L'Espresso 22.06.2000 

INCONTRI / LIBRO-INTERVISTA CON ANDREA CAMILLERI Sì, Montalbano è un po' mascalzone 
Il successo inaspettato. Il rapporto con i lettori. Che non scrivono a lui, ma al commissario. Messaggi d'amore. Denunce anonime di Marcello Sorgi 

Per prima cosa, scambiamoci una raccomandazione: di non esagerare, da siciliani. Ma questa storia tua è diventata un caso: uno che, a una certa età, dopo una vita passata tra teatro, radio, televisione, diventa uno scrittore famoso: a te, abituato al palcoscenico, questo aspetto del pubblico di massa che effetto fa? 

«Io non ero abituato a questo genere di rapporto con colui che mi ascoltava. Anche se poi, complice la mia vita di regista e la mia familiarità con la televisione, c'è stato un momento in cui ho portato i miei libri in televisione, da Maurizio Costanzo e anche da Catherine Spaak. E ci andavo coscientemente, magari vergognandomi come un ladro. Il pubblico del teatro è anonimo. Nel momento in cui l'attore vede il pubblico può anche averne paura». 

E una cosa del genere, una forma di panico rispetto ai tuoi lettori è capitata anche a te? 

«Il lettore è diverso, il lettore vuole intrattenere un rapporto personale, ti guarda negli occhi, ti fa delle domande. Questo è stato inebriante, nei primi tempi. Ora comincia a diventare un po' agghiacciante. Ricevo decine, centinaia di lettere. Ricevo lettere anonime, spiego in che senso. A chi scrivono loro? Loro scrivono ad Andrea Camilleri presso Elvira Sellerio; Elvira piglia la busta chiusa, la mette in una busta più grande e me la spedisce. Bene, io apro una di queste buste e dentro c'è una cartolina postale; la cartolina rappresenta Boccadasse vista dal mare, bellissima. La cartolina è indirizzata al commissario Montalbano. Il tono di questa lettera è affettuoso o minaccioso, poco importa. Ma in ogni caso, il destinatario non sono io. Per esempio: "Comincio a stancarmi dei tuoi piccoli inganni, delle tue bugie, ti amo ancora ma non so fino a quando. Tua Livia". Io non so chi sia. Ma è vista dall'altra parte, cioè il commissario Montalbano che effettivamente è un po' mascalzone da questo punto di vista, visto dal côté femminile. Tempo fa, quando già si profilava questo successo, torno a casa dopo sei giorni di assenza e mia figlia mi fa: papà c'è un sacco di lettere. Io ero stanco: vado a letto, dico, me le leggo a letto. Apro la prima. Viene da Parma. Dice: dottor Andrea Camilleri, sono una giovane madre di 27 anni ammalata di cancro. Hanno dovuto far nascere il mio bambino con molto anticipo; ora è nell'incubatrice, non so se sopravviverà. Non voglio rattristarla, le scrivo questa lettera solo per ringraziarla: lei è stato capace di farmi sorridere nelle condizioni nelle quali mi trovo. Firma. Io mi sono sentito male, mi sono alzato, ho detto a mia figlia: fammi un caffè, non riuscivo più a stare a letto...». 

Cosa fai di queste lettere? Le conservi? Rispondi a tutte? 

«Io le raccolgo tutte. Per esempio, con quella signora malata, sono entrato in corrispondenza: il bambino è sopravvissuto, lei è sotto cura, speriamo le vada bene. Quando posso, rispondo a più gente possibile, soprattutto quando sono di questo tipo. Ho ricevuto un bigliettino di Catarella, una cosa straordinaria, indirizzato al dottor Andrea Camilleri... dentro c'è un messaggio di Catarella scritto con lo stile, con la lingua, con la cocciutaggine di Catarella. In commissariato, dice Catarella, è arrivata una lettera... Siccome però lei al vice non gli ha detto dove andava, a me m'è venuta l'idea che lei si trovasse a Boccadasse. Dentro questa lettera, c'è la lettera del questore, al computer, stampata. Che dice: Caro Montalbano, ho ricevuto una lettera anonima che di primo acchito ho gettato nel cestino. La lettera anonima in sostanza dice questo: il piccolo Francois ha avuto un lascito di 300 milioni dalla madre. Benissimo, il commissario Montalbano l'ha depositato presso il notaio. Come mai non si parla più di questa cosa nel momento in cui ne "La voce del violino" lui consegna il bambino agli altri? Non è che per caso... Indaghi, mi sa che Montalbano se l'è messi in tasca...». 

Solitamente il successo genera invidia. Siamo stati in qualche modo educati fin da piccoli a temere l'invidia: non ti colpisce? 

«Mi colpisce moltissimo, ma se esiste un Dio o chi ne fa le veci, devo dire che sono stato ripagato. Non mi pare di aver tolto nulla a nessuno. Io, lo devi credere dal profondo del cuore, non ho mai invidiato nessuno. Anzi, veramente ho gioito. Ti faccio un esempio: quando esplose il boom del "Nome della rosa" di Umberto Eco, cominciarono le traduzioni all'estero, non si parlava d'altro che di questo primo best-seller italiano. Io, che avevo lavorato come regista con Eco, ero felice per lui e anche per la nostra letteratura. Come uomo di teatro non ho mai provato invidia per Strehler o per Ronconi. Mai, in nessun momento della mia vita. Adesso sono ripagato».