Parlare di Luigi Pirandello o di Leonardo Sciascia a proposito degli
scrittori agrigentini viventi significa fare riferimento ad una vera e
propria declinazione letteraria, per certi versi inscindibile ma ingombrante.
Anche se poi, come si sa, tutti gli scrittori sono un po' "parricidi".
Così è per Andrea CamilIeri, sceneggiatore e regista teatrale
e televisivo, ma soprattutto scrittore, i cui libri, negli ultimi tempi,
hanno letteralmente occupato le classifiche di vendita. Un autore che è
cresciuto confrontandosi con l'opera teatrale di Pirandello e che ha scritto
uno dei suoi romanzi-inchieste, La strage dimenticata, proprio grazie all'invito
di Sciascia, cui aveva sottoposto il materiale che sarebbe poi confluito
in quel libro: una sorta di moderna traditio lampadis. Così, tra
romanzi gialli e inchieste storiche, Camilleri ha messo in scena la sicilianità,
dando forma ad un tessuto linguistico brioso, variegato e ammiccante, che
fa un po' il verso all'italiano dell'800 dei burocrati e sostanziato da
sapidi innesti di siciliano. Una dimensione polifonica, quasi pirandelliana,
attraversa le pagine di questo scrittore, abilissimo nel costruire intrecci
epistolari (La concessione del telefono) e nel gestire i tempi narrativi
(// birraio di Preston). Sicuramente un'aura pirandelliana si respira nella
produzione di Alfonso Gueli, nato a Raffadali nel 1944, anche se poi l'autore
sviluppa i suoi temi con uno stile personalissimo. Narratore ed autore
teatrale, ha esordito col romanzo-diario. Maledetta città (la Palma,
Palermo-1978). Nel 1987 pubblica Tutte le parole che vuoi (Todariana Editrice),
raccolta di quattro testi teatrali, (uno dei quali tradotti in francese
e rappresentato a Tolosa), prefata da Andrea Camilleri, che definisce Gueli
"autentico drammaturgo, che dal fondo della sua provincia ha capito quello
che c'era da capire del teatro contemporaneo". Nel mettere in scena il
nodo gordiano dei rapporti di coppia e manifestando una assoluta coerenza
nell'affrontare lo stesso genere di dramma esistenziale, Gueli mostra anche
un certo gusto per le situazioni assurde, quasi kafkiane, facendo uso di
un'ariosa scrittura teatrale, che rimane tale anche nel romanzo Ritrovare
Paola, (Prova d'Autore, 1998), col quale si è aggiudicato il Premio
Capuana. Romanzo tutto costruito, come scrive Renato Minore nella prefazione,
sul tema del rimpianto, della nostalgia, della disillusione, in cui si
presenta il topos del viaggio, del ritorno alle origini, mentre un'acuta
introspezione psicologica, che richiama certo Addamo, mette a nudo le debolezze
e le paure del protagonista. Gueli ha in preparazione una raccolta di testi
teatrali, vecchi e nuovi, che verrà pubblicata entro quest'anno.
La lunga ombra di Pirandello e di Sciascia si scorge anche in Baltico,
secondo romanzo di Matteo Collura, nato ad Agrigento nel 1945 (si è
occupato, tra l'altro, di Leonardo Sciascia). Un'opera corale questa, che
narra l'epopea degli zolfatari in una Sicilia allucinata e brutale, e che
differisce da Associazione indigenti, racconto d'esordio (1979) dal marcato
taglio espressionista, con squarci di visionarietà ed epicità,
scenario delle gesta di personaggi farneticanti, diseredati e offesi. Uno
scrittore che non è nato nella provincia, ma che dal 1936 vive ad
Agrigento è Enzo Lauretta (Pachino 1924), il quale ha diviso la
sua attività tra critica e scrittura creativa. Si è occupato
dell'opera di Brancati, Patti, Saviane e fondamentalmente di Pirandello;
del 1952 sono i racconti I sogni degli altri. Seguono poi / giorni della
vacanza (1973), La sposa era bellissima (1984), La piccola spiaggia (1985),
/ volumi di San Lorenzo (1988), e poi L'ospite inatteso, Maddalena e L'amore
truccato. Si tratta di romanzi ambientati tutti in una Sicilia lontana
da logori schemi, e la maggioranza di essi nel territorio di Agrigento.
Dominano lo studio della psicologia dei personaggi femminili tormentati
e inquieti, spesso al centro delle storie, con un'attenzione particolare
all'educazione sentimentale dei protagonisti. Non manca poi l'interpretazione
della realtà siciliana, sostenuta da una scrittura sapiente, immediata,
dal tono medio, vicino a quello di Ercole Patti. C'è anche chi ha
rappresentato una Sicilia per certi aspetti diversa, dando voce ad una
sotterranea carica vitalistica (quasi un rigurgito di decadentismo) la
quale, nel momento in cui si contrappone alla scorata visione lampedusana,
non fa che avvinghiare i siciliani ad una sorta di velleitario prepotentismo,
spada di Damocle sulle nostre teste. Come Antonio Russello, nato a Favara
nel 1931 e che ha insegnato nel Veneto. Comincia a pubblicare nel 1960,
con La luna si mangia i morti, romanzo ambientato nella sua provincia,
che ritroviamo anche nella sua seconda esperienza narrativa, dal titolo
La grande sete (Padova 1962), storia di un commissario di polizia ucciso
dalla mafia. E' questa forse la sua prova più riuscita, per la vivida
capacità di rappresentazione e l'esplorazione dei caratteri umani,
che gli permettono di creare figure di un mondo siciliano scoppiettante
di umorismo, furbizia, esuberanza frustrata. Seguono poi Siciliani prepotenti
(Ronchitelli 1963), sei lunghi racconti sostenuti in parte da un ritmo
favolistico, come nel caso di Gesù in Sicilia, parodia del racconto
evangelico e trasfigurazione surrealistica di un viaggio che diventa carico
di amarezza e che si trasforma in calvario. Nel 1969 Flaccovio pubblica
il romanzo Giangiacomo e Gianbattista. La raccolta di racconti intitolata
L'ingorgo (Sellerio, 2000) di Pasquale Hamel, autore di romanzi storici
editi da Sellerio, come Adelaide del Vasto regina di Gerusalemme e La crociata
del santo, è tutta attraversata da guizzi pirandelliani (basta leggere
L'ultima messa di Emilia Zola), e presenta anche ambigue e sospese atmosfere
alla Buzzati, come in E perché no! e II telefono. E nel tentativo
di stabilire attraverso la ragione "confini rigidi e formule statiche"
che possono contenere tutti gli aspetti della vita, i protagonisti di queste
storie devono per forza fare i conti con lo scarto che sovente la realtà
riserva. Adesso Hamel lavora ad un altro romanzo storico, La congiura della
libertà, che sarà pubblicato a febbraio per i tipi della
Marsilio, rivisitazione dei Vespri siciliani che propone una diversa chiave
di lettura, scientificamente accertata, e ad un romanzo giallo, la cui
trama sarà perfettamente innestata nella realtà siciliana,
indagata con disinganno e lucidità. Probabilmente uscirà
presso Sellerio, che lo ha già richiesto e inaugurerebbe un ciclo.
Sul panorama della narrativa isolana si è affacciato ultimamente
con La congiura dei loquaci (Sellerio, 2000) Gaetano Savatteri, trentasei
anni, giornalista del Tg5 che da anni vive a Roma. Un romanzo ispirato
ad un fatto realmente accaduto, ossia l'uccisione del sindaco di Racalmuto
Baldassare Tenebra, fatto fuori con un colpo di pistola il 6 novembre 1944.
Savatteri ricostruisce l'inchiesta condotta dai carabinieri del paese con
numerosi testimoni, i "loquaci" del titolo, che cercano di inchiodare "Centodieci",
lo zolfataro inchiodato dalle deposizioni. Si avverte il magistero sciasciano,
che anima l'intera vicenda, fino quasi ad incarnarsi nella figura di un
giovane intellettuale, che parla e pensa come il grande scrittore di Racalmuto.
Il ritmo narrativo essenziale e serrato si snoda attraverso la mediazione
dello sguardo del tenente Adano, con a fianco sempre il fedele Semino,
personaggio che parla un siciliano contaminato con lo swing americano e
la presenza di questo piano linguistico aggiunge smalto alla pagina, che
già risente dell'eco sintattica della parlata isolana. Chi si discosta
abbondantemente dalla tradizione isolana, per guardare alle inquietudini
e alle irrequietezze che ci vengono d'oltralpe, è Costantino Chillura,
nato a Palermo nel 1961. Formatesi in seno al gruppo neoavanguardistico
palermitano, ha collaborato con "Per approssimazione", "Grandevù"
e "L'Ora". Ideatore e interprete di versi reading, happening e recital
ha esordito nel 1989, con la raccolta di poesie Notturnerìe (Alia,
1989), con una prefazione di Leo De Berardinis. Nel 1991 presso Perap è
uscita la raccolta di versi Isuoi, mentre nel 1999, sempre con la stessa
casa editrice, // libercolo dei transeunti: un testo fatto di squarci lirici
e lampi sapienziali, pagine che si nutrono di altre pagine, di opere lontane
ma vicinissime all'autore. Parole dall'aura oracolare, pronte a svelare
verità eterne. Pagine che danno prova dello straordinario potere
dell'autore di rendere visibile ciò che in caso contrario rimane
nascosto, celato, della capacità di restituire alla luce ciò
che altrimenti resterebbe inabissato nelle tenebre: tutto questo, attraverso
l'uso sapiente dell'antifrasi, dell'ossimoro, dell'anamorfismo verbale.
Una raccolta di meditazioni quasi, volta alla dissoluzione della compattezza
del mondo. "Vi siete mai chiesti perché, ogni qual volta / la neve
si decide a cadere, una strana / felicità inaugura la propria luccicante
/ serenità negli occhi degli uomini? / Perché la neve cancella
tutto ciò / che quegli occhi hanno guardato, / ogni giorno, fino
a quel momento". Versi degni di Kostantinos Kavafis, e come la neve si
comporta la sua scrittura, che si posa sulle cose cancellandone ogni traccia,
per poi disegnare nuovi percorsi, nuove sagome, un mondo nuovo. Per Chillura
la letteratura siciliana non esiste, dei poeti italiani salva solo Emilio
Villa e i suoi punti di riferimento sono Melville e Kafka, mentre come
Gadda pensa che la vita sia la somma di infiniti errori. Sta lavorando
ad un romanzo laborioso, dal vago ordito poliziesco, con una trama pronta
ad esplodere. Una dimensione corale, in cui confluiscono vicende e storie
individuali e collettive, anima la raccolta Racconti di Cometa (1994) di
Stefano Milioto (Sant'Elisabetta, 15-08-1943), docente e direttore del
Centro nazionale di studi pirandelliani di Agrigento. Racconti che, attraverso
un riconoscibile piglio pirandelliano, consegnano l'immagine di una Sicilia
nella sua natura discrasica e ambigua, grazie a spaccati di vita e realtà
tipicamente isolane. Autore dei testi teatrali Un club nell'aldilà
e Perduti amori, pubblicati sulla rivista "Prima fila", ha esordito nel
1988 col romanzo La torre del checco (Ila Palma), seguito poi da Heliopsis
scabra (Firenze libri). Adesso ha in cantiere un nuovo romanzo, che potrebbe
uscire a novembre per i tipi della Luxografica, dal titolo Vita di Augie.
New York-Sicilia-New York, scritto in terza e in prima persona, facendo
anche uso di registro linguistico mescidato, grazie alla presenza della
parlata siculo-americana. Relativamente alla letteratura femminile, una
delle poche scrittrici di questa zona che è riuscita ad imporsi
all'attenzione dei lettori, grazie anche ad una buona dose di presenzialismo
televisivo, è Lara Cardella. Nata a Licata nel 1969, nelle pagine
di Volevo i pantaloni, romanzo-denuncia che si svolge nella sua Licata,
in un ambiente codino e asfissiante, l'autrice ha registrato il suo grido
di rivolta contro una società arcaica e ipocrita; grido che si mescola
però ad un anticonformismo a tutti i costi. Ha pubblicato successivamente
Odio il soft, storia di una donna che si misura con i propri incubi, il
rapporto irrisolto col padre e una violenza subita da adolescente. Ultimamente
è uscito Finestre accese, che narra di una vendetta meditata e di
un matrimonio difficile, tutto all'insegna della mafia. In merito all'ultima
generazione di poeti in dialetto siciliano, quindi sul versante della nuova
dialetticità, sono da segnalare le raccolte poetiche di Antonino
Cremona (Agrigento 1931) e quelle di Mimmo Galletto, poeta cinquantenne
di Raffadali. L'uso di un impasto "giurgintano" fortemente personalizzato,
opposto dall'autore alla koinè dialettica proposta dai poeti siciliani
Salvatore Camilleri e Paolo Messina, connota le composizioni di Cremona,
tradotte in francese, inglese e irlandese, nelle quali tematiche amorose
e soggettive, crudo naturalismo, un estro scapigliato e nello stesso tempo
tenero, danno forma a versi intensissimi. Versi rivolti anche alla civiltà
contadina e alle vestigia archeologiche, in una visione coreografica della
natura. Mentre le raccolte di poesie di Mimmo Galletta Arie di prima matìna
e Lu 'ncantu e la parola (Premio Vann'Antò nel 1993), autore di
studi filologici sul dialetto siciliano e sulle tradizioni popolari, ma
anche di opere teatrali scritte in vernacolo, esprimono una schietta e
luminosa poetica dell'esistenza, in una singolare simbiosi poeta-ambiente.
Una poesia percorsa da coppie semantiche antinomiche, singolarmente ossimoriche,
in cui l'agglutinazione del verso non porta a zavorranti esiti di allitterazione.
Ricorrente il tema del viaggio, dal presente al passato, ma che si inabissa
anche nella soggettività esistenziale. Per quanto riguarda la produzione
poetica, merita di essere ricordato Giuseppe Zagarrio (Ravanusa), per la
lucidissima attività di critico fSib7
Salvatore Ferlita