tra romanzi gialli e inchieste storiche, Camilleri ha messo in scena la sicilianità, dando forma ad un tessuto linguistico brioso, variegato e ammiccante, che fa un po' il verso all'italiano dell'800 dei burocrati e sostanziato da sapidi innesti di siciliano. Una dimensione polifonica, quasi pirandelliana, attraversa le pagine di questo scrittore, abilissimo nel costruire intrecci epistolari (La concessione del telefono) e nel gestire i tempi narrativi (// birraio di Preston). Sicuramente un'aura pirandelliana si respira nella produzione di Alfonso Gueli, nato a Raffadali nel 1944, anche se poi l'autore sviluppa i suoi temi con uno stile personalissimo. Narratore ed autore teatrale, ha esordito col romanzo-diario. Maledetta città (la Palma, Palermo-1978). Nel 1987 pubblica Tutte le parole che vuoi (Todariana Editrice), raccolta di quattro testi teatrali, (uno dei quali tradotti in francese e rappresentato a Tolosa), prefata da Andrea Camilleri, che definisce Gueli "autentico drammaturgo, che dal fondo della sua provincia ha capito quello che c'era da capire del teatro contemporaneo". Nel mettere in scena il nodo gordiano dei rapporti di coppia e manifestando una assoluta coerenza nell'affrontare lo stesso genere di dramma esistenziale, Gueli mostra anche un certo gusto per le situazioni assurde, quasi kafkiane, facendo uso di un'ariosa scrittura teatrale, che rimane tale anche nel romanzo Ritrovare Paola, (Prova d'Autore, 1998), col quale si è aggiudicato il Premio Capuana. Romanzo tutto costruito, come scrive Renato Minore nella prefazione, sul tema del rimpianto, della nostalgia, della disillusione, in cui si presenta il topos del viaggio, del ritorno alle origini, mentre un'acuta introspezione psicologica, che richiama certo Addamo, mette a nudo le debolezze e le paure del protagonista. Gueli ha in preparazione una raccolta di testi teatrali, vecchi e nuovi, che verrà pubblicata entro quest'anno. La lunga ombra di Pirandello e di Sciascia si scorge anche in Baltico, secondo romanzo di Matteo Collura, nato ad Agrigento nel 1945 (si è occupato, tra l'altro, di Leonardo Sciascia). Un'opera corale questa, che narra l'epopea degli zolfatari in una Sicilia allucinata e brutale, e che differisce da Associazione indigenti, racconto d'esordio (1979) dal marcato taglio espressionista, con squarci di visionarietà ed epicità, scenario delle gesta di personaggi farneticanti, diseredati e offesi. Uno scrittore che non è nato nella provincia, ma che dal 1936 vive ad Agrigento è Enzo Lauretta (Pachino 1924), il quale ha diviso la sua attività tra critica e scrittura creativa. Si è occupato dell'opera di Brancati, Patti, Saviane e fondamentalmente di Pirandello; del 1952 sono i racconti I sogni degli altri. Seguono poi / giorni della vacanza (1973), La sposa era bellissima (1984), La piccola spiaggia (1985), / volumi di San Lorenzo (1988), e poi L'ospite inatteso, Maddalena e L'amore truccato. Si tratta di romanzi ambientati tutti in una Sicilia lontana da logori schemi, e la maggioranza di essi nel territorio di Agrigento. Dominano lo studio della psicologia dei personaggi femminili tormentati e inquieti, spesso al centro delle storie, con un'attenzione particolare all'educazione sentimentale dei protagonisti. Non manca poi l'interpretazione della realtà siciliana, sostenuta da una scrittura sapiente, immediata, dal tono medio, vicino a quello di Ercole Patti. C'è anche chi ha rappresentato una Sicilia per certi aspetti diversa, dando voce ad una sotterranea carica vitalistica (quasi un rigurgito di decadentismo) la quale, nel momento in cui si contrappone alla scorata visione lampedusana, non fa che avvinghiare i siciliani ad una sorta di velleitario prepotentismo, spada di Damocle sulle nostre teste. Come Antonio Russello, nato a Favara nel 1931 e che ha insegnato nel Veneto. Comincia a pubblicare nel 1960, con La luna si mangia i morti, romanzo ambientato nella sua provincia, che ritroviamo anche nella sua seconda esperienza narrativa, dal titolo La grande sete (Padova 1962), storia di un commissario di polizia ucciso dalla mafia. E' questa forse la sua prova più riuscita, per la vivida capacità di rappresentazione e l'esplorazione dei caratteri umani, che gli permettono di creare figure di un mondo siciliano scoppiettante di umorismo, furbizia, esuberanza frustrata. Seguono poi Siciliani prepotenti (Ronchitelli 1963), sei lunghi racconti sostenuti in parte da un ritmo favolistico, come nel caso di Gesù in Sicilia, parodia del racconto evangelico e trasfigurazione surrealistica di un viaggio che diventa carico di amarezza e che si trasforma in calvario. Nel 1969 Flaccovio pubblica il romanzo Giangiacomo e Gianbattista. La raccolta di racconti intitolata L'ingorgo (Sellerio, 2000) di Pasquale Hamel, autore di romanzi storici editi da Sellerio, come Adelaide del Vasto regina di Gerusalemme e La crociata del santo, è tutta attraversata da guizzi pirandelliani (basta leggere L'ultima messa di Emilia Zola), e presenta anche ambigue e sospese atmosfere alla Buzzati, come in E perché no! e II telefono. E nel tentativo di stabilire attraverso la ragione "confini rigidi e formule statiche" che possono contenere tutti gli aspetti della vita, i protagonisti di queste storie devono per forza fare i conti con lo scarto che sovente la realtà riserva. Adesso Hamel lavora ad un altro romanzo storico, La congiura della libertà, che sarà pubblicato a febbraio per i tipi della Marsilio, rivisitazione dei Vespri siciliani che propone una diversa chiave di lettura, scientificamente accertata, e ad un romanzo giallo, la cui trama sarà perfettamente innestata nella realtà siciliana, indagata con disinganno e lucidità. Probabilmente uscirà presso Sellerio, che lo ha già richiesto e inaugurerebbe un ciclo. Sul panorama della narrativa isolana si è affacciato ultimamente con La congiura dei loquaci (Sellerio, 2000) Gaetano Savatteri, trentasei anni, giornalista del Tg5 che da anni vive a Roma. Un romanzo ispirato ad un fatto realmente accaduto, ossia l'uccisione del sindaco di Racalmuto Baldassare Tenebra, fatto fuori con un colpo di pistola il 6 novembre 1944. Savatteri ricostruisce l'inchiesta condotta dai carabinieri del paese con numerosi testimoni, i "loquaci" del titolo, che cercano di inchiodare "Centodieci", lo zolfataro inchiodato dalle deposizioni. Si avverte il magistero sciasciano, che anima l'intera vicenda, fino quasi ad incarnarsi nella figura di un giovane intellettuale, che parla e pensa come il grande scrittore di Racalmuto. Il ritmo narrativo essenziale e serrato si snoda attraverso la mediazione dello sguardo del tenente Adano, con a fianco sempre il fedele Semino, personaggio che parla un siciliano contaminato con lo swing americano e la presenza di questo piano linguistico aggiunge smalto alla pagina, che già risente dell'eco sintattica della parlata isolana. Chi si discosta abbondantemente dalla tradizione isolana, per guardare alle inquietudini e alle irrequietezze che ci vengono d'oltralpe, è Costantino Chillura, nato a Palermo nel 1961. Formatesi in seno al gruppo neoavanguardistico palermitano, ha collaborato con "Per approssimazione", "Grandevù" e "L'Ora". Ideatore e interprete di versi reading, happening e recital ha esordito nel 1989, con la raccolta di poesie Notturnerìe (Alia, 1989), con una prefazione di Leo De Berardinis. Nel 1991 presso Perap è uscita la raccolta di versi Isuoi, mentre nel 1999, sempre con la stessa casa editrice, // libercolo dei transeunti: un testo fatto di squarci lirici e lampi sapienziali, pagine che si nutrono di altre pagine, di opere lontane ma vicinissime all'autore. Parole dall'aura oracolare, pronte a svelare verità eterne. Pagine che danno prova dello straordinario potere dell'autore di rendere visibile ciò che in caso contrario rimane nascosto, celato, della capacità di restituire alla luce ciò che altrimenti resterebbe inabissato nelle tenebre: tutto questo, attraverso l'uso sapiente dell'antifrasi, dell'ossimoro, dell'anamorfismo verbale. Una raccolta di meditazioni quasi, volta alla dissoluzione della compattezza del mondo. "Vi siete mai chiesti perché, ogni qual volta / la neve si decide a cadere, una strana / felicità inaugura la propria luccicante / serenità negli occhi degli uomini? / Perché la neve cancella tutto ciò / che quegli occhi hanno guardato, / ogni giorno, fino a quel momento". Versi degni di Kostantinos Kavafis, e come la neve si comporta la sua scrittura, che si posa sulle cose cancellandone ogni traccia, per poi disegnare nuovi percorsi, nuove sagome, un mondo nuovo. Per Chillura la letteratura siciliana non esiste, dei poeti italiani salva solo Emilio Villa e i suoi punti di riferimento sono Melville e Kafka, mentre come Gadda pensa che la vita sia la somma di infiniti errori. Sta lavorando ad un romanzo laborioso, dal vago ordito poliziesco, con una trama pronta ad esplodere. Una dimensione corale, in cui confluiscono vicende e storie individuali e collettive, anima la raccolta Racconti di Cometa (1994) di Stefano Milioto (Sant'Elisabetta, 15-08-1943), docente e direttore del Centro nazionale di studi pirandelliani di Agrigento. Racconti che, attraverso un riconoscibile piglio pirandelliano, consegnano l'immagine di una Sicilia nella sua natura discrasica e ambigua, grazie a spaccati di vita e realtà tipicamente isolane. Autore dei testi teatrali Un club nell'aldilà e Perduti amori, pubblicati sulla rivista "Prima fila", ha esordito nel 1988 col romanzo La torre del checco (Ila Palma), seguito poi da Heliopsis scabra (Firenze libri). Adesso ha in cantiere un nuovo romanzo, che potrebbe uscire a novembre per i tipi della Luxografica, dal titolo Vita di Augie. New York-Sicilia-New York, scritto in terza e in prima persona, facendo anche uso di registro linguistico mescidato, grazie alla presenza della parlata siculo-americana. Relativamente alla letteratura femminile, una delle poche scrittrici di questa zona che è riuscita ad imporsi all'attenzione dei lettori, grazie anche ad una buona dose di presenzialismo televisivo, è Lara Cardella. Nata a Licata nel 1969, nelle pagine di Volevo i pantaloni, romanzo-denuncia che si svolge nella sua Licata, in un ambiente codino e asfissiante, l'autrice ha registrato il suo grido di rivolta contro una società arcaica e ipocrita; grido che si mescola però ad un anticonformismo a tutti i costi. Ha pubblicato successivamente Odio il soft, storia di una donna che si misura con i propri incubi, il rapporto irrisolto col padre e una violenza subita da adolescente. Ultimamente è uscito Finestre accese, che narra di una vendetta meditata e di un matrimonio difficile, tutto all'insegna della mafia. In merito all'ultima generazione di poeti in dialetto siciliano, quindi sul versante della nuova dialetticità, sono da segnalare le raccolte poetiche di Antonino Cremona (Agrigento 1931) e quelle di Mimmo Galletto, poeta cinquantenne di Raffadali. L'uso di un impasto "giurgintano" fortemente personalizzato, opposto dall'autore alla koinè dialettica proposta dai poeti siciliani Salvatore Camilleri e Paolo Messina, connota le composizioni di Cremona, tradotte in francese, inglese e irlandese, nelle quali tematiche amorose e soggettive, crudo naturalismo, un estro scapigliato e nello stesso tempo tenero, danno forma a versi intensissimi. Versi rivolti anche alla civiltà contadina e alle vestigia archeologiche, in una visione coreografica della natura. Mentre le raccolte di poesie di Mimmo Galletta Arie di prima matìna e Lu 'ncantu e la parola (Premio Vann'Antò nel 1993), autore di studi filologici sul dialetto siciliano e sulle tradizioni popolari, ma anche di opere teatrali scritte in vernacolo, esprimono una schietta e luminosa poetica dell'esistenza, in una singolare simbiosi poeta-ambiente. Una poesia percorsa da coppie semantiche antinomiche, singolarmente ossimoriche, in cui l'agglutinazione del verso non porta a zavorranti esiti di allitterazione. Ricorrente il tema del viaggio, dal presente al passato, ma che si inabissa anche nella soggettività esistenziale. Per quanto riguarda la produzione poetica, merita di essere ricordato Giuseppe Zagarrio (Ravanusa), per la lucidissima attività di critico fSib7
Salvatore Ferlita